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INTRODUZIONE
La presente tesi sarà incentrata sull’analisi dell’opera musiva del Duomo di Monreale (Pa), il più
fulgido esempio massimo di collaborazione artistica tra diverse culture, edificato nel 1174 per volontà
di Guglielmo II pochi anni dopo essere stato proclamato re di Sicilia.
Prima di analizzare il ciclo musivo del Duomo di Monreale, che rappresenta un mezzo unico di
narrazione delle storie dell’Antico Testamento, si è ritenuto necessario, al fine di comprendere le
dinamiche storiche-culturali che hanno reso possibile la realizzazione di tale capolavoro artistico, sia
dal punto di vista architettonico sia decorativo, tracciare un breve excursus storico della storia della
Sicilia a partire dalla dominazione bizantina (VI al IX sec.) alla conquista islamica avvenuta nel 826
fino all’arrivo dei Normanni nel 1061 e di come quest’ultimi, per merito di una radicata tolleranza
religiosa e grazie alla visione artistica di un sovrano illuminato come Ruggero II, abbiano creato lo
sviluppo di un’architettura mista di notevole pregio denominata <<arabo-normanna>>.
L’elaborato, si articolerà in tre capitoli: il primo capitolo verterà sulla storia dall’arrivo dei Normanni
agli inizi del XI secolo in Italia meridionale e in Sicilia e alla loro conseguente conquista, fino alla
proclamazione del Regno di Sicilia avvenuta durante la reggenza di Ruggero II nel 1130.
Nel secondo capitolo verrà tracciato un breve excursus artistico dello stile romanico dalla nascita
intorno alla metà del XI alle caratteristiche che esso assunse in Italia e Sicilia. Infatti lo stile romanico
pur mantenendo delle caratteristiche proprie assunse delle sfumature diverse sia per quanto riguarda
le tipologie costruttive sia per i materiali utilizzate. Si assistette dunque alla nascita di varie scuole
regionali: romanico-lombardo, romanico-fiorentino, romanico-veneziano, romanico pugliese etc. In
Sicilia lo stile romanico si diffuse nel pieno della dominazione normanna e questo assunse in maniera
preponderante caratteristiche e peculiarità a sé; infatti la fusione artistica venutasi a creare con le già
preesistenti correnti culturali dell’isola (arabe, latine e bizantine) portarono alla nascita di uno stile a
sé stante: il “Romanico siciliano” comunemente definito <<stile arabo-normanno>>. Saranno dunque
esaminati i caratteri e i riflessi delle architetture presenti nella città di Palermo, divenuta capitale del
Regno del regno normanno nel 1130 e dell’hinterland, attraverso l’analisi delle proprie presentazioni
principali sia laiche come il Palazzo dei Normanni, il Palazzo della Cuba, il Palazzo di Maredolce, la
Zisa, sia religiose come ad esempio le chiese di S. Giovanni dei Lebbrosi, di S. Cataldo e di S.
Giovanni degli Eremiti e ancora la Cappella Palatina, la chiesa S. Maria dell’Ammiraglio, il Duomo
di Cefalù. La seconda parte del secondo capitolo sarà dedicata ai mosaici. Infatti i normanni ripresero
dall’arte bizantina l’uso di questa decorazione che ben si prestava alla celebrazione della regalità.
Vedremo infatti come Ruggero II adottò il mosaico bizantino per rappresentare lo splendore del
2
potere regio, servendosi di maestranze chiamate nell’isola appositamente da Bisanzio, per riprodurli
con le stesse fattezze e stilemi. Sarà effettuata dunque l’analisi dei principali mosaici presenti
all’interno della cappella palatina, della chiesa dell’Ammiraglio, e del Duomo di Cefalù.
Il terzo capitolo verterà interamente sul Duomo di Monreale, edificato da Guglielmo II, esempio
unico di eccellenza nella decorazione musiva; ne verrà tracciata la sua storia e verranno analizzate le
principali fasi costruttive. Successivamente verrà posta l’attenzione sull’analisi dei mosaici, sul loro
sviluppo narrativo e sul significato propagandistico del loro impiego.
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I CAPITOLO
DALL’ASCESA DEI NORMANNI NELL’ITALIA MERIDIONALE ALLA
CREAZIONE DEL REGNO DI SICILIA DI RUGGERO II
I.I QUADRO STORICO
La Sicilia, dopo la fine dell’impero romano d’occidente (476 d.C), cadde dapprima sotto il dominio
di Odoacre e successivamente sotto Teodorico il Grande (re degli Ostrogoti) fino al 535 quando, il
generale Belisario, inviato in Sicilia dall’imperatore d’oriente Giustiniano, conquistò rapidamente
l’isola che passò sotto l’influenza bizantina per circa tre secoli, fino alla conquista dell’isola da parte
degli Arabi avvenuta nel 827.
