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Premessa
Per meglio comprendere le ragioni che mi hanno spinta ad affrontare
questo tema, come argomento della prova finale del corso di studi da
me svolto, credo sia utile fare cenno ad un particolare della mia vita
personale.
Oltre che studente, sono madre di cinque figli le cui età vanno dai 24
ai 9 anni.
Negli ultimi anni, ovvero da quando la mia prima figlia è entrata negli
anni dell’adolescenza, la mia casa e la mia vita sono state contornate
dalla presenza di molti adolescenti. L’osservazione e l’interazione con
questi ragazzi mi ha permesso di venire a conoscenza di alcuni disagi
che gli adolescenti avvertono e di porre attenzione su alcuni aspetti
della loro vita e della loro personalità. La realtà che ho potuto
conoscere mi è parsa abbastanza distante rispetto al quadro generale
che oggi si dipinge degli adolescenti. Per questo motivo ho pensato
potesse essere interessante fare un po’ di chiarezza e cercare di capire
chi e come realmente sono questi nuovi adolescenti.
Introduzione
Oggi si sente parlare molto di adolescenza; la televisione e i giornali
ne riportano quasi quotidianamente qualche nuova informazione, i
libri a tema si moltiplicano così come le rubriche on-line, i convegni,
le indagini e le statistiche. Eppure pare che il mondo degli adolescenti
diventi per gli adulti sempre più difficile da comprendere.
I genitori sono preoccupati, e molto! Il quadro che gli adulti dipingono
di questi adolescenti in effetti non è per nulla rassicurante. Si parla di
ragazzi che in giovanissima età (già a partire dai 12 anni), fumano,
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bevono alcolici in quantità e vivono il sesso con eccessiva libertà. Pare
la loro vita ruoti principalmente intorno a tutto ciò che è divertimento;
non abbiano valori, non sappiano prendersi responsabilità, siano
incredibilmente superficiali e abbiano serie difficoltà a rispettare le
regole. A fronte di un quadro così disastroso, dove i ragazzi sono visti
come individui superficiali ed irresponsabili, ve ne è un altro che
denuncia il diffuso malessere di questi adolescenti e la loro crescente
insicurezza. Charmet (2008) ha ben definito questi due aspetti nel
titolo del suo libro: “Fragile e spavaldo”.
Il nodo centrale comunque sembra proprio nelle abitudini di vita dei
ragazzi, che i genitori non riescono ad accettare e contrastano,
identificando determinati comportamenti come segno di superficialità
e irresponsabilità. Personalmente, ritengo che le motivazioni per le
quali oggi i ragazzi arrivano prima a fare determinate esperienze,
abbiano poco a che vedere con la loro superficialità o mancanza di
valori, ma siano legate ad altri aspetti che tenterò di evidenziare
all’interno di questo elaborato. Spero così di poter ampliare una
visione che rischia di penalizzare molto gli adulti di domani.
All’interno di questo lavoro non saranno, volutamente, prese in
considerazione situazioni estreme, come l’utilizzo di sostanze
stupefacenti, l’alcolismo o condizioni di devianza adolescenziale in
quanto ci si fermerà qualche gradino prima. Si porrà attenzione sui
primi anni dell’adolescenza, tentando di far luce sulle cause che hanno
portato alla precocità adolescenziale così come intesa oggi, e di far
riflettere sulle conseguenze e i rischi che possono derivare da
un’errata interpretazione e gestione di questa precocità. Preludio
alcune volte di devianza, alcolismo e tossico dipendenza.
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Per far questo si è effettuata un’analisi attraverso la letteratura,
evidenziando i vari mutamenti che vi sono stati all’interno della nostra
società, sia a livello culturale, sia con riferimento ai ragazzi, dove
sono stati presi in esame gli aspetti fisiologici e psicologici di questi
mutamenti. Per una maggior comprensione vengono presentati i
possibili e differenti esiti dell’adolescenza e posta attenzione ad un
fenomeno piuttosto comune negli ultimi anni: l’adolescenza protratta,
riflettendo su come molto spesso questa risulti essere la conseguenza
di un’adolescenza precoce mal affrontata.
