5
Introduzione
Il presente lavoro è il risultato di alcune mie ricerche sul tema delle influenze dei
nativi americani sulla società statunitense. Si tratta di un’analisi critica nel quadro della
storia contemporanea e moderna degli Stati Uniti d’America, con approfondimenti relativi
alla cultura popolare autoctona e discussione di alcune problematiche che ancora oggi
ostacolano la trasmissione di informazioni corrette alle giovani generazioni.
La scelta dell’argomento deriva da un vivo interesse personale nei confronti
dell’America del nord e delle sue popolazioni più antiche. Grazie alla lettura di libri e
articoli, talvolta anche molto specifici, ho potuto ampliare le mie conoscenze in merito ad
una materia che troppo facilmente si presta a interpretazioni e conclusioni superficiali o
affrettate.
I nativi americani si trovano da lungo tempo al centro dell’attenzione per i contributi
offerti al processo di costituzione della società statunitense. L’interesse nutrito da molte
persone verso queste popolazioni non ha però sempre portato ad una maggiore conoscenza
degli stessi e alla tutela del loro patrimonio culturale, dal valore inestimabile. Troppo spesso,
infatti, i popoli precolombiani hanno subito soprusi da parte dei colonizzatori europei,
prima, e degli americani, dopo. La loro storia contemporanea e moderna, ricca di sofferenze
e ribellioni, ha anticipato il vissuto di altri gruppi etnici, quali gli afroamericani e, più
recentemente, i latinos.
Già nel XVIII secolo e soprattutto nel corso dell’Ottocento e del Novecento, gli
indigeni erano riusciti a lasciare dei segni indelebili nella cultura americana: tali segni sono
ben visibili nella letteratura, nel cinema e nella musica. La cultura americana di oggi deve
molto non solo agli inglesi e alle altre popolazioni di origine europea, ma anche agli
autoctoni.
Soltanto da pochi decenni gli indiani hanno ottenuto i diritti che già da tempo erano
garantiti ai diversi gruppi etnici costituenti il melting pot americano. La lotta per l’estensione
di tali diritti agli amerindi ha permesso una maggior conoscenza della “causa nativa”, al
punto che personaggi influenti, sia del mondo dello spettacolo che della politica, oltre
ovviamente a semplici cittadini, hanno deciso di schierarsi apertamente al fianco degli
indiani.
Nonostante il peso rilevante degli indiani sulla formazione degli Stati Uniti,
sull’evoluzione della società e sullo sviluppo della cultura statunitense, essi non hanno mai
ricevuto un ringraziamento ufficiale da parte del Governo. In questo modo si è confermato
6
un certo atteggiamento di superficialità nei confronti della storia passata. Il debole finisce
sempre inevitabilmente dietro il sipario.
Oltre al contributo culturale, il mio lavoro ha voluto mettere in evidenza anche le
difficoltà affrontate dai nativi giorno dopo giorno come prezzo per mantenere il più possibile
intatto il proprio patrimonio culturale. Tanti sono i pregiudizi che ancora oggi esistono nei
loro confronti: essi rendono purtroppo molto faticoso il processo di integrazione con i
“bianchi”.
Nell’attività di ricerca effettuata, pur avendo trovato molti libri sulla storia dei nativi
americani, ho riscontrato una certa scarsità di materiale che mettesse in luce tutti i punti di
contatto tra gli americani europei e gli indigeni. Il campo di indagine è molto vasto, ma
stupisce comunque constatare come molte aree siano tuttora esplorate in modo solo parziale.
Nell’ambito ristretto della mia ricerca, ho messo in campo innanzitutto le
conoscenze personali per poi procedere all’analisi di testi, articoli, siti internet, documenti
storici e film sulla storia dell’integrazione degli indiani nella società moderna.
7
Capitolo 1
I nativi americani
1.1 Note storiche
Ai tempi in cui Cristoforo Colombo approdava sulle coste tropicali dell’isola di
Hispaniola (oggi divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana) un numero elevato di popoli tra
loro assai diversi, ma accomunati da un futuro comune, occupava già da millenni il grande
continente. Queste popolazioni divennero presto note in Europa come “indiani”, o “nativi
americani”. Secondo alcuni studiosi esse si stabilirono in America addirittura 70.000 anni
fa
1
, anche se le teorie più accreditate indicano il periodo tra gli anni 10.000 e il 20.000 a.C.
Una datazione maggiormente precisa risulta difficile a causa della scarsa reperibilità di
prove e di segni della presenza umana in epoca così remota. Gli studiosi hanno però potuto
verificare con maggiore sicurezza l’origine siberiana di gran parte di questi popoli, che
raggiunsero il continente passando attraverso lo stretto di Bering, un tempo perennemente
coperto dai ghiacci. Analisi approfondite hanno mostrato che il gruppo etnico di
appartenenza della maggior parte dei nativi era il tipo mongolo, anche se pochi o del tutto
assenti risultavano i tratti condivisi con le popolazioni della Cina, del Giappone e delle due
Coree. Più vicini a questi popoli asiatici sono invece gli aleuti e gli inuit, i quali giunsero
solamente più tardi nei territori dell’odierno Canada e dell’Alaska.
