6
fondi pensione di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 124 del 1993 (riformulato
dalla L. n. 355 dell’8 agosto 1995 e dell’art. 4 del D.Lgs n.47 del 18
febbraio 2000) che assumono la veste di patrimoni separati rispetto a
quello della società che li ha costituiti, alle ipotesi di gestione separata di
patrimoni mobiliari contemplate dall’art. 22 del T.U.F., ai patrimoni
separati costituiti nell’ambito delle società per il finanziamento delle
infrastrutture (art. 8, co. 4 D.L. n. 63 del 15 aprile 2002 convertito il L. N
112 del 15 giugno 2002
2
).
Tuttavia le fattispecie sopra citate presentano il carattere della
settorialità, sovente utilizzate al fine di sottrarre determinati interessi di
settore, economicamente rilevanti, al principio della responsabilità
limitata ex art. 2740 c.c. Al contrario, quello dei patrimoni destinati
assume le connotazioni di un istituto avente una valenza generale e
despecializzata, nel senso che non prevede il compimento di una atto
economico tipizzato.
Inoltre con la costituzione dei patrimoni destinati viene meno il
principio della complementarietà ed universalità che caratterizza i beni
costituenti il patrimonio aziendale, così come viene meno, sia pure nei
limiti ed alle condizioni fissati dagli artt. 2447-bis c.c. e segg., il principio
dell’universalità della responsabilità patrimoniale enunciato dall’art. 2740
c.c., in base al quale “il debitore risponde dell’adempimento delle
obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.
Il legislatore prevede due possibili forme di costituzione: i patrimoni
destinati ed i finanziamenti destinati; con i primi le società per azioni
italiane vengono oggi agevolate nella raccolta dei mezzi finanziari, nel
perseguimento di politiche di diversificazione, nella ricerca di nuove fonti
di vantaggio competitivo. Con i finanziamenti destinati, invece, per le
società per azioni diventa più facile attrarre risorse esterne in un
2
G. GIANNELLI, in op. cit., p. 1210 e segg.
7
progetto, dato che la garanzia di restituzione del capitale – anziché
basarsi sulla solvibilità dell’impresa destinataria del finanziamento – si
fonda sulla bontà dell’investimento, ovvero sulla capacità dello specifico
affare di generare flussi di reddito con cui autofinanziarsi
3
.
In passato le medesime finalità potevano essere conseguite solo
tramite procedure lunghe ed articolate, per non dire eccessivamente
complesse.
Ancora oggi, infatti, per raggiungere lo scopo proprio dei patrimoni
destinati, si ricorre alla costituzione di una apposita società controllata,
deputata ad operare in una sfera circoscritta, e responsabile per le
obbligazione assunte solo ed esclusivamente nei limiti del patrimonio in
essa conferito.
Invece, per approssimare i benefici dei finanziamenti destinati, le
società, prima d’ora, erano costrette a ripiegare su forme di
indebitamento classiche, abbinate ad altrettanto classici strumenti di
garanzia: pegno, ipoteca, fideiussione.
Si è iniziato ad analizzare tale istituto da un punto di vista giuridico
esaminando le modalità di costituzione, i limiti a cui questo è soggetto e
le cause che danno luogo all’estinzione del patrimonio destinato.
L’analisi è poi proseguita affrontando la questione contabile e le
modalità di rappresentazione in bilancio, anche attraverso esempi
numerici, facendo soprattutto riferimento al doc. n. 2 dell’O.I.C.
pubblicato il 12/7/2004. Si è poi analizzato il profilo fiscale, aspetto che
però è ancora in larga parte oggetto di studio e di analisi da parte della
dottrina. Infine, si sono andati ad esaminare gli aspetti più strettamente
aziendalistici dell’istituto analizzando i vantaggi che questo è in grado di
3
M. POLLIO, P.P. PAPALEO, “Brevi note tributarie” alla disciplina dei patrimoni dedicati,
alla luce dei lavori della Commissione Gallo, articolo reperibile sul sito www.ipsoa.it/lsonline, p.
1.