La seconda parte del lavoro è dedicata ai vari aspetti che possono
condizionare gli esiti dell’adolescenza, il rapporto con le figure
primarie d’accudimento del bambino, il ruolo educativo dei genitori,
la funzione paterna, la separazione e il divorzio dei genitori. Si pone
anche attenzione alla funzione normativa e al tipo di rapporto che i
ragazzi hanno con le regole.
L’ultima parte riguarda una ricerca qualitativa effettuata con ragazzi e
genitori.
Tale ricerca ha avuto tre obbiettivi:
orientarsi meglio all’interno del complesso problema che stiamo
analizzando,
ottenere delle risposte che permettessero di avvalorare la teoria
fin qui sostenuta,
fornire degli elementi utili che permettessero di stendere una
traccia d’intervista da utilizzarsi all’interno di una prossima più
ampia e approfondita ricerca.
La prospettiva futura sarà infatti quella di proseguire con una ricerca
più approfondita, che si spera potrà portare ulteriore chiarezza e
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qualche idea in più sulle strategie da seguire quando si ha a che fare
con gli adolescenti “precoci”.
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Cap. 1
L’adolescenza oggi
1.1 Inizio e fine dell’adolescenza
Per il linguaggio comune l’adolescenza è quel periodo di vita
compreso tra la fanciullezza e l’età adulta, nel corso del quale
l'individuo acquisisce le competenze e i requisiti necessari per
assumere le responsabilità di adulto.
Si tratta di un periodo particolarmente importante nella vita
dell’uomo, in quanto è caratterizzato da profonde trasformazioni sia
fisiche che psichiche destinate a condurre alla maturazione generale
del soggetto.
Nel processo di transizione verso lo stato di adulto entrano in gioco ed
interagiscono fra loro fattori di natura biologica, psicologica e sociale.
Come afferma Augusto Polmonari (1997) l’adolescenza inizia nella
biologia e finisce nella cultura .
L’inizio dell’adolescenza coincide con la pubertà, periodo della vita
caratterizzato da profondi cambiamenti corporei, che consentono al
ragazzo o alla ragazza di acquisire le funzioni sessuali proprie dell’età
adulta. Ad essa si affiancano profonde modificazioni psicologiche e
comportamentali che portano ad una redefinizione dei rapporti con i
genitori e più in generale, ad un nuovo orientamento degli
investimenti sociali. Da un po’ di anni, nei paesi sviluppati, si assiste
ad un progressivo anticipo della pubertà. Secondo il dipartimento di
Endocrinologia Pediatrica del Policlinico Gemelli di Roma negli
ultimi 15 anni si è assistito ad un anticipo nello sviluppo puberale su
entrambi i sessi con un incidenza maggiore per quello femminile. I
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pediatri riscontrano ormai spesso la presenza di caratteri sessuali
secondari (seno e peluria pubica) con circa due anni di anticipo
rispetto al passato e un età media della prima mestruazione che non
supera i 12 anni.
Tale fenomeno sembra spiegabile sulla base di più elementi: da un
lato si ipotizza che un maggior apporto calorico e proteico unitamene
alle migliori condizioni igieniche e sanitarie porti a raggiungere prima
il peso corporeo ideale per lo sviluppo, dall’altro si indagano le
sostanze esogene inquinanti, come i famosi estrogeni della carne.
Anche il contesto fortemente sessualizzato che caratterizza le società
occidentali si ritiene possa contribuire ad anticipare in maniera
evidente l'inizio della pubertà. Oltre all’anticipo della pubertà dal
punto di vista organico, oggi si assiste anche ad una notevole precocità
degli adolescenti sul fronte comportamentale. Pare effettivamente che
molti giovani oggi abbiano fretta di crescere e a soli 11-12 anni
facciano esperienze un tempo inconcepibili per ragazzi cosi piccoli.
