5
I. LA PROSSEMICA
b) Introduzione
La prossemica :
"è il termine che ho coniato per le osservazioni e le
teorie che concernono lo spazio dell'uomo, inteso come una
specifica elaborazione della cultura… è lo studio di come
l'uomo struttura inconsciamente il microspazio - la distanza
dagli altri uomini nel corso delle transazioni quotidiane,
l'organizzazione dello spazio nelle sue case e nei suoi edifici,
ed infine nella pianta delle sue città... è lo studio dei modi in
cui l'uomo acquista conoscenza del contenuto delle menti di
altri uomini, attraverso giudizi sui modelli di comportamento,
associati a gradi variabili di vicinanza ad essi"
EDWARD T. HALL
1
" ha per oggetto la strutturazione e la percezione umana
dello spazio ed abbraccia una vasta gamma di comportamenti
spaziali, dalla strutturazione di piccoli quantitativi di spazio
nell'interazione quotidiana alla pianta delle città"
O. MICHAEL WATSON
2
Quando si nomina la prossemica chiunque abbia dimestichezza con questa
materia, le associa immediatamente il nome di Hall, in effetti, egli viene un po'
considerato il padre di questa disciplina, o quanto meno il creatore del suo nome.
Hall è un antropologo al quale, al termine della seconda guerra mondiale, venne dato
l'incarico di studiare come riavvicinare agli Stati Uniti le culture " nemiche" cioè
quella tedesca e quella giapponese al fine di permettere una maggiore
1
HALL EDWARD T., The hidden dimension, tr. It., La dimensione nascosta, I Satelliti Bompiani,
Milano, 1968, p.7
2
O. MICHAEL WATSON, Comportamento prossemico, I Satelliti Bompiani, Milano, 1972, p. 7
6
collaborazione, scevra da incomprensioni, nell'atto della ricostruzione
3
. Egli dà
quindi corpo alle sue ricerche partendo da basi semiotiche, psicologiche ed
antropologiche per approdare ad un concetto di cultura come comunicazione e di
comunicazione come un insieme molto vasto di linguaggi verbali ma anche gestuali.
Arriva quindi a battezzare questi ultimi con il nome di prossemica, termine di sua
invenzione, che, come egli stesso ci dice, contiene nella sua radice il termine
prossimo per comunicare intuitivamente di che cosa si tratta.
Nel primo capitolo di La dimensione nascosta Hall ci mette al corrente del
fatto che le sue intuizioni affondano le proprie radici nel lavoro di altri antropologi:
Franz Boas e dei suoi collaboratori Edward Sapir e Leonard Bloomfiel che si
occuparono di linguaggio in maniera innovativa, svincolandosi dall'idea che le
lingue indoeuropee potessero essere modello per tutte le lingue. In seguito Whorf,
ingegnere chimico di professione ma dilettante di linguistica, sulla base delle sue
ricerche approdò all'idea che il linguaggio fosse un vero e proprio elemento
costitutivo della formazione del pensiero e che finchØ gli uomini avessero usato la
loro lingua senza capirne le strutture, da essa sarebbero stati condizionati. Hall pensa
che questo concetto si applichi molto bene al resto del comportamento umano; se
non conosciamo le basi inconsce ed istintive del nostro linguaggio gestuale di esso
saremo schiavi. La dimensione nascosta aiuta a sfatare l'idea, molto diffusa in quegli
anni, che la stessa esperienza produca in due esseri umani diversi lo stesso risultato,
a livello di dati registrati dai loro cervelli. La prossemica ha quindi come scopo
quello di mettere in evidenza come i condizionamenti culturali creino dei filtri
sensoriali che rendono la percezione di un'esperienza diversa da una persona
all'altra, soprattutto se si tratta di appartenenti a società differenti. Ci dimostra in
pratica come culture diverse non solo parlino lingue diverse, ma inoltre, cosa piø
importante, abitino differenti mondi sensoriali. Quello di Hall è quindi il primo
tentativo organico di creare una "semiologia dello spazio; in parole piø povere vuole
costituire per lo spazio quello che la linguistica costituisce per l'universo dei segni
3
MARCO COSTA, P. ENRICO RICCI BITTI, Fra me e te. Messaggi dallo spazio personale. Psicologia
Contemporanea, 2003, p 35-44. http://www.marcocosta.it/prossemica.pdf
7
verbali".
