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INTRODUZIONE
Il petrolio ha avuto un ruolo unico e fondamentale nello sviluppo
dell’economia moderna e la definizione di “oro nero” evoca
significativamente questo ruolo. L’energia prodotta da tale materia prima
ha consentito uno sviluppo senza precedenti dell’industria, del commercio
e dell’agricoltura e nessun’altra risorsa è stata cosi importante nel
determinare il destino di intere nazioni. Ancora oggi il petrolio è la
principale fonte di energia a livello internazionale; secondo il più recente
rapporto IEA (International Energy Agency, 2015) il 37% dell’energia
elettrica prodotta a livello internazionale è riconducibile a fonti petrolifere.
Ad una delle più decantate fonti di energia rinnovabili, il solare, viene
attribuito non più dello 0.6% della produzione complessiva.
Il settore dei trasporti assorbe una percentuale elevata (circa il 50%) del
petrolio prodotto. Le materie plastiche, le vernici, i tessuti sintetici, i
coloranti, ma anche medicinali, colle, esplosivi sono sintetizzati partendo
da derivati del petrolio.
Tali riflessioni rendono evidente perché la comprensione delle variabili che
influenzano il prezzo del petrolio sui mercati internazionali sia una delle
principali questioni all’attenzione di analisti, studiosi e operatori di
mercato. L’importanza di comprendere le caratteristiche sottostanti alla
formazione dei prezzi dei mercati petroliferi risiede nel fatto che da essi ne
scaturiscono effetti destinati a interessare un pubblico ben più vasto
rispetto alle società direttamente coinvolte negli scambi. Le variazioni dei
prezzi infatti si ripercuotono sia sulle popolazioni che traggono profitto dal
suo sfruttamento sia su quelle che hanno necessità di acquistarne i
preziosi derivati. I cittadini vedono periodicamente il proprio potere
d’acquisto aumentare o diminuire a seconda dell’altalena delle quotazioni
del greggio. Cosi, ad esempio, un aumento del prezzo del petrolio si
traduce in una serie di eventi a catena in grado di influenzare le quotazioni
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dell’euro e del dollaro, la bilancia commerciale, l’inflazione, il tasso di
disoccupazione ecc.
Da anni ormai il prezzo del petrolio sembra essere fuori controllo e
caratterizzato da andamenti imprevedibili. È chiaro che affrontare il
problema non è agevole, se non altro per il sovrapporsi di aspetti politici,
tecnici ed economici che rendono difficile costruire un unico modello
teorico in grado di spiegare e prevedere l’evoluzione dei prezzi. Allo stesso
tempo è tuttavia certo che fenomeni assai complessi non possono trovare
spiegazione attraverso affermazioni semplicistiche come <dipende
dall’OPEC>, o la non meno astratta <è il mercato>.
L’obiettivo del lavoro che si presenta è quello di comprendere i principali
modelli economici utilizzabili per spiegare i movimenti del prezzo del
petrolio, potendo cosi valutare il recente crollo dello stesso. Si procederà
inoltre all’analisi delle principali conseguenze macroeconomiche di tale
fenomeno, che ovviamente saranno assai diverse nei paesi produttori ed
esportatori.
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CAPITOLO 1 – IL SETTORE PETROLIFERO
1.1. Petrolio: nozioni e concetti chiave
Il petrolio (dal termine latino petroleum, “olio di roccia”) è una miscela
naturale di idrocarburi (composti organici costituiti da carbonio e
idrogeno) collocata al di sotto della crosta terrestre. Il termine greggio
viene utilizzato con riferimento al petrolio così come viene estratto dai
giacimenti, cioè prima di subire qualsiasi trattamento volto a trasformarlo
in prodotti derivati.
La maggior parte delle riserve correnti si sono formate 90 e 150 milioni di
anni fa, durante due ere di riscaldamento globale. Il materiale biologico
necessario per la formazione del petrolio è costituito da organismi
unicellulari vegetali e animali che, rimasti intrappolati nel sottosuolo,
vengono trasformati in cherogene attraverso una serie di processi chimici
e biologici. In seguito, grazie al continuo accumulo di sedimenti e
all’incremento della pressione sovrastante, si verifica l’aumento della
temperatura necessario per la trasformazione del cherogene in petrolio.
Una volta formatasi, grazie alla sua bassa densità, il greggio può spostarsi
verso l’alto attraverso i pori presenti nelle rocce. È cosi possibile che lo
stesso rimanga intrappolato al di sotto di rocce impermeabili, creando una
zona di accumulo nota con il nome di resevoir. In altre parole, esso risulta
intrappolato all’interno di questa cavità e la sua estrazione richiede precise
e rilevanti competenze ingegneristiche e geologiche.
La produzione e lavorazione del greggio può essere analizzata attraverso 5
fasi fondamentali:
I. ricerca
II. estrazione
III. trasporto
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IV. raffinazione
V. distribuzione
L’importanza economica dell’olio nero è riconducibile alla possibilità di
trasformare tale materia prima, durante la fase di raffinazione, in una
moltitudine di prodotti derivati come oli combustibili, kerosene, gas
liquefatti, gasoli, benzine, paraffine e bitumi.