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Ma, se l’inizio dell’adolescenza viene fatto coincidere con la pubertà,
anticipata o meno, cosa assai più complessa è stabilire quando
l’adolescenza abbia fine. Da un punto di vista scientifico si potrebbe
dire che l’individuo raggiunge l’età adulta quando è in grado di
stabilire relazioni significative con gli altri e con il suo ambiente di
vita, sia dal punto di vista sessuale che affettivo, sia professionalmente
che sociale. Per Erikson (1963) l’adolescenza ha fine, quando il
soggetto assume impegni definitivi nei confronti della realtà, della
propria sessualità, della propria carriera sociale e professionale, ma
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Uno studio del 2007 a cura di Telefono Azzurro - Eurispes ad esempio rivela la stupefacente
situazione di giovanissimi che hanno i primi rapporti sessuali completi già alle scuole medie e nel
corso dell'Alcohol Prevention Day 2011 Ministero della salute sono emersi dati preoccupanti
riguardo al consumo di alcol tra gli adolescenti
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rimane comunque problematico delimitare un periodo. Oggi, in
particolar modo, pare che i giovani abbiano paradossalmente sempre
più difficoltà ad assumersi responsabilità ed abbandonare la fase
dell’adolescenza nella quale sono entrati con tanto anticipo, al punto
che sempre più spesso si sente parlare di adolescenza prolungata se
non addirittura infinita.
Questa difficoltà ad individuare una conclusione del periodo
adolescenziale sicuramente è stata accentuata dai grandi cambiamenti
sociali degli ultimi anni, il prolungamento degli studi, la difficoltà
d’ingresso nel mondo del lavoro favoriscono la maggiore permanenza
nella famiglia d’origine. Tutti questi fenomeni contribuiscono a
ritardare la conclusione di questa fase d’età. Il problema però non si
esaurisce qui. Per comprendere meglio come mai oggi sia così
difficile divenire adulti bisognerebbe porre attenzione anche ad altri
cambiamenti, come la trasformazione della funzione genitoriale e del
rapporto adulti-adolescenti, il forte narcisismo che caratterizza la
nostra epoca e la frequente mancanza di punti di riferimento.
Oggi ci troviamo quindi, di fronte a due fenomeni diametralmente
opposti, la fretta di crescere e il non voler crescere, un’adolescenza
precoce e un’adolescenza protratta, che pare non avere fine. In realtà
nonostante l’apparente contraddizione questi due aspetti sono molto
più vicini tra loro di quanto non potrebbero sembrare.
1.2 L’accelerazione dei processi maturativi.
Una delle trasformazioni più evidenti del mondo giovanile, e più in
particolare dell’infanzia, riguarda i processi di maturazione. Crepet
(2001 pp.16-17) dice che avessimo la possibilità di confrontare un
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bimbo di quarant’anni fa con un bimbo dei giorni nostri non sarebbe
difficile rendersi conto delle notevoli differenze, sia dal punto di vista
cognitivo sia relazionale. I bimbi di oggi hanno infatti subito
un’impressionante accelerazione per quanto riguarda i loro processi
maturativi a causa (o per merito) sicuramente dell’evoluzione
tecnologica ed informatica, ma anche e in buona parte in conseguenza
del fortissimo investimento che la società opera a vario titolo sui più
piccoli.
Negli ultimi anni molte delle nostre abitudini e dei nostri stili di vita si
sono modificati. Un tempo le nostre case erano molto meno
tecnologiche, meno illuminate e gli stimoli acustici limitati, mentre
oggi abbiamo abitazioni illuminatissime, televisori sparsi per le varie
stanze della casa, musica stereofonica, computer ed anche i giochi dei
nostri bimbi si sono evoluti dotandosi di tecnologie, luci, suoni e
colori per accelerare e stimolare le loro capacità cognitive. In buona
parte il nostro mondo si è modificato riorganizzandosi e impegnandosi
a far si che i nostri bambini siano sempre più precoci e più capaci sia
dal punto di vista cognitivo sia relazionale, i bambini sono educati a
socializzare sempre prima.