4
Nell'ottica quindi di Hall la prossemica non vuole essere intesa come una
nuova ideologia dello spazio ma come una grammatica capace di fornire le basi per
la comprensione dell'utilizzo che dello spazio viene fatto nelle varie culture. Senza
dubbio la nascita della prossemica è affetta da un certo qual illuminismo, leggendo i
testi di Hall in modo piø o meno palese traspare l'idea che la comprensione della
dimensione spaziale della comunicazione umana e la risoluzione dei problemi ad
essa connessi, possano far diventare l'uomo migliore. Prima di tacciare il nostro
autore di ingenuità è il caso di ricordarci il contesto storico in cui il suo libro è stato
scritto; tempi di ricostruzione, tempi di valutazione dei danni, e tempi di speranza
che trovando la chiave di volta, certi fatti non sarebbero piø potuti accadere. Ad
ogni modo, l'ottimismo illuminista che pervade la letteratura di Hall nulla toglie al
valore innovativo della sua opera ed inoltre, se certamente è vero che le rivoluzioni
urbanistiche e le riforme sociali che egli si aspettava non sono avvenute, è altresì
vero che la prossemica così come lui ce l'ha fatta conoscere, è stata ed è alla base di
molte importanti ricerche che con il loro contributo ci aiutano a conoscere meglio le
contraddizioni del nostro mondo sociale. Prima di passare ad analizzare meglio la
materia nei prossimi capitoli desidero ancora fare un'ultima osservazione; a volte le
intuizioni di menti acute ed osservatrici precorrono i tempi, e la realizzazione pratica
della loro visione tarda ad arrivare. Hall è recentemente scomparso nel luglio di
quest’anno e la sua vita è stata costellata di riconoscimenti accademici, tuttavia
credo che la recente diffusione, sia tra la gente che tra i progettisti, di una nuova
attenzione alla fruibilità dello spazio da parte dell'uomo sia a livello di urbanistica
delle città che nell'arredamento degli interni delle case, sia stata per lui una grande
soddisfazione. Il prosperare del feng shui nel mondo occidentale, di un’architettura
attenta all'ergonomia, in parte anche della domotica partono tutti da un'attenzione
allo spazio che un tempo non esisteva, e spesso nel creare molti degli oggetti che
entrano a far parte del nostro quotidiano, i progettisti tengono conto di ricerche e
teorie le cui basi poggiano proprio sulla prossemica. Alla fine la prossemica non ha
4
HALL EDWARD T., Edwart T. Hall e la prossemica, introduzione di Umberto Eco a The hidden
dimension, tr. It., La dimensione nascosta, I Satelliti Bompiani, Milano, 1968, p. VIII
8
prodotto e non produrrà rivoluzioni sociali ma contribuirà ad aumentare il benessere
e la qualità di vita di molte persone.
9
c) La territorialità animale
Il territorio è:
“una parte di spazio acqueo, aereo o terrestre che un
animale o un gruppo di animali difende come riserva
esclusiva. Il termine viene usato anche per descrivere la
compulsione degli esseri animati a possedere e difendere
tale spazio”
ROBERT ARDREY
5
Il concetto di “libertà” è da sempre uno di quelli che fa maggior presa
sull'animo umano, ispira canzoni, film, poesie ed anche proverbi. Di esempi ne
potremo fare molti ma non è questa la sede per discutere su che cos'è il concetto di
“libertà”, quello che mi preme invece è notare come spesso esso sia associato ad
un'indiscussa caratteristica del mondo animale. L'uomo tende infatti, a considerare
gli animali per loro stessa nascita, liberi di vagabondare per il mondo a loro
piacimento, come se essi non avessero leggi a cui sottostare, necessità da soddisfare.
