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1.LE ACQUE ITALIANE: MARI, LAGHI,
FIUMI,IPOGEI
1.1.PREMESSA
I ritrovamenti di manufatti ed opere d'arte giacenti nel fondo del mare ovvero in quello
di laghi e fiumi , esercitano presso il pubblico un’attrazione particolare dal momento,
che il contesto misterioso e drammatico da cui essi provengono, aggiunge
amplificandolo, un singolare fascino ai documenti del nostro passato.
Sarebbe , però erroneo considerare l'archeologia subacquea una nuova scienza.
Si deve semplicemente parlare d’archeologia che, in quanto operante in un ambiente
liquido, necessita di particolari tecniche di scavo e d’indagine , quindi "archeologia in
acqua".
Dalla metà di questo secolo, grazie all'invenzione dell'autorespiratore ad aria da parte di
J.Y.Cousteau ed E. Gagnan nel 1943, si è verificato un impensabile sviluppo delle
attività subacquee, poiché chiunque, dotato di una attrezzatura personale relativamente
economica, può accedere a quote una volta proibitive e, soprattutto, può muoversi e
lavorare in maniera totalmente autonoma.
A partire dagli anni '50 e per molto tempo, scoperte e scavi sono stati, dunque,
prerogativa di subacquei dilettanti, mentre gli archeologi professionisti sembravano non
porre nel giusto rilievo questo settore della ricerca. I primi ad occuparsene
sistematicamente tentando di mettere a punto appropriate metodologie per gli scavi
subacquei furono Fernand Benoit (Francia) e Nino Lamboglia (Italia) i quali , però, non
praticavano personalmente l'immersione. Si dovrà attendere il 1960 per vedere un
archeologo, il Prof.G.F.Bass (USA), scendere personalmente su un sito subacqueo,
quello del relitto di Capo Chelidonia in Turchia.
Se, come abbiamo visto , lo sviluppo della ricerca scientifica in ambito subacqueo si è
avuto in anni abbastanza recenti, la curiosità per il mondo sommerso è nata con l'uomo .
Oggi l'indagine scientifica si rivolge all'esplorazione dei diversi siti localizzati sia in
mare che nelle acque interne, utilizzando le più sofisticate strumentazioni che la
tecnologia moderna può offrire.
10
Le ricerche svolte in mare si avvalgono anche dell'uso di sonar di profondità e strumenti
capaci di rilevare la presenza di metalli e dettagliare la composizione geologica del
fondale. Attraverso lo scavo e lo studio dei relitti viene raccolta un’ingente quantità di
dati relativi alle rotte marine, alle merci trasportate, alla tecnologia degli antichi e
all'architettura navale. Le zone costiere, sommerse a seguito di fenomeni di bradisismo
o subsidenza, permettono lo studio d’antichi insediamenti, porti, e ville marittime dotate
di peschiera per l'allevamento di pesci in cattività.
Tutto ciò rende possibile la ricostruzione del quadro socio-economico antico in
relazione al mare concepito come via di comunicazione e fonte di beni di consumo.
L'esplorazione delle acque interne vede una fase di crescente sviluppo in ambito
lacustre dove, tra il Neolitico e l'Età del Ferro , erano numerosi gli insediamenti umani
disposti lungo le rive.
Di questi rimane oggi solo una distesa di pali sommersi e resti d’utensili che pongono
all'archeologo e agli esperti d’altre discipline che lo affiancano, notevoli difficoltà di
ricostruzione.
Sempre per le acque interne è da segnalare il contributo dato alla conoscenza dalle
ricerche che da alcuni anni hanno per oggetto i bacini fluviali dei grandi fiumi italiani
quali, tra gli altri, il Po, l'Adige e il Tevere.
Veri archivi storici per quanto riguarda il rapporto con le civiltà che lungo il corso si
sono sviluppate, i fiumi rappresentano la sfida più stimolante per l'archeologia
subacquea dal punto di vista metodologico e tecnologico.
I complessi problemi posti dalla corrente, dal crescente inquinamento e dalle pesanti
modificazioni morfologiche che l'intervento dell'uomo ha operato, impongono, di volta
in volta, strategie nuove che contribuiscono all'affinamento continuo dei metodi di
prospezione.
