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Le manifestazioni costituiscono quindi un momento rilevante di
aggregazione ed un diritto di libertà riconosciuto dalla Costituzione della
Repubblica Italiana, che si occupa della questione nel Titolo I, all’articolo
17: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le
riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle
riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che
possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di
incolumità pubblica”.
1
Occorre quindi distinguere tra riunioni e
assembramenti, i quali sono invece l’incontro casuale e non organizzato di
persone, attratte in un medesimo luogo da una circostanza improvvisa.
Questo può spiegare la presenza o meno delle forze dell’ordine e delle
relative stime negli eventi in seguito analizzati.
In ogni caso sarebbe interessante poter stimare numericamente e con
precisione la partecipazione ai vari eventi, al fine di valutare quante
persone realmente chiedano che determinate richieste vengano soddisfatte,
o semplicemente si dimostrino vicine a partiti, movimenti, sindacati e così
via. Le parti più coinvolte in primis in questa stima numerica sono sia i
promotori dell’evento, per i quali è lecito pensare che ci sia un certo
interesse nel sottolineare l’eventuale successo della mobilitazione in
questione, sia le forze dell’ordine chiamate ad assicurarsi che tutto si
svolga senza incidenti. Una terza “voce” è costituita da coloro che si
occupano dell’informazione, quindi i giornalisti, ai quali spetta l’arduo
compito di dare una propria valutazione degli eventi.
Questa ricerca vuole confrontare sia le diverse “voci” che riferiscono
delle manifestazioni, quindi i promotori, i quotidiani e le forze dell’ordine,
sia i quotidiani stessi, al fine di capire come un evento possa essere
interpretato da diverse testate giornalistiche. I quotidiani consultati in
1
Cuocolo, F. (2002), Lezioni di diritto pubblico, Milano, Giuffrè, p. 391.
3
merito a ciascun evento sono “il Manifesto”, “la Repubblica”, il “Corriere
della Sera” ed “il Giornale”; nelle pagine di ciascuna testata si cercheranno,
ove possibile, i dati delle tre categorie “Organizzatori”, “Questura” e
“Titolo-contenuti”. Questa ultima sezione riporta l’interpretazione del
quotidiano, che non precisando la fonte della propria stima, fornisce una
propria versione: in caso contrario si leggono diciture quali “secondo gli
organizzatori” o “secondo la questura”. Gli eventi coprono un arco di circa
dieci anni, partendo dal periodo del primo Governo Berlusconi, fino a
quello attuale: è importante la distinzione temporale tra un esecutivo e
l’altro, in quanto le dinamiche che possono portare a differenti valutazioni
numeriche degli eventi risentono sicuramente di questo fattore.
Ogni manifestazione viene perciò presentata contestualmente al periodo
al quale appartiene: sono riportate note di colore riguardanti gli slogan, i
simboli mostrati, le reazioni dei politici, i sentimenti della gente, gli
eventuali episodi di violenza, con l’intento di carpire per quanto necessario
la reale portata dell’evento. Alcuni cortei vedono la partecipazione di
milioni di persone, altri di poche decine, ma in entrambi i casi di frequente
occupano le prime pagine dei quotidiani: segno che l’evento è di chiaro
interesse, almeno nell’immediato. Un titolo di un certo tipo, piuttosto che
di un altro, potrebbe quindi influenzare milioni di lettori sulla reale
importanza di un avvenimento: questo fatto certamente non sfugge a
chiunque cerchi il consenso tra i cittadini, o sia interessato a sostenere una
certa causa.
Il rischio è che ci possa essere un tipo d’informazione ad usum delphini,
con adattamenti dei dati: più volte a tal proposito i quotidiani parlano di
“guerra di cifre”, sottolineando come sia difficile avere a disposizione
giudizi oggettivi e super partes.
4
Il capitolo conclusivo analizza le differenze fra i dati, sia confrontando
le tre voci prese in considerazione sia le tendenze politiche dei quotidiani:
si tratta dell’ipotesi “Voce” e dell’ipotesi “Colore”.
Per la trattazione delle vicende politiche e la ricerca delle principali
manifestazioni ho utilizzato: AA.VV., (1995-2003) Politica in Italia,
Bologna, il Mulino.