Un esempio per tutti di questo atteggiamento mentale è il famoso detto "libero come
un uccello” tramite il quale si tende ad associare la caratteristica del volo alla
possibilità di spostamento illimitata. In realtà le cose non vanno così e se a noi
umani il volo può sembrare un mezzo per esplorare il mondo per l'uccello è un
mezzo per sorvegliare quella parte di terra e di aria che ritiene suo territorio. In
effetti è noto fin dal XVII secolo che gli animali posseggono e difendono il loro
territorio, tuttavia per approdare al concetto di alcuni studi sulla territorialità vera e
propria si deve attendere fino al 1920 con la pubblicazione “Territory in Bird life” di
Eliot Howard, che ha analizzato questo fattore in primo luogo negli uccelli. Per
territorialità, concetto base nello studio del comportamento animale, si definisce
generalmente quella caratteristica condotta con la quale uno o piø individui
mediante strategie di esclusione, impediscono l’accesso di altri individui,
prevalentemente della stessa specie ma non esclusivamente, a quel territorio e,
quindi alle risorse in esso contenute, siano esse fonti di alimentazione o partner
sessuali. E’, tuttavia, necessario distinguere il concetto di territorio da quello di
5
Cit. ins. MARTIN IRA GLASSNER, Manuale di geografia politica – Volume primo, tr. It., Franco
Angeli, Milano, 1995, p. 37
10
spazio personale. Tutti gli animali sembrano essere circondati da uno spazio
personale, di ampiezza variabile, che essi difendono dalle intrusioni, e che i
conspecifici rispettano. Il concetto di territorio è in tal senso differente da quello di
home range (letteralmente, “zona di casa”): questo termine, infatti, indica l’intera
zona abitualmente attraversata da un soggetto, piø ampia, dunque, di quella che esso
difende. Lo spazio personale, pure, è diverso dal territorio perchØ, per così dire, si
muove insieme all’individuo.
6
Nel mondo animale la territorialità assicura la
propagazione della specie regolando la densità del popolamento, fornisce lo schema
in cui si inseriscono le azioni, definisce le attività da svolgersi nei vari luoghi, dove
nascondersi, giocare o cacciare. Definire la divisione dei territori è indispensabile
per coordinare l'attività del gruppo e tenerlo unito, mantiene gli animali ad una
distanza adatta alla comunicazione ma che non interferisca con i proprio simili nella
ricerca di cibo. Conoscere profondamente il territorio sviluppa nell'animale una serie
di vantaggi come l’aver a disposizione una risposta automatica ed efficiente in caso
di pericolo, inoltre, la possibilità di creare un luogo protetto per la generazione e
l'allevamento dei figli, funge da selezione naturale poichØ i piø deboli non sono
capaci di stabilire un territorio e gestirlo. Oltre a questi vantaggi derivanti dalla
difesa della specie, al territorio sono associate anche funzioni personali e sociali
quali quelle di mantenere o migliorare il proprio status di dominio.
La meccanica degli spazi animali
Ho già definito cosa si intende per territorio nel mondo animale, tuttavia la
gestione dello spazio conveniente fra gli individui non si limita a questo. Esiste una
sorta di spazio personale che può essere accomunato a una serie di bolle dai confini
irregolari. Quando due individui di specie diverse si incontrano e i confini delle loro
bolle si vanno a toccare le reazioni possono essere solo di due tipi: la fuga o
l'attacco.
6
Per qualche informazione in materia, cfr. EIBL-EIBESFELDT, Etologia umana, tr. it. Brizzi e Scapini,
Torino, 1993, p. 225 ss.