L'azione di programmazione e di tutela è svolta, anche per l'ambiente acquatico, dalle
Soprintendenze competenti per le varie aree del territorio nazionale.
Presso il Servizio I - Patrimonio archeologico della Direzione Generale per i Beni
Archeologici, opera la Sezione Tecnica per l' Archeologia Subacquea - STAS - che, con
le Soprintendenze, si avvale dell'assistenza ed il supporto dei mezzi navali, aerei e
strumentali dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco,
della Polizia di Stato, della Guardia Costiera e per le prospezioni profonde, dei
cacciamine della Marina Militare.
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1.2.MARE
L’Italia possiede uno tra i più ricchi, se non il più ricco patrimonio archeologico del
pianeta, circa 7000 Km di coste disseminate di relitti ed altri tipi di siti sommersi, i
reperti archeologici sono distribuiti in modo abbastanza omogeneo sul mar Ligure,
Tirreno, Ionio, Adriatico.
Le ricerche sistematiche nei mari italiani ebbero inizio nel 1957, quando fu creato, in
seno all'Istituto Internazionale di Studi Liguri, il Centro Sperimentale di Archeologia
Sottomarina, con sede ad Albenga, dove era iniziata la ricerca subacquea mediterranea
con il ritrovamento e l'esplorazione del relitto della nave romana, detta appunto “di
Albenga”, ad opera di Nino Lamboglia, pioniere dell'esplorazione archeologica
sottomarina. Nel 1958 l'Italia ebbe per prima una nave militare utilizzata per le ricerche
archeologiche sottomarine: fu, infatti, assegnato al Centro sperimentale di Albenga l'ex
dragamine “Daino”, che, attrezzato opportunamente, permise al Centro di estendere dal
1959 al 1963 le sue campagne annuali su tutte le coste italiane, esplorando relitti e città
sommerse. Nel 1968 il Centro poté continuare il suo programma di ricerca armando una
propria nave, la “Cycnus” dove furono sistemate tutte le attrezzature della “Daino”, che
fu affiancata da un piccolo battello di appoggio, il “Cycnulus”, utilizzato per i
sopralluoghi veloci e gli interventi di minor impegno. Nel 1973 il Centro intervenne
anche nel litorale ionico calabrese, a Riace, dove nel 1972 erano state quasi
miracolosamente scoperte le due famose statue dei guerrieri bronzei del V sec. a.c..
Dagli oggetti che si rinvengono sui relitti, che trovano riscontro nelle fonti scritte, è
possibile conoscere la vita di bordo: dalle pentole, a volte con segni di bruciato, e dal
vasellame, a volte con resti d’ossa animali, si conosce l'alimentazione; su alcune
imbarcazioni sono stati scoperti resti di focolare, mortai, macine per ricavare farina dai
cereali, vasellame e contenitori vari di terracotta e di bronzo, per alimenti solidi e liquidi.
Sono anche stati ritrovati oggetti personali, indumenti e monili, nonché monete e
stadere per le operazioni commerciali, una volta giunti a destinazione; e persino attrezzi
di bordo, come bozzelli di legno, frammenti di cime e cordami, ancore e scandagli.
Regina dei fondali è certamente l’anfora, il reperto più comune. “Le navi onerarie ne
trasportavano tante e quelle finite sui fondali marini, a causa dei naufragi, sono milioni e
ci sono giunte sia intere che frammentate. Tutta questa abbondanza è comprensibile
perchè un tempo tutto il commercio avveniva per mare. Purtroppo, le spiagge e i litorali
12
sono stati massacrati dagli interventi umani, dall'edilizia sulle coste. Ogni intervento
modifica le correnti e il moto ondoso, sconvolgendo la situazione dei siti archeologici.
Sono quindi necessarie una valutazione dell'impatto archeologico di questi interventi,
oltre che dell'impatto ambientale, indagini preventive e garanzie per il controllo dei
cantieri anche da parte degli archeologi”
1
.
