Nasce primariamente da queste considerazioni l’interesse verso realtà
economiche e sociali distanti dalla nostra, ma sempre più direttamente
legate al nostro sistema. Mi riferisco in particolare al grande gruppo di paesi
che non appartengono alla cerchia dei paesi più industrializzati ed
economicamente avanzati, definiti in modo vario attribuendo diverse
gradazioni allo loro stadio evolutivo socio-economico, come
sottosviluppati, in via di sviluppo, emergenti. Le vicende di tali paesi
riguardano le nostre economie avanzate in modo sempre crescente sotto due
aspetti principali: quello dei vantaggi e delle opportunità che i sistemi più
avanzati e più “stanchi” possono trovare in nuovi partner economici, cioè
obiettivi di investimento vantaggiosi, nuovi ed ampi mercati di sbocco,
riduzione dei costi di produzione attraverso la delocalizzazione delle unità
produttive; e direttamente collegato al primo, l’aspetto relativo allo
sviluppo di tali paesi, alle possibilità di migliorare condizioni economiche e
sociali, nell’interesse non solo del “sistema” mondo, ma prima di tutto delle
popolazioni, di cui buona parte versa ancora oggi in condizioni
drammatiche di povertà e sottosviluppo.
E’ chiaro come i due aspetti non possano prescindere l’uno dall’altro, ed in
entrambe le direzioni, l’interesse e l’impegno all’interno dei paesi più
sviluppati siano sempre maggiori. Ma affinché si possano raggiungere
risultati positivi e profittevoli nelle diverse direzioni è fondamentale
innanzitutto conoscere le realtà con cui ci si confronta.
Con questo lavoro si ritiene di aver dato un piccolo contributo allo studio ed
alla conoscenza dell’economia brasiliana. L’economia di un paese
“emergente”, tra le più sviluppate in questo gruppo di paesi e nell’area
geografica cui appartiene.
Il Brasile è definito il “gigante” del Sud America, per le sue dimensioni,
l’ampiezza della popolazione, il peso della sua economia.
Dalla fine della seconda guerra mondiale ha migliorato costantemente le
proprie condizioni economiche, grazie allo sfruttamento delle immense
risorse naturali, ad una produzione agricola notevole per molto tempo unica
e fondamentale risorsa dell’economia, ma soprattutto attraverso un costante
sviluppo industriale che ha determinato un sistema produttivo ampio e
diversificato.
Tale processo di sviluppo è stato tuttavia caratterizzato anche da una
costante dipendenza del paese rispetto ai “centri” dell’economia mondiale e
si sono verificate molte delle condizioni tipiche dei paesi sottosviluppati.
Oltre ad una costante instabilità politica, da un punto di vista economico i
maggiori problemi erano ed in parte restano quello del debito estero e del
debito pubblico, l’instabilità monetaria e l’iperinflazione, la debolezza del
mercato dei capitali, l’assenza di sufficienti risorse interne
nell’investimento ed il divario tecnologico e di formazione. Una profonda
disuguaglianza nella distribuzione del reddito tra la popolazione e nella
distribuzione geografica della ricchezza hanno prodotto enormi sacche di
povertà, tanto che in quella che è l’economia più avanzata del continente,
anche in seguito alla crisi argentina, accreditata delle maggiori potenzialità
di sviluppo, circa il 34% della popolazione vive al di sotto della soglia di
povertà.
I notevoli contrasti che sono palesemente visibili, in ambito economico e
sociale, sono anche frutto dell’estrema eterogeneità della società brasiliana,
costituita da molteplici identità culturali ed etniche, territoriali, produttive.
Ci siamo occupati dell’economia brasiliana, ed in particolare dell’industria,
analizzandola da un punto di vista geografico e mettendo in risalto le
notevoli differenze e gli squilibri presenti, almeno nell’apparato produttivo
del paese.
L’industria e il sistema produttivo del paese sono stati l’oggetto
dell’indagine rappresentando ancora, nonostante la crescita impressionante
dei servizi nell’ultimo decennio anche in Brasile, il principale veicolo di
sviluppo dell’economia del paese, specie nelle aree più arretrate. Inoltra ci
ha spinti verso questa analisi la convinzione che notevoli siano le
interazioni tra l’attività imprenditoriale ed il territorio all’interno del quale
si sviluppa.
