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CAPITOLO PRIMO
I PATTI PARASOCIALI TRA EVOLUZIONE
STORICA E COMPARAZIONE GIURIDICA
1. NOZIONE
Diverse e svariate sono le definizioni di patti parasociali
susseguitesi nella dottrina e nella giurisprudenza, indice di una
difficoltà generale nello stabilire un’ univoca nozione di una
materia quanto mai eterogenea. Lo stesso legislatore, che in più
occasioni li prende in considerazione e li disciplina in vari aspetti,
non fornisce una definizione.
Per quanto riguarda il pensiero dottrinale, il primo autore a
coniare l’espressione è Giorgio Oppo che nel 1942 definisce patti
parasociali “quelle convenzioni (…) che contengono un intero
regolamento - estraneo o difforme dal regolamento sociale – dei
diritti e doveri reciproci delle parti in ordine alla loro
partecipazione alla società”
1
. Viene così identificata quella che è
la caratteristica principale di questi tipi di contratto id est la
separazione e contemporanea origine con il contratto sociale: le
parti regolano situazioni giuridiche e comportamenti da tenere in
qualità di soci e, se questa qualità non è presente in almeno uno
dei contraenti, il contratto non può venire alla luce. I successivi
interventi dottrinali avranno sempre questa caratteristica come
comune denominatore ma individuando una diversa intensità di
legame fra sociale e parasociale.
1
G. Oppo, Contratti parasociali, Giuffrè, Milano, 1942, 1.
7
Galgano nel 1988 offre una definizione secondo cui tramite
tali patti i soci “dispongono, per separato contratto, dei diritti che
derivano loro dall’atto costitutivo, impegnandosi reciprocamente
ad esercitarli in modo predeterminato”
2
. E ancora Rescio nel 1994
li definisce “accordi accessori al contratto di società che
regolamentano una situazione giuridica (…) derivante da quel
contratto: e la regolamentano sul piano interindividuale del
rapporto tra determinati soci o tra determinati soci e terzi e non
già sul piano sociale del rapporto corporativo tra gli
indeterminati soci, presenti e futuri, della società”
3
. Viene quindi
dato dai due autori un valore accessorio e di espressa derivazione
del parasociale dal sociale che stabilisce una relazione molto
stretta fra i due ambiti.
Lambertini più recentemente li definisce come “una
multiforme categoria di contratti, per lo più atipici, con i quali
alcuni o tutti i soci di una società, stabiliscono, tra loro o con la
partecipazione di terzi, una determinata disciplina in relazione a
situazioni derivanti o, comunque, attinenti al contratto di
società”
4
. Il termine ‹‹attinenti›› sembra così identificare la
possibilità di ricomprendere nella nozione una più vasta gamma
di contratti.
In riferimento alla giurisprudenza, la Corte di Cassazione ha
più volte fornito la nozione di patto parasociale sempre
specificando il carattere essenziale di esternalità del contratto
parasociale a quello sociale ma con esso integrato:
2
F. Galgano, Le società per azioni, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico
dell’economia, Vol. VII, Cedam, Padova, 1988, 95.
3
G.A. Rescio, I sindacati di voto, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo, G.B.
Portale, Vol. III, Utet, Torino, 503.
4
D. Cremasco, L. Lambertini, Governo delle imprese e patti parasociali, Cedam, Padova, 2003,
13.
8
- nella sentenza n. 234 del 8/8/1963 si definiscono “contratti
accessori rispetto al contratto sociale, ma distinti da esso, in
quanto intercorrono tra i soci e non anche nei confronti della
società”
5
;
- nella sentenza n. 4023 del 22/12/1969 viene stabilito che “si ha
contratto parasociale quando i soci o alcuni di essi attuano un
regolamento di rapporti non vincolante nei confronti della
società, difforme o complementare, rispetto a quello previsto
dell’atto costitutivo o dallo statuto della società stessa”
6
;
- nella sentenza n. 14865 del 23/11/2001 si definiscono
“convenzioni che sorgono o si svolgono al di fuori
dell’organizzazione della società e derivano da un regolamento
cui la società è estranea e che ad essa è inopponibile e con cui i
soci od alcuni di essi attuano un regolamento di rapporti
difforme e complementare rispetto a quello previsto dall’atto
costitutivo o dallo statuto”
7
.