È fondamentale comprendere come il petrolio non sia tutto uguale in
quanto esistono diverse varietà di greggio. In particolare esso viene
analizzato e distinto sulla base di due caratteristiche fondamentali: la
densità e il contenuto di zolfo. La densità è misurata in gradi API
(American Petroleum Insitute) e permette, ad esempio, di distinguere i
greggi pesanti (da 10° a 25°) da quelli medi e leggeri (da 26° a 40°). In
base al contenuto di zolfo, si possono invece distinguere i greggi sweet (se
la percentuale di zolfo è inferiore allo 0.5%), medium sour (se la
percentuale è compresa tra 0.5 e l’1.5%) e sour (se la percentuale è
superiore all’1.5%).
1.2 Breve excursus storico
Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il petrolio caratterizza la storia
dell’umanità da diversi secoli. Cosi, ad esempio, nell’Iliade di Omero il
petrolio viene descritto come un fuoco perenne che veniva lanciato contro
le navi greche. Successivamente, in Occidente, venne utilizzato nei
principali centri termali come un prodotto dalle proprietà terapeutiche.
Nel 1850, in Pennsylvania, venne inaugurato il primo pozzo petrolifero;
l’affarista americano J.D Rockefeller intuì gli enormi profitti derivanti dalla
vendita dell’oro nero e fondò la prima compagnia petrolifera dell’epoca
moderna, la Standard Oil. L’industria petrolifera tuttavia ebbe un ruolo
relativamente marginale fino agli inizi del XX secolo quando l’invenzione
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del motore a scoppio diede il via ad una crescita della domanda senza
apparente fine. Durante la prima guerra mondiale, l’introduzione dei carri
armati alimentati a benzina rese per la prima volta evidente l’importanza
strategica del controllo delle riserve di petrolio. Fu però la seconda guerra
mondiale a determinare un’esplosione della domanda senza precedenti. È
opinione diffusa (Cleveland, 2009) che proprio il controllo dell’86% delle
riserve di petrolio internazionali fu un fattore chiave nel rendere possibile
la vittoria dei paesi Alleati.
La storia del settore è soprattutto caratterizzata da due gravi crisi
energetiche. Nel 1973, in seguito all’offensiva di Siria ed Egitto contro
Israele, i paesi arabi dell’OPEC introdussero una serie di misure con la
finalità ultima di ammonire l’Occidente di non intervenire a favore di
Israele. Il prezzo dell’Arabian Light venne aumentato del 70% da 3.01 a
5.12 $/bbl e al contempo decisero di:
I bloccare le esportazioni verso Stati Uniti e Olanda (colpevoli di
aver supportato Israele).
II ridurre la produzione complessiva di petrolio.
Il governo italiano fu cosi costretto ad implementare un piano di austerity
energetica e vietò, ad esempio, l’utilizzo dell’automobile di domenica.
Il modello economico più utilizzato per spiegare tale crisi è quello del
cartello di mercato; in altre parole, l’OPEC, in virtù del suo potere di
mercato, avrebbe sospinto i prezzi al di sopra dei livelli concorrenziali.
Come vedremo nel capitolo successivo, la situazione è ben più complessa.
Nella metà degli anni ’70 il mercato petrolifero sembrò ritrovare una certa
stabilità nei prezzi; questa situazione venne però sconvolta nel 1979 a
causa di due eventi che sconvolsero il Medio Oriente. Il governo filo-
occidentale iraniano dello scià Pahlavi venne rovesciato da una rivoluzione
sciita. Il leader iracheno Saddam Hussein, all’epoca a capo di un governo
promotore della collaborazione tra sciiti e sunniti, temendo una rivoluzione
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simile, attaccò l’Iran al fine di destabilizzarne il regime. Tale crisi politica
determinò una riduzione della produzione di petrolio e il blocco delle
esportazioni, il prezzo del greggio aumentò di quasi il 150%.
La prima metà degli anni ’80 fu invece caratterizzata dal così detto contro-
shock e da un crollo nelle quotazioni dell’oro nero. Ciò fu possibile grazie
ad una serie di eventi e fenomeni concomitanti, tra cui:
I. un progresso tecnologica che determinò un rilevante incremento
dell’efficienza energetica.
II. una domanda stagnate e un aumento dell’offerta attraverso
l’ingresso sul mercato di una nuova produzione non-OPEC.
Gli anni ’90 in particolare sono ricordati come anni di euforia in cui il boom
dell’high-tech diffuse l’idea che il petrolio non fosse altro che una
commodity come tutte le altre. L’offerta superò la domanda, i prezzi
diminuirono fino al minimo storico di 10$/bbl alla fine del 1998.
Malgrado tali previsioni, l’OPEC riuscì a rinascere dalle sue ceneri e,
ottenuta la collaborazione di produttori non OPEC (come Russia e
Norvegia), venne promosso un rilevante taglio della produzione a partire
dal marzo del 1999. Negli anni successivi si aggiunsero altri fattori come
la crescita della domanda nei paesi in via di sviluppo, la minaccia alla
sicurezza globale e diversi problemi politici nei paesi produttori. A partire
dalla guerra in Iraq, ebbe origine una crescita del prezzo senza fine sino al
record di 145$/bbl toccato nel luglio 2008. Le quotazioni crollarono a
70$/bbl nel 2009 a causa della grave recessione economica mondiale ma
il prezzo si ristabilì saldamente sopra i 90$/bbl tra il 2010 e il 2013 a
cause di diversi eventi di natura economica, politica e finanziaria. Gli
ultimi due anni si contraddistinguono per un crollo del prezzo del petrolio
superiore al 60%, esamineremo in seguito le cause sottostanti allo stesso.
Nonostante tutto, il business del petrolio rimane oggi di gran lunga il
primo business mondiale a livello di fatturato (Detomasi, 2015).