2
Da qualche tempo, su giornali e riviste, è comparsa una espressione dal referente
variabile e soggettivo, museo virtuale. Quest’ultimo aggettivo, si potrebbe dire di moda
negli anni ‘90, è tanto abusato quanto non capito. Nel corso della presente ricerca si
indicano i possibili significati di questa espressione.
Alcuni sostengono sia in atto una rivoluzione tecnologica, che provocherebbe
mutamenti nella produzione e nella fruizione della cultura, ancora maggiori di quelli
determinati dalle invenzioni della stampa e della fotografia.
2
Il verso di questi
mutamenti sarebbe in parte già determinato dalle decisioni prese, in parte sarebbe il
frutto delle scelte che le collettività e le istituzioni culturali compiranno. In questo
processo quale posto occupa il mondo museale ? Più in particolare, che cosa succede al
museo quando, i suoi percorsi perdono la fisicità e si smaterializzano in serie infinite di
bit, che corrono da una parte all’altra del mondo, come succede con Internet? Le
esperienze e i servizi di cui i musei sono portatori, rimangono invariati, decadono o
sono ricreati? Come cambia il rapporto tra il pubblico e il museo, quando questi
diventano i due estremi di una comunicazione mediata dal computer? Pierre Lévy
3
direbbe: che cosa succede quando il museo è sottoposto al processo di virtualizzazione,
cioè si slega dal qui e ora e cambia modalità di essere? In rete possono esistere musei
virtuali che non siano legati ad una istituzione museale ?
Queste sono le domande da cui ha preso spunto la presente ricerca. L’attenzione è
concentrata sui cambiamenti nella fruizione di cultura nei musei, quando queste
istituzioni adottano le nuove tecnologie della comunicazione. É quindi trascurato
l’aspetto della riorganizzazione della comunicazione e del lavoro del personale museale,
dovuto ai servizi Internet. Si è ristretto il campo ai soli musei della scienza, perché
considerare il mondo museale al completo sarebbe stato osare troppo . Tra le varie
possibilità si è optato per essi, come rappresentanti dei musei scientifici, in quanto
alcune ricerche sui musei di arte sono già state compiute.
Lo studio parte dall’osservazione dell’esistente, in pratica i siti di musei e centri
della scienza ed i centri interattivi delle comunità virtuali, procede con una
2
Si vedano al proposito i saggi contenuti in P.Galluzzi e P.A.Valentino (a cura di), I formati della
memoria, Ed Giunti, Firenze, 1997.
3
P.Lévy, op.cit.
3
categorizzazione e una definizione di museo virtuale, e si conclude con delle caute
prospettive per il futuro.
Ringraziamenti
Vorrei ringraziare:
il Professor Mario Ricciardi, per aver permesso a chi scrive di studiare e approfondire
quanto le interessava e per gli importanti consigli;
il Professor Claudio Pogliano, per le preziose indicazioni bibliografiche riguardo le
istituzioni museali scientifiche e la loro storia, e per aver dato a chi scrive la possibilità
di accedere alla biblioteca dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze;
Dag K Andersen, Jim Bennet, Randall Brook, Martin Glancy, Poul Kattler, J.Jonhson
Alistar McLaurin, Glen Moore, Hans Otto Pramm, Hiram Rincon Pincos, Jonathan
Ulmann e John Williams, curatori museali e/o webmaster, per avere risposto ai
questionari e/o per aver intrattenuto con chi scrive una proficua corrispondenza tramite
la posta elettronica;
Moulton/Barry Kort, per la sua pazienza nel farmi conoscere Cyberion City II e
nell’insegnarmi il codice con il quale si costruiscono gli oggetti in quel mondo simulato;
Suzanne Sarraf, studentessa di altro ateneo europeo con un soggetto di tesi simile a
quello di chi scrive, per le informazioni dei nostri scambi telematici;
infine la mia famiglia, gli amici e i colleghi per avermi incoraggiato e spronato nei
momenti di difficoltà.
15
Capitolo Uno - Il mondo museale: origine, caratteristiche,
problemi e rapporto con le nuove tecnologie
Non amo eccessivamente i musei. Ve ne sono molti
ammirevoli, non ce n’è alcuno piacevole. Le idee di
classificazione, di conservazione e di utilità pubblica, che sono
giuste e chiare, hanno a che fare poco con il piacere.