Come è noto però, del periodo bizantino è rimasto molto poco, nonostante il loro corso temporale sia
stato abbastanza lungo, e anche la capitale di allora, Siracusa, conserva pochissimo di quel periodo
che oggi è oggetto di diversi studi e ricerche. Anche per ciò che riguarda i documenti scritti è andata
perduta un’eredità di inestimabile valore, sebbene questa eredità sia stata colta in maniera indiretta
dagli arabi che assimilarono le leggi e le istituzioni del popolo bizantino.
Sotto il dominio arabo l’isola venne divisa in tre differenti aree: la Val di Noto nella parte sud-est, la
Val Demone nord-est e infine la Val di Mazara ad Occidente
1
(Fig.1).
1
RIZZO M. 2011. “La cultura architettonica del periodo normanno e l’influenza bizantina in Sicilia”, Tesi di Dottorato
su “Bisanzio ed Eurasia”, ciclo XXI, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna.
4
Fig. 1 Carta della Sicilia Islamica
2
A sua volta il declino del periodo arabo si deve proprio alla conquista della Sicilia da parte dei
Normanni, popolazione di origine scandinava, i quali iniziarono a farsi strada nel marasma territoriale
in cui versava allora l’Italia meridionale. La conquista normanna non si tradusse in un’eliminazione
totale della cultura e della popolazione araba, anzi i normanni conservarono, sul piano economico,
giuridico e politico, le strutture di questa gente così come gli arabi a loro volta avevano fatto con i
bizantini. Anche per ciò che riguardava l’architettura araba, questa venne conservata e preservata, e
un esempio illustre di ciò che diciamo è presente nel palazzo reale normanno che fu edificato a
Palermo, ovvero “La Zisa”. A onor del vero però non si potrebbe parlare di una vera e propria
architettura araba, poiché questi, essendo una popolazione nomade, più che dar vita ad un proprio
stile architettonico, rielaborava gli stili delle popolazioni che aveva conquistato e quindi a volte
rimodellava gli stilemi del luogo in cui si insediava.
Come detto poco sopra, l’Italia meridionale quando venne conquistata dai normanni, era immersa in
una situazione politica abbastanza complicata che potremmo, a grandi linee descrivere in questo
modo: a metà del secolo XI su gran parte della Puglia e del Salento, così come sulla Calabria, su
alcune aree della Campania e della Lucania permaneva il controllo diretto di Bisanzio, mentre nelle
zone interne di queste ultime due regioni, ovvero su parte del Molise e della Puglia ,si allungava
2
https://www.siciliafan.it/storia -sicilia-normanna -dalla-convivenza -islamica-conquista -sveva/
5
invece il dominio longobardo del ducato di Benevento e dei principati di Salerno e di Capua, Questi
chiudevano, al nord, lo Stato Pontificio e il Ducato di Spoleto
3
( Fig.2).
Fig. 2 Situazione politica dell’Italia alla metà dell’XI secolo
4
3
Chalandon F., tradotto da Tamburrini, Alberto. 2008. “Storia della dominazione nor manna in Italia e in
Sicilia”, Francesco Ciolfi editore Cassino, p.41.
4
Immagine tratta da: http://www.omeganews.info/?p=2076
6
I.II LA CONQUISTA DELL’ITALIA MERIDIONALE
I normanni dal l'XI al XIII secolo
5
si insediarono spregiudicatamente nel gioco dei contrasti politici
locali conducendo una politica autonoma. Le fonti, discordi, narrano vari episodi circa le cause che
portarono i Normanni ad affacciarsi sulla sfera territoriale dell’Italia meridionale.
I primi contatti fra i normanni e il sud Italia avvennero dall’860 d.c. questi si muovevano via mare e
dapprima divennero mercenari dell’impero bizantino, rendendosi protagonisti nelle guerre contro i
musulmani per liberare la Sicilia. Flotte normanne sempre più numerose attraccarono nei decenni a
venire e questi guerrieri prestarono servizio per i più svariati compiti, dalla protezione dei pellegrini
alle guerre appunto come mercenari, difendendo le città costiere dagli attacchi dei saraceni e
rendendosi protagonisti nel fronteggiare le ribellioni anti bizantine in Puglia.