8
apportare, gli aspetti strategici ed organizzativi, le possibili modalità
applicative, concludendo con un raffronto con altri strumenti operativi
che, per la loro fungibilità, potrebbero minacciare il successo e la
diffusione dell’istituto.
9
CAPITOLO Ι
Profilo giuridico dei patrimoni destinati
Sommario: 1. L’istituto dei patrimoni destinati. – 2. Il modello operativo. –
2.1 La costituzione del patrimonio destinato. – 2.1.1 Limiti quantitativi. – 2.1.2 Limiti
quantitativi. – 2.2 Una variante del modello operativo. – 2.3 La conclusione
dell’affare. – 2.4 Il caso dell’insolvenza del patrimonio destinato. – 3. Il modello
finanziario. – 3.1 La costituzione del patrimonio destinato. – 3.2 L’insolvenza della
società che ha costituito un patrimonio destinato tramite finanziamento di scopo.
1. L’istituto dei patrimoni destinati
L’istituto dei patrimoni destinati è disciplinato, come detto, dagli
artt. 2447-bis – 2447-decies contenuti nella Sezione XI del capo V,
Titolo V del Codice Civile.
In particolare con riferimento alle s.p.a.
4
, l’art. 2447-bis 1° co. c.c.
così recita: ”La società può:
4
Dai rinvii operati dagli artt. 2454 e 2519 c.c., anche le società in accomandita per
azioni e le società cooperative sembrano legittimate a costituire patrimoni destinati o a
stipulare finanziamenti destinati. F. DI PAOLO, G. DE CAROLIS, I patrimoni ed i finanziamenti
destinati ad uno specifico affare, in Vita notarile, n. 1, Gennaio-Aprile 2004, p. 58. Altri
studiosi, invece esprimono seri dubbi sull’applicabilità del nuovo istituto alle s.a.p.a. e alle
cooperative:”per le s.a.p.a…il dubbio nasce dalla circostanza che per gli accomandatari si ha
un regime di illimitata responsabilità patrimoniale, seppure in via sussidiaria, per le
obbligazioni sociali. In definitiva ci si chiede se tale responsabilità si estenda anche alle
obbligazioni sorte con riferimento ai patrimoni destinati; in caso di risposta affermativa,
evidentemente, l’appeal di tale strumento verrebbe fortemente minato; per le cooperative che
devono rispondere ai criteri di mutualità nonchè al rispetto dei parametri di ricavi/costi di cui
all’art. 2513 c.c., si tratta di valutare se sia conciliabile con la loro disciplina la previsione di un
patrimonio separato posto al servizio di un’attività i cui elementi sono presumibilmente di
carattere commerciale” , L. CACCIAPAGLIA, M.C. CALISTI, P. FASANO, Il nuovo regime dei
patrimoni destinati, in Guida Normativa, Il Sole 24 Ore, Inserto del 7/9/2004. Per una ricca
elencazione dei motivi che rendono invece il nuovo istituto non applicabile alle s.r.l. si vedano
G.M. COMMITTERI, G. SCIFONI, Parte la sfida dei patrimoni destinati tra configurazioni
“industriali” e “finanziare”, in Guida alla riforma fiscale, IL Sole 24 Ore, n. 5, luglio 2004, p. 64 e
ss.
10
a) costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in
via esclusiva ad uno specifico affare;
b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno
specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento
medesimo siano destinati i proventi dell’affare stesso, o parte di essi”.
Ne conseguono due possibili forme di costituzione
disciplinate, rispettivamente, dalle lett. a) e b), vale a dire:
1) il modello definito “operativo” (art. 2447-bis, lett. a) c.c.),
attraverso l’individuazione di beni e rapporti patrimoniali della società
che vengono separati dall’attività generale e, quindi, destinati, ad uno
specifico affare, con l’effetto che detti beni vengono sottratti all’azione
esecutiva dei creditori sociali, mentre costituiscono una garanzia solo
per i creditori del patrimonio destinato;
2) il modello “finanziario” (art. 2447-bis, lett. b) c.c.), secondo cui
il patrimonio destinato è rappresentato dai proventi derivanti da uno
specifico affare per la cui realizzazione la società ha ottenuto un
finanziamento da terzi, pertanto, la separazione ha la funzione di
destinare detti proventi al rimborso ed alla remunerazione del
finanziamento ricevuto.
