5 
INTRODUZIONE 
 
 
<<Non esiste un modo di essere e di vivere che sia migliore per tutti. La 
famiglia di oggi non è né più né meno perfetta di quella di una volta: è diversa, 
perché le circostanze sono diverse>>. Queste parole pronunciate dal sociologo 
Durkeim (1888, in Zanatta 1997) risultano ancora attuali e chiarificatrici 
circa le trasformazioni a cui la famiglia è soggetta nel corso degli anni.  
 Ed è proprio a partire da tali cambiamenti e da quello che la sociologa 
Théry (1996) definisce “démariage” (de-matrimonio) che, questo lavoro si 
prefigge di descrivere, in modo critico e dettagliato, la “nuova” realtà delle 
famiglie ricostituite attraverso un’osservazione delle dinamiche e delle figure 
ad esse sottese. La legittimazione del divorzio ha creato infatti nuovi principi 
su cui la famiglia basa le sue fondamenta, fornendo la possibilità di 
sospendere un rapporto infelice e la prospettiva di riuscire a crearsi una nuova 
esistenza più serena. La famiglia si trova sempre più spesso davanti processi 
sino ad ora inusuali.  
 Quello delle famiglie ricomposte è un fenomeno molto antico che però 
la società patriarcale non ha mai preso in considerazione, ritenendo quello 
nucleare l’unico modello familiare socialmente accettato e riconosciuto. Tale 
famiglia, per le relazioni che vi si intersecano, viene definita da D’Andreatta 
(2000) ”famiglia a cespuglio” in quanto proprio come un cespuglio essa si 
dirama e si sviluppa in senso orizzontale, a differenza dell’albero che cresce in 
senso verticale. Ciò porta delle modifiche anche nei confini e nelle funzioni
6 
genitoriali che, se non vengono ben delimitati e definiti, rischiano di creare 
conflitti e discordanze educative fra i genitori biologici e sociali. Questa 
peculiare organizzazione comporta l’intreccio di diversi nuclei preesistenti 
che, affiancano ai tradizionali ruoli nuove figure tra più generazioni parallele, 
facendo insorgere talvolta problematiche dalla risoluzione complessa. 
 Nel primo capitolo viene presentato un excursus della famiglia, 
soffermandosi sull’evoluzione che l’ha coinvolta e sull’analisi delle tipologie 
familiari che si sono diffuse nella società contemporanea modificando la 
concezione attuale di coppia e il processo della genitorialità. 
 Nel secondo capitolo viene affrontato il tema della separazione e del 
divorzio attraverso una descrizione delle diverse modalità di separazione, i 
vissuti emotivi e le rappresentazioni mentali dei protagonisti. 
Il terzo capitolo, partendo da una definizione di famiglia ricostituita, 
delinea gli stadi che costituiscono il processo della ricomposizione familiare, 
evidenziandone le fragilità e i punti di forza, le peculiarità della fratria e le 
difficoltà di definizione. 
Il quarto capitolo è dedicato al delicato ruolo che il genitore sociale si 
trova a dover ricoprire tra un mancato riconoscimento giuridico e i pregiudizi 
già contenuti nella difficoltà a trovare una definizione non dispregiativa del 
nuovo status. 
Infine, il quinto capitolo pone l’attenzione sull’importanza di rivolgere 
un adeguato sostegno sociale e psicologico, con la mediazione familiare o la
7 
psicoterapia, a queste complesse costellazioni familiari; interventi possibili 
anche grazie la ricerca e la prevenzione psicosociale.
8 
CAPITOLO PRIMO: 
L’EVOLUZIONE DELLA FAMIGLIA 
 