Infatti lo storico Amato di Montecassino narra che all’incirca intorno al 1016, un gruppo di valorosi
cavalieri normanni, di ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, combatté a Salerno contro i Saraceni
che la assediavano, o ancora, alcuni membri della famiglia Drengot si scontrò contro i Bizantini in
puglia sotto il comando del nobile Melo di Bari. Questi rimase nella storia per essere stato a capo
della prima rivolta anti-bizantina. Sempre costui assoldò un altro piccolo esercito normanno,
capeggiato da Gilberto Buatère grazie al quale diede vita alla contea di Ariano. Questa contea è di
centrale importanza storica in quanto ha rappresentato il primo organismo politico fondato dai
Normanni. Melo di Bariperò, dopo aver fondato la contea di Ariano venne sconfitto a Canne nel 1018
e poi morì a Bamberga, in Germania nel 1020.
Rainulfo Drengot fu a capo dei Normanni e creò la contea di Aversa che divenne quasi subito il punto
di riferimento di tutti i normanni che arrivavano in Italia.
Questa fu la prima ed unica fondazione normanna dell’Italia meridionale
6
;
Personaggi di spicco di questa prima fase di incursioni normanne furono i fratelli Guglielmo detto
“Braccio di ferro” e Drogone, appartenenti alla famiglia degli Altavilla, personalità forti che i vari
cronisti dell’epoca descrivono come: <<[…]sempre pronti di servire quegli da cui più ricevevano,
poiché di' molto preferivano le guerre ai vincoli della pace>>
7
; o ancora : <<avidi di dominio>>, come
riporta questa descrizione redatta da Goffredo Malaterra, biografo ufficiale della famiglia Altavilla:
5
https://it.wikipedia.org/wiki/Conquista_normanna_dell'Italia_meridionale : La conquista dell’Italia meridionale venne
completata nel 1130 quando tutti i territori furono unificati da Ruggero II nel regno di Sicilia
6
https://www.treccani.it/enciclopedia/guglielmo -di-puglia_(Enciclopedia -Italiana)/
7
Atti del congresso internazionale di studi sulla Sic ilia normanna (Palermo 4 -8 dicembre 1972), p. 52 in nota 5:
Guglielmo Apulo, i, vv. '14° -145, p. 106
7
<<Filiis denique Tancredi naturaliter hic mos insitus erat: ut sem per dominationis· avidi, prout -Illìs
vires suppetebant,neminern terras vel possessiones habentes ex proximo sìbl .absque aemulatione
habere paterentur, quin vel certe. ab ipsis confestim subjecti deservirentur, vel certe ipsi omnia sua
virtut~ potirentur>>
8
.
Gli Altavilla imposero progressivamente il proprio dominio nei territori a confine tra la Puglia e la
Basilicata; Guglielmo ottenne dal principe Guaimario la città di Ascoli mentre suo fratello la città di
Venosa dove venne edificato il mausoleo dinastico della famiglia degli Altavilla
9
.
Gli Altavilla, famiglia proveniente da Hauteville in bassa Normandia, furono chiamati, come
moltissimi guerrieri di allora, a difendere le coste italiane dalle scorribande saracene. Questi però non
solo svolsero il compito che gli era stato affidato, ma tramite astuzie e matrimoni combinati,
riuscirono ad ottenere l’intera città di Salerno. Nello specifico l’impresa fu compiuta da Roberto detto
il Guiscardo che sconfisse il principe longobardo che deteneva il potere della città.
Ma tornando indietro, è doveroso parlare del fratello di Roberto, ovvero Guglielmo, che divenne
conte di Melfi nel 1042. Questa città assunse il ruolo di capitale in quanto venne scelta sia come sede
comune dei dodici conti sia come sede dei concili papali, e nel 1043 gli venne concesso il titolo di
<<conte dei Normanni
10
>> e nominato primo conte di Puglia.
Alla morte di Guglielmo avvenuta nel 1046 tutti i suoi possedimenti passarono nelle mani di suo
fratello Drogone. Guaimario III per rafforzare la sua posizione ed estendere la propria egemonia su
Capua e Gaeta, le diete in sposa sua nipote. Tuttavia il suo sforzo fu destinato a fallire, in quanto nel
1047 il nuovo imperatore germanico Enrico III scese in Italia restituì a Pandolfo, il principe
longobardo antagonista di Guaimario, il controllo sul principato di Capua e per meglio controllare i
movimenti longobardi nominò Rainulfo Drengot conte d’Aversa, e attribuì a Drogone il titolo di
<<Dux et magister Italiae comesque Normannorum totius Apuliae et Calabriae>> infatti con i suoi
domini e in seguito allo scontro con i Bizantini a Tricarico aveva il pieno controllo di tutte le vie di
comunicazione fra Benevento, Puglia e Calabria.