In un paese dunque dalle dimensioni del Brasile, data la presenza di tante
realtà locali dotate di caratteristiche peculiari, un’analisi territoriale è
sembrata quanto mai opportuna per comprendere il complesso sistema
produttivo e per cercare di identificare vie alternative allo sviluppo ancora
necessario nel paese. La crescita del secolo passato infatti, non ha portato
come abbiamo detto e come vedremo condizioni economiche e sociali
accettabili per tutti. Le politiche di intervento sono state spesso miopi verso
le necessità diverse di luoghi e sistemi socio-produttivi diversi.
Il decennio ’90 è stato ricco di profonde trasformazioni soprattutto in
ambito economico, ma anche in ambito politico, come sottolineato
dall’esito dalle elezioni presidenziali in ottobre.
Tra i molti mutamenti e traguardi positivi (ma anche negativi) che verranno
evidenziate nel corso del lavoro ci interessa sottolineare fin d’ora l’interesse
rivolto recentemente nel paese alle questioni regionali e di sviluppo locale,
trattate di seguito, come percorso alternativo di sviluppo.
Le esperienze internazionali in questo ambito, ed in particolare quella
italiana, sono dunque considerate da buona parte degli operatori sempre più
importanti e necessarie per il paese, parallelamente ed in modo
complementare ad altri interventi destinati ai nodi cruciali dello sviluppo.
In un percorso che conduce da un livello di analisi economica generale,
macroeconomico, si è passati ad un livello regionale, spostando poi l’unità
d’indagine verso una dimensione locale, cercando di mettere in evidenza i
principali modelli produttivi territoriali all’interno di un contesto
geograficamente sempre più delimitato, dai confini nazionali a quelli
regionali e delle unità federali che li compongono.
Nel primo capitolo si vuole così fornire un quadro ampio dell’industria
brasiliana e delle sue relazioni con l’andamento economico generale. Si è
ritenuto importante capire la struttura del sistema produttivo a livello
nazionale prima di affrontare le successive questioni territoriali.
Il secondo capitolo è dedicato alle dinamiche regionali dell’economia ed in
particolare del settore industriale di cui ci stiamo occupando. Emergono i
forti squilibri, in merito ai quali si è tentato di capirne le origini e le
tendenze più recenti. Da un punto di vista geografico l’economia brasiliana
è stata fortemente caratterizzata dalla concentrazione delle attività
produttive e i tentativi di ribaltare tale situazione non hanno prodotto ancora
oggi gli effetti desiderati.
La riduzione di tali squilibri, tra le altre priorità del sistema produttivo
brasiliano, come la creazione di occupazione e reddito, lo sviluppo
tecnologico, la competitività sui mercati internazionali e l’incremento delle
esportazioni, è un problema cui si cerca di dare una soluzione, ed il
contributo potrebbe essere notevole, anche attraverso politiche di sviluppo
locale.
A questa dimensione fa riferimento il terzo capitolo, in cui si individuano e
di descrivono i principali sistemi produttivi locali e i modelli con cui si
manifestano sul territorio. E’ rivolta particolare attenzione alla dimensione
d’ impresa, alla presenza di gruppi multinazionali, ed alle connessioni
sistemiche tra le imprese.
Uno studio di casi selezionati arricchisce l’analisi, utilizzando esempi
concreti per chiarire le principali problematiche.
Infine il quarto capitolo rappresenta una panoramica sulle recenti politiche
industriali, ponendo l’accento sulle politiche decentrate e di sviluppo locale,
oltre che su quelle a favore delle PMI e su iniziative di carattere nazionale
che influenzano tali aspetti.
CAPITOLO I
L’INDUSTRIA BRASILIANA: UN QUADRO
GENERALE
Obiettivo di questo primo capitolo è delineare in maniera il più possibile
chiara ed esauriente il processo di industrializzazione del Brasile, attraverso
una breve analisi storica, per giungere poi alla realtà attuale, considerando i
principali aspetti che definiscono la struttura industriale di un paese.