Al primo passo che muovo verso il bello, una mano mi toglie il
bastone, una scritta mi proibisce di fumare.
[ ... ] Credo che né l’Egitto, né la Cina, né la Grecia, che furono
saggi e raffinati, abbiano mai conosciuto questo sistema di
giustapporre oggetti che si divorano l’un l’altro.
Paul Valéry
1
Prima di indagare i cambiamenti introdotti dalla tecnologia del Web nel rapporto
museo/utenti, pare opportuno compiere una ricognizione a trecenrosessanta gradi
intorno a queste istituzioni. In questo capitolo si riflette sul concetto di museo tout court
e di museo della scienza, si ricercano le origini di questi istituti culturali ed educativi, si
accenna al ruolo, ai problemi e alle sfide posti loro dalla società in trasformazione di
oggi.
Pare anche opportuno accennare agli sviluppi del Web, che rendono questo
strumento molto diverso e più ricco di possibilità rispetto a quando è nato nove anni fa
circa.
Infine si tenta di delineare l’incontro tra i musei e il web, all’interno del più ampio
rapporto che intercorre tra nuove tecnologie e gli istituti dei quali la ricerca si occupa.
1.1 Il concetto di museo
La parola museo etimologicamente deriva da museum, termine latino che a sua
volta viene dal greco museion, l’edificio sacro alle Muse, le nove figlie di Mnemosine,
dea della memoria
2
. Nella mitologia greca esse presiedono alle varie arti e scienze,
facendo da intermediarie tra la conoscenza umana e la conoscenza divina.
1
P.Valery, Il problema dei musei, in Scritti sull’Arte, Ed Guanda, Milano, 1984, pag. 112-113.
16
Dall’etimo sembrerebbe che il museo sia un edificio o un luogo deputato alla
memoria collettiva
3
, alla conservazione oppure un luogo di studio e ricerca
4
.
Non esiste in letteratura una definizione del concetto di museo che sia esaustiva e
soddisfacente. Nel 1947, all’atto della sua fondazione, l’ICOM
5
proponeva la seguente
definizione: un museo è un istituto permanente amministrato nell’interesse pubblico con
il compito di raccogliere, studiare, conservare ed utilizzare, soprattutto in esibizioni
pubbliche, per il piacere e l’istruzione (education) del pubblico, oggetti di valore
culturale. Questa definizione ha suscitato molte critiche. Che posto occupano tutti quei
musei che non hanno una collezione permanente e periodicamente cambiano ciò che
viene esposto? E quale quei musei che, non avendo un edificio a disposizione,
espongono le collezioni solo in occasione di mostre temporanee? Inoltre chi decide qual
è il pubblico interesse? E chi, e su quali basi, quali siano gli oggetti di valore?
Recentemente l’ICOM ha proposto una definizione semplificata: un museo è una
istituzione permanente, collocata in un luogo permanente, che espone una collezione
permanente per un pubblico di visitatori
6
. Essa però non risolve tutte le questioni aperte
dalla precedente e ne apre di nuove.
Oggi il concetto di museo ruota attorno a due idee che, se per qualcuno sono
opposte, possono anche essere considerate complementari:
• museo come luogo di conservazione
• museo come luogo istruttivo
7
Ci sono due fondamentali motivi per cui non si riesce a cogliere l’essenza dei
musei in una locuzione.
In primo luogo è impensabile poter trovare una definizione che racchiuda in sé
2
Dizionario etimologico della lingua italiana, Garzanti, Milano 1992.
3
Questo perché le Muse dovevano aiutare l’uomo a ricordare la conoscenza.
4
Il museon dei greci, per esempio quello del Liceo, quello dell’Accademia ed anche quello di Alessandria
d’Egitto, era per lo più luogo di incontro degli “intellettuali” dell’epoca. Oggi nella lingua francese
esistono due i termini, museion e musée, rispettivamente per un luogo di ricerca e per un luogo di
esposizione.
5
International Council of Museums, informazioni sulle funzioni e i programmi di questa organizzazione
non governativa che intrattiene relazioni formali con l’UNESCO e svolge un ruolo consultivo nel
Consiglio Sociale ed Economico delle Nazioni Unite, sono reperibili al sito: http://icom.org.
