sottolineando come ognuno di loro sia portatore di bisogni, debolezze e potenzialità
specifiche.
Nel primo capitolo verranno mostrate le problematiche generali attinenti alla
migrazione minorile, e si identificheranno precisamente i minori stranieri non accom-
pagnati. Nei capitoli seguenti, si cercherà di capire cosa spinge un ragazzo ad affrontare
un viaggio spesso lungo e difficile lasciando una terra a lui nota per andare verso una
meta spesso molto lontana dal paese in cui è nato, sia culturalmente che geograficamen-
te. Verrà raccontato cosa caratterizza il suo viaggio, quali sono le modalità attraverso le
quali riesce a lasciare il proprio paese.
Infine, si mostreranno le peculiarità attinenti al suo arrivo a destinazione. Si spieghe-
ranno quali sono le principali problematiche che un ragazzo deve affrontare, solo in
terra straniera e quali sono le soluzioni adottate dal paese meta del suo lungo viaggio, in
particolare l’Italia, per rispondere al fenomeno della migrazione minorile e ai particolari
bisogni dei minori stranieri non accompagnati.
Inoltre, la ricerca da me condotta è un mezzo utile per approfondire il fenomeno
facendosi raccontare proprio da loro, i minori stranieri non accompagnati, la loro storia.
v
1
Giovani migranti: il minore straniero
non accompagnato
1.1 Minori migranti
1.1.1 Il fenomeno della migrazione minorile
Il fenomeno dell’immigrazione caratterizza da sempre la storia dell’umanità ed incide
sul piano storico, culturale, demografico e religioso di tutte le società.
Gli emigranti lasciano un mondo noto dirigendosi verso un altro che non possono
ancora visualizzare concretamente. La migrazione è allo stesso tempo esperienza reale,
composta di viaggio, navi, aerei, sensazioni visive ed olfattive ed esperienza simbolica,
perché chi viaggia lascia dietro di sé qualcosa ed altro porta con sé.
1
Nella società
odierna ha assunto una rilevanza sempre maggiore sia dal punto di vista quantitativo che
da quello più prettamente sociale.
Secondo i dati dell’ ISTAT al 1° gennaio 2005 gli stranieri residenti in Italia sono
2.402.157 (1.226.712 maschi e 1.175.445 femmine) e, rispetto all’anno precedente, gli
iscritti in anagrafe aumentano di 411.998 unità (+20,7%). Gli stranieri rappresentano il
4,1% della popolazione complessiva ed il loro numero tende a farsi sempre più
consistente.
1
G. Favaro, T. Colombo, I bambini della nostalgia, Arnoldo Mondatori Editore, Milano, 1993
1
Non è, però, certamente possibile valutare la quantità degli stranieri presenti in Italia
facendo riferimento solamente a quelli residenti e regolari. Esiste un “campo oscuro”
composto da coloro che vivono in una situazione di clandestinità. Questi ultimi
sfuggono a qualsiasi tipo di censimento e di statistica, è difficile determinare quanti
siano e quali siano le loro caratteristiche, frequentemente lavorano irregolarmente ed è
pressoché impossibile provvedere affinché siano tutelati in modo adeguato dallo Stato.
Spesso, il termine “immigrato” viene utilizzato in modo troppo generale. Si
riconducono ad esso condizioni molto eterogenee ma diverse sono le motivazioni, le
storie di vita e le età degli individui che lasciano la propria terra e si apprestano ad
affrontare un viaggio che li porterà in un luogo più o meno sconosciuto.
Dall’inizio degli anni ’80, l’arrivo degli stranieri in Italia è progressivamente cresciuto:
molte persone arrivano scappando dalla fame o in cerca di un futuro migliore. Questo è
un fenomeno che coinvolge anche moltissimi minorenni.
2
Inizialmente l’attenzione è stata posta sui figli di genitori immigrati e sulle
problematiche relative alla loro regolarizzazione. Con il secondo rapporto sulla
condizione dei minori in Italia del Consiglio Nazionale dei Minori (Cospes 1990) si è
registrato il fenomeno e sono emerse le prime proposte per delineare le particolarità
della loro condizione, che si differenzia rispetto a quella dei minori italiani.
3
E’ sorta
l’idea che i minori stranieri presentino bisogni specifici e nello stesso tempo assumano
un ruolo determinante: diventano protagonisti del cambiamento della nostra società.
4
2
Editoriale, La condizione dei bambini stranieri in Italia, Minorigiustizia, n.3, 1999
3
G. Petti, Il male minore: la tutela dei minori stranieri come esclusione, Ombre Corte, Verona, 2004
4
Idem
2
La maggior parte dei bambini stranieri arriva al seguito dei familiari ed il viaggio è stato
progettato con cura, in altri casi la partenza è una vera e propria fuga dal paese di
origine, fra pericoli ed imprevisti, da situazioni di guerra e di miseria.
5
Ci sono anche
moltissimi minori, precocemente adultizzati, che si muovono alla ricerca di fortuna,
spinti dalle loro stesse famiglie.
Al termine “minore straniero” possiamo ricondurre diverse categorie di bambini e
ragazzi immigrati.