Una conferma viene da Roberto Petriaggi, docente d’Archeologia subacquea
all'università Roma Tre e direttore del Nucleo per gli Interventi d’Archeologia
Subacquea (Nias) dell'Istituto Centrale per il Restauro. “Il lavoro dell'archeologo è una
lotta continua per rallentare l'ineludibile decadimento delle cose. L'antropizzazione ha
provocato danni irreversibili, e nel tempo l'urbanizzazione è stata selvaggia. Diverse le
attività che nel corso degli anni hanno danneggiato i relitti: la pesca a strascico,
l'impianto di pozzi petroliferi, gli scavi per realizzare gli oleodotti”.
Una situazione che secondo gli esperti è dovuta soprattutto alla mancanza di una vera e
propria Soprintendenza del mare. “Oggi la situazione dell’archeologia subacquea in
Italia stenta, non ha un'organizzazione propria. Il problema non riguarda, come si
potrebbe credere, solo i finanziamenti ma la mancanza di un vero e proprio cantiere
subacqueo: le ricerche sono episodiche e casuali. Basti pensare che l’Italia è uno dei
pochi paesi del Mediterraneo non dotato d’imbarcazioni specifiche, appropriate per la
ricerca sui fondali, appartenenti allo Stato. Ogni volta che si deve procedere ad uno
scavo è necessario noleggiare le imbarcazioni dai privati. Inoltre, manca, ad oggi, una
legge specifica che disciplini la figura dell'archeologo subacqueo”
2
.
Il patrimonio subacqueo dei nostri mari potrebbe rivelarsi non solo, come ovvio, un
prezioso contributo alla conoscenza della storia e dell’arte del passato ma anche
l’occasione per sviluppare l’occupazione e il turismo. “Negli interventi d’archeologia si
cerca per quanto possibile di evitare la decontestualizzazione dei reperti
3
. Questo
consente di creare siti visitabili per il pubblico, magari con apposite barche dotate di
chiglie trasparenti, in modo che non rimangano oggetto d'interesse per pochi privilegiati.
E’ difficile però trovare dei sistemi di pulitura e manutenzione che permettano la visita
continuativa del pubblico e rendano riconoscibili i vari ambienti e i vari materiali. Serve
1
Giuliano Volpe, 1997, Archeologia Subacquea, Laterza Bari.
2
Petriaggi R., 1990 Archeologia Laziale, p.6, Carocci, Roma.
3
lo sradicamento degli oggetti dal loro ambiente d'origine
13
un lavoro di manutenzione costante e continuo, altrimenti ci si trova dopo cinque anni al
punto di partenza e il lavoro fatto diventa inutile”
4
.
1.3.FIUMI
I fiumi italiani, rispetto a quelli delle altre regioni europee, sono più brevi, perché il
nostro Paese è una penisola lungo la quale si eleva la catena degli Appennini che
dividono le acque in due versanti opposti.
In compenso sono numerosi: ciò è dovuto alla relativa abbondanza delle piogge, di cui
fruisce l'Italia in generale, e alla presenza della Catena Alpina, ricca di nevai e di
ghiacciai, nell'Italia settentrionale.
I corsi d'acqua ebbero, ed in taluni Paesi hanno tutt'ora, notevole importanza per quei
popoli che costruirono villaggi lungo le loro rive per trarre dall'ambiente risorse vitali
ma li utilizzarono anche, fin dalle epoche più antiche, quali vie d'acqua per i
collegamenti ed i commerci.
Anche i Romani, nonostante la loro rete stradale contasse migliaia di chilometri,
sfruttarono al massimo la navigazione fluviale. Le merci che arrivavano ad Ostia
venivano trasportate a Roma su imbarcazioni che risalivano il Tevere trainate, il più
delle volte, da animali da tiro (muli, buoi o simili) che percorrevano le alzaie
predisposte lungo le rive del fiume. La stessa soluzione venne adottata per trasportare le
merci da Grado ad Aquileia (Friuli-Venezia Giulia).
Lo sfruttamento dei corsi d'acqua quali vie commerciali fu intenso fino agli inizi del
secolo scorso quando decadde in seguito allo svilupparsi dei trasporti ferroviari e, più
tardi, di quelli stradali effettuati con mezzi pesanti e sempre più potenti.
