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abbia saputo rinnovarsi attraverso i nuovi media, e come di questi ultimi si
sia presa gioco.
Bono, cantante e leader del gruppo, nei primi anni ’80 cantava : “Non posso
cambiare il mondo, ma posso cambiare il mondo dentro me”. Adesso che è
stato candidato per la seconda volta al premio Nobel per la pace forse avrà
capito che “un mondo” lo ha cambiato per davvero e, assieme ai suoi tre
compagni, lo ha vissuto da protagonista.
La mia speranza è quella di aver “ricevuto” correttamente il loro
messaggio, e di averlo interpretato nel migliore dei modi; perchè
nonostante per molti, la musica rock sia solo un “divertissement”
esclusivamente giovanile, per me è stata una chiave di lettura
indispensabile per vivere e crescere in questi anni straordinari per l’umanità
intera.
Parma, 3 Maggio 2005
Gustavo Remaggi.
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1. Il rock come forma di comunicazione.
Per molti anni l’uomo ha provato a dare una definizione precisa del termine
“comunicare”. L’accezione più interessante è quella che mette in relazione
l’essere stesso e la comunicazione, facendoli dipendere da un legame
biunivoco e indissolubile. Ugo Volli afferma che “tutta la realtà, o almeno
tutta la realtà umana e sociale, appare oggi naturalmente comunicativa”,
non è dunque importante se l’atto stesso del comunicare avvenga su larga
scala, o tra un numero ridotto di partecipanti, tutto il mondo che ci circonda
è collegato da una fitta rete di messaggi, simboli, linguaggi sensoriali,
codici che danno vita ad un intricata rete di scambi di informazioni. Quello
che ormai oggi è accettato come assioma per chiunque si accinga a studiare
le forme comunicative, è l’affermazione di Paul Watzlawick : “Non è
possibile non comunicare, non esiste un comportamento che non sia
comunicativo”.
Probabilmente le forme di comunicazione più tradizionali e universali
nell’immaginario collettivo sono state da sempre quelle artistiche. Lo scopo
di ogni arte è infatti quello di trasmettere idee, emozioni, sensazioni che
possano suscitare nel ricevente una reazione, un feedback di consenso o
meno, attraverso simboli, segni o suoni che risultino condivisi da tutti.
La musica in particolare, dalle più antiche civiltà a quelle moderne, dai
popoli più arretrati a quelli più sviluppati ha ricoperto e ricopre tuttora un
ruolo importante in ogni angolo del mondo. Storicamente, basti pensare ai
canti e ai ritmi tribali dell’antichità, ai cantori Greci che raccontavano
storie accompagnati dalla cetra, alla musica delle corti medievali, sino ad
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arrivare ai canti di battaglia, ai cori religiosi, alle grandi sinfonie
ottocentesche e ai giorni nostri, alle canzoni trasmesse in radio e in tv.
Quella musicale è diventata una tradizione importantissima in ogni popolo,
una forma artistica “immateriale”, un codice alternativo che consente di
esprimere sentimenti, emozioni personali, ma anche atti di fede religiosa e
di rispetto verso una nazione o un esercito.
Nella musica sono rintracciabili e verificabili le funzioni comunicative
studiate da Jakobson negli anni ’60. La più rilevante è sicuramente la
funzione fatica, cioè quella della musica intesa come “intrattenimento,
celebrazione e comunione”. Un genere musicale che ha fatto propria tale
definizione è stato il rock’n’roll. Nato negli anni ’50 come commistione di
altri generi musicali di carattere popolare, come il blues, il country e il folk,
si è presto evoluto dalle radici “nere” dell’America sino all’Europa e a tutto
il mondo. I suoi primi esponenti leggendari, come Elvis Presley, Jerry Lee
Lewis, Chuck Berry, e successivamente Beatles e Rolling Stones, hanno
fatto diventare il rock’n’roll una forma di comunicazione di ampia
rilevanza sociale.