6
http://icom.org/organization.html .
7
La museologia, come disciplina, ha un forte sviluppo dopo l’istituzione dell’ICOM, anche se non è un
corpus definito di nozioni, quelle qui esposte derivano dai saggi commissionati alla Leichester University
negli anni ’90. Per il primo atteggiamento si veda Mottola Molfino, Il libro dei musei, Umberto
Allemandi & c., Torino 1992, pag. 36, per il secondo D. Dean, Museums exhibition, Routledge, Londra-
New York, pag. 13.
17
tutte le varie istituzioni, pubbliche o private, che al mondo sono state definite (al tempo
della loro istituzione o a posteriori) musei, a partire dalle Kunst und Wunderkammer del
XV sec. all’Exploratorium di San Francisco (1969), per voler restare nell’ambito che ci
interessa. Infatti i modi e le finalità del collezionismo e i criteri della conservazione,
cambiano a seconda delle coordinate spazio-temporali
8
.
In secondo luogo, anche concentrandosi sulla situazione attuale, i musei sono
entità disomogenee per dimensioni, storia, contenuti, proprietà, gestione,
organizzazione, funzioni e giurisdizioni a cui fanno capo. Gli stessi musei scientifici
sono realtà differenti tra loro, basti pensare alle tipologie raggruppate sotto questa
dicitura (peraltro non c’è accordo sul numero delle tipologie né dei musei tout court né
dei musei scientifici): musei di zoologia, di botanica, di antropologia, di etnologia, di
geologia, di fisica, di storia della scienza, di medicina e di storia della medicina, orti
botanici, acquari e planetari e così via
9
, che possono a loro volta essere musei civici,
nazionali, universitari, fondazioni, raccolte di scuole pubbliche o private.
Una conseguenza di questa situazione è che i medesimi reperti e oggetti,
concernenti una stesso campo scientifico, possono essere conservati in più d’una delle
tipologie di musei sopra elencate o in altre ancora, come i musei della cultura materiale
o del lavoro. Per comprendere quanto sin qui detto, può essere utile guardare alla storia
di tali istituzioni in generale, e di quelle scientifiche in particolare.
1.2 Origine e sviluppo dell’idea di museo
Sembra che collezionare sia un istinto dell’uomo, da mettere in relazione con la
sua volontà di dominio del mondo
10
.
Per quanto i musei della scienza siano nati solo nel XIX sec., i reperti che ora
sono conservati nei musei della scienza erano da secoli parte delle più svariate
collezioni.
Nel medioevo, oggetti curiosi o rari e reperti naturalistici inconsueti, erano
conservati nelle Chiese insieme ai tesori e alle reliquie. Il clero li faceva rientrare
8
R.G.W. Andersen, Conservazione od oblio? Le decisioni prese dai musei, in L’eclisse delle memorie,
T.Gregorye e F. Morelli (a cure di), Bari-Roma, Laterza, 1994, pag. 49 e 50.
9
Questi sono gli istituti associati all’Amsi (Associazione dei Musei Scientifici Italiani)
10
G. Turner, The cabinet of experimental philosophy, in MacGregor e O.Impery (a cura di), The origins
of museums, Cloredon Press, Oxford, 1985; G.Olmi, L’inventario del mondo, Il Mulino, Bologna, 1992,
cfr, Introduzione
18
nell’ordine della creazione divina, in modo che il sistema della conoscenza messo a
punto dai Padri della Chiesa non ne fosse scalfito.
A partire dal Basso Medioevo, iniziarono a comparire le prime collezioni laiche,
come quella del duca Jean de Berry
11
. Esse erano la trasformazione della tesoreria e
dell’armeria del Signore, in collezioni miste di “naturalia ed artificialia”
12
, dove non
esisteva alcun principio d'ordinamento.
Nel Rinascimento in Italia ebbero origine le collezioni delle signorie, le più
prestigiose delle quali sono quella medicea a Firenze e quella gonzaghesca a Mantova.
Queste collezioni, veri e propri teatrum naturae ricostruiti all’interno nei palazzi,
conferivano onore, prestigio e potere al signore.