5
CAPITOLO I
Il Governo Berlusconi
1.1 – Le vicende politiche
Nell’anno 1994 si assiste ad un profondo cambiamento della scena
politica italiana, che accoglie nuovi protagonisti. I partiti che avevano
contribuito alla nascita della Repubblica italiana sono scomparsi, o si
presentano rigenerati nei nomi, nei simboli, nei programmi politici, per
venire incontro alle nuove esigenze politico-sociali. Il mese di gennaio
vede il presidente della Fininvest Silvio Berlusconi fare il suo ingresso in
politica, per costruire una coalizione alternativa alle sinistre: nasce così
Forza Italia.
Nella sua campagna elettorale Berlusconi promette agli elettori “un
nuovo miracolo italiano” e promette altresì di sanare “l’azienda Italia” con
gli stessi mezzi che gli avevano garantito il successo in altri campi. Si
formano quindi, a Nord, il Polo delle Libertà, tramite l’alleanza di Forza
Italia e Lega, mentre a Sud Forza Italia crea il Polo del Buon Governo con
Alleanza Nazionale. A sinistra, invece, i Progressisti riuniscono, fra gli
altri, Pds, Verdi, Rete e Rifondazione comunista.
Alle elezioni politiche del 27-28 marzo 1994, il Polo ottiene una larga
maggioranza alla Camera, con 366 seggi contro i 213 dei Progressisti ed i
46 del Patto per l’Italia (Partito Popolare e movimento di Segni), mentre al
Senato i seggi sono 155, contrapposti ai 122 dei Progressisti ed ai 31 del
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Patto per l’Italia. Il nuovo Governo non può quindi contare su una
maggioranza assoluta al Senato, ed appaiono subito evidenti i contrasti tra
la Lega Nord, con forti tendenze separatiste, ed Alleanza Nazionale, che
invece dà particolare rilievo alla concezione unitaria dello Stato.
Inoltre Berlusconi deve far fronte a numerose polemiche, provenienti
dalla stampa internazionale, riguardo agli eventuali incarichi da assegnare a
ministri neofascisti. A tal proposito al Parlamento europeo viene approvata
una mozione del gruppo socialista, la quale chiede che ministri di estrema
destra non facciano parte del Governo italiano; il leader di Forza Italia
dichiara la sua intenzione di rivolgersi a tecnici di An, e non a vecchi
esponenti del Msi, ma il 10 maggio, giorno della nascita del nuovo
esecutivo, tre dei cinque ministri di An sono dirigenti storici del Msi. I
timori per un ritorno dell’estrema destra nella compagine governativa si
palesano anche nell’attenzione della stampa per i cortei: il 16 maggio si
tiene per la prima volta una manifestazione autorizzata di naziskin, il 29
maggio il Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro viene accusato da altri
manifestanti di “aver legittimato il Governo fascista di Berlusconi”.
Il consenso per Berlusconi si conferma alle elezioni del Parlamento
europeo di Strasburgo, il 12 giugno: Forza Italia ottiene il 30,6% dei voti,
migliorando rispetto al 21% ottenuto alle elezioni per la Camera del 27-28
marzo. Le altre forze politiche subiscono invece un calo: rispetto alle
politiche, la Lega Nord scende dall’8,4 al 6,6%, il Pds dal 20,4 al 19,1%,
Alleanza Nazionale dal 13,5 al 12,5% ed il Partito Popolare dall’11,1 al
10%. In seguito alla nuova sconfitta elettorale, si apre nel Pds un acceso
dibattito, che porta innanzitutto alle dimissioni del segretario Achille
Occhetto e quindi all’elezione, nel consiglio nazionale, di Massimo
D’Alema, che prevale su Walter Veltroni.
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Le maggiori difficoltà del nuovo Governo sono condensate attorno alla
preparazione della legge Finanziaria, poiché si sente la necessità sia di non
deludere i propri elettori sia di garantire il risanamento dei conti pubblici:
appare subito evidente come i modelli utilizzati da Berlusconi
nell’amministrare le sue aziende non soddisfino le esigenze di un esecutivo.