 
1.1 La famiglia in trasformazione 
 
La storia della famiglia, così come la conosciamo oggi, è vecchia 
almeno di diciotto secoli. È con il Tardo Impero, tra il I e il II secolo dopo 
Cristo, che comincia a diffondersi tra le popolazioni dell’Europa occidentale la 
credenza che contro tutte le infelicità del mondo esista un unico valore che 
possa resistere, un’ancora di salvezza contro tutte le tempeste della vita, ossia 
la dedizione al proprio partner (Saraceno, 1998). 
La famiglia che, qualunque sia la sua organizzazione, può essere 
definita come un gruppo di parentela i cui i componenti stabiliscono relazioni 
secondo modelli culturali che ne definiscono specifiche relazioni, può 
considerarsi da un lato la prima istituzione sociale e culturale dell’uomo, ma 
dall’altro è anche un fenomeno storico collocato nello spazio e nel tempo, 
interdipendente con le società in cui si trova e con le circostanze dei diversi 
gruppi sociali. Per questo, famiglia e società cambiano vicendevolmente, a 
seconda delle epoche e delle regioni del mondo (Malagoli Togliatti e Lubrano 
Lavadera, 2002) . 
 L’evoluzione della famiglia occidentale è distinta schematicamente in: 
famiglia moderna, nata dopo la Rivoluzione Francese e sviluppatasi nei secoli
9 
XIX e XX, e famiglia contemporanea, apparsa come nuovo modello 
d’organizzazione familiare alla fine degli anni ’60 (Lazartigues, 2001). 
  Solo nell’arco degli ultimi decenni l’istituzione famiglia, influenzata da 
variabili di carattere religioso, economico e sociale, è andata via via 
modificando le sue caratteristiche, dando vita a nuove modalità di “essere 
famiglia”, profondamente differenti rispetto al passato. La struttura familiare è 
passata così da un modello patriarcale esteso, profondamente ancorato a valori 
forti e modelli certi, a nuove forme post-industriali, estremamente variegate. I 
membri della comunità familiare hanno dovuto quindi, adattarsi a tali 
trasformazioni modificando il valore dei modelli tradizionali e l’attribuzione 
dei ruoli (Rolleri, 2001). 
 Le relazioni che intercorrevano un tempo all’interno di una famiglia, 
infatti, erano molto diverse da quelle di oggi. In tutti i ceti sociali, sia nelle 
famiglie multiple sia nucleari, dominava un modello di autorità patriarcale. Ciò 
presupponeva che tra marito e moglie vi fosse una rigida separazione dei ruoli, 
la quale faceva sì che, i rapporti fra coniugi fossero dominati dal distacco e dal 
riserbo. Marito e moglie si chiamavano non per nome ma per ruolo, e 
addestravano i figli sin da piccoli alla sottomissione e alla deferenza tenendoli 
a debita distanza, senza dar loro confidenza, in modo da farli sentire diversi e 
inferiori. I genitori esercitavano un controllo continuo e ferreo sulle loro 
emozioni anche al momento del matrimonio, influendo, soprattutto nei ceti più 
elevati, sulla scelta del coniuge (Bagnasco, Barbagli e Cavalli, 1997).
10 
Un esempio famoso di tale tipologia familiare in letteratura lo 
ritroviamo nei Malavoglia di Padron ‘Ntoni, descrittaci da Giovanni Verga 
(1881, in Bagnasco, Barbagli e Cavalli, 1997), in cui la famiglia era “disposta 
come le dita di una mano: “il dito grosso deve fare da dito grosso e il dito 
piccolo da dito piccolo”. 
Questo modello patriarcale entrò in crisi ancora prima del processo di 
industrializzazione, tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento. 
Le relazioni fra i coniugi e fra genitori e figli cambiarono profondamente ed 
emerse un nuovo tipo di famiglia: la famiglia coniugale intima, in cui la 
distanza fra il marito e la moglie e fra genitori e figli si ridusse notevolmente 
(Bagnasco, Barbagli e Cavalli, 1997). Il ruolo del pater familias subì 
un’erosione continua, con un’intrusione sempre più grande dello Stato nel 
funzionamento della famiglia e una progressiva scomparsa delle prerogative 
regali del capo-famiglia. Inoltre l’organizzazione delle relazioni nella famiglia 
cominciò ad appoggiarsi sempre meno al principio d’autorità che venne 
sostituito dal principio del consenso (Lazartigues, 2001).
11 
1.1.1 La nascita della famiglia nucleare 
  