Nella seconda metà del XVI sec., la scoperta del Nuovo Mondo, che offriva
materiali nuovi da studiare, alimentò la curiosità dei dotti del tempo. Alle raccolte
signorili, si contrapposero quelle promosse da studiosi, insegnanti universitari, speziali,
farmacisti e medici, per motivi di ricerca ed insegnamento. Rispetto ai musei nobiliari,
enciclopedici e riservati alla contemplazione del solo principe, queste erano
specialistiche
13
ed aperte alle visite, se non del vasto pubblico, di altri studiosi almeno.
Si devono ricordare almeno il museo di Ulisse Aldovrandi a Bologna e quello di Conrad
Gesner in Svizzera.
Nel XVII i musei scientifici specialistici caddero in declino e prosperarono quelli
“eclettici”, come quelli di Manfredo Settala o Lodivico Moscardo, nei quali pure erano
conservati alcuni strumenti scientifici. In questo caso però astrolabi, telescopi e
microscopi, erano osservati più per le loro caratteristiche estetiche, che per il loro
significato nello sviluppo della scienza. Verso la fine del secolo in Francia e in Gran
Bretagna, con l’affermarsi dello stato assoluto, la cultura venne istituzionalizzata e
pubblicizzata. Nacquero l’Accademia Reale di Scienza e la Royal Society; per la prima
volta alcune collezioni reali furono aperte al pubblico.
Nel XVIII secolo, l’idea del museo non solo specializzato ma anche ordinato,
completo, utile alla ricerca e all'educazione si impose. Perché ciò avvenisse, il progresso
11
rimasta famosa la collezione di questi nel castello di Mehun-sur-Yèvre di pietre preziose, gioielli
curiosità di vario genere, dagli orologi meccanici ai denti di animali fantastici, a qualche reliquia. Da J.
von Schlosser, Raccolte d’arte e di meraviglie, Firenze, 1974, pag. 37.
12
Questa distinzione venne usata per la prima volta nel 1727 da C.F. Neikel, nel saggio Museographia,,
che è il primo saggio di questa disciplina, cfr. A.Lugli, Museologia, Joka Book, Milano 1992.
13
Si deve prestare attenzione a vedere questa specializzazione nell’ambito della cultura dell’epoca, dove
19
nella classificazione (la prima edizione del Sistema naturae di Linneo risale al 1735) fu
fondamentale, come pure il pensiero illuminista che seguì le correnti del pensiero
razionalista ed empirista. Non fu, infatti, un caso che si pensò di aprire le collezioni al
pubblico proprio quando fu pubblicata l’Enciclopedia. Lo spirito è lo stesso: si voleva
rompere con la tradizione del sapere riservato ad un limitato circolo di persone, si
voleva portare la conoscenza a portata di tutti. Purtroppo questo principio rimase
disatteso per molto tempo, né invero si può essere certi che lo sia oggi, se si guarda alla
totalità dell’umanità.
I primi veri e propri musei della scienza sorsero nel XIX secolo, quando ormai il
processo d'industrializzazione era ad uno stadio avanzato. La crescente fiducia nella
scienza e nella tecnologia, portò alla costruzione di templi dedicati a queste due potenze
quasi divine.
Fin dalla loro nascita questi istituti museali si caratterizzarono per una dedizione
all’istruzione (education), molto maggiore di quello dei musei d’arte, e dal fatto di
essere potenzialmente celebrativi della nazione.
L’era del positivismo è anche l’era delle grandi esposizioni, rimasta famosa quella
del 1851 a Londra, mostra con un catalogo di 4570 voci comprendenti strumenti e
macchine fornite dai produttori di tutto il mondo occidentale. Essa fu organizzata con
l’intento di celebrare l’industria e la tecnologia, e fu resa possibile proprio grazie ad
esse, in quanto mai, prima dell’invenzione della macchina a vapore, sarebbe stato
concepibile trasportare da tutta Europa apparecchiature ingombranti e pesanti. Proprio i
macchinari di questa esibizione costituiscono il nucleo dell’attuale Science Museum di
Londra, aperto per la prima volta a South Kensington nel 1857, per favorire una
istruzione informale e dare informazioni su libri e strumenti scientifici
14
.
Molti musei nascono in questo modo, cioè come conseguenza permanente di una
mostra temporanea, si veda per esempio il Palais de la Decouverte a Parigi, lo Science
Museum di Chicago
15
e Powerhouse.