Infatti le problematiche legate al mondo della politica richiedono
interventi anche nel campo sociale, oltre che economico. Le prime
proposte riguardano il condono fiscale ed edilizio, per soddisfare la piccola
e media borghesia; il condono edilizio è volto ad aumentare anche il
consenso tra gli abusivi poveri, in particolare al Sud. La questione del
risanamento viene affrontata soprattutto con tagli consistenti alle pensioni,
ma tale proposta risulta alquanto impopolare, specialmente negli ambienti
legati ai sindacati: Cgil, Cisl e Uil organizzano uno sciopero generale il 14
ottobre ed una manifestazione il 12 novembre, da molti giudicata come la
più imponente dal dopoguerra. In seguito Governo e sindacati giungono ad
un accordo sulle pensioni, la cui riforma viene sostanzialmente stralciata
dalla Finanziaria. I punti principali dell’intesa riguardano la cancellazione
delle penalizzazioni per le pensioni d’anzianità e la possibilità di andare in
pensione dal giugno ’95 per i lavoratori con 35 anni di retribuzione. In
seguito a ciò i sindacati revocano lo sciopero previsto per il 2 dicembre. Da
ricordare, invece, la protesta degli studenti, concretizzatasi in diversi cortei.
Oltre al successo dei sindacati, altri eventi introducono elementi di crisi
nella maggioranza. Al primo turno delle elezioni amministrative parziali, il
20 novembre, arretrano Forza Italia e An e crescono invece Pds e Popolari,
le cui alleanze trovano il consenso dell’elettorato. Il 22 novembre
Berlusconi riceve dai magistrati di Milano un avviso di garanzia per
concorso in corruzione, riguardo all’inchiesta su somme pagate a membri
della Guardia di Finanza. Il presidente del Consiglio respinge le accuse e
8
annuncia che rimarrà al proprio posto; i sostenitori di Forza Italia scendono
in piazza a Torino a sostegno del loro leader il 27 novembre. La debole
alleanza fra Forza Italia e Lega Nord preoccupa molto: il 17 dicembre
vengono presentate due mozioni di sfiducia, una firmata dal Pds, l’altra da
leghisti e popolari. Si apre così la crisi di Governo e Berlusconi reagisce
nel dibattito alla Camera con un duro discorso, accusando Bossi di
tradimento e prospettando “una grande marcia delle libertà”. E’ ormai
palese la fine dell’alleanza di centro-destra: in molti parleranno di
“ribaltone”. A distanza di pochi giorni Berlusconi si dimette dalla carica di
Presidente del Consiglio.
1.2 - Le manifestazioni durante il Governo Berlusconi I
Il “Veneto Fronte Skinheads” a Vicenza: 14-05-1994
In tutta Europa è forte il timore per episodi d’intolleranza da parte di
sostenitori dell’estrema destra; in particolare in Germania il Governo vara
un pacchetto di leggi contro gli estremisti xenofobi e lancia appelli alla
popolazione affinché isoli i neonazisti ed aiuti la polizia. La manifestazione
dei naziskin italiani suscita quindi forti polemiche, in seguito alle proteste
della comunità ebraica, delle comunità straniere, del Pds e del Partito
popolare del Veneto. In particolare, poi, si tratta della prima volta in cui un
corteo di questo tipo viene regolarmente autorizzato dalla questura,
potendo quindi sfilare con la protezione di polizia e carabinieri. I naziskin,
provenienti da diverse città del Veneto, ed alcuni da Milano, Bologna,
Firenze e Roma, giungono a Vicenza per partecipare all’evento organizzato
dal “Veneto Fronte Skinheads”, associazione il cui leader Piero Puschiavo
9
è indagato per apologia e ricostituzione del partito fascista. Sarebbe stato
proprio costui ad aver ottenuto il nulla osta dal Questore Romano Argento,
il quale evidentemente non ha ravvisato nella richiesta gli elementi di
“gravi problemi di ordine pubblico”, necessari per bloccarla.