Nella sabbia e nel fango dei corsi d'acqua sono quindi conservati oggetti e vestigia che
testimoniano lo svolgersi d’epoche e vicende preistoriche e storiche. Rinvenimenti di
reperti d’epoche diverse, nonché di vario tipo e natura, si hanno nei fiumi e nei torrenti
del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e del Trentino (Adige, Sarca, Siila, Leno,
ecc.). Nel Tevere ci sono stati ritrovamenti di materiale archeologico, strutture murarie
ed elementi architettonici.
4
Petriaggi R., 1990 Archeologia Laziale, p.7, Carocci, Roma.
14
Tra i corsi d'acqua, oltre ai fiumi ed ai torrenti, hanno la loro importanza anche canali e
fosse. Reperti archeologici ed architettonici sono stati individuati, ad esempio, nella
Fossa Traiana, che metteva in comunicazione il porto di Traiano con il Tevere.
Le indagini nei fiumi consentono talvolta di ritrovare i piloni o le fondazioni dei ponti
che anticamente li attraversavano, consentendo così di tracciare parte degli antichi
percorsi stradali
5
.
1.4.LAGHI E PALUDI
Sulle rive dei laghi e delle paludi, allo stesso modo che lungo i corsi d'acqua, si
insediarono, in un periodo compreso generalmente tra il Neolitico e l'Età del Ferro,
antichi popoli che costruirono i loro villaggi sui pali. In alcuni casi la vita e l'attività
umana, in tali insediamenti, si prolungarono oltre i limiti cronologici appena accennati,
proseguendo anche durante le epoche classica e medievale. Tra il 1835 ed il 1854 i
livelli dei laghi e dei fiumi dell'Europa continentale si abbassarono notevolmente a
causa di una grande siccità. In siffatta situazione, il maestro di un paesino situato lungo
la costa del Lago di Zurigo notò che centinaia di pali infissi nel terreno apparivano
disposti con un certo ordine geometrico su vasta area. La notizia arrivò a Ferdinand
Keller che, giunto sul luogo, potè raccogliere una serie di materiali, databili al Neolitico,
che denotavano la presenza di un villaggio. La notizia di questi ritrovamenti spronò altri
ricercatori ad iniziare un'indagine sistematica lungo le coste dei laghi. Tali esplorazioni
portarono al rinvenimento di molti insediamenti che fino ad allora erano stati nascosti
dalle acque. Ritrovamenti si ebbero nei laghi alpini del Piemonte, del Veneto e della
Lombardia; in Austria, in Boemia ed anche in Macedonia. Quando la situazione
climatica tornò alla normalità gli insediamenti su palafitte scoperti tornarono ad essere
sommersi dalle acque. Fu solo negli anni '70 che si ebbe l'impianto di un primo, vero
cantiere archeologico subacqueo durante le ricerche effettuate da Ulrich Ruoff nel Lago
di Zurigo.
Tra i più importanti giacimenti, la maggior parte dei quali palafitticoli, scoperti nei laghi
e nelle paludi italiane sono da annoverare quelli del Lago di Viverone (Piemonte);
l'insediamento dei Lagazzi (Piadena, Cremona), situato forse in un’antica ansa, oggi
5
Caldo C., Guarassi M., 1994 , Beni culturali e Geografia, pp.50-61, Patron, Bologna.
15
interrata, del fiume Oglio; la torbiera di Fiavè e Molina di Cedro (Trentino); il Villaggio
del Gran Carro, nel Lago di Bolsena; l'insediamento palafitticolo di Vicarello e quello
de "La Marmotta", nel Lago di Bracciano; l'insediamento nel Lago Albano (Lazio) e
quello delle Paludi di Celano (Lago di Fucino, Abruzzo). Alla luce degli studi condotti
durante gli ultimi anni sembra ormai accertato, anche se qualche riserva continua ad
esserci, che l'immagine, spesso proposta, delle capanne costruite su palafitte infisse
nelle acque dei laghi non sia veritiera. Si è oggi propensi a credere che gli insediamenti
su pali venissero, in effetti. costruiti lungo le rive dei fiumi e dei laghi ma non
nell'acqua bensì sulla terraferma, talvolta su terreno appositamente bonificato. Questi
villaggi preistorici furono, ad un certo punto, abbandonati e sommersi dalle acque o
viceversa. I motivi che hanno causato la sommersione di questi siti possono essere di
diversa natura ed in molti casi non sono, al momento, conosciuti con certezza. Nell'area
archeologica dei laghi di Revine (Treviso), è stata documentata un'operazione di
bonifica in elementi litici e strutture lignee con almeno due fasi costruttive. La struttura
più antica, consistente in pali infissi verticalmente nel terreno e da pietrame, sarebbe
impostata sopra uno strato di torba; la fase più recente, effettuata con l'utilizzo di soli
elementi litici, avrebbe interessato la zona più elevata, caratterizzata da depositi ghiaiosi.