In linea generale, le capacità cognitive e relazionali dei nostri ragazzi
si sono quindi sviluppate in modo sorprendente e questo percorso,
estremamente accelerato, ha anticipato l’uscita dall’età del gioco
facendo sì che il bambino si rapporti con gli altri in maniera più adulta
già dalle prime fasi dell’adolescenza. Tuttavia questo non coincide
sempre con un’ adeguata maturità emotiva e per paradosso si scontra
anche con le difficoltà che l'adolescente incontra ad entrare nel mondo
degli adulti a causa di un altro cambiamento dei processi maturativi,
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ovvero il prolungamento degli studi e tutti gli altri fenomeni di cui
avevamo fatto cenno prima che portano allo slittamento dei ruoli che
determinano l’età adulta, conosciuto come adolescenza protratta o
prolungata.
1.3 Adolescenza protratta
Negli ultimi anni l’adolescenza protratta è diventato un fenomeno
sempre più diffuso e sempre più spesso si sente parlare di ragazzi che
non voglio crescere, incapaci di assumersi responsabilità, di eterni
bamboccioni che vivono all’ombra dei genitori .
Le prime considerazioni sull’adolescenza protratta sono da riferire a
Siegfried Bernfeld, psicologo austriaco, che ne diede per la prima
volta una descrizione in una relazione alla Società Psicanalitica di
Vienna nel 1922, ma un vero approfondimento nello studio del
fenomeno lo dobbiamo a Peter Blos, noto psicanalista americano nato
in Germania nel 1904. Studiando un gruppo di studenti americani egli
individuò una specifica tipologia di soggetti a rischio, descrivendone i
tratti di personalità che sottostavano al blocco evolutivo che impediva
a questi ragazzi di diventare adulti e definì l’adolescenza protratta
come “ una statica perseverazione nella posizione adolescente che in
circostanze normali è limitata nel tempo ed è per natura transitoria.
Una fase di sviluppo che si ritiene debba essere lasciata alle proprie
spalle, dopo aver esaurito il suo compito, che diviene invece un modo
di vivere”
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. Blos descrive questi ragazzi come incapaci di organizzare
la propria vita, incapaci di fare scelte importanti, tutti accomunati da
una personalità narcisistica che li porta, nella maggior parte dei casi a
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Blos P., L’adolescenza come fase di transizione. Aspetti e problemi del suo sviluppo, Armando
editore, Roma,1988, capitolo terzo,pag. 37
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imputare i loro insuccessi o le loro difficoltà a cause esterne, essendo
incapaci di assumersene la responsabilità. Pare interessante notare
come già Blos rilevasse questa proiezione all’esterno della
responsabilità, e altrettanto interessante pare l’indicazione di una
personalità narcisistica che accomuna questi ragazzi. La letteratura
descrive spesso, nelle situazioni di adolescenza protratta, una
costellazione familiare caratterizzata da genitori che considerano i loro
figli come prolungamento narcisistico di sé. Forse quando parliamo di
ragazzi narcisisti, incapaci di organizzarsi la vita e di prendere scelte
importanti, dovremmo anche saperli riconoscere come specchio di una
realtà ben più diffusa, sebbene meno evidente, nelle altre fasce d’età.
1.4 Figli del narcisismo
Potremmo dunque parlare di figli narcisisti di genitori narcisisti;
potremmo insomma smettere di puntare il dito accusatore e renderci
conto che questi ragazzi sono i figli che abbiamo creato, educato e
cresciuto e che forse ci assomigliano molto più di quello che vogliamo
ammettere. Crepet (2001 pp.11-12) parla dei “bambini Abarth”
definendoli i bambini dell’ambizione più sfrenata e paragonandoli alle
utilitarie di moda negli anni sessanta, auto esternamente normali, ma
che celavano al loro interno motori elaborati esagerati e rombanti per
far colpo sulle ragazze. Piccolo difetto: queste vetture duravano molto
poco.