Tab. 1.1 - Il “Veneto Fronte Skinheads” a Vicenza
Quotidiani Organizzatori Titolo-contenuti Questura
il Manifesto - Centinaia -
la Repubblica - 200 -
Corriere della Sera - 200 -
il Giornale - Poco più di 100 -
Nella sfilata si vedono camicie nere, croci uncinate e si sentono gli
slogan “Sieg heil”(salve vittoria) e “Boia chi molla”, accompagnati dal
tipico saluto romano. Le contestazioni colpiscono anche i quotidiani, che
avevano denunciato i pericoli legati a questo tipo di cortei: i manifestanti
urlano “giornalisti terroristi”. Non si verificano episodi di violenza, ma in
serata il capo della Polizia Parisi impartisce dal Viminale disposizioni ai
questori di tutta Italia affinché non siano più consentiti raduni di tal genere.
Il giorno successivo il provvedimento del neo-ministro dell’Interno
Roberto Maroni sospende il prefetto ed il questore, dai quali era arrivata
l’autorizzazione al raduno.
I quotidiani offrono una differente interpretazione dell’entità numerica
del corteo: si passa dai “poco più di cento” de “il Giornale”, alle
“centinaia” de “il Manifesto”, mentre il “Corriere della Sera” e “la
Repubblica” concordano sulla cifra di circa 200 militanti.
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Le contestazioni a Scalfaro a Brescia: 28-05-1994
Alle 10.12 del 28 maggio 1974 una bomba fece scempio in una
manifestazione antifascista a Brescia, provocando otto morti e cento feriti.
Su quel crimine non fu mai fatta luce, malgrado otto processi. Il Capo dello
Stato Oscar Luigi Scalfaro si reca sul luogo della strage, piazza della
Loggia, a vent’anni di distanza, per una commemorazione ufficiale.
Tab. 1.2 - Le contestazioni a Scalfaro a Brescia
Quotidiani Organizzatori Titolo-contenuti Questura
il Manifesto - - -
la Repubblica - Un centinaio -
Corriere della Sera Almeno 200 - -
il Giornale - 150 -
Il Presidente attraversa due ali di folla fino alla Torre dell’Orologio e si
avvicina alla stele di pietra della strage, accompagnato dal sindaco Paolo
Corsini, ma a questo punto cominciano i fischi e le contestazioni da parte di
un gruppo di autonomi e di sostenitori di Rifondazione comunista. Tra la
folla si aprono cinque ombrelli rossi, allineati, con alcune lettere cucite su
ognuno di essi: la scritta completa recita “Via il garante dei fascisti”. Si
sente ripetere anche: “Con i compagni uccisi tu non c’entri niente, fuori
dalla piazza, Presidente” e “Né servi né padroni, no al regime-Berlusconi ”.
I contestatori dichiareranno poi di aver voluto “rompere quel clima
precostituito di pacificazione che non possiamo accettare”; riferendosi a
Scalfaro aggiungono: “Ha legittimato il Governo fascista di Berlusconi”.
Alla fine della cerimonia scoppiano tafferugli tra le forze dell’ordine ed
i contestatori, venti dei quali vengono fermati.
I quotidiani concordano nel porre l’accento su come sia solo una parte
della piazza a contestare il Presidente, ma le cifre fornite sono diverse,
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anche se piuttosto vicine: la stima oscilla tra il “centinaio” de “la
Repubblica” e gli “almeno 200” del “Corriere della Sera”, ma il dato è
fornito dagli organizzatori. Su “il Manifesto” non si trovano numeri, ma
solo un generico “spezzone di piazza”.
Il corteo per il Leoncavallo a Milano: 10-09-1994
A Settembre giungono a Milano giovani dei centri sociali, provenienti
da tutta Italia, per pronunciarsi contro lo sgombero del centro sociale
Leoncavallo. Esso occupava dal 1975 una vecchia fabbrica in via
Leoncavallo 22, nella periferia est della città: dopo lo sgombero voluto dal
sindaco leghista Marco Formentini, sorgono problemi legati alla ricerca di
una nuova sede, fino all’occupazione di una stamperia abbandonata situata
a Greco, altro quartiere periferico.