16
Genesi diversa ha il Deutches Museum di Monaco di Baviera. Esso fu fortemente
voluto dal Dottor. Oskar Von Miller, che riuscì a farlo finanziare dal governo centrale,
mentre tutti gli altri musei tedeschi sarebbero stati finanziati dai Lander e soprattutto
il campo della conoscenza umana era un unicum, senza distinzione tra sapere scientifico e umanistico.
14
Cfr. http://www.nmsi.ac.uk/history.htm .
15
Cfr. http://www.msichicago.org/history.html .
20
dalle industrie, un sistema tipico degli Stati Uniti e che non è dissimile dall’attuale
sistema delle sponsorizzazioni.
Alla fine del XIX sec., inizio del XX sec., nacquero i musei di storia della scienza,
famoso quello sorto presso l’università di Oxford
17
nel 1935, con l’intento di spiegare
non la scienza in sé ma, l’evoluzione del suo pensiero
18
.
Nonostante ciò, non sempre la dicitura nel nome di un museo corrisponde ai
percorsi tematico-ostensivi in esso sviluppati. Se non c'è sempre diversità tra istituti di
storia della scienza e di scienza soltanto, non c'è differenza neanche tra questi ultimi e
quelli che dal nome dovrebbero informare anche sulla tecnica, la tecnologia ovvero
l'industria.
Per quel che riguarda l’Italia, la monarchia dei Savoia non ha mai manifestato
interesse a costituire musei della scienza, come d’altronde non ha patrocinato molte
iniziative scientifiche.
Le uniche raccolte di tipo scientifico erano quelle di privati o delle università, di
solito dovute alla pazienza e all'interesse di qualche professore, ma non esisteva nessun
museo aperto alla visita del pubblico.
Così le istituzioni presenti in questo campo sono il frutto della volontà del regime
fascista di presentarsi come artefice della rinascita della scienza italiana e del tentativo
di utilizzare la celebrazione di quest’ultima come efficace strumento di propaganda
nazionalistica e di consenso.
19
Nel 1929 fu realizzata a Firenze, in onore di Galileo, la
‘Prima esposizione nazionale di storia della scienza’, a seguito della quale è stato
fondato l’Istituto e Museo di Storia della Scienza (IMSS), con il compito di conservare
parte della collezione medicea e di documentazione
20
. Nel 1939 a Milano si allestì una
mostra leonardesca, che diventò il nucleo del Museo Nazionale di Scienze e della
Tecnica Leonardo da Vinci. Nel 1942 infine viene fondata la Domus Galileiana a Pisa.
16
Cfr. http://www.phm.gov.au/aboutus/history.htm .
17
Cfr. http://mhs.ox.ac.uk/index.html .
18
In Stella Butler, Science and Tecnology Museums, Leichester University Press, Londra/New York,
1992, si afferma che questi musei più che spiegare l’evoluzione del pensiero scientifico, celebrano la
scienza, fatto che se può essere vero per alcuni, ma non è detto che sia la prassi.
19
In G.Paoloni, Gli archivi della scienza tra passato e futuro, in M.Ricciardi e M .Morelli, Le carte della
memoria, Laterza, Bari/Roma 1997, pag 113 114; da cui sono tratte anche le informazioni che seguono.
20
Maggiori informazioni sulla storia, la missione e le collezioni dell’Istituto sono reperibili al sito:
http://www.imss.galileo.firenze.it .
21
1.3 I musei della scienza oggi
Cosa è conservato nei musei della scienza?
In questi depositari della memoria, sono dislocati diversi tipi di oggetti: strumenti
scientifici usati nella osservazione e nella ricerca dagli antichi e dagli scienziati
(astrolabi, quadranti, telescopi fino a moderni computer), con un coefficiente estetico
molto alto ma difficili da capire veramente nel loro funzionamento; apparecchi
dimostrativi didattici del passato e di oggi (i tubi per la sperimentazione della caduta nel
vuoto o gli scivoli di Galileo...); apparecchi o modellini costruiti appositamente per i
musei (il modello del DNA), di cui gli exhibits interattivi dei Centri della Scienza sono
una filiazione; modellini o plastici che ricostruiscono progetti, mai realizzati o andati
perduti, da disegni degli inventori (per esempio le ricostruzioni delle macchine di
Leonardo); surrogati di macchine o mezzi di trasporto costruiti per altri scopi (per
esempio il velivolo di Lindenberg usato nel film).