2. NATURA GIURIDICA
La prevalente dottrina attribuisce ai patti parasociali la natura
giuridica di contratti atipici. Proverbio infatti afferma che “sono,
a tutti gli effetti, dei contratti che, seppur espressamente regolati
quanto ad alcuni loro aspetti, restano comunque atipici”
8
.
In tal senso anche Fiorio il quale ritiene che sarebbero
contratti atipici ai sensi dell’art. 1322 e che le categorie di patti
individuate all’ art. 2341 bis sarebbero quelle soggette alla
particolare disciplina relativa alla durata e alla pubblicità
9
(si
veda nel dettaglio al capitolo secondo).
5
Cass. 8.08.1963, n. 234, GI, 1964, I, 1, 983.
6
Cass. 22.12.1969, n. 4023, GC, 1970, I, 615.
7
Cass. 23.11.2001, n. 14865, GC, 2002, 39.
8
D. Proverbio, I patti parasociali, Ipsoa, Milano, 2010, 1.
9
P. Florio, Commento agli articoli 2341-bis e 2341-ter, in AA.VV., Il nuovo diritto societario, II,
Bologna, 2011, 135.
9
E ancora Lambertini, che nella definizione ripresa nel
paragrafo precedente parla di contratti “per di più atipici”
10
,
indicandone l’ inquadramento nell’ art. 1322; questo comporta l’
accertamento della meritevolezza per l’ ordinamento degli
interessi perseguiti oltre che della non illiceità di detti interessi.
Ferma restando quindi l’ appartenenza all’ambito dei
contratti, i patti parasociali potranno essere: contratti
plurilaterali, caratterizzati quindi da una “comunanza di scopo
condivisa da tutti i paciscenti; [contratti a prestazioni
corrispettive] ove la prestazione di un parasocio troverà il proprio
corrispettivo nella controprestazione di un altro parasocio”
11
; una
clausola accessoria nell’ambito di un contratto avente diverse
finalità
12
. Va evidenziato che non per tutta la dottrina queste
alternative sono valide: Rodorf sostiene che “i patti di sindacato
sovente assumono caratteri più prossimi a quelli propri dei
contratti associativi che non dei contratti di scambio”
13
, nonché
più di recente Calcerano indica che “si tratta di contratti atipici
rientranti, secondo la dottrina prevalente, fra i contratti
plurilaterali associativi, caratterizzati dal fatto di produrre
obbligazioni in capo a più di due parti, in cui le prestazioni di
ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune”
14
.
Alcuni illustri autori sostengono una tesi differente da quella
della certa natura atipica dei patti trattati: si afferma in
particolare la possibilità che il T.U.F ed il codice civile abbiano
introdotto nel sistema normativo il tipo ‹‹patto parasociale››,
estromettendo gli accordi parasociali dal giudizio di meritevolezza
10
D. Cremasco, L. Lambertini, Governo delle imprese e patti parasociali, Cedam, Padova, 2004,
13.
11
D. Proverbio, I patti parasociali, Ipsoa, Milano, 2010, 1 e ss..
12
G.A. Rescio, La disciplina dei patti parasociali dopo la legge delega per la riforma del diritto
societario, in Riv. Soc., 2002, 841.
13
R. Rodorf, I sindacati di voto, in Società, 2003, 19 e ss.
14
G. Calcerano, L’ evoluzione della giurisprudenza in tema di validità dei ed efficacia dei sindacati
di voto, in Obblig. Contr., 2006, 59.