L'insediamento di tipo umido dei laghi di Revine viene ascritto ai Neolitico finale ed
attribuito ad un ambito culturale contraddistinto prevalentemente da elementi
ricollegabili alla Cultura della Lagozza ed in misura minore, alla Cultura dei Vasi a
Bocca Quadrata.
La torbiera di Fiavé, situata nelle Valli Giudicarie Esteriori (versante meridionale delle
Alpi, Trento) ad una quota di 648 metri s.l.m. è, allo stato attuale delle ricerche, il sito
palafitticolo dell'Età del Bronzo che ha fornito la documentazione più variegata sia per
quanto concerne i modelli insediativi che per quel che riguarda la cultura materiale.
Nell'area del Palù di Livenza (Friuli Venezia Giulia), interventi in punti e tempi
differenti hanno permesso di documentare la presenza di materiali archeologici e
strutture lignee attribuibili ad insediamenti palafatticoli, cronologicamente attribuibili al
Neolitico recente-tardo, anche se ci sono confronti con datazioni più recenti ed è stato
rinvenuto sporadicamente del materiale tipologicamente più antico, la cui presenza
rimane tuttora da interpretare
6
.
6
Dardel F., 1998, L’ uomo e la terra, pp.90-112, Unicopli, Milano.
16
Di tutt'altra natura e periodo è un relitto del Lago di Garda. A circa 500 m dal
porticciolo moderno di Lazise, su un fondale melmoso digradante di 24-27 metri,
giacciono i resti di una galea. Questa galea fa probabilmente parte dei natanti trasportati
da Venezia nel Lago di Garda nel gennaio del 1439 con un'impresa ardita e d’altissima
ingegneria. Tale impresa si rese necessaria durante la guerra tra la Serenissima
Repubblica e il Ducato di Milano. Venezia aveva trascurato di dotare per tempo il lago
di una flotta, sfruttando la via d'acqua costituita dal Po e dal Mincio, e quando tale
percorso venne bloccato dai Milanesi che assediavano Brescia, il Senato veneziano fu
costretto, per trasportare una flotta nel Lago di Garda, ad accettare l'audace progetto di
Sorbolo Candioto, uomo di mare greco da tempo al servizio della Serenissima. Ai
natanti vennero fatte superare gole fluviali molto strette ed anse con corrente fortissima
nonché un percorso terrestre attraverso i monti, con passi situati a più di trecento metri
d'altitudine. Al termine degli avvenimenti bellici, favorevoli ai Veneziani, la flotta del
Garda fu messa in disarmo e ricoverata nell'arsenale di Lazise. All'inizio del XVI secolo,
tuttavia, Venezia si trovò ad affrontare una nuova minaccia costituita dalla lega di
Cambrai. Nel Maggio del 1509 - mentre le navi del Garda erano in fase d’allestimento -
l'esercito veneziano fu sconfitto da quello della lega ad Agnadello e, dopo la perdita di
altri territori gardesani, Zaccaria Loredan, che era stato posto al comando della piccola
flottiglia del Garda, ricevette l'ordine del Senato della Serenissima di bruciare ed
affondare le galee, le fuste e gli altri natanti che la componevano, ed il Loredan eseguì
l'ordine ricevuto.
17
1.5.LAGUNE
Accanto a quello dei laghi bisogna considerare il popolamento delle lagune. Anche le
acque di queste ultime conservano talvolta giacimenti importantissimi.