Non tutti gli oggetti sono parte delle collezioni da conservare per i posteri, alcuni
non hanno nessun valore intrinseco ma, solo come fonte di istruzione per i visitatori.
Tutti sono usati dai museologi, per allestire un percorso didattico, che tenga conto del
visitatore tipo del museo
21
. Agli oggetti è accostato materiale esplicativo cartaceo,
audiovisivo o multimediale, al fine di contestualizzare gli oggetti, fornire la biografia
essenziale di scienziati e inventori, illustrare l’evoluzione storica del pensiero e i
principi della scienza, mostrare le applicazioni in tecnologia e nell’industria, in accordo
con la missione che è stata affidata al museo. Il materiale ausiliario è necessario, in
quanto gli oggetti in sé dicono poco sulle idee e sui principi
scientifici
22
.
21
Gli studi museologici degli ultimi anni, includono spesso presunti identikit di visitatori, tuttavia per
quanto riguarda i musei della scienza il visitatore e il suo comportamento durante la visita, continuano ad
essere enigmi, cfr. per es. Hooper, Museum and Gallery Education, Leichester University Press, Londra -
New York 1991; L. Merriman, Beyond the glasscase, Leichester University Press, Londra-New York
1991.
22
Cfr. D.Lowenthal, Science museum collecting, in Museum collecting policies in modern science and
tecnology, Atti del seminario, Science Museum, Londra 1991.
22
A questi musei, che si potrebbero chiamare tradizionali, nel secondo dopoguerra si sono
affiancati tre nuovi tipi di istituzioni: i centri della scienza (intendendo con ciò quelli
aperti al pubblico e non i centri di ricerca) , gli open-air-museums e i children museum
o musei per bambini.
I primi sono luoghi espositivi più o meno grandi, dove i visitatori compiono
esperienze, sono invitati a toccare gli oggetti interattivi costruiti appositamente a questo
scopo. Ognuno può così rendersi conto in prima persona, sperimentandoli, dei principi
base della scienza, generalmente fisici, chimici e percettivi. Questi istituti coniugano
insieme l'aspetto educativo e quello ludico, secondo l’insegnamento di Montessori e
Dewey. In questi centri si respira un'atmosfera particolare, ben messa in luce da alcuni
"motti": quello dello Science Centre and Planetarium di Wollongong " I hear, I forgot; I
see, I remember; I do, I understand" e quello del Miami Science Museum " We make
science fun".
Le principali somiglianze e differenze tra i musei tradizionali e i centri interattivi
sono messe in luce dalla Tabella 1.
Il primo di questi centri ha aperto i battenti nel 1969, ed è l’Exploratorium di
San Francisco, sogno realizzato del fisico Frank Oppenhimer. Prendendo questo come
modello, sono sorti molti altri istituti di questo tipo in tutto il mondo, anche se c’è una
presenza maggiore nei paesi anglosassoni.
23
C’è da dire però che l’Exploratorium non
ha inventato gli exhibits interattivi, che erano già presenti al Palais de la Decouverte e al
museo della Scienza e dell’Industria di Chicago.
Due associazioni promuovono la collaborazione e lo scambio di informazioni ed
esperienze tra questi centri, che ormai al mondo sono più di 400: ECSITE (Europian
Collaboration for Science, Industry and Tecnology)
24
a livello europeo e ASTC
(Association of Science-Tecnology Centres)
25
a livello mondiale.
23
L’Exploratorium fin dall’inizio ha avuto come principio quello della diffondere questo nuovo approccio
educativo verso la scienza ed ha pubblicato diversi “Cookbook”. Libri dove i vari exhibits sono illustrati
in modo da poter essere rifatti da altri centri. Informazioni ulteriori riguardo la storia dell’Exploratorium e
del suo patrocinare centri simili sono reperibili al sito: http://exploratorium.net e nel saggio: G,Hein, The
Exploratorium: the museum as laboratory, Smithsonian Institute Press, Washington, 1990.
24
Maggiori informazioni sono reperibili al sito: http://www.belspo.be/ecsite/ecsite.html .