Figura 1.1: Lo stretto di Bering: un tempo era coperto dai ghiacci e permise il passaggio di uomini dalla Siberia all'odierna
Alaska e da lì nel resto del continente americano.
1
Fohlen, Claude, 1999, Gli indiani d'America: la questione indiana negli USA e in Canada, Datanews, Roma,
pp. 86-90.
8
1.1.1 Gli europei e i nativi: il mito
Essendo la “scoperta” dell’America avvenuta in un’epoca, il XV secolo, in cui
l’Europa non aveva ancora conosciuto delle vere rivoluzioni scientifiche e industriali tali da
portare allo sviluppo degli studi in campo antropologico, a lungo si credette a una serie di
teorie fantascientifiche sull’origine quasi misteriosa dei nativi.
L’Europa dell’epoca, fortemente legata a livello culturale alla religione cristiana,
cercò una risposta ai propri dubbi nelle Sacre Scritture e nella tradizione. Fu per questo
motivo che emerse la teoria
2
secondo la quale gli indiani discendevano dall’ultimo dei tre
figli di Noè: Jafet (Sem e Cam sarebbero stati invece i capostipiti rispettivamente dell’uomo
bianco e di quello nero), a capo anche dei popoli dell’India. Occorre tenere presente che si
pensava al nuovo mondo come a una regione del subcontinente indiano.
Figura 1.2: Raffigurazione dei figli di Noè. Da sinistra: Sem, Cam e Jafet.
Questa non era tuttavia l’unica spiegazione diffusasi sull’origine dei nativi. Lo
storico irlandese James Adair, nella sua Storia degli Indiani d’America (1775), raccontò
infatti che:
From the most exact observations I could make in the long time I traded among the Indian Americans,
I was forced to believe them lineally descended from the Israelites, either while they were a maritime
power, or soon after the general captivity; the latter however is the most probable.
3
2
Fohlen, Claude, 1999, pp. 86-90.
3
Adair, James, 1775, The History of the American Indians, London: Edward & Charles Dilly, p. 15.
9
Nell’opera l’autore elenca ben ventitré prove secondo le quali sarebbe dimostrata
l’appartenenza degli indiani a una delle dieci tribù disperse del popolo ebraico. Anche
questa teoria fu a lungo considerata verosimile dagli abitanti del Vecchio Continente.
1.2 Distribuzione geografica e numerica
Le popolazioni native dell’America settentrionale e meridionale hanno nel tempo
occupato ogni lembo di terra del continente, oggi ripartito in trentacinque nazioni
indipendenti. Nell’America del nord, dove ora si estendono il Canada e gli Stati Uniti, gli
indiani si stabilirono soprattutto lungo le zone costiere, nonché nelle grandi pianure della
regione del Midwest. È interessante notare come oggi i nativi vivano prevalentemente in
zone diverse da quelle originarie, in quanto l’incontro con i colonizzatori europei contribuì
alla scomparsa di molti di essi e all’allontanamento dei sopravvissuti nelle tristemente note
riserve.
Gli studi effettuati sul numero degli indiani presenti nel continente al momento della
sua “riscoperta” sono molteplici e tutti includono dati tra loro fortemente in contrasto: si
spazia da 1 a 100 milioni, a seconda delle stime. Risulta perciò difficile ricostruire il profilo
demografico di questi popoli, eccezion fatta per quello contemporaneo, facilmente rilevabile
grazie ai censimenti governativi. L’unico dato certo è l’elevata mortalità registratasi nel
periodo in cui gli europei si stabilirono in modo definitivo nel continente: le malattie e i
virus importati dall’Europa, gli scontri violenti e l’abuso di alcool, sconosciuto dai nativi,
causarono infatti la morte di gran parte degli indigeni.
1.2.1 Stati Uniti
Attualmente negli Stati Uniti la maggior parte degli indiani vive negli Stati
dell’Alaska (14,8%,), del Nuovo Messico (9,4%), del Sud Dakota (8,8%) e dell’Oklahoma
(8,6%). In termini assoluti è tuttavia la California a vantare il primato con 362.801 presenze
rilevate dall’ultimo censimento
4
. A livello federale, nel 2010 ben 2,9 milioni di persone
dichiararono la propria origine nativo-americana, con un aumento considerevole rispetto
alla precedente rilevazione del 2000. Il numero sale a oltre 5,2 milioni se si considera anche
chi ha dichiarato di appartenere a più gruppi etnici contemporaneamente.
Se in passato tutti gli indiani vivevano lontano dai coloni, a stretto contatto con la
natura e in ambienti molto vasti, oggi la maggior parte di essi vive invece nelle riserve o in
4
U.S. Census Bureau, Census 2010.