11
La distanza di fuga
7
è la distanza che un animale tollera tra sØ e un uomo o un
altro potenziale nemico, quando lo spazio si riduce al punto di arrivare a
questa
Fig n.1 Distanza di fuga di un animale di grande taglia (cervo) rispetto ad uno di
piccola taglia (lucertola). Si constata un aumento della distanza proporzionale alla grandezza
dell’animale.
questa distanza l’animale scappa. Hediger ha anche notato che questo spazio è
direttamente proporzionale alla mole dell'animale, piø esso è grande e maggiore è la
distanza che deve tenere tra sØ e il nemico. L'antilope, ad esempio, fugge quando
l'intruso è ancora a circa mezzo chilometro da lei mentre una lucertola, per contro,
fugge quando siamo circa a poco meno di un metro da lei. Chiaramente gli animali
hanno anche altri modi per difendersi ma la fuga resta il meccanismo fondamentale
di sopravvivenza per gli animali mobili. In contesti non naturali, quali possono
essere gli zoo, gli animali sono costretti ad modificare le proprie reazioni di fuga per
non vivere in uno stato di panico costante, in buona sostanza imparano ad avere una
distanza di fuga decisamente inferiore dei loro simili selvatici.
La distanza critica è strettamente connessa con la distanza di fuga, si tratta di
quella distanza, che intercorre tra l'animale e il suo nemico, in cui la fuga risulta una
difesa impossibile o inadeguata, pertanto l'unica scelta rimanente è attaccare. PoichØ
la fuga è e resta la scelta primaria di un animale è chiaro che si arriva ai confini della
distanza critica solamente in casi estremi in cui ostacoli impediscano la fuga.
7
HEDIGER H.P., Beobachtungen ur Tierpsychologie im Zoo und Zirkus, tr. Ingl. Studies of the
psycology and behavior of capive animals in zoos and circues, Londra, 1955, Buttherworths Scientific
Publications,p. 123 ss. Cit. ins. HALL EDWARD T., The hidden dimension, tr. It., La dimensione
nascosta, I Satelliti Bompiani, Milano, 1968, p.22
12
Fig n.2 Rapporto tra il domatore e il leone nel circo. Il domatore sfrutta il meccanismo
della distanza critica; si avvicina al leone sino a violare la suddetta, a quel punto il leone non
potendo scappare a causa della recinzione tenderà ad avanzare per attaccare e si avvicinerà
lentamente al domatore saltando sullo sgabello dato che questo si troverà sul suo percorso, a
quel punto al domatore non resta che sottrarsi rapidamente dal campo della distanza critica
per ottenere che il leone rimanga in equilibrio sul posto.
Emblematico esempio di questa situazione è la gabbia del circo con all'interno
il leone e il domatore. Fruste, frustini, stivaloni ed altri orpelli altro non sono che
scena messa in atto dal domatore per creare un'atmosfera di tensione ma sono del
tutto inutili per far salire il leone sullo sgabello. In realtà il domatore sfrutta
semplicemente il meccanismo della distanza critica, ovvero si avvicina al leone sino
a violare suddetta distanza, a quel punto il leone smetterà di scappare e deciderà di
attaccare, pertanto comincerà ad avvicinarsi al domatore lentamente e con fare
minaccioso, ma lo sgabello chiaramente si troverà sul percorso del leone che
scavalcherà l'ostacolo senza pensarci due volte; a questo punto per far rimanere
fermo il leone sullo sgabello il domatore non dovrà fare altro che sottrarsi
rapidamente dal campo della distanza critica, a quel punto il leone si fermerà in
equilibrio lì sul posto.