 La famiglia di oggi è connotata da due elementi che la rendono diversa 
dalla vecchia famiglia patriarcale che comportava la presenza di nonni, 
genitori, numerosi figli e nipoti: la tendenza alla nuclearizzazione e il nuovo 
ruolo sociale della donna. Con il passare del tempo infatti, tra la seconda metà 
del Settecento ed i primi dell’Ottocento, la famiglia si restringe sempre di più a 
causa delle pressioni sociali che, richiedendo molte risorse a livello personale, 
hanno portato a parlare di nucleo familiare, nel quale la responsabilità delle 
dinamiche relazionali si sposta nelle mani dei componenti della coppia 
rivisitandone i contenuti dei ruoli maschile e femminile. 
 La famiglia nucleare consiste in due genitori e i loro figli legali, 
composizione che la rende ben distinta dalla famiglia estesa. Tutti i compiti 
parentali sono assolti esclusivamente dalla coppia; i membri della 
“microcomunità” appartengono ad una sola famiglia che ha dei confini legali, 
biologici e sentimentali ben definiti. 
Per molti la famiglia nucleare monogama rappresentò, e tuttora 
rappresenta, ciò che di meglio esiste nelle relazioni umane: un centro di amore, 
di solidarietà, di armonia, dove ognuno soddisfa le proprie esigenze 
contribuendo al benessere degli altri; e se alcune famiglie non funzionano, ciò 
è da attribuirsi alla debolezza dei singoli piuttosto che a problemi di struttura. 
Da Freud a Sullivan a Fromm, nessun psicoanalista infatti, pur notando le 
discrepanze che esistevano tra la famiglia nucleare ideale e la realtà delle
12 
singole famiglie, pensò mai che la struttura dovesse essere alterata. L’idea 
dominante restava, dunque, quella che la famiglia nucleare fosse la più evoluta 
e strutturalmente progredita, caratteristiche testimoniate dall’esistenza di ruoli 
differenziati all’interno di tale assetto familiare (Oliverio Ferraris, 1997).  
In particolare, fu il sociologo Talcott Parsons (1995) uno dei sostenitori 
della teoria della differenziazione dei ruoli: tale differenziazione consente alle 
società complesse, così come anche alla famiglia, di raggiungere livelli elevati 
di produttività economica e culturale che altrimenti non potrebbero essere 
raggiunti. Così per Parsons è opportuno che l’uomo svolga il ruolo di “leader 
strumentale” (mantiene la famiglia, collega moglie e figli con la società, fa 
rispettare regole e norme all’interno del gruppo) e la donna quello di “leader 
espressivo” (responsabile della coesione affettiva, promuove il sentimento di 
solidarietà familiare, cura il marito quando questi si ammala nello svolgere il 
suo ruolo strumentale nella società), mentre i figli assumono i ruoli di alunno e 
studente. È dunque necessario che tale famiglia, così descritta, per essere 
complementare alla società e di supporto all’individuo, sia caratterizzata da un 
impegno costante da parte dei leader, i quali, da un lato devono mantenere un 
accordo di massima tra di loro e, dall’altro, riuscire a porre dei confini tra sé e i 
figli, affinché non vi sia confusione di ruoli (Oliverio Ferraris, 1997). Se la 
donna, infatti, avesse occupato il ruolo strumentale avrebbe potuto entrare in 
competizione col partner, nuocendo seriamente all’armonia non solo della 
coppia, ma di tutta la famiglia (Parsons, 1995).
13 
Nonostante i suoi decantati meriti, la famiglia moderna nucleare fu però 
negli anni Sessanta e Settanta, al centro di critiche e attacchi violenti. 
Psichiatri, noti a livello internazionale, come Ronald Laing e David Cooper 
(1971, in Oliverio Ferraris 1997) osservarono che la famiglia descritta da 
Parsons non riusciva nell’intento di emancipare i figli, ma che al contrario li 
faceva crescere troppo dipendenti e imbrigliati in ruoli rigidi. Il forte ed 
esclusivo legame dei figli con la madre induceva un bisogno di affetto e di 
protezione che, invece di apportare piacere, diventava quasi sempre motivo di 
repressione, gelosia e sensi di colpa. Ed era ancora in famiglia che si 
apprendevano le forme verbali e non verbali della comunicazione patologica. 
Critiche e attacchi incominciarono, così, ad appannare il mito della famiglia 
nucleare come struttura e rifugio ideale, luogo dell’armonia e del calore. Ci si 
accorse, attraverso le analisi degli psicologi, che in molte “famiglie ideali” 
c’erano forti tensioni e dinamiche patogene, e che vivere con padre e madre 
non significava automaticamente che i figli fossero immuni dai maltrattamenti, 
sia psicologici che fisici (Oliverio Ferraris, 1997). 
 Scopo della famiglia nel presente divenne, così, quello di costituire un 
rifugio, una sicurezza per i componenti, insieme allo scopo di radicare ciascuno 
nel passato, anche se in un passato che precede e di molto la nascita, e 
soprattutto di permettere agli adulti di radicarsi nel futuro, di lasciare qualcosa 
di sé concependo, allevando ed educando nuovi esseri umani.  
La famiglia, dunque, storia densa di luci, di ombre e di zone ancora 
buie, ha mostrato nel tempo, quale espressione plurisignificante e modulare di
14 
epoche, aree geografiche, ceti sociali e fedi religiose, mille volti, vestendosi di 
mille abiti e recitando mille copioni. 
 
 
1.1.2 Il cambiamento nella famiglia italiana 
 
 Mentre nell’Europa centro-settentrionale la famiglia nucleare 
precedette di secoli l’industrializzazione, in Italia le famiglie complesse ebbero 
sempre una grande importanza, e fu solo con l’urbanizzazione e 
l’industrializzazione che si diede un rilevante contributo all’affermazione della 
regola della residenza neolocale (Bagnasco, Barbagli e Cavalli, 1997). 
 Le scoperte scientifiche, le grandi innovazioni tecnologiche e i 
progressi in ogni campo del sapere hanno rappresentato una sorta di volano 
che, prima lentamente e poi sempre più velocemente, ha prodotto una miriade 
di trasformazioni che hanno cambiato il modo di lavorare e di produrre, ma 
anche di riprodursi e di organizzare la vita quotidiana all’esterno e all’interno 
delle mura domestiche (Oliverio Ferraris, 1997). 
 Nel nostro paese, tra il XV ed il XVI secolo, nel centro e nel 
settentrione in particolare, si assiste ad una frattura tra città e campagna: 
mentre in città si afferma la famiglia nucleare, la campagna conosce la 
massima diffusione di famiglie multiple, struttura che risponde alle esigenze 
della produzione agricola. La famiglia, infatti, non ha solo passivamente 
recepito i cambiamenti economici, ma fu essa stessa uno dei principali fattori