Tutto questo non sarebbe mai stato possibile senza i mezzi di
comunicazione di massa, che hanno contribuito a rendere “globale” non
solo un particolare tipo di musica leggera, ma un vero e proprio
rivoluzionario cambiamento di usi e costumi per i giovani di tutto il mondo.
La radio fu essenziale per la diffusione del rock’n’roll; attraverso l’operato
dei disc jockey non furono trasmesse solamente canzoni, ma anche un
nuovo linguaggio e un nuovo modo di pensare che ben presto fecero presa
su ogni ascoltatore. Proprio per questo, McLuhan definì il mezzo
radiofonico come un “tamburo tribale” capace di riunire attorno a se una
intera generazione e diventare il “rock medium” per eccellenza. “Rock” è
un termine utilizzato per definire un tipo di cultura popolare, che spazia in
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tutte le arti, dalla narrativa di Jack Kerouac e le liriche di poeti “beat” come
Lawrence Ferlinghetti e Allen Ginsberg, all’arte figurativa di Andy Wharol
(ideatore della pop-art e produttore discografico), al cinema di Antonioni
(in film come Blow Up e Zabriskie Point), e soprattutto alla musica che
dagli anni 60 finirà per cambiare e guidare i gusti e le attitudini delle nuove
generazioni.
Tutti i mezzi di comunicazione sono stati utilizzati per la trasmissione di
tale “cultura”, dalla radio alla televisione (Mtv) sino ad internet e alla
nuova frontiera della comunicazione senza fili, che mira a convergere in
uno solo, tutte le potenzialità degli altri medium. Non ci è dato sapere
quello che accadrà in futuro, ma è evidente che ancora oggi, dopo 50 anni,
il rock è una potente forma comunicativa, che riesce a riunire in se, usi e
costumi di un universo, specialmente quello giovanile, senza più confini.
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2. Chi sono gli U2? Breve biografia del gruppo:dalla
nascita agli anni ’90.
U2 agli esordi nei primi anni ’80.
Gli U2 si formarono nel 1976 a Dublino, in Irlanda, nei corridoi di una
scuola superiore aperta a cattolici e protestanti, maschi e femmine, un
istituto insolito e rivoluzionario per il contesto storico e sociale in cui si
trovava. Probabilmente è stato questo a permettere ai quattro ancora
minorenni di conoscersi, condividere tra loro esperienze differenti, ed
iniziare a scrivere canzoni che potessero essere “universali” fin dal primo
disco. Paul Hewson (detto “Bono”, cantante), Dave Evans (detto “The
Edge”, chitarrista), Adam Clayton (bassista) e Larry Mullen (batterista)
diventeranno in breve tempo la più grande band d’Irlanda, e del mondo.
“Boy” è il primo album inciso dal gruppo nel 1980, e come da titolo,
racconta, canzone dopo canzone, le difficoltà dell’adolescenza, le speranze
e le delusioni che ogni ragazzo incontra nel difficile passaggio all’età
adulta. L’inaspettato cammino verso una sempre più crescente notorietà, e
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soprattutto alcuni lutti familiari, portano il gruppo a riflettere sulla propria
condizione sociale e religiosa, emozioni contrastanti che si ritrovano
completamente in “October” (1981), secondo album e tentativo coraggioso
di parlare di Dio e di spiritualità in un disco rock.