La produzione fisica, totale e settoriale, i mercati cui essa si rivolge, interno
o internazionale attraverso le esportazioni, sono i principali aspetti
attraverso i quali si è tentato di ricostruire un identikit dell’industria
brasiliana. Un quadro generale che vuole essere attendibile senza pretendere
di essere esaustivo, data la vastità dell’argomento; certamente un punto di
partenza fondamentale per poter svolgere le riflessioni cui sono dedicati i
successivi capitoli di questo lavoro.
1.1 Evoluzione storica.
Dall’inizio del periodo coloniale nel XVI sec. fino almeno alla fine del
1800 il Brasile fu un paese esclusivamente produttore ed esportatore di
pochi prodotti agricoli. Quasi totale era la dipendenza da prodotti
manufatturati stranieri ed anche da alcuni alimenti importati. Nell’analisi
del periodo coloniale può essere importante per comprendere la successiva
evoluzione economico-industriale del paese, mettere in evidenza una
differenza fondamentale tra la struttura produttiva del Brasile e le colonie
inglesi nell’America del Nord (Furtado, 1972). Gran parte di quest’ultime
erano costituite da piccole proprietà rurali, mentre l’agricoltura
d’esportazione del Brasile era dominata da grandi proprietà dedicate alla
monocultura. Come conseguenza, il reddito era distribuito in maniera molto
più uniforme nell’America del Nord che non in Brasile. Questo può
spiegare la comparsa di un grande mercato interno nell’America del Nord
che creò la base per l’iniziale sviluppo di un settore commerciale e
industriale indipendente. La limitata dimensione del mercato brasiliano
dovuta alla concentrazione della proprietà e del reddito servì invece a
mantenere stagnante la struttura economica del Brasile.
Verso la metà del XIX secolo i limitati tentativi di promuovere una
produzione manifatturiera furono vanificati dalla politica di porte aperte ai
beni stranieri del governo post indipendenza, con dazi all’importazione
molto bassi.
Bisogna attendere la fine del secolo e l’inizio di quello successivo perché si
possa assistere ad un primo significativo sviluppo industriale del paese.
Tra il 1885 e il 1905 ad esempio, i dati testimoniano un aumento superiore a
dieci volte nella produzione di tessuti di cotone, e quasi il doppio della
produzione nei dieci anni seguenti. Immediatamente prima del 1914 la
produzione di tessuti già copriva l’ 85% dei consumi del paese. La
produzione di abbigliamento, calzature, bevande e tabacco nel 1912
raggiunge il 40% della produzione del ’29 (Villela e Suzigan, 1973).
Indicatori di formazione di capitale, crebbero ininterrottamente fino al
1914: il consumo di cemento aumentò di 12 volte (da 37.300 t nel 1901, a
465.300 t nel 1913), il consumo di acciaio aumentò più di otto volte (da
69.300 a 589 mila tonnellate) e l’importazione di beni capitali quasi
quadruplicò nello stesso periodo
1
.
1
VILLELA, op cit.
Si avvia dunque in questi decenni un vero processo di industrializzazione,
processo cioè attraverso il quale il settore industriale prevale sugli altri nella
formazione della ricchezza di un paese e diventa trainante per l’economia
intera, che si può considerare compiuto tra gli anni ’30 e ’40.
Seguire cronologicamente tutte le varie tappe dell’industrializzazione del
paese unitamente alle vicende macroeconomiche e politiche che le hanno
determinate sarebbe da qui in avanti molto interessante, quanto lungo ed in
parte fuorviante, si correrebbe infatti il rischio di iniziare una storia
dell’industria o un tentativo di storia economica allontanandosi troppo
dall’obiettivo principale di questo capitolo.
Mi limiterò dunque ad una analisi dell’evoluzione dell’industria attraverso
alcuni dati principali, con rapidi cenni ai contesti storico-economici che li
hanno determinati.
Il Grafico 1.1 rappresenta le linee generali della trasformazione di lungo
periodo dell’industria e dell’economia brasiliana ne XX secolo.