La manifestazione parte nel pomeriggio dai Bastioni di Porta Venezia e
prosegue con toni pacifici, ma all’improvviso un gruppo di manifestanti
aggredisce le forze dell’ordine con un nutrito lancio d’oggetti; dalla
questura arriva l’ordine di rispondere alla provocazione ed a breve si
scatena una vera e propria battaglia che per un’ora e mezza terrorizza i
passanti con ripetuti lanci di sassi, cubetti di porfido e bottiglie da una
parte, decine di lacrimogeni dall’altra. Inoltre non sono mancati violenti
scontri corpo a corpo. Il bilancio è di 21 feriti tra le forze dell’ordine, una
decina tra i manifestanti, ma i Leoncavallini parlano di moltissimi feriti,
che non si sarebbero rivolti agli ospedali, per timore di essere identificati.
Durante il corteo, gli slogan prendono di mira Governo e forze
dell’ordine: “Bossi, Berlusconi, Fini: farete la fine di Mussolini” e, verso
polizia e carabinieri, “Servi dei servi dei servi”.
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Tab. 1.3 - Il corteo per il Leoncavallo a Milano
Quotidiani Organizzatori Titolo-contenuti Questura
il Manifesto - 15.000
la Repubblica 20.000 10.000 -
Corriere della Sera 30.000 10.000 10.000
il Giornale - 8.000-10.000 -
La questura, secondo il “Corriere della Sera”, parla di 10 mila
manifestanti: il dato viene giudicato attendibile dal “Corriere della Sera” e
da “la Repubblica”, che lo riportano nei titoli. Vicina è la stima de “il
Giornale”, mentre “il Manifesto” parla di 15 mila presenti. Si rivela ben più
alto il dato fornito dagli organizzatori: tra i 20 mila ed i 30 mila,
rispettivamente secondo “la Repubblica” ed il “Corriere della Sera”.
I cortei contro la Finanziaria: 12-11-1994
Cgil, Cisl e Uil organizzano una grande mobilitazione contro il Governo
di Berlusconi, per protestare contro la Finanziaria, definita “taglia-
pensioni”. A Roma arrivano giovani, lavoratori e pensionati di tutta Italia:
secondo i sindacati si sarebbero superate le previsioni più ottimistiche di
affluenza, nonostante un ridotto afflusso di dimostranti dalle zone
alluvionate del Nord, in particolare dal Piemonte.
La città viene invasa da cinque cortei, che poi convergono nelle piazze
dove i tre segretari confederali tengono i loro comizi: la richiesta principale
è quella di non dare il voto di fiducia sulla Finanziaria e varare un’altra
manovra economica. In piazza San Giovanni parla il leader Cisl Sergio
D’Antoni; proprio sotto il palco, sul quale campeggia la grande scritta
“Legge finanziaria. Non la beviamo”, si schierano i lavoratori del
Piemonte. Il comizio di Sergio Cofferati, segretario della Cgil, segna il
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debutto del Circo Massimo come sede di manifestazioni politiche, mentre
esso aveva fino ad allora ospitato solo concerti e manifestazioni sportive.
Qui è stato accolto con grande calore il segretario di Rifondazione
comunista, ed ex sindacalista, Fausto Bertinotti. Si tiene invece in piazza
del Popolo il discorso di Pietro Larizza, leader Uil; appeso ad un nugolo di
palloncini, ondeggia un maxi-striscione di Rifondazione: “Via il Biscione
che mangia pensione e informazione”.
Figurano, tra gli altri, slogan quali: “FINi, FINinvest, FINanziaria,
FINiamola”, “Abbiamo un sogno nel nostro cuore: Berlusconi a S.Vittore”,
“Aiuta lo Stato, uccidi un pensionato” ed inoltre un vecchio slogan che
viene adattato alla situazione, mutatis mutandis, ovvero: “Berlusconi: Dio ti
vede”. Tre gli incidenti rilevati durante i cortei: una doppia aggressione a
Pannella, che aveva definito “faziosi” i servizi delle tv, con insulti e lancio
di monetine; un tentato assalto alla sede dei tg della Fininvest; infine uno
scontro tra autonomi e polizia.