Per quanto riguarda l'uso dello spazio personale di ogni singolo individuo
animale c'è da fare un’interessante osservazione, ovvero che esistono specie che
amano ammucchiarsi insieme ai propri simili e ne richiedono l’assiduo, frequente,
continuo contatto (specie come il tricheco, l'ippopotamo, il maiale, il pipistrello,
molti primati, tartarughe, inspiegabilmente anche gli istrici e molte altre), mentre
altre specie seguono il principio del non-contatto (i cani, i gatti, i cavalli, i topi, il
13
falco e molti altri). Hall dice che il motivo che spinge una specie ad amare o meno il
contatto con i propri consimili non sia un fatto facile da spiegare, tuttavia constata
che le specie amanti del contatto, essendo piø "coinvolte" vicendevolmente, possono
avere un'organizzazione sociale migliore e piø adatta a sfruttare le risorse
dell'ambiente, oltretutto pare sopportino meglio le situazioni di sovraffollamento. Il
primo ad utilizzare il termine di distanza individuale o personale applicato al mondo
animale è stato Hediger nel 1941, potremmo intendere questa distanza come "… una
bolla invisibile che circonda l'organismo"
8
e che si muove con l'animale, che non ha
alcun riferimento topografico, e normalmente non è consentito a nessun altro
individuo di penetrarvi. La distanza individuale è in buona sostanza la distanza
minima che intercorre tra due individui appartenenti a una specie non amante del
contatto. Per fare un esempio pratico, basta osservare la distribuzione degli uccelli
che riposano sui fili del telefono e si noterà subito come c'è una sorta di distanza
minima tra gli individui che non viene mai ridotta. Quando le bolle di due individui
si intersecano gli animali entrano nella sfera del contatto intimo. Pare esserci una
stretta correlazione tra il ruolo sociale svolto da un individuo e la grandezza della
sua bolla, maggiore ruolo gerarchico, maggiore lo spazio personale e viceversa.
Oltrettutto il sistema dei rapporti spaziali pare essere, nel mondo animale,un ottimo
mezzo, se non il fondamentale per controllare l'aggressività e per fissare in modo
semplice e univoco un ordine sociale.
La distanza sociale è quella che un animale può interporre tra sØ e gli altri
membri del proprio gruppo senza perderne i contatti. In realtà come ci dice Hall "…
non è semplicemente la distanza oltre la quale l'individuo perde i contatti col suo
branco cioè non potrà piø vedere, udire o fiutare i suoi compagni; è piuttosto un
limite psicologico, passato il quale l'animale comincia manifestamente a sentirsi
ansioso. Possiamo pensarla come una fascia nascosta che tiene insieme il gruppo ".
9
Si tratta quindi di una distanza fondamentale per la sopravvivenza, perdere il proprio
gruppo spesso significa la morte, tuttavia questa distanza non è fissata in maniera
pressocchØ immutabile come lo sono le altre, infatti dipende da specie a specie e
8
HALL EDWARD T., (1968), op. cit. p. 22 ss.
9
HALL EDWARD T., (1968), op. cit. p. 24 ss.
14
dalla situazione del momento; se c'è un pericolo si riduce, in un momento tranquillo
è piø ampia.
15
c) La territorialità umana
Il territorialismo è:
“il rapporto tra l'uomo e l'ambiente. Piø precisamente
rappresenta l'insieme delle relazioni che le società
intrattengono con il mondo ecologico, biologico ed
antropologico per il soddisfacimento dei propri bisogni e
nella prospettiva di ottenere il piø elevato livello di
autonomia.”
WIKIPEDIA
10
“un meccanismo di regolazione dei confini
interpersonali che implica la personalizzazione o
marcatura di luoghi e oggetti, la loro difesa e la
dichiarazione del possesso da parte dell'individuo o del
gruppo”
ALTMAN
11
“un quanto di spazio che in un certo intervallo di tempo
viene contraddistinto dal comportamento di un'unità
sociale”
SCHEFLEN
12
“la rivendicazione di un diritto a soggiornare in un’area
geografica, che si esprime con la marcatura della
medesima al fine di consentirne l'identificazione, come
difesa, in caso di necessità, da conspecifici”.
