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Introduzione
Vivere nella società moderna significa stare ogni giorno a contatto con le nuove
tecnologie. Il loro esistere scandisce il tempo, la relazione, lo spazio. La mattina alle
7:30 suona la radiosveglia, alle 8:00 Francesco, otto anni, è già in cucina a fare
colazione: non può perdersi i suoi cartoni preferiti prima di andare a scuola. Per il papà
la sveglia suona prima e si vede uscire da casa, indaffarato, con l’ultimo modello di
notebook e andare a lavorare. La mamma accompagna Francesco alla fermata, aspetta
con lui l’arrivo dell’autobus per poi tornare a casa e accendere la televisione per
guardare il suo programma preferito mentre stira i panni. A scuola, tra una lezione e
l’altra, Francesco fa vedere ai suoi compagni il suo ultimo gioco scaricato sul cellulare
touchscreen, regalatagli dagli zii lontani per il suo compleanno. Al ritorno a casa,
nell’ora del pranzo, a tenere compagnia alla famiglia è la televisione con il suo
telegiornale, la soap della mamma, i cartoni di Francesco. Dopo un breve riposo è l’ora
dei compiti ma la televisione, il telefono e Internet non sono lontani: mentre la
televisione trasmette i programmi privilegiati, Francesco studia comunicando
costantemente con i suoi amici col telefono. Alle 18:30, finiti i compiti, rientra papà
che, stanco, si siede sul divano leggendo un quotidiano. Mamma invece è su Internet e
cerca di acquistare una nuova maglia che nella mattinata aveva visto indossare dalla sua
attrice preferita. Francesco è impegnato con il suo videogioco. Alle 20:00 tutti a tavola
con il telegiornale e “Striscia la notizia”. Le serate poi variano: la maggior parte delle
volte, la famiglia guarda un film e Francesco si addormenta sempre sul divano; altre
volte la mamma preferisce leggere un romanzo rosa, mentre il papà finisce il lavoro che
si porta a casa, Francesco invece rimane in compagnia con i suoi videogiochi. Nella
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settimana è raro che escano: troppi impegni e la mattina ci si deve alzare presto. Il fine
settimana, invece, escono volentieri, vanno a trovare amici e parenti ma Francesco non
dimentica le sue abitudini e si porta dietro uno dei suoi giocattoli preferiti, eroe del suo
cartone preferito.
Come si nota la giornata è colma di momenti dove tutti i membri della famiglia si
trovano a contatto con i nuovi media. Nel corso dell’ultimo decennio numerosi sono gli
studiosi che, osservando la diffusione e l’evoluzione dei nuovi mezzi di comunicazione,
s’interrogano sugli effetti positivi e negativi che l’uso dei media producono.
Un’attenzione rilevante è data dalla profonda distanza che separa i genitori degli anni a
cavallo dei due secoli con i loro figli. I bambini, infatti, sono considerati nativi digitali,
nati cioè all’interno del mondo digitale già avviato. Il gap generazionale è caratterizzato,
quindi, da distanze simboliche provocate da diverse appartenenze linguistiche: è il caso
dei messaggini inviati tra ragazzi che un genitore non capisce, fino ad arrivare a un uso
del computer e d’Internet dei giovani che mette in difficoltà l’insegnante stesso.
Immersi nel flusso mediale fin dai primi anni di vita, i ragazzi vivono con estrema
naturalezza e semplicità il rapporto con le nuove tecnologie, che s’intensifica con il
passare degli anni. Da queste considerazioni sorgono le domande che hanno
caratterizzato lo studio di numerosi sociologi, psicologi e formatori: visto l’enorme
vicinanza tra i media e i giovani, quali sono i suoi gli effetti? Cosa cambia rispetto al
passato questo nuovo approccio comunicativo? Il rapporto bambini - media è sicuro? Le
nuove tecnologie fungono, oggi, come portatori e diffusori di valori, ed è considerata
finestra sul mondo. Ma quali e come i valori arrivano nelle case?
A questi interrogativi vi si aggiungono altri che vedono la scuola al centro. L’istituzione
nel mondo odierno si trova in una fase d’indebolimento e svuotamento dei suoi valori
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tradizionali. Nella formazione delle persone, la scuola da sempre ha rappresentato il
posto in cui gli adulti raccontano un sistema di competenze e conoscenze alle nuove
generazioni. Attraverso la scuola, cioè, la società del passato ha sempre trasmesso valori
e sistemi cognitivi incorporati nei saperi: garantivano agli studenti le conoscenze
minime per partecipare alla realtà e il saper dare delle regole del gioco della vita. Nei
tempi moderni, assistiamo a un policentrismo formativo, ovvero la consapevolezza che
esistono più agenti di socializzazione, formali e informali, che vanno al di là della
scuola. Questa perdita di monopolio delle conoscenze da parte dell’istituzione mette in
crisi la formazione. In altre parole, la scuola non rappresenta più l’unico luogo capace di
raccontare il mondo e narrare i saperi. Così l’istituzione perde la sua centralità
rimanendo ancorata alla sua tradizione classica. Ritornano, allora, i quesiti già posti in
precedenza: come i mass media cambiano e formano i giovani? È giusto che la scuola è
stata spodestata dal suo ruolo che per tanti anni ha formato i cittadini? Quale può essere
la soluzione migliore per il benessere dei bambini? Come intervenire fra il ruolo
dell’educazione e i nuovi linguaggi espressivi della comunicazione, tenendo conto dei
cambiamenti socioculturali della realtà circostante?