Valgano, per tutti, gli esempi di Spina e di Venezia. Spina, città etrusca scoperta presso
la Laguna di Comacchio, a partire dalla fine del VI sec. a.c., ebbe notevole importanza
nei commerci e nei traffici di tutto il Mediterraneo. Dopo il sacco subito ad opera dei
Galli, nel III sec. a.c., Spina decadde e le variazioni del delta del Po contribuirono a
ricoprire di paludi la città e le necropoli. Nel corso degli scavi condotti fino al 1962,
sono state rinvenute circa 2700 tombe intatte e ricchissime. A Venezia, invece, sotto le
acque della laguna si conservano numerose testimonianze relative sia alle costruzioni, ai
banchinamenti, agli argini e ad impianti vari succedutesi nel tempo sia a relitti di natanti
di diverso tipo ed epoca. Ricordiamo il relitto del vetro di Malamocco e quelli dell'Isola
di San Marco in Bocca Lama. Tra questi ultimi si annoverano i relitti di una galea e di
una rascona, ascritti al XIV secolo, sui quali si è recentemente svolto un intervento
dapprima in acqua, ripulendo tutto l'interno degli scafi con la sorbona, e poi, dopo aver
messo in opera una palancolata attorno al sito ed averlo prosciugato, all'asciutto
eseguendo la fotogrammetria dei relitti. Nella parte bassa del settore di prua della galea,
è stato scoperto un gruppo di graffiti incisi probabilmente durante la costruzione del
natante; tra di essi ce n'è uno raffigurante una galea trireme. Citiamo, infine, il
compendio lagunare di Santa Gilla, in Sardegna, che ha restituito materiali d’epoche
diverse, a partire dal VII sec. a.c
7
.
7
Mainardi R., 1998, Geografia generale, pp.117-118, Carocci, Roma.
18
1.6.GROTTE ED IPOGEI
Le grotte hanno costituito i primi ripari ed abitazioni per le popolazioni preistoriche. Le
cavità naturali sono state però utilizzate, in epoche diverse, anche per altri scopi: quali
luoghi di sepoltura, ad esempio, o per attingervi l'acqua; come nascondigli o come
luoghi sacri. Può darsi il caso che, a causa d’eventi e/o fenomeni naturali (bradisismi,
innalzamento del livello delle acque), questi ambienti siano oggi sommersi. Entra allora
in scena l'archeologia subacquea alla quale si unisce, in questi frangenti, una terza
disciplina: la speleologia. Anche se le grotte, quali siti archeologici, sono da
individuarsi prevalentemente in zone e territori interni rispetto alle coste, non dobbiamo
dimenticare che cavità, importanti sotto l'aspetto archeologico, si trovano anche in mare.
Ne sono esempi la Grotta Verde, la Grotta Cosquer e la Grotta di Bergeggi. La Grotta
Verde a Capo Caccia, nei pressi di Alghero (Sardegna), costituisce un chiaro esempio di
quanto detto: in alcune nicchie sommerse sono state rinvenute sepolture con resti umani
e ceramiche risalenti al Neolitico. Sono stati ritrovati, inoltre, reperti ascrivibili ad
epoche successive, fino ad età tardo-antica quando, all'ingresso della grotta, fu eretto un
altare a S. Erasmo. La Grotta Verde costituisce un caso in cui l'ingresso della cavità è
emerso mentre i reperti sono in sale sommerse. Nel caso della Grotta Cosquer (Cassis,
Marsiglia), invece, l'ingresso è sommerso, trovandosi a 37 m di profondità, ai piedi della
"falaisie de la Voile", mentre è nella parte emersa della grotta che ci sono numerose
pitture rupestri, quasi tutte realizzate a carbone. Le datazioni sono state proposte sia su
basi stilistiche che su analisi e prove di laboratorio ed indicano due fasi di occupazione
della grotta nel Paleolitico Superiore: 18.500-19.500 BP (periodo Solutreano) e 26.500-
27.500 BP (periodo Gravettiano).
La Grotta di Bergeggi (Savona, Liguria), ha un ingresso principale emerso ed uno
secondario sommerso. E' stato per il momento scavato solo il deposito nella parte
emersa della cavità; mentre la parte immersa è stata per ora interessata solo da indagini
di superficie e da lavori di rilevamento. Rimane ignota la data della prima utilizzazione
della grotta, anche se può essere supposta in epoca protostorica.