In merito all’evento, Silvio Berlusconi dichiara: “Bisogna lavorare, non
scioperare”. Per il segretario del Pds, Massimo D’Alema, è stata “la più
grande manifestazione di tutti i tempi”. La dichiarazione trova conferma sia
nei dati della questura sia nei titoli dei quotidiani: “La più grande
manifestazione sindacale che si ricordi” per il “Corriere della Sera” e “la
più grande manifestazione dal dopoguerra” per “la Repubblica”.
Tab. 1.4 - I cortei contro la Finanziaria
Quotidiani Organizzatori Titolo-contenuti Questura
Il Manifesto - 1.500.000 -
La Repubblica 1.500.000 Più di 1.000.000 7-800 mila
Corriere della Sera Più di 1.500.000 1.000.000 7-800 mila
Il Giornale 1.200.000 800.000 7-800 mila
14
Per quanto riguarda la partecipazione, le cifre oscillano tra i 7-800 mila
della questura, dato condiviso da “il Giornale”, ed il milione e mezzo degli
organizzatori, supportato da “il Manifesto”. Per il “Corriere della Sera” i
partecipanti sarebbero circa un milione, un po’ di più per “la Repubblica”.
La manifestazione a sostegno di Berlusconi e contro i Magistrati del
pool Mani pulite: 27-11-1994
A Torino si tiene una manifestazione a favore di Silvio Berlusconi:
l’evento è organizzato da Forza Italia, Alleanza Nazionale, Cristiano-
democratici, riformatori di Pannella e dai neonati “Comitati 27 marzo”. Il
deputato di Forza Italia Alessandro Meluzzi, tra i principali promotori,
illustra alla stampa gli scopi del comitato: “Il comitato che presiedo si
chiama 27 marzo perché vogliamo che lo spirito di quella grande vittoria
elettorale non sia dissipato; vogliamo la compattezza della maggioranza e
la funzionalità del Governo”. La manifestazione intitolata “Gli italiani non
hanno cambiato idea” avrebbe dovuto aver luogo all’interno del cinema
Lux, ma poiché l’affluenza si è rivelata essere troppo elevata in rapporto
alla capienza della sala, essa viene spostata in piazza San Carlo.
Gli slogan prendono di mira i partiti di sinistra, i Magistrati del pool
Mani pulite ed il senatore Umberto Bossi, ma salvano il suo partito: “Da
Torino comincia la riscossa, l’Italia è libera e non rossa”, “Grazie Borrelli
perché ci hai fatto riunire tutt’insieme” e “Lega sì, Bossi no!”. Gli unici
momenti di tensione si registrano quando le troupe televisive di Tmc e Tg3
vengono accerchiate dai dimostranti, che gridano: “comunisti”, ma non si
verificano episodi di violenza.
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Tab. 1.5 - La manifestazione a sostegno di Berlusconi e contro i Magistrati
del pool Mani pulite
Quotidiani Organizzatori Titolo-contenuti Questura
il Manifesto - 5.000 -
la Repubblica 10.000 7.000 7.000
Corriere della Sera 10.000 10.000 7.000
il Giornale - 8.000 -
Per gli organizzatori, secondo il “Corriere della Sera” e “la
Repubblica”, i partecipanti sarebbero 10 mila e tale cifra si ritrova anche
nei titoli del “Corriere della Sera”, mentre “la Repubblica” è concorde con
il dato della questura: 7 mila. Di poco superiore, stranamente,
l’interpretazione de “il Giornale”, che parla di 8 mila, mentre “il
Manifesto” riduce la cifra dei promotori a 5 mila presenti.
I cortei studenteschi contro D’Onofrio e la Finanziaria: 02-12-1994
Dopo circa un mese d’occupazione delle scuole, gli studenti decidono di
terminare la loro protesta con una serie di cortei in diverse città. I bersagli
dei manifestanti sono il ministro della Pubblica istruzione Francesco
D’Onofrio ed il Governo, in particolar modo per quanto concerne la
Finanziaria. La mobilitazione si tiene nonostante i sindacati abbiano
revocato il previsto sciopero generale a seguito del raggiungimento di un
accordo con il Governo, appunto in merito alla Finanziaria: è evidente e
significativa la volontà di portare comunque avanti la protesta.