Ora più che mai, scuola e media sono chiamate non solo a confrontarsi ma a collaborare
per il benessere dei giovani e della società. L’effetto che i media producono può essere
negativo o positivo ma ciò dipende dall’uso che se né fa. I mass media sono fonte
d’informazione, valori e cultura ma nello stesso tempo si basano sul principio
economico. Principio che coordina la divulgazione dei programmi incentrandosi
sull’auditel, dimenticando principi pedagogici e sociologici. Conoscere e sapere come
usare le nuove tecnologie permette, non solo fruire al meglio dei media, ma anche
essere consumatori coscienti dei servizi offerti. Si sente l’esigenza di alfabetizzare
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adeguatamente sia adulti sia bambini alla nuova lingua universale. A questo bisogno si
aggiunge la necessita di educare, specie i ragazzi, all’uso appropriato del mezzo di
comunicazione in modo da togliere il bambino da “dentro” il televisore per collocarlo
“davanti”. L’obiettivo è di fornire gli strumenti necessari per assumere un atteggiamento
critico. Solo così si forma il cittadino che abita la modernità. Nasce, da queste esigenze
odierne, l’attività educativa finalizzata a sviluppare nei giovani un’informazione e
comprensione critica sui media, le tecniche da loro impiegate per costruire messaggi e
produrre senso, i generi e i linguaggi specifici: la media education. La scuola per
riprendersi il suo ruolo deve farsi, quindi, promotrice della media education, e
sviluppare nello studente una nuova competenza: la competenza mediale. Ma cos’è
realmente la media education? A quali condizioni entra nella scuola? Come si realizza?
Quali sono gli effetti sulla società? .
L’obiettivo del lavoro svolto è rilevare l’importanza di una formazione alla modernità
per essere cittadini partecipi. La scuola non deve curare solo all’acculturazione di
saperi, ma deve offrire materiale e strumenti per formare il giovane. Il bambino alla fine
della sua carriera scolastica deve saper essere e non solo conoscere e saper fare. Per far
ciò è necessaria una nuova competenza, molto spesso sottovalutata e degradata a piccoli
momenti: la competenza mediale per essere nel mondo moderno. Realizzare ciò
significa educare ai media con costanza e impegno non solo della scuola ma di tutte le
altre agenzie formative come la famiglia, il dopo scuola, la parrocchia.
La trattazione qui esposta cerca di rispondere a tutti gli interrogativi sopra enunciati,
dividendo il testo in cinque capitoli: i primi quattro teorici e l’ultimo verso un progetto
pratico. Le prime pagine si soffermano sul rapporto comunicazione - società e
comunicazione - formazione: momenti essenziali di studio per riuscire a comprendere il
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mondo moderno. Un terzo capitolo è dedicato alla nascita e all'uso dei così detti mass
media, introducendo la media education. Il quarto capitolo, infine, discute sull’utilità
della media education, sulle sue applicazioni e fruizioni, sui suoi obiettivi, sui suoi
luoghi di applicazione come la scuola. L’istituzione presa in esame è la formazione
primaria poiché i bambini che la frequentano possono essere considerati nativi digitali
già da diversi anni, ma non ancora compresi dall’organizzazione collegiale di ogni
scuola. Nell’ultima parte, la studentessa si sofferma su uno degli strumenti più usati e
diffusi dai bambini: la televisione. Della scatola magica amano i cartoons: un’opera
audiovisiva d’animazione che affascina i piccoli con i suoi suoni, colori e storie.
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Capitolo primo
Comunicazione e società
1. Breve storia della comunicazione
Nella moderna società lo scenario disegnato dalle nuove tecnologie costituisce ormai lo
sfondo di ogni attività. I nuovi linguaggi stanno profondamente innovando i modi di
rappresentazione, codificazione, espressione della realtà. Una prima osservazione e
puntualizzazione necessaria, per uno studio approfondito delle nuove tecnologie, è
partire dalla storia della comunicazione.
In origine la comunicazione era basata su suoni elementari e semplici abbinati alla
gestualità, per esprimere le esigenze e i bisogni primari dell’uomo preistorico legati alla
sopravvivenza. Con l’evoluzione economica del baratto, l’agricoltura e la caccia, si
andò perfezionando anche il linguaggio e i segni. Il passaggio alla preistoria alla storia
coincide con una nuova fondamentale tappa nell’evoluzione delle comunicazioni:
l’invenzione della scrittura, avvenuta sul finire del quarto millennio a. C.. Da quel
momento, gli uomini hanno avuto la possibilità di trasmettere messaggi. Una prima vera
testimonianza scritta giunta a noi è quella dei Sumeri. La maggior parte di questi scritti
ha un contenuto molto legato all’economia e al diritto: nascono i primi codici per una
convivenza pacifica. Nel XII secolo a.C. con i Fenici nasce l’alfabeto semplificato,
composto da ventidue segni, che diede origine alle principali lingue del mondo odierno.