In questa regione giunse il più giovane degli Altavilla, Roberto, detto il Guiscardo (dal fr.
ant. Guischart: astuto, scaltro) egli, infatti, si impose quasi subito per la sua abilità e spregiudicatezza;
dopo la concessione da parte del fratellastro Drogone del castello di Scribla, nella Calabria
8
Ivi p.54 in nota 4 Goffredo Malaterra,II, 38, p. 48.
9
Ivi p. 66
10
Ivi, p. 66, in nota 76: La posizione di Guglielmo Braccio di Ferr o è stata recentemente giudicata quella di un “primus
inter pares”
8
settentrionale, si mosse in un’azione di rapida conquista e alla morte di Drogone, nel 1051, si
impadronì di alcune fortezze nella Valle del Crati.
Nel 1059 conquistò Reggio, capitale dei possedimenti bizantini e fortezza fino a quel momento
inespugnata, terminando l’occupazione dell’intera Calabria.
Come su detto, Melfi divenne la capitale del ducato di Puglia e Calabria, questa città fu inoltre la sede
ci cinque concili tra il 1059 e il 1101. Durante il primo di questi concili,
Papa Nicolò II, dopo l’alleanza politica tra i Normanni e il Papato, sancita nel sinodo di Melfi nel
1059
11
, investì Roberto il Guiscardo del titolo, dapprima solo formale, di duca e gli conferì il possesso
feudale della Calabria, della Puglia e della Sicilia
12
.
Nel 1077, venendo meno al concilio di Melfi, come anticipato poco sopra, scalzò l'ultimo principe
longobardo con la conquista di Salerno, tuttavia pur trasferendo la sede del potere a Salerno e
sposando figlia del principe Guaimario V, Sichelgaita (da cui ebbe un figlio maschio: Ruggero Borsa)
non ne prese il titolo principesco, e continuò fino alla morte (1085) ad intitolarsi duca di Puglia
13
.
I normanni riuscirono abbastanza velocemente nell’impresa di cacciare i bizantini dal meridione, a
livello temporale e simbolico, l’ultimo baluardo bizantino venne espugnato grazie a Roberto il
Guiscardo, quando conquistò la città di Reggio Calabria.
11
Atti del congresso internazionale di studi sulla Sic ilia normanna (Palermo 4 -8 dicembre 1972), p.78 in note 126:
“Guglielmo Apulo è l'unico cronista contemporaneo che parla d ell'intervento papale, ma come cosa di secondaria
importanza, in appendice ad un concilio antisimoniaco tenuto da Niccolò II a Melfi (lI, vv. 397-4°5,p. 154)”
12
Rizzo, Marcello. 2011. “La cultura archi tettonica del periodo normanno e l’influenza bizantina in Si cilia”, Tesi di
Dottorato su “Bisanzio ed Eurasia”, ciclo XXI, Alma Mater Studiorum, Univ ersità di Bologna, pag. 30: “L’investitura di
Roberto il Guiscardo a Duca di un territorio che doveva com prendere anche la Sicilia probabilmente dipendeva
dall’impegno preciso pattuito col Papa riguardante espressamente la conquista dell’isol a, che doveva essere sottratta
al dominio musulmano e restituita alla cristianità sotto l’obbedienza della Chies a romana”
13
Atti del congresso internazionale di studi sulla Sic ilia normanna (Palermo 4 -8 dicembre 1972), p.82
9
I.III LA CONQUISTA DELLA SICILIA
La Sicilia Araba era territorialmente suddivisa in tre valli: Demone, di Noto e di Mazara come riporta
un documento del 1094 (risalente agli inizi del dominio normanno), che ricorda "antiquae divisiones
Saracenorum": Vallis Deminae, Terra Notensium, Vallis Mazariae
14
.
Un documento attribuibile a Re Martino, nel periodo aragonese, ovvero all’incirca nel 1408, ci dà
sicura testimonianza di come erano delimitati i limiti della provincia che riguardavano la Val
Demone, zona che era posta nell’area nord-orientale della regione. La sua funzione era prettamente
di carattere amministrativo e finanziario, ma questa non era una peculiarità specifica dell’area in
quando anche le altre provincie avevano la medesima caratteristica. Volendo delimitare più nel
dettaglio i confini di questa, andava dall’Etna fino al fiume Imera, integrando a sé i monti Nebrodi,
Peloritani e le Madonie.