Due anni dopo esce in tutto il mondo “War” che diventa ben presto uno dei
dischi più importanti nella carriera degli U2. Nel nuovo album vengono
trattati temi politici e storici di scottante attualità (la situazione irlandese
trova un atto d’accusa in un “inno” come “Sunday Bloody Sunday”) e
come lo stesso Bono disse in un’intervista : “War parla della guerra tra la
gente, amanti, cattolici, protestanti, politici. Parla della lotta personale,
del conflitto psicologico nella conquista di se…è una guerra vista a livello
emotivo”. L’anno successivo, dopo l’incoronazione a “band dell’anno” da
parte delle maggiori riviste musicali dell’epoca, viene pubblicato il quarto
lavoro del gruppo, con un titolo preso in prestito da una mostra di disegni
realizzati dai superstiti di Hiroshima e Nagasaki : “The Unforgettable Fire”
(Il fuoco indimenticabile). È di nuovo Bono a sintetizzare al meglio i temi
trattati, che riflettono “l’immagine di pace e di decadenza da dimenticare
per ricostruire i diritti umani calpestati”. Nelle varie tracce del disco
vengono citati poeti come William Butler Yeats e Seamus Heaney (Nobel
per la letteratura nel 1995), si parla di amici vittime della droga, di icone
popolari come Elvis Presley e ben due canzoni vengono dedicate a Martin
Luther King, con l’epico verso che chiude l’intero album e recita “possano
i tuoi sogni essere realizzati”. Con The Unforgettable Fire e il relativo tour
mondiale, il Rolling Stone (una delle più importanti riviste musicali
americane) dedica la copertina agli U2 e li descrive come “la band degli
anni 80”, un’incoronazione dovuta e meritata.
In effetti nel loro primo decennio di carriera, il gruppo irlandese ha sfornato
dischi sempre più belli, sempre più attuali, personali ed emozionanti in un
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crescendo di originalità e pathos; ha partecipato ad eventi importanti come
il Live Aid, ha collaborato con organizzazioni umanitarie come Amnesty
International diventando una delle più importanti ed influenti band del
mondo, e nel 1987 raggiunge l’apice del successo, pubblicando The Joshua
Tree. L’album diventa in breve tempo uno dei più venduti della storia del
rock (con sedici milioni di copie vendute) e racchiude tutto ciò che gli U2
avevano imparato dalle precedenti esperienze discografiche. Nel disco ci
sono temi sentimentali come in “With Or Without You” (Con o senza di
te), in cui ricorre l’antico tema dell’“odi et amo”, temi politici e storici,
relativi ai bombardamenti americani in El Salvador e alla disperazione
delle madri dei “desaparecidos” sudamericani, racconti di storie tragiche
accadute ad amici e collaboratori, il tutto legato assieme da una tecnica
musicale ormai impeccabile. Time, una delle più importanti riviste
americane di attualità politica e internazionale, riserverà la copertina agli
U2, prima di loro solo i Beatles e gli Who ebbero questo onore.
Il gruppo nel 1985 (a sinistra) e in uno scatto del 1987 di Anton Corbjin nel deserto americano (a destra)
Il 1988 è l’anno in cui si inizia a tirare le somme del decennio, e in tutto il
mondo esce il film-documentario “Rattle And Hum”, supportato
dall’omonimo disco, in cui il regista Phil Joanou cerca di raccontare, con
una pellicola in bianco e nero, la vera essenza della band, catturata nei
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momenti più vari, prima e dopo i concerti, durante la visita alla casa di
Elvis Presley a Graceland, per le vie di New York mentre rimane assorta
nell’ascolto di musicisti di strada, ad improvvisare una canzone gospel con
un coro cittadino e nella scena più canonica di palco e pubblico. Nel disco
si ritrovano influenze nuove, dettate da una approfondita conoscenza della
musica americana, che vedono i quattro irlandesi suonare con Bob Dylan e
BB King, uno dei maggiori esponenti della musica blues di tutti i tempi, e
riproporre anche una loro versione di una canzone dei Beatles.
Con questo disco/film e un breve tour che
ne seguirà, gli U2 diventano per la stampa
di tutto il mondo: la band simbolo
dell’impegno civile e politico, una band la
cui musica è entrata a pieno merito nei
cuori di milioni di persone, ma che ormai
ha finito per “vendere buoni sentimenti a
prezzo scontato”.
Il 31 dicembre 1989 si tenne un concerto a
Dublino, in cui Bono disse a settecento
milioni di ascoltatori in radio: “dobbiamo
sognare tutto da capo”. Gli U2 finiranno di essere facile preda di
strumentalizzazioni da parte dei media, e invertiranno i ruoli, o
quantomeno cercheranno di farlo, utilizzando tutte le risorse possibili: il
rock e ogni forma d’arte che avranno a disposizione.