I grandi cambiamenti non riguardavano solo la comunicazione poiché atto ma anche i
mezzi: si passò dalle incisioni sulle caverne, alla tavola d’argilla, al papiro, alla carta.
Inizialmente il privilegio di leggere e scrivere era di persone ristrette: poeti, saggi,
maestri, scribi. Nonostante l’evoluzione umana, infatti, erano ben pochi gli alfabetizzati:
la popolazione era ancora ancorata alla tradizione orale. Uno degli eventi che segnò il
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futuro è la scoperta di Gutenberg, nel 1455. L’innovazione di Johann Gensfleisch
(1398-1468), detto Gutenberg, consisteva nel cambiamento del metodo di stampa. I suoi
caratteri mobili diedero una svolta epocale alla tipografia europea: i libri, che fino a quel
momento erano maggiormente opera manoscritta di scribi, diventarono prodotto
dell’industria e commerciabili. Grazie alla nuova tecnologia tipografica, le stampe
aumentarono notevolmente con il minimo sforzo. Tuttavia per il popolo sopravvive la
parola parlata: il saper leggere e scrivere è concesso ancora a una ristretta minoranza.
Dobbiamo aspettare il 1660, a Lipsia, per l’uscita del primo quotidiano al mondo. Si
assiste quindi a un passaggio importante che vede le notizie passare da una divulgazione
su “lettere circolari”, come nel Medioevo, a periodici stampati. Questo fu il frutto non
solo dell’evoluzione industriale ma anche di una rivoluzione culturale: la Riforma di
Lutero, nel XVI secolo, promosse la lettura personale. Possiamo vedere come si giunse
al grande sviluppo del quotidiano solo in seguito a quasi tre secoli, dal XVI al XVIII,
ricchi di grandi rivoluzioni industriali, rivoluzioni politiche, guerre civili e di religione.
Nei primi anni dell’Ottocento, nuove trasformazioni cambiarono profondamente lo stile
di vita dell’uomo. I nuovi mezzi di trasporto, come il treno e le navi, velocizzarono i
movimenti di persone e merci mentre il telegrafo, il telefono, la radio e la televisione
quelli delle notizie.
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Questi mezzi speciali riuscirono ad abbattere ogni barriera spazio-
temporale cambiando sempre più la società. La diffusione di libri e giornali, in maniera
esponenziale, con notizie provenienti anche da luoghi lontani, diede un notevole aiuto
all’alfabetizzazione. La comunicazione, con i nuovi mezzi, si trasformò in
comunicazione di massa: le notizie arrivano simultaneamente a un grandissimo numero
d’individui che si trovano in località distanti tra loro. La comunicazione di massa,
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Paolo Scandaletti, “Storia del giornalismo e della comunicazione”, (2004), Napoli, Esselibri.
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differente da quella interpersonale, non si preoccupa dell’interlocutore come persona ma
in quanto auditel: il messaggio segue il principio economico, dimenticando i valori
pedagogici, culturali e sociali. Sorge in altri termini l’industria culturale: un'industria
che produce cultura, non diversamente dalla produzione di altre merci, su grande scala,
non differenziando i prodotti l'uno dall'altro ma fabbricandoli per esigenze economiche.
Gli ultimi decenni, infine, sono caratterizzati da una straordinaria innovazione
tecnologica nella comunicazione: piccoli strumenti digitali sono in grado di mettere in
relazione persone a chilometri di distanza come il cellulare o Internet.
Questi innumerevoli cambiamenti storici sono accompagnati, influenzati, guidati e
viceversa da diversi studi sociologici, antropologici, filosofici.
2. Sociologia olistica o individualistica della comunicazione?
Alla base di tutte le relazioni interpersonali, come abbiamo visto, vi è la comunicazione.
Il termine comunicazione viene dal latino communicare che significa mettere in
comune. Non esiste situazione d’interazione senza che non avvenga una qualche forma
di scambio comunicativo
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. Importante è considerare il tema da un punto di vista della
sociologia. La comunicazione stessa si presenta come fenomeno sociologico di rilievo
poiché la stessa società, fin dalle origini, trova nel linguaggio la sua
istituzionalizzazione. Quindi, la comunicazione è alla base della società e si rende
necessario soffermarsi, inizialmente, sullo studio sociologico.
La tradizione sociologica è caratterizzata da due pensieri opposti: nel primo approccio si
sostiene che la sociologia deve studiare delle totalità, i singoli riflettono la struttura
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Galliano Cocco, Antonio Tiberio, “Lo sviluppo delle competenze relazionali in ambito sociosanitario.
Comunicazione, lavoro di gruppo e team building”, (2005), Milano, FrancoAngeli.