BROWER
13
Gli antesignani nello studio del territorialismo nell'uomo li possiamo trovare
negli studiosi della scuola sociologica di Chicago che cominciarono ad affrontare
l'argomento nell'ambito dello studio del comportamento di particolari gruppi sociali
in relazione ai luoghi dove vivevano: quartieri, strade, ritrovi, ecc… Oggi sono
10
http://it.wikipedia.org/wiki/Territorialità
11
ALTMAN I. , The environment an social behavior, Brooks/Cole, Monterey, 1968,Cit ins.
FRANCESCA PREGNOLATO ROTTA LORIA, Spazio e comportamento – Introduzione alla
prossemica, Libreria Editrice Universitaria Levrotto & Bella, Torino, 1983, p. 46 ss
12
SCHEFLEN A.E. , The mutual interaction of people and their built environment, Mouton The Hague,
Cit ins. FRANCESCA PREGNOLATO ROTTA LORIA, Spazio e comportamento – Introduzione alla
prossemica, Libreria Editrice Universitaria Levrotto & Bella, Torino, 1983, p. 46 ss, Paris, 1980
13
BROWER S.N. , Human behavior and environment, enviroment and culture, Plenum Press, New York,
London, 1980, Cit ins. FRANCESCA PREGNOLATO ROTTA LORIA, Spazio e comportamento –
Introduzione alla prossemica, Libreria Editrice Universitaria Levrotto & Bella, Torino, 1983, p. 46 ss,
Paris, 1980
16
diverse le discipline che si occupano di questo argomento, ecologia culturale,
psicologia sociale, antropologia culturale ed altre ancora.
Quando si parla di territorialità umana ci si riferisce in generale a quella serie
di comportamenti messi in atto da singoli in relazione ad un ambiente fisico naturale
o artificiale ed agli usi che si fanno del medesimo.
Gli studiosi di formazione prettamente naturalistica tendono ad applicare le
medesime categorie al territorialismo animale e a quello umano, ne sottolineano
soprattutto le caratteristiche di difesa attiva di uno spazio fisico. Tuttavia
l'atteggiamento maggiormente in uso è quello di considerare il comportamento
umano piø complesso e legato ad un gran numero di fattori quali:
14
Bisogni primari particolari (nutrizione, riproduzione,ecc.).
Caratteristiche geografiche (dimensione dell'aria, risorse, clima,ecc.).
Unità sociale (individui, gruppi, sistemi sociali).
Elementi temporali (carattere permanente o saltuario di certi spazi).
Risposte comportamentali stereotipate (difesa, ritualizzazione,ecc.)
Forme particolari di personalizzazione e privatizzazione.
Processi di costituzione dell'identità.
In effetti se è vero che con gli animali condividiamo bisogni fondamentali
quali il controllo delle risorse, la riproduzione, la cura della prole ed altri, il modo in
cui gestiamo il territorio per soddisfare questi bisogni non è spesso direttamente
connesso, in maniera univoca, alla gestione che facciamo degli spazi. La complessità
dei sistemi di produzione e le funzioni dell’economia fanno si, che noi non
lavoriamo per produrre direttamente ciò che serve al nostro sostentamento, e
nemmeno ci occupiamo di difendere le zone che ci dovrebbero fornire le risorse;
ovviamente tutto questo è il risultato della complessità della nostra società e della
conseguente specializzazione delle funzioni del singolo.
Una domanda molto interessante da porsi è se la territorialità umana sia
istintiva e innata od acquisita e modificata attraverso l'evoluzione culturale. C'è
davvero in noi un imperativo biologico che ci porta a difendere il territorio in
14
FRANCESCA PREGNOLATO ROTTA LORIA, Spazio e comportamento – Introduzione alla
prossemica, Libreria Editrice Universitaria Levrotto & Bella, Torino, 1983, p. 48.
17
maniera aggressiva o anch'esso è un comportamento acquisito socialmente?.