Bisogna, infine, ricordare che molti altri luoghi sommersi o semisommersi - quali
cunicoli, acquedotti, gallerie (di drenaggio e di trasporto), condotti fognari, pozzi,
cisterne, percorsi sotterranei in genere -conservano e restituiscono, talvolta, reperti che
19
fanno parte, a pieno diritto, del nostro patrimonio culturale e, nella fattispecie,
dell'archeologia subacquea.
Tra i luoghi appena menzionati, possiamo ricordare i pozzi ed i pozzi-deposito. I primi
servivano all'approvvigionamento idrico e ciò che si trova al loro interno è dovuto, per
lo più, a perdite casuali; i pozzi-deposito, invece, sono dei pozzi riutilizzati come
depositi per l'occultamento d’oggetti mai più recuperati. Da numerosi pozzi-deposito
dell'Emilia Romagna, ad esempio, è stato recuperato abbondante materiale, tra cui
vasellame bronzeo da mensa e da cucina
8
.
8
Caldo C., Guarassi M., 1994 , Beni culturali e Geografia, p.70, Patron, Bologna.
20
2.DEFINIZIONE DI MUSEO DI ARCHEOLOGIA
SUBACQUEA
2.1.MUSEO
Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del
suo sviluppo; è aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze
materiali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le comunica e,
soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto
9
. Questa definizione di museo
deve potersi applicare senza alcuna limitazione dipendente dalla natura
dell’amministrazione responsabile, da statuti territoriali, dal sistema di funzionamento o
dall’indirizzo delle collezioni dell’istituzione interessata.
2.2.MUSEO DI ARCHEOLGIA SUBACQUEA
Si definisce museo di archeologia subacquea quando nel museo si trovano
reperti/strumenti che hanno caratterizzato la storia dell’uomo vicino all’acqua o
sull’acqua, il museo di archeologia subacquea è composto da una serie di testimonianze
che ha da sempre legato l’uomo all’acqua.
9
Estratto dallo Statuto dell’ICOM (Articolo 2. Definizioni), adottato dalla 16a Assemblea generale
dell’ICOM (L’Aja, Paesi Bassi, 5 settembre 1989) e modificato dalla 18a Assemblea generale dell’ICOM
(Stavanger, Norvegia, 7 luglio 1995) nonché dalla 20a Assemblea generale (Barcellona, Spagna, 6 luglio
2001).
21
2.3.IL CONCETTO DI MUSEO VIRTUALE
Così come è avvenuto per le biblioteche digitali, anche sul fronte dei musei virtuali
negli ultimi anni si è avuta un’esplosione d’interesse. Interesse che ha da un lato
stimolato l'elaborazione di ricerche e studi sul piano teorico, dall'altro ha contribuito alla
realizzazione di numerose sperimentazioni. Frutto di questa prolifica attività di ricerca
sono numerosi tentativi di definire il concetto stesso di museo virtuale. In generale per
museo virtuale s’intende una collezione di risorse digitali d’ambito artistico-culturale,
accessibile mediante strumenti telematici. Dal punto di vista dei contenuti, un museo
virtuale può essere costituito dalla digitalizzazioni di quadri, disegni, diagrammi,
fotografie, video, siti archeologici e ambienti architettonici, sia che essi costituiscano in
sé e per sé beni primari, sia che invece siano delle rappresentazioni secondarie di beni e
reperti primari. In questa definizione rientrano sia i sistemi informativi accessibili in
modo locale (ad esempio all'interno delle sale di un museo tradizionale) o ristretto, sia
risorse realizzate per essere accessibili pubblicamente mediante la rete Internet. In
quest'ultimo caso si parla anche di museo virtuale on-line o di Web museum. Da
qualche tempo sono sempre più numerosi i musei reali di tutto il mondo, in ogni ambito
disciplinare (artistico, archeologico, antropologico, tecnico scientifico), che si sono
dotati di spazi su World Wide Web. Si tratta di siti che, nella gran parte dei casi,
costituiscono una rappresentazione digitale del museo reale, e che da esso mutuano
direttamente struttura e contenuti. Più rari sono i siti svincolati da istituzioni museali
reali. Analizzando i molteplici siti museali dal punto di vista dei contenuti, delle
tecnologie e delle interfacce, pur rilevando una notevole varietà, si possono individuare
alcune caratteristiche comuni. Sul piano dei contenuti, in genere, un museo virtuale on-