Al fine di fare una maggiore chiarezza è opportuno distinguere tra queste diverse
condizioni ed individuare tre grandi tipologie di minori stranieri:
6
1. Minori stranieri accompagnati: sono così definiti i minori nati in Italia, oppure
entrati in Italia con uno o entrambi i genitori, o attraverso il ricongiungimento
familiare per coesione familiare, presenti con genitori irregolari sul territorio
nazionale, oppure adottati.
2. Minori stranieri accolti: sono così definiti i minori non aventi cittadinanza
italiana o di altri stati dell'Unione europea, di età superiore a sei anni, entrati in
Italia nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi
da enti, associazioni, o famiglie.
3. Minori stranieri non accompagnati: sono così definiti i minori non aventi
cittadinanza italiana o di altri stati dell'Unione europea che, non avendo
presentato domanda di asilo, si trovano per qualsiasi causa nel territorio dello
stato privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per
loro legalmente responsabili.
7
In tutti questi casi l’evento migratorio, il distacco dal paese d’origine e l’inserimento in
un contesto diverso da quello in cui si è nati, incide in modo rilevante su più dimensioni
5
G. Favaro, T. Colombo, Idem
6
http://dex1.tsd.unifi.it/altrodir/adirmigranti/index.htm
7
Molti enti definiscono il “minore straniero non accompagnato” senza distinguere tra chi richiede asilo e
chi non lo fa.
3
della vita di un individuo in crescita e costituisce un problema centrale che non si può
eludere.
Spesso, le politiche sociali si sono dimostrate carenti nell’affrontare il fenomeno
dell’immigrazione minorile che desta un crescente allarme sociale, sia per le sue
dimensioni che per le sue caratteristiche. Cresce, per questi motivi, l’esigenza di
affrontare e prevenire in modo programmatico il disagio dei giovani stranieri e le
situazioni di emergenza in cui si possono trovare i minori.
8
Oltre all’attenzione data alla dimensione quantitativa della presenza dei minori stranieri
presenti in Italia bisogna riconoscere che, a questi movimenti migratori, si
accompagnano importanti problematiche che incidono sul benessere del minore
straniero. Le peculiarità del progetto migratorio, le eventuali condizioni disagiate in cui
un minore si trova, sicuramente, influiscono in modo rilevante. E’, però, importante
sottolineare come vi siano degli elementi, insiti nel fenomeno della migrazione
minorile, che determinano delle problematiche e delle specificità comuni a qualsiasi
minore migrante.
Accanto ai compiti evolutivi appartenenti a tutti i coetanei, ai ragazzi stranieri ne sono
richiesti altri concomitanti e più specifici: inserirsi nel nuovo contesto senza creare
troppe discontinuità nel sentimento di identità personale; imparare una nuova lingua e
un nuovo modo di conoscere la realtà; ricercare un inedito orientamento nello spazio e
nel tempo; costruire un equilibrio tra le aspettative dei diversi contesti di vita -scuola,
famiglia attuale, famiglia allargata, coetanei- spesso divergenti e conflittuali; far fronte a
forme di rifiuto, esclusione e stigmatizzazione senza soccombere; gestire l’ambivalenza
emotiva determinata dall’incerta appartenenza al paese d’origine e a quello
d’immigrazione; gestire conflitti familiari e intergenerazionali determinati dal confronto
tra mondi valoriali diversi; affermare la propria identità contrastando le ambivalenti
pressioni esterne e, infine, progettare il futuro senza farsi sommergere dalle difficoltà
del presente.
9
Per questi motivi, per la definizione del benessere del bambino immigrato, non è
sufficiente prendere in considerazione solo indicatori di base quali il tasso di mortalità
infantile, la percentuale di minori malnutriti e il loro livello di istruzione primaria.
8
G. Petti, idem
9
P. Bastianoni, La scuola in una società multiculturale: lo straniero tra rischi e risorse, in AA.VV.,
“Scuola e immigrazione”, Ed. Unicopli, Milano, 2001
4
Occorre fare riferimento all’insieme dei fattori che favoriscono lo sviluppo fisico,
psicologico, sociale e culturale dei giovani stranieri.
10
1.1.2 L’evento migratorio: il minore straniero tra vulnerabilità e potenzialità
Il viaggio che compie il bambino che emigra presenta i rischi e le potenzialità di un
percorso iniziatico.
Tobie Nathan e M. Rose Moro
11
paragonano la fragilità del minore migrante a quella
dei bambini “esposti” ai pericoli di un ambiente ostile. In particolare richiamano il mito
greco di Perseo che venne affidato insieme alla madre alle onde del mare dentro una
cesta di legno. L’involucro di legno è tutto ciò che Perseo ha per proteggersi dalla
violenza dei flutti. La fragile imbarcazione finisce sulle coste di un’isola dove i due
naufraghi vengono salvati ed iniziano una nuova vita.
12
L’immigrazione riferita all’infanzia è intrinsecamente legata al processo
dell’emigrazione. Il bambino conosce il distacco violento dalla sua condizione
d’origine, dai suoi spazi familiari e sociali e può avere profonde difficoltà a collocarsi in
un contesto tutto nuovo.
13
I vissuti di perdita e sentimenti nostalgici accompagnano
molto spesso il viaggio di migrazione di bambini e ragazzi. Molti di loro lo vivono,
almeno in un primo momento, come un trauma e si sentono disorientati nell’avvicinarsi
ad un mondo del tutto nuovo per loro. La migrazione è un evento faticoso che segna in
maniera profonda la