La crescita dell’industria a tassi superiori a quelli dell’agricoltura è già
visibile a partire dalla fine del primo decennio di questo secolo. Di fatto tra
il 1908 e il 1928 l’industria crebbe a un tasso medio annuo del 6,8%,
mentre l’agricoltura ad un tasso del 3,9%. La crescita del PIL nello stesso
periodo è del 5,1% o di circa 2,9% in termini pro capite.
Grafico 1.1 Tendenze di lungo periodo della produzione brasiliana. Indici di
prodotto reale: Pil, agricoltura, industria, 1900/1995.
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Industria Pil Agricoltura
Fonte: Bonelli (1998)
All’inizio degli anni ’30 la curva della produzione industriale si dirige verso
l’alto, indicando un’accelerazione del tasso di crescita, specie dalla metà del
decennio, appena sporadicamente interrotta dalla Seconda Guerra Mondiale
e a metà degli anni ’50: tra il 1932 ed il 1962 il tasso di crescita medio
annuo dell’industria raggiunge il 9,1%. Nello stesso periodo la produzione
agricola è del 3,7% medio, praticamente lo stesso tasso del subperiodo
precedente. Già il PIL riflette più da vicino il risultato dell’industria, il cui
peso sul totale aumenta sensibilmente nel tempo: il tasso medio di crescita
annuale arriva a 6,4%, aumentando rispetto al periodo anteriore grazie al
risultato dell’industria. Gli anni della Grande Depressione e la seconda metà
degli anni ’50, si sono rivelati fondamentali per l’affermarsi dell’industria,
in larga parte in conseguenza all’attuazione di una politica di sostituzione
delle importazioni (ISI: Import substitution industrialization) adottata come
scelta obbligata e quasi inconsapevole negli anni ’30 per difendersi dalla
crisi mondiale, diventata politica lucida e lungimirante negli anni ’50,
quando si verifica il maggiore ribasso negli indici d’importazione, anche e
finalmente per ciò che riguarda i beni capitali. Attraverso questo modello, si
vuole creare e proteggere un industria nazionale autonoma , limitando le
importazioni a beni, il più spesso industriali e strumentali o altamente
tecnologici, non producibili internamente.
Tabella 1.1. Le importazioni come percentuale del fabbisogno, 1949/1966.
1949 1955 1960 1962 1965 1966
Beni Industriali 59,0 43,2 23,4 12,9 8,2 13,7
Beni Strumentali 25,9 17,9 11,9 8,9 6,3 6,8
Beni di Consumo 10,0 12,2 4,5 1,1 1,2 1,6
Fonte: Programa Estrategico de Desenvolvimento, 1968-70. Estudio Especial, Rio de Janeiro,
Ministerio do Planejamento e Coordenação Geral, Janeiro 1969.
Tornando al grafico precedente si può notare un’ altra flessione positiva
sulla curva della produzione industriale - e, per estensione del PIL – per un
periodo di tempo relativamente breve, tra il 1967 e il 1973. E’ l’epoca del
cosiddetto “miracolo economico brasiliano”, quando la produzione
dell’industria crebbe il 13,3% e il PIL, 11,9% in media per anno. Sono anni
di grandi cambiamenti socio-economici per il Brasile. Il nuovo regime
stabilitosi nel 1964 fa dello sviluppo industriale una questione centrale per
l’economia e per il prestigio, notevole è la nuova importanza attribuita
all’industria pesante, e notevoli diventano gli impegni assunti dallo stato
nell’economia, nascono le grandi compagnie pubbliche e si aprono le porte
alle multinazionali. La crescita continua per tutti gli anni ’70, seppur
finanziata con grande indebitamento.
Gli anni ’80 invece registrano un disimpegno che è totalmente atipico nella
tendenza di crescita di lungo periodo. Tra il 1980 e il 1990 la produzione
industriale è scesa del 2%, quando il PIL aumentava del 16,8% : cioè in
media 1,56% annuo o circa –0,6% in termini pro capite. Il tasso di crescita
dell’agricoltura è anche diminuito nel decennio ’80 in relazione alla
tendenza storica, facendo registrare un 2,4% annuo.