Ne consegue che, nel primo caso la separazione ha funzione
prevalentemente operativa, visto che consente alla società di svolgere
un determinato affare limitandone il rischio; nel secondo caso, le
separazione è esclusivamente funzionale al finanziamento di terzi.
Va da sé che, il modello operativo è uno strumento che si adatta
maggiormente all’ipotesi di svolgimento di un’attività avente un
elevato rischio economico che la società non è disposta a correre se
non nei limiti delle risorse destinate.
11
Il modello finanziario invece, consente il raggiungimento di
obiettivi che richiedono investimenti elevati e che la società non
sarebbe in grado di affrontare senza il sostegno finanziario di terzi.
La separazione tra le due fattispecie non esclude, però, che i due
modelli possano essere utilizzati in combinazione.
2. Il modello operativo
Con la costituzione dei patrimoni destinati la società enuclea dal
patrimonio generale dei beni o rapporti giuridici destinandoli ad uno
specifico affare; viene quindi meno il principio della complementarietà
ed universalità che caratterizza i beni costituenti il patrimonio
aziendale, così come viene meno, sia pure nei limiti ed alle condizioni
fissati dagli artt. 2447-bis c.c. e segg., il principio dell’universalità della
responsabilità patrimoniale enunciato dall’art. 2740 c.c., in base al
quale “ il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con
tutti i suoi beni presenti e futuri”.
2.1 La costituzione
Passiamo ad esaminare le prescrizioni legislative in materia di
costituzione.
Fatta salva l’ipotesi in cui lo statuto disponga diversamente,
secondo quanto disposto dall’art. 2447-ter 2° co. c.c., essa deve
avvenire mediante delibera dell’organo amministrativo, adottata dalla
maggioranza assoluta dei suoi componenti.
12
Ai sensi dell’art. 2447-ter 1° co. c.c. la delibera costitutiva deve
esplicitamente indicare
5
:
a) l'affare al quale è destinato il patrimonio;
b) i beni e i rapporti giuridici compresi in tale patrimonio;
c) il piano economico-finanziario da cui risulti la congruità del
patrimonio rispetto alla realizzazione dell'affare, le modalità e le regole
relative al suo impiego, il risultato che si intende perseguire e le
eventuali garanzie offerte ai terzi;
d) gli eventuali apporti di terzi, le modalità di controllo sulla
gestione
6
e di partecipazione ai risultati dell'affare;
e) la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione
all'affare, con la specifica indicazione dei diritti che attribuiscono;
f) la nomina di una società di revisione per il controllo contabile
sull'andamento dell'affare, quando la società non è già assoggettata
alla revisione contabile da parte di una società di revisione ed emette
titoli sul patrimonio diffusi tra il pubblico in misura rilevante ed offerti
ad investitori non professionali;
5
Si ritiene che tali elementi non siano tutti essenziali in fase iniziale, potendo alcuni di
essi essere aggiunti in momenti successivi, purchè pubblicizzati in modo debito. L’obbligo
dell’immediata informazione riguarderebbe solo quegli elementi da cui possa essere evinta
l’effettiva destinazione del patrimonio alla realizzazione dell’affare, in modo da scongiurare il
pericolo che la società, abusando della separazione patrimoniale, sottragga una porzione del
suo patrimonio all’azione esecutiva dei creditori generali. Secondo E. BERTACCHINI, I
patrimoni destinati ed i finanziamenti dedicati in funzione di garanzia, in Atti Paradigma,
Forum “Le garanzie reali, personali e atipiche nell’evoluzione normativa e giurisprudenziale”,
Milano, 28-29-30 Maggio 2003 p. 4, costituiscono presupposti per la validità ed efficacia della
destinazione gli elementi alle lettere a), b), c), f), g); invece, secondo E. CESARO, La
disciplina del patrimonio separato, in I seminari della Cassa forense, ItaliaOggi, Sedicesima
Parte, 30 giugno 2003, p. 201-202, solo gli elementi a) e b) sarebbero fondamentali ab initio
mentre gli elementi successivi possono essere integrati anche in un momento successivo.