Così oggi saremmo in presenza di bambini apparentemente come gli
altri, ma il cui cervello è stato truccato per farli andare sempre al
massimo. Bambini a cui è richiesto non solo di essere bravi a scuola,
ma di essere i primi della classe; bambini ai quali è richiesto di essere
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sempre i migliori pena, la disistima e il minor affetto dei genitori, e
questo indipendentemente dalle doti naturali. Tralasciando l’ambito
della scuola, di bambini “Abarth” ne possiamo comunque trovare
centinaia nei più svariati contesti. Ogni genitore gestisce l’ambizione
a modo suo e i figli diventano spesso piccole pedine strumentali al
proprio ego.
Emblematico può essere il mondo dello sport, dove bambini, o ragazzi
poco più grandi, sono spronati a primeggiare come abili e pagatissimi
professionisti; dove è sufficiente assistere ad una partitella di calcio
per trovare genitori isterici che imprecano contro un mal capitato e
generalmente volontario (non si sa per quanto lo rimanga) arbitro. Un
momento che dovrebbe essere di svago, che dovrebbe favorire una
sana crescita psicofisica, si trasforma così in una arena piena di
aggressività e pretese, dove se un bimbo non riesce ad eccellere il
genitore non si arrende all’evidenza che non tutti nascono Buffon, ma
lo accusa di scarso impegno, lo sprona ad allenarsi di più, e se con
tanto fare i risultati tardano comunque a venire le colpe ricadono
infine sull’ incapacità dell’allenatore. Quindi ragazzi da cui si
pretende sempre il massimo, ragazzi a cui si trasmette l’illusione che
ogni cosa si voglia da loro, o sia da loro voluta sia sempre possibile e
nel caso ciò non accada la responsabilità viene trasferita ad altri, un
allenatore incapace, un insegnante incompetente. Potremmo anche
parlare dell’industria della moda e della trasposizione che i genitori
operano sui figli: abiti griffati, scarpine alla moda, costosissimi
indumenti che dopo una stagione non vanno più, ma per i quali i
genitori sono disposti a fare sacrifici e rinunce, perché non si può
avere, non si può essere meno degli altri neppure nell’esteriorità delle
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cose. Potremmo ricordare le beauty-farm for kids, recente fenomeno
americano, che si sta affacciando anche nel nostro paese, dove
bambini, ma principalmente bambine, vengono sottoposte a svariati
trattamenti di bellezza (pare siano particolarmente richieste le
colorazioni per capelli a base di prodotti naturali, ma pure make up
particolari), perché anche nella bellezza bisogna primeggiare e in
fretta. Insomma pare almeno singolare che poi si accusino i nostri figli
di essere narcisisti! Ma questo narcisismo fa danni. Non si traduce in
uno sproporzionato amore per la propria immagine e per se stessi che
già di per se creerebbe non pochi problemi, ma, come dice Charmet
(2008 pp.24-34), porta alla vergogna, alla costante sensazione di non
essere mai all’altezza delle aspettative perché è un narcisismo
ereditato da altri dove “devi essere” dove si inseguono ideali
impossibili e crudeli e “se non sei” o “senti di non essere” ti deprimi.
Dal soggetto Edipo della civiltà tradizionale, rispettoso delle regole e
sottomesso ai sensi di colpa, si è passati al soggetto Narciso, privo di
sensi di colpa e apparentemente spavaldo, ma in realtà emotivamente
fragile e bisognoso di un costante riconoscimento sociale per definire
la propria identità.
Certamente non tutti i genitori espongono i loro figli allo stress di
essere comunque i primi, non tutti li addestrano ad essere piccoli
adulti o li deresponsabilizzano di fronte ai loro insuccessi, ma dentro
questo meccanismo, piuttosto comune, diventa comunque difficile per
chiunque trovare un momento di calma, uno spazio per il silenzio che
permetta di fermarsi a pensare a chi si è realmente e dove poter capire
in cosa si potrebbe essere i “primi della classe”, perché a voler essere
i primi sempre e in tutto si finisce ad omologarsi alla massa in una