Rispondere a questa domanda non è facile, in effetti, c'è una querelle che si trascina
tra gli studiosi di varie materie ormai da anni. Si oscilla dall'osservazione di una
tendenza innata nell'uomo a difendere un suo spazio, a dimostrazioni del contrario,
dovute all'osservazione di alcune tribø allo stato primitivo di cacciatori-raccoglitori,
nelle quali l'impulso alla territorialità è molto piø debole di quello presente nelle
altre società. Edward W. Soja
15
, un geografo politico americano, arrivò alla
conclusione che il tipo di territorialità a cui siamo abituati nelle società
contemporanee è qualcosa di diverso dall'impulso che guidava i nostri antenati.
Esponente della corrente che sostiene il contrario è Torsten Malmberg
16
, biologo e
geografo svedese, per il quale la territorialità è innata nell'uomo, va però
sottolineato che anche nell'ambito di questa teoria viene riconosciuto il fatto che
quando i paesi scendono in guerra non lo fanno per le posizioni delle risorse
strategiche cioè per il cosiddetto spazio vitale ma per ragioni sociali ed economiche.
Recenti studi che rifiutano entrambe le posizioni sostengono che un popolo desidera
un territorio o uno spazio in generale solo proporzionatamente al valore reale o
potenziale a livello economico, strategico o psicologico; in buona sostanza la
territorialità umana si estenderebbe solo dove c'è una reale convenienza e non
semplicemente per il fatto di esserne familiari.
I territori umani variano notevolmente, inoltre, rispetto a quelli animali si
differenziano, non solo per ampiezza geografica e per complessità funzionale, ma
anche per dimensione temporale, possono essere fissi, provvisori o ancora a
intervalli variabili. In effetti la territorialità umana si esprime spesso proprio in virtø
del trascorrere del tempo, l’attaccamento ai luoghi nasce da associazioni di
esperienze vissute nei medesimi nelle varie fasi del ciclo vitale personale.
I territori umani inoltre si estendono non solo ai meri spazi fisici ma anche a
spazi immaginati, a oggetti, persone e situazioni che trascendendo i limiti geografici
diventano territori mentali, luoghi simbolici della memoria. In buona sostanza
15
Cit. in. MARTIN IRA GLASSNER, Manuale di geografia politica – Volume primo, tr. It. Franco
Angeli, Milano, 1995, p. 41
16
TORSTEN MALMBER, Human territorialità, Mouton, The Hague, 1980, Cit. ins. MARTIN IRA
GLASSNER, Manuale di geografia politica – Volume primo, tr. It. Franco Angeli, Milano, 1995, p. 42
18
potremmo dire che quando un essere umano proietta o fonda la propria identità su
qualcosa o qualcuno, quel qualcosa o quel qualcuno entrano a far parte del suo
territorio, inteso come spazio personale. Tale è per esempio l’automobile, la
scrivania sul posto di lavoro, il banco di un’aula scolastica ma anche “l’altro”, cioè
l’uomo o la donna con cui si instaurano relazioni il cui spessore e durata nel tempo
contribuiscono a definire la soggettività dell’individuo.
Parlando infine dei marcatori territoriali, possiamo notare che gli animali
marcano il territorio principalmente per escludere i conspecifici, mentre l’uomo
anche per accoglierli. I marcatori umani, inoltre, hanno sempre un valore simbolico
e svolgono una funzione metalinguistica, veicolando complicati significati simbolici.
Proprio a causa di questa intrinseca complessità nella marcatura è estremamente
facile per gli esseri umani incorrere in violazioni del territorio, soprattutto se gli
attori coinvolti appartengono a gruppi sociali differenti. Le reazioni alle violazioni
territoriali non necessariamente sono di natura violenta, tuttavia, l’avvenuto
turbamento dell’ordine può venire evidenziato con forme di comunicazione non
verbale e verbale, con l’uso del corpo, di oggetti o simboli.
Fig n. 3 – Per un Homeless anche l’angolo di marciapiede temporaneamente
occupato è il suo territorio. (Elaborazione grafica di una foto di un homeless
giapponese).