25
Maggiori informazioni sono reperibili al sito: http://www.astc.org/astchome.html , dove la ASTC
dichiara di avere 400 associati, tra i quali anche alcuni musei della scienza con un padiglione di exhibits
interattivi.
23
Musei tradizionali
della scienza
Centri interattivi
della scienza
Offre un percorso nella storia della
scienza o nella sola scienza,
costruito con più media tra i quali
l’oggetto e l’etichetta che lo
accompagna sono i più importanti.
Offre strumenti meccanici,
multimediali e interattivi da manipolare
che permettono di sperimentare i
principi base della scienza.
C’è il contesto, la storia globale ma
i principi della scienza rimangono
enigmi.
L’esposizione è fatta di tanti
frammenti, morsi e manca una visione
complessiva.
Le loro collezioni sono
testimonianze significative del
passato della civiltà e meritevoli di
conservazione.
Non hanno collezioni, in alcuni centri
le esibizioni cambiano e sono
aggiornate spesso.
Trasmettono una idea della scienza
come una progressiva sottomissione
della natura all’uomo.
Trasmettono un’idea di scienza come
gioco, qualcosa di facile da realizzare
se si ha la curiosità di un bambino.
Non spiegano la scienza dei nuovi
paradigmi.
Non spiegano la scienza dei nuovi
paradigmi.
Tabella 1. Per la formazione della tabella si è preso spunto da: J.Durant, Introduzione in
J.Durant (a cura di), Museums and the public understanding of science, Science Museum, Londra 1992.
24
I secondi sono gli open-air-museums, che derivano dai folk museums scandinavi e
sono per esempio Ironbridge e Blak County in Gran Bretagna, specie di parchi
all’aperto dove è ricostruita l’atmosfera dei villaggi industriali dell’età vittoriana.
Infine i musei per bambini, che ormai sono migliaia al mondo, sono strutture
dedicate a bambini e ragazzi. Nelle sale, in base all'età, il visitatore giocando, da solo o
accompagnato da un parente, compie esperienze che si possono riportare ai campi della
fisica e della percezione.
Queste tre realtà hanno influenzato l'evoluzione dei musei tradizionali. Molti,
infatti, hanno aperto padiglioni interattivi, stanze che ricostruiscono laboratori-tipo o
luoghi specifici della scienza e soprattutto dell'industria del passato, si veda il caso del
Launch Pad e delle stanze degli antichi mestieri dello Science Museum londinese. Per
quanto riguarda i visitatori più giovani, molti musei tradizionali e centri della scienza
hanno aperto aree pensate per loro, alcuni musei statunitensi addirittura affittano queste
aree ai genitori che vogliano organizzare feste speciali per i loro bambini.
L’ICOM riconosce i Centri della Scienza e non gli open-air-museum, ed è la
ragione per la quale i primi sono stati inclusi nella presente ricerca, mentre i secondi
esclusi.
Per concludere il panorama italiano, si può dire che nel dopoguerra i musei della
scienza sono stati abbandonati a se stessi. Solo l’IMMS di Firenze è un centro
riconosciuto a livello internazionale.
Solo a partire dal 1991, con la prima Settimana Nazionale per la Cultura
Scientifica, indetta dall’allora Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e
Tecnologica Antonio Ruberti, sono state destinate più risorse alla divulgazione
scientifica. Lo stesso Ministro aveva concepito un Sistema Nazionale di musei e parchi
scientifici che avrebbero dovuto avere un ruolo centrale nella diffusione della cultura.
Se il progetto globale è subito naufragato, sono nati alcuni nuovi istituti come il museo
delle attrezzature per la Didattica e la Ricerca presso il politecnico di Torino, grazie
anche alla collaborazione con l’ateneo e altri enti e organizzazioni locali
26
.
Non ci sono centri per l’apprendimento della scienza in modo interattivo, se non
per l’esperienza che si potrebbe dire “stagionale” di Experimenta, creazione di
26
A.M.Saasi Perino, Nuova dimensione e prospettive per i musei scientifico-tecnologici in Piemonte. Atti
della giornata di studio 22 Marzo 1991, Politecnico di Torino, Torino, 1991.