line è composto dalle seguenti aree (ovviamente non sempre sono presenti tutte le aree
come sezioni separate del sito):
a) informazioni pratiche relative all'accesso, alla collocazione, agli orari e ai servizi in
loco, cui talvolta sono affiancati dei servizi di prenotazione o d’acquisto a distanza dei
biglietti d’accesso;
b) informazioni relative al museo stesso, sia dal punto di vista storiografico, sia da
quello istituzionale, sia da quello logistico e spaziale (spesso corredate da mappe e
fotografie);
22
c) informazioni relative alle collezioni permanenti, costituite in genere da cataloghi
tematici delle opere e dei reperti o da cataloghi logistici collegati alle mappe in pianta
del museo (di norma per ciascuna opera sono fornite descrizioni catalografiche in senso
stretto, notizie di commento e di spiegazione);
d) informazioni relative alle mostre non permanenti, di norma dotate delle medesime
caratteristiche di quelle relative alle collezioni, a cui si aggiungono note relative agli
scopi e ai fondamenti teorici della mostra, che possono ricalcare o riassumere il
contenuto dei cataloghi a stampa;
e) strumenti didattici specificamente pensati per fini divulgativi ed educativi, che
aiutano a comprendere un'opera o un reperto, o ad effettuarne un’analisi approfondita (si
tratta di risorse che sono frequenti nei musei di ambito tecnico scientifico, ma assai più
rare in quelli artistici);
f) sezioni dedicante alle attività di merchandising, talvolta sviluppate fino ad essere
dotate di sistemi di commercio elettronico. Dal punto di vista tecnico, collegato
direttamente alle tipologie d’interfacce di navigazione, la maggior parte dei siti museali
si basa su tecnologie Web standard, con immagini in formato.
Molto diffuse sono le metafore di navigazione del sito basate su mappe sensibili,
utilizzate per rappresentare la topologia del museo reale. Non mancano esempi di siti
più complessi, che adottano sistemi di catalogazione delle collezioni basati su database
e che sperimentano soluzioni di realtà virtuale con VRML o di visualizzazione
fotografica 3D come Quicktime VR. D'altra parte, il museo virtuale va immaginato
come uno strumento che affianca le tradizionali istituzioni museali nello svolgimento
dei loro compiti didattici ed espositivi, oltre che come mezzo di promozione del museo
stesso. La natura interattiva e ipermediale del Web, infatti, si presta a fornire agli utenti
tutte quelle informazioni di contesto che facilitano la comprensione storica di un reperto
o di un'opera. A questo livello anche una tecnologia di ricostruzione virtuale considerata
dagli esperti di basso livello come quella consentita dal VRML può risultare utile per
dare un'idea, ad esempio, dell'ambiente originale in cui un reperto archeologico si
collocava (informazione che risulta del tutto persa nella gran parte delle situazioni
espositive dei musei, dove i reperti sono in genere collocati all'interno di bacheche o
teche).
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Attualmente c’è un museo d’archeologia subacquea virtuale italiano, è il museo
Nazionale della Scienza e della Tecnica "Leonardo Da Vinci", attraverso il sito
internet
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si può visitare il museo virtualmente dove si possono visitare i chiostri del
museo semplicemente con un click, e se si vuole si può visitare anche con gli amici
“virtuali”, infatti, Leonardo Virtuale è una "sezione digitale" del Museo in 3D dedicata
alle macchine di Leonardo. In questa sezione si può quindi girare per le stanze e i
chiostri, camminando o volando, azionare delle macchine leonardesche, vedere gli altri
visitatori, seguire i loro movimenti e chiacchierare con loro, unirvi ad un gruppo e
seguire una guida. Sulla rete web vi è il museo virtuale di Per Åkesson di Stoccolma
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,
un museo di archeologia marittima e la costruzione navale. Attraverso questo museo si
può fare una nuotata virtuale con le sfingi, in Alessandria d'Egitto.
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www.museoscienza.org/
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www.abc.se/~pa/mar/museo-it.htm