Ancora negli anni ’90, a fronte di un modesto recupero nella crescita,
richiama l’attenzione l’immobilità della crescita agricola.
La Tabella 2.1 permette la comparazione dell’andamento dei settori e del
PIL per decenni, denotandosi il pessimo risultato dell’industria – e, per
estensione del PIL – negli anni ’80 e, in minor misura negli anni ’90, a
confronto con tutti gli altri decenni del secolo.
Tabella 2.1. Tasso medio annuo di crescita del Pil, dell’agricoltura e dell’industria
per decenni, 1900/2000. (%)
Periodo PIL Agricoltura Industria
1900/10 4,2 3,0 5,5
1910/20 4,2 3,8 6,2
1920/30 4,5 3,9 3,8
1930/40 4,4 2,4 7,5
1940/50 5,9 3,1 9,0
1950/60 7,4 4,4 9,1
1960/70 6,2 4,4 6,9
1970/80 8,6 4,7 9,0
1980/90 1,6 2,4 -0,2
1990/00 2,5 2,3 1,9
Fonte: IBGE (1989) e Contas Nacionais do Brasil (1991); IPEA (2001).
Un fatto rilevante che deve essere considerato si riferisce al modello di
crescita degli anni ’90. I tassi di crescita del periodo 1990/97 rappresentano
una notevole ripresa rispetto al decennio anteriore, soprattutto nel caso
dell’industria, con una performance che resta tuttavia al di sotto di quelle
osservate per tutto il dopo guerra. Sappiamo però che questo decennio è
caratterizzato da subperiodi diversi in termini di crescita economica. Tra il
1990 ed il 1993 il clima recessivo attraversato dall’economia determinò un
tasso di crescita del PIL di appena 1,2% annuo (tasso questo che fu dello
0,3% per l’industria e del 2,3% per l’agricoltura). Nel secondo subperiodo
(1993/97), il PIL aumentò in maniera ben maggiore, raggiungendo un tasso
di crescita di poco superiore al 4,4% medio annuo (tasso di 3,8% per
l’industria e 6% per l’agricoltura). Sembrano essere questi i temporanei
buoni risultati conseguenti il Piano Real varato nel 1994 dal Presidente
Fernando Henrique Cardoso.
Tuttavia ancora negativi sono stati i risultati del 1998 e del 1999 in termini
di PIL: il bassissimo tasso di crescita è stato rispettivamente di 0,2% e
0,8%, mentre una nuova buona performance si è rivelata quella del 2000 ed
in parte quella del 2001. Ma gli sviluppi più recenti saranno affrontati più
nel dettaglio nel paragrafo sucessivo.
Altro fattore di estrema importanza è il comportamento del settore dei
servizi durante gli anni ’90. Tra il 1980 e il 1990 i servizi sono cresciuti ad
un tasso del 2,8% medio annuo, rivelando una performance migliore
rispetto all’industria (anche se ancora inferiore a quella dell’agricoltura).
All’interno del settore stesso si denota un rallentamento in ambito
finanziario che era cresciuto già del 34% tra il 1980 ed il 1990, mentre
notevole è l’incremento del segmento delle telecomunicazioni, come in
molte economie nel mondo, che cresce del 120% tra il 1990 ed il 1996.
In una visione retrospettiva di lungo periodo, questa dinamica intersettoriale
può essere anche osservata dal Grafico 2.1.
2
Si vede che nei primi anni del
secolo la partecipazione dell’industria al PIL è appena del 10%, mentre
l’agricoltura rappresenta dal 36 al 38%, e gli altri settori dal 52 al 54% del
2
La voce “altri” include tutto il settore terziario (commercio, servizi, trasporti, comunicazioni ed
intermediari finanziari) più le costruzioni civili, il settore estrattivo minerale e iservizi industriali
di utilità pubblica.
totale. Si vede anche come la partecipazione dell’industria al PIL supera
quella dell’agricoltura subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Grafico 2.1. Struttura del Pil: agricoltura, industria e altri settori (1900/1990).