10
dell’ art. 1322 c.c., comma secondo
15
. A questo orientamento, che
rimane comunque marginale, si ribatte che dalle norme predette
non vengono tracciati i confini tipologici del contratto parasociale
id est soggetti e causa
16
.
Sulla natura giuridica degli accordi trattati la giurisprudenza
è concorde con la prevalente dottrina: la Corte di Cassazione ha
sostenuto infatti che “i patti di sindacato sono accordi atipici”
17
.
Inoltre viene specificato nella stessa pronuncia che nel caso in cui
sia raggiunta l’intesa solo sugli elementi essenziali e sia
rimandata ad un tempo successivo la determinazione degli
elementi accessori, il definitivo vincolo contrattuale parasociale
non si configura.
3. EVOLUZIONE STORICA
3.1. PRIMA DEL ’42
Nonostante la dottrina riconoscesse la diffusione nella prassi
societaria dei patti parasociali, ed in particolare dei sindacati
azionari, il codice di commercio rimasto in vigore fino al 1942,
non trattava al suo interno tale materia.
Per quanto riguarda il giudizio di liceità, gran parte degli
autori dell’epoca ritennero che questi accordi non potessero essere
considerati validi nel nostro ordinamento in quanto, essendo il
voto ritenuto un bene non commerciabile e connesso in modo
15
Vedi R. Costi, I patti parasociali, in Riforma delle società quotate, a cura di Bonelli, Buonocore,
Corsi, Costi, Ferro-Luzzi, Gambino, Jaeger, Patroni Griffi, Milano, 1998, 133; anche G. Oppo,
Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata, in Riv. dir. civ.,
2004, 57.
16
D. Caterino, I patti parasociali nella riforma del diritto societario: primi appunti, in La riforma
del diritto societario, a cura di Di Cagno, Bari, 2004, 113.
17
Cass. 20.06.2006, n. 14267, FI, 2009, 2195.
11
inscindibile con la proprietà dell’azione, finivano per svuotare l’
assemblea dei poteri ad essa adibiti
18
.
Alcuni illustri autori, tra cui Ascarelli, sostennero invece una
tesi diversa: si ritenne che la discussione assembleare avesse
ormai scarsa importanza, che nella pratica fosse superata e che i
patti che prevedevano l’obbligo di un azionista nei confronti di un
altro nell’esercizio del proprio voto non fossero in contrasto con
l’interesse sociale
19
. L’ attenzione si spostò sull’ unanimità della
deliberazione dei soci.
Per quanto concerne la giurisprudenza, essa considerò nulla
per illiceità della causa l’ obbligazione di tenere un determinato
comportamento nell’esercizio del diritto di voto da parte di un
socio. In una sentenza della Corte d’appello di Milano i giudici
stabiliscono che sia “manifestamente contrario alla morale che i
soci possano mettere all’incanto la loro coscienza a disposizione
del miglior offerente”
20
.
3.2. IL CODICE CIVILE DEL 1942
Nel codice del ’42 la materia dei patti parasociali non venne
neanch’ ora trattata nello specifico poiché, come si evince dalla
Relazione al codice civile
21
, il legislatore ritenne che la
molteplicità delle situazioni di cui si sarebbe dovuto tener conto
impedivano un intervento legislativo, soprattutto con riguardo ai
sindacati di voto. La materia era così rimandata al giudice che,
avendo la possibilità di analizzare il caso concreto, poteva offrire
un giudizio più adeguato.
18
Fondazione Aristeia (Istituto di ricerca dei dottori commercialisti), documento n. 23, I patti
parasociali nella riforma del diritto societario, 2003, 4.
19
T. Ascarelli, In tema di diritto di voto con azioni date in pegno e sindacati azionari, nota a Cass.
4.08.1936, n. 3052, FI, I, 18 e ss.
20
Appello Milano 12.12.1911, FI, 1912, I, 181.
21
Relazione al Codice Civile, 1941, 164.