Andando ancora indietro nel tempo, da qui i Calcidesi fecero partire la prima colonizzazione greca
dell’isola fondando Naxos, Zancle ovvero la città di Messina e Milazzo che anticamente veniva
chiamata Mylai. Dopo la dominazione bizantina quest’area fu centro di grande splendore e ricchezza,
economicamente florida. Conobbe però un irreversibile declino quando successivamente alla
conquista araba, tale periodo storico infatti fu contraddistinto da una stagnazione economica pesante
e un lungo periodo di stasi. Si dovette aspettare l’arrivo dei normanni per assistere alla ripartenza
economica del territorio, in particolare grazie all’operato di Ruggero e poi di Roberto il Guiscardo.
Ma per parlare nel dettaglio della conquista normanna della Sicilia è importante fare un passo indietro.
Nel 1040 l'Emirato siciliano si sfaldò e l'isola da allora fu divisa in quattro diversi potentati territoriali,
praticamente indipendenti e rivali tra loro, chiamati Qaidati; tuttavia nessun Qāʾid prese mai il titolo
di "Emiro", limitandosi ad esercitare il suo potere all'interno dei confini del suo dominio.
I quattro Qaidati erano: Trapani, Marsala, Mazara e Sciacca, in cui regnava ʿAbd Allāh ibn Mankūd
; quello di Girgenti, Castrogiovanni e Castronuovo, che apparteneva ad Ibn al- Hauasci, quindi il
Caidato di Palermo e di Catania il cui signore era Ibn al-Thumanah e il Caidato di Siracusa.
15
Questa divisione del potere arabo in Sicilia manifestava la chiara evidenza di come ci fossero laceranti
conflitti tra le varie fazioni in cui era stata divisa l’isola.
La Sicilia intorno al 1060 versava era in uno stato di anarchia.
Fu nello specifico Ibn al-Thumna, emiro di Siracusa, Noto e Catania che chiese aiuto ai normanni per
contrastare il suo rivale, nonché cognato Ibn al-Hawwas a sua volta emiro di Castrogiovanni e
14
http://www.italiapedia.it/tripartizione -medioevale -della-sicilia_appr_3545_provincia -di-enna_19 -086
15
https://it.linkfang.org/wiki/Kalbiti
10
Girgenti. Questa mossa fu però poco lungimirante perché innesco la progressiva quanto repentina
conquista della Sicilia da parte dei Normanni.
Ruggero il Guiscardo venne chiamato in soccorso da Ibn al-Thumanah per prevalere sulla parte
avversa.
Così Ruggero approfittando anche dell’accordo stabilito con papa Niccolò II, di conquistare la Sicilia
musulmana e riportare la totale cristianità dell’isola, essendo egli impegnato nelle questioni italiche
incaricò suo fratello minore Ruggero I a dirigersi in Sicilia.
L’accordo con papa Nicolo II era che questi autorizzava i guerrieri normanni a governare su tutti
quanti i territori, dell’Italia meridionale, che fossero riusciti a conquistare, in cambio, Ruggero il
Guiscardo, acconsentiva a non riconoscere l’autorità religiosa di Costantinopoli, autorità avvenuta
dopo lo scisma d’oriente. Ai normanni quindi si presentò l’occasione di conquistare e depredare una
terra che dopo due secoli di dominazione araba si presentava incredibilmente ricca e generosa di
grandi colture come, grano, cotone, zafferano e zucchero.
La conquista della Sicilia fu un’impresa lenta, in quanto, i normanni numericamente inferiori,
dovettero assediare una dopo l’altra le roccaforti attardandosi spesso in lunghi assedi.
Dopo un primo tentativo fallito di sbarcare e assediare Messina direttamente, anche se la fonte
Goffredo Malaterra biografo principale di Ruggero I ci narra che sarebbe riuscito vincitore delle
truppe che lo inseguivano e sarebbe tornato a Reggio con un cospicuo bottino, nel 1061 Ruggero I
sbarcò a Milazzo, così giungendo nella città dal retroterra la costrinse in breve tempo alla resa.