Gli anni ‘90 saranno molto diversi.
U2 sulla copertina di Time a fine anni
‘80 : il futuro sarà molto diverso.
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3. Gli U2 e la radio come “rock medium”.
La radio, dopo oltre un secolo dalla sua nascita, rimane uno dei mezzi di
comunicazione più vitali e duttili su cui l’uomo possa fare affidamento.
Nonostante siano passati tempi difficili, soprattutto con l’avvento della
televisione, il mezzo radiofonico è sempre riuscito ad adattarsi alle nuove
condizioni sociali e comunicative, inserendosi cautamente nel mondo
visivo e nel nuovissimo mondo virtuale creato da internet. McLuhan lo
definì “il primo dei nuovi media”.
Nel 1920 iniziarono le prime radiodiffusioni in “broadcasting”, cioè quelle
di un'unica emittente che trasmette suoni e parole direttamente a tutte le
apparecchiature in grado di ricevere il segnale, senza però che queste
abbiano la possibilità di rispondere o interagire. La sua rilevanza sociale fu
ben evidente durante il secondo conflitto mondiale, che vide molti capi di
stato parlare alle popolazioni proprio tramite trasmissioni radiofoniche. La
radio era diventata un mezzo per comunicare alle masse, ma ben presto non
fu più necessario ascoltarla in piazza con la restante comunità, i dispositivi
di ricezione divennero sempre più maneggevoli e poco costosi, la
trasmissioni si affinarono e il pubblico la elesse come nuovo status-symbol.
Nacque la radio come noi oggi la conosciamo : personale, portatile, fonte
inesauribile di notizie, storie e soprattutto di musica.
Negli anni ‘70, era possibile persino costruire una stazione privata, e
trasmettere ovunque le proprie canzoni preferite e le proprie parole, senza
nessuna censura: erano nate le radio libere, che dopo un periodo di
inattività forzata dalle leggi del commercio, tornarono ad essere
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nuovamente tali con l’avvento di internet. Una delle innovazioni più
interessanti, a livello mediatico, delle radio libere fu l’interazione con il
pubblico, c’era infatti una “sinergia bidirezionale” grazie all’uso del
telefono, tramite cui ogni ascoltatore aveva la possibilità di entrare in
contatto diretto con la stazione radiofonica.
Oggi, proprio come allora, chiunque è in grado di utilizzare particolari
software per fare quello che le radio libere facevano negli anni ‘70, ognuno
può trasmettere canzoni per un gruppo ristretto di persone, oppure a tutto il
pubblico in ascolto sulla rete, può scegliere l’area tematica a cui iscrivere le
proprie diffusioni, può persino scegliere la qualità della musica da
trasmettere, a seconda della velocità di connessione con cui si inviano i
dati.
Storicamente, la radio è stata protagonista di eventi che hanno avuto come
spettatori milioni di utenti, sia utilizzando il normale metodo di
trasmissione, sia il nuovo sistema DAB (Digital Audio Broadcasting)
digitale, sia la stessa rete internet. Il concerto, ad esempio, è da sempre
rimasto nell’immaginario collettivo, come una priorità della radio, che
nonostante il sopraggiungere del mezzo televisivo rimase, ed è tuttora, la
via preferenziale scelta per la trasmissione di eventi particolari e lanci
promozionali di dischi o tour.
Gli U2, conclusero gli anni ’80 con un concerto a Dublino il 31 dicembre
1989, trasmesso in radio-broadcast in Europa e in tantissimi paesi del
mondo (in Italia fu Radio Rai ad ottenere l’esclusiva).
Oltre mezzo miliardo di contatti furono registrati dalle emittenti
radiofoniche terrestri, mentre ad inizio concerto Bono lanciò una frase
altamente simbolica : “Dimentichiamo il passato!Dobbiamo celebrare il
futuro!”.