25
Extramuseum
27
. Essa dal 1985 ha animato le estati, con temi sempre differenti, a Villa
Gualino, sulla collina torinese. A questa manifestazione, che dall’anno scorso (1998) è
stata sfrattata dalla sede abituale, è stata affidata, in accordo con l’ultimo piano
urbanistico, un’area nella periferia sud dove dovrebbe diventare un parco della scienza
permanente.
Sempre nella medesima città, è nato un comitato per un parco con cittadella
tecnologica, che dovrebbe sorgere sull’area dismessa di una grande fabbrica e dovrebbe
essere, sia un polo di ricerca che affianchi l’Università, sia un luogo di esposizione.
Analoghi progetti sono in cantiere in molte altre città italiane, ma per il momento
non c’è ancora nulla di concreto.
Per quel che riguarda i musei per bambini l’Italia annovera due felici esperienze:
il museo del bambino a Napoli e la Città dei Bambini a Genova.
Per quanto nella presente ricerca siano stati presi in considerazione sia i Musei
della Scienza, sia i Musei di Storia della Scienza, sia i Centri della Scienza, è bene
ricordare che questi ultimi non sono considerati musei quasi da nessuno, perché non
hanno una collezione da tramandare ai posteri. Nel presente lavoro, nonostante questa
differenza concettuale, per comodità, se non altrimenti specificato, con la parola museo
si intenderanno tutti e tre i tipi di istituti.
Sembra utile infine precisare che, nella cultura americana spesso si usano i termini
exhibit/exhibition al posto di collezione/collection ma, essi non sono equivalenti. I
primi sottolineano il momento della fruizione e dell’interazione da parte del pubblico; il
secondo, riguarda più propriamente la funzione conservativa del museo, e deriva dalla
missione di raccogliere oggetti per conservarli per le generazioni future.
27
http://www.extramuseum.org/
26
1.4 Il museo come medium
Secondo Roger Silverstone, i musei sono media per molti aspetti simili agli altri
mezzi di comunicazione di massa. Essi intrattengono e informano, raccontano storie e
costruiscono argomenti, educano o cercano di educare e hanno, volenti o nolenti,
un’agenda; trasformano l’inaccessibile e il non familiare in accessibile e familiare
28
.
Questa idea non deve stupire: infatti uno dei ruoli dei musei e dei centri è quello di
essere enti educativi e non vi può essere trasmissione educativa senza che prima si
instauri un rapporto di comunicazione.
Secondo l’accezione sopra riportata, gli istituti culturali oggetto del nostro
discorso farebbero parte del sistema dei mezzi di comunicazione. Questo è un sistema in
continua trasformazione, dove ogni elemento ridefinisce il proprio spazio e la propria
funzione in rapporto alle modificazioni degli altri. Per esempio se nel 1700 i musei
avevano la funzione di convincere dell’esistenza delle cose, adesso questa compito è
appannaggio della televisione
29
.
Il museo è un mezzo di comunicazione sia in senso verticale, cioè tra
generazioni, sia in orizzontale, cioè all’interno delle stesse generazioni. Da una parte
esso è uno strumento di memoria, raccoglie in un luogo oggetti che portano alle
collettività future ricordo di un passato più o meno remoto, dall’altra è uno strumento di
educazione che comunica idee e nozioni alla collettività presente.
Pensando i musei come media, vi si possono applicare i vari modelli della
comunicazione che sono stati elaborati. Tra questi si è scelto il modello di Roman
Jakobson (Figura 1.1), nella stesura che tiene conto delle integrazioni derivate dalle
critiche di Shannon e Weawer. Anche se è in parte superato, esso permette di mettere in
luce i tratti comuni e quelli distintivi tra i musei fisici e quelli che saranno definiti, in
opposizione ad essi, musei virtuali.
In questo caso il contesto è l’idea che varcare la soglia di entrata di un museo
equivale ad compiere un rito, ad entrare in un luogo destinato alla memoria e al sapere,
fatti che di per sé la società vuole edificante.
Il canale è l’edificio con i corridoi e le stanze che contengono oggetti e
cartellini o altro materiale che lo spiega.
28
Silverston, The medium is the museum, in J. Durant (a cura di), Museums and the public understanding
of science, Science Museum, Londra 1992, pag.
29
L.Miles e A.Taut, Exhibition and public understanding of science, in J.Duran (a cura di ), op.cit.