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%
Agricoltura Industria Altri
Fonte: Bonelli (1998).
Simultaneamente alle trasformazioni nella struttura aggregata
dell’economia, si sono verificate profonde trasformazioni intra-industria,
come dimostrano i dati della Tabella 3.1. Seguendo la classificazione di
Bonelli (1998), i generi sono raggruppati in tre gruppi. Il primo è quello
delle industrie cosiddette “Tradizionali”, comprendente quelle di
formazione più antica, in genere produttrici di beni di consumo non
durevoli, con presenza significativa ad esempio, del tessile e
dell’alimentare. Il secondo gruppo è detto dei generi “Dinamici A”,
comprendente beni intermedi “moderni” (dell’industria metallurgica,
chimica, della plastica, dei materiali da costruzione, della carta e della
gomma). Il terzo è detto dei “Dinamici B” cui appartiene la produzione di
beni capitali e della maggior parte dei beni di consumo durevoli, il
cosiddetto complesso metalmeccanico.
Tabella 3.1. Struttura della produzione industriale brasiliana, anni selezionati. (%)
Generi e gruppi 1920 1940 1950 1960 1970 1975 1980 1985 1990
Tradizionali 89,67 79,65 74,05 56,19 48,09 34,07 35,15 35,64 39,06
Legno 4,04 2,41 3,39 2,64 2,29 2,21 2,05 1,19 1,01
Mobilio 1,27 1,38 1,66 1,84 1,78 1,55 1,49 1,16 0,99
Cuoio e pelli 2,35 1,95 1,52 1,08 0,66 0,49 0,49 0,60 0,53
Farmaceutico 0,76 1,44 1,93 1,95 2,14 1,53 1,11 1,15 1,18
Profumeria 2,52 1,77 1,73 1,52 1,39 1,02 0,82 0,84 0,79
Tessile 25,20 20,61 18,69 12,54 9,29 10,85 6,50 5,77 5,23
Abbigliamento 7,70 6,20 4,34 3,41 3,38 3,48 3,90 4,34 4,09
Alimentare 37,35 36,17 32,02 24,15 20,21 16,36 14,05 15,81 18,81
Bevande 4,40 2,24 3,13 2,37 1,88 1,28 1,07 1,06 1,15
Tabacco 3,34 1,53 1,38 1,12 0,96 0,79 0,55 0,60 0,61
Editoria -- 3,15 2,83 2,28 2,52 2,20 1,63 1,32 2,39
Diversi 0,74 0,80 1,43 1,29 1,59 1,31 1,49 1,80 2,28
Dinamici A 9,06 16,13 21,09 30,19 33,32 43,78 43,96 44,28 43,10
Minerali non
metallici
2,55 3,52 4,51 4,52 4,17 4,06 4,25 3,02 2,92
Metallurgia 3,18 5,41 7,60 10,53 12,47 13,46 13,9 13,99 13,12
Carta 1,19 2,11 1,99 2,97 2,44 2,37 2,72 2,81 2,82
Gomma 0,12 0,50 1,61 2,53 1,70 1,62 1,52 1,66 1,67
Chimica 2,02 4,59 5,18 8,96 10,89 15,5 19,52 20,88 20,92
Plastica -- -- 0,20 0,68 1,65 6,77 2,05 1,92 1,65
Dinamici B 1,27 4,24 5,31 13,62 18,61 22,15 20,89 20,08 17,82
Meccanica 0,07 0,91 1,60 2,85 5,70 8,02 7,69 6,85 5,99
Materiale
elettrico
-- 0,79 1,40 3,98 4,71 5,06 5,26 5,80 5,38
Mezzi di
Trasporto
1,20 2,54 2,31 6,79 8,20 9,07 7,94 7,43 6,45
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Bonelli (1996) e UNIDO (1997).
Si nota la riduzione nella partecipazione alla produzione di quasi tutti i
generi del gruppo delle industrie tradizionali lungo il tempo, fino a metà
degli anni ’70. La produzione degli anni ’20 è dominata da un’industria
leggera, ma in misura minore anche quella degli anni ’40 e ’50.