L’inammissibilità di un integrazione a posteriori è invece sostenuta da B. INIZIATARI, I
Patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Le società, n. 2-bis, 2003, p. 18, secondo il
quale le prescrizioni previste nell’art. 2447-ter c.c. sarebbero tutte indispensabili, con la
conseguenza che una qualsiasi loro omissione in sede genetica causerebbe l’invalidità e
l’inefficacia della destinazione.
6
La normativa ad eccezione dell’obbligo di rendicontazione, non specifica il tipo di
controllo che i terzi possono esercitare. È da intendersi, quindi, che tale aspetto sia
interamente demandato all’autonomia privata, e sarà quindi anche ammissibile una delibera
costitutiva che al riguardo non preveda alcun tipo di potere per il terzo.
13
g) le regole di rendicontazione dello specifico affare.
Al riguardo, nell’ambito della deliberazione, un ruolo
fondamentale è assunto dal piano economico-finanziario, dal quale
deve emergere la congruità del patrimonio destinato rispetto all’affare
che si intende gestire, le modalità e le regole per il suo utilizzo, il
risultato che si intende conseguire e, qualora esistano, le eventuali
garanzie offerte ai terzi.
Con il piano economico si andrà a descrivere il tipo di affare,
l’ubicazione, le dimensioni, la dotazione di immobili, di macchinari e di
strumenti, la forza lavoro necessaria, gli obiettivi di produttività, le
decisione di make-or-buy (ossia se svolgere determinati processi
all’interno o in outsourcing), la previsione dei ricavi e dei costi nell’arco
di tempo preventivato per la conclusione dell’affare, l’analisi del punto
di equilibrio economico, ecc.
Il piano finanziario, invece, ha lo scopo di indicare le potenzialità
dell’iniziativa economica, nonché la strategia per una corretta gestione
finanziaria; esso è incentrato sulla previsione dei flussi finanziari, della
struttura finanziaria per quanto attiene sia gli impieghi, sia le fonti,
nonché la correlazione tra i medesimi.
È evidente che l’obbligo della predisposizione del piano
economico-finanziario mira a valutare la congruità del patrimonio
destinato sotto tre differenti profili:
• l’idoneità funzionale dei beni o dei rapporti giuridici rispetto
all’affare;
• l’adeguatezza della consistenza patrimoniale rispetto all’affare;
• la capacità del patrimonio di generare livelli di redditività atti a
garantire il compimento dell’affare stesso.
14
Bisogna comunque considerare che il carattere della congruità
deve essere rispettato non solo al momento della costituzione del
patrimonio, ma anche durante lo svolgimento dello specifico affare e
sino alla conclusione. Ne consegue che è illegittima la destinazione di
beni che, anche successivamente, evidenziano manifestatamente una
certa incongruità rispetto agli obiettivi.
Inoltre, l’art. 2447-bis 2° co. c.c. prescrive che, salvo quanto
disposto da leggi speciali, i patrimoni destinati (di cui alla lett. a)) del
medesimo articolo non possono essere costituiti per un ammontare
superiore al 10% del patrimonio netto della società costituente e,
comunque, non possono essere destinati allo svolgimento di attività
riservate in base a leggi speciali.
Da quanto sopra detto, emerge che il legislatore ha fissato dei
limiti, sia qualitativi, sia quantitativi.
2.1.1 Limiti qualitativi
In primo luogo, la descrizione analitica dell’affare e la sua
valutazione, nonché la congruità del patrimonio rispetto al medesimo
affare, consentono di stimare il grado di raggiungimento degli obiettivi
prefissati, nonché l’entità del rischio che caratterizza la gestione
dell’affare stesso.
La specificazione dell’affare, nonché il termine entro cui lo stesso
si deve intendere concluso, rappresentano indicazioni importanti
anche ai fini della individuazione delle condizioni sulla base delle quali
poter accertare l’impossibilità del raggiungimento dei risultati prefissati
e, quindi, il venir meno del vincolo di destinazione.