Al 1063 risale la famosa battaglia di Cerami, su questa battaglia sono nate diverse leggende. Una su
tutte quella che vede protagonista San Giorgio, che vestito di bianco e cavalcando il suo cavallo,
armato di lancia avrebbe distrutto le righe dell’esercito musulmano portando i normanni alla vittoria.
Le cronache del monaco benedettino Malaterra “De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae”
paragona la battaglia di Cerami alla Battaglia delle Termopili: «Centotrentasei normanni affrontarono
in campo aperto cinquantamila Saraceni»
16
.
Ruggero I dopo aver conquistato Cerami e la roccaforte Troina, dove pose la sua sede isolana, con
una serie di attacchi, riuscì a espugnare altre importanti roccaforti come Cefalù.
Negli anni fra il 1077 e il 1086 dopo essersi impadronito di Catania nel 1071, dopo alcuni mesi di
assedio, fece capitolare la capitale dell’emirato Palermo nel 1072 e successivamente caddero una
dopo l’altra sotto il dominio di Ruggero nel 1074 Castrogiovanni e Trapani, Taormina nel 1078,
16
G. Malaterra, Imprese del Conte Ruggero e del fratello Roberto il Guiscardo, Palermo, Flaccovio Editore, 2000,
pp. 75-79.
https://www.lalampadina.net/magazine/2015/07/storia -la-battaglia-di-cerami/
11
Siracusa nel 1086, Girgenti, Licata, Caltanissetta nel 1087. L’ultima roccaforte a cadere fu Noto nel
1091. Vennero prese anche le isole di Malta e Pantelleria, strategiche per la navigazione commerciale
nel canale di Sicilia.
Si concluse così dopo 30 anni la conquista della Sicilia.
In più di un’occasione gli uomini del Guiscardo erano stati spietati con gli avversari. Uccisero i
prigionieri e vendevano come schiavi le donne e i bambini. La possibilità di avere al proprio servizio
degli schiavi, era uno dei modi in cui i normanni convincevano i mercenari e gli avventurieri ad unirsi
nella loro battaglia e al loro esercito. Una testimonianza di ciò ci è data quando, con la vittoria sulla
rocca del Monte Judica, a Catania, gli abitanti vennero uccisi e venduti come schiavi.
Nel 1072 per impegni di Roberto, il compito di portare avanti la conquista della Sicilia venne affidato
interamente a Ruggero che venne nominato conte di Sicilia e Calabria. L’ultima fase della conquista
però fu molto lenta e farraginosa, Ruggero dovette tornare più volte in Calabria e diverse ribellioni in
Sicilia rendevano l’esito della guerra incerto. Per fare un esempio, Castrogiovanni era l’unico punto
strategico della zona interna della Sicilia, questa cadde solo nel 1088 e dopo qualche anno fu la volta
di Noto, diventata ormai l’ultima roccaforte siciliana degli arabi. Come abbiamo detto poco fa, la
conquista della Sicilia fu costellata da sanguinosi conflitti e barbarie specie da parte dei normanni nei
confronti dei nemici e della popolazione locale. Ruggero però capì che gli sarebbero tornati molto
utili gli impiegati e i contabili della precedente amministrazione poiché erano in grado di capire e far
funzionare la macchina amministrativa precedente, macchina e quindi sistema a cui la gente del luogo
era ormai abituata. Proprio grazie a questa sua lungimiranza non si assistette ad una grande
immigrazione di massa e gli arabi, specie quelli di un certo livello o quelli che servivano ai normanni,
poterono tenere i propri beni come le terre e a volte perfino i castelli. Anche i soldati arabi vennero
introdotto nell’esercito di Ruggero tanto che a volte vennero utilizzati per combattere gli stessi
normanni e altri nemici cristiani. Come era già successo altre volte in passato, come ad esempio con
i latini, greci, ebrei e saraceni, ognuno sarebbe stato giudicato secondo la propria legge e dai propri
giudici. Molti arabi comunque scelsero di migrare e andare via, anche se moltissimi rimasero e si
comportarono in maniera remissiva a tranquilla nei confronti del potere appena consolidato. Anche
se i normanni erano un numero esiguo rispetto ai conquistati arabi, mantennero un controllo ferreo
sul territorio e sulla popolazione, riuscirono infatti ad esercitare questo controllo sulla Sicilia grazie
anche alla loro adattabilità politica, non andando quindi a scontrarsi con gli usi e le tradizioni
politiche, giuridiche e amministrative del territorio. Riconobbero che la gestione della Sicilia
presentava un sistema più evoluto del loro e lo adattarono e integrarono con il proprio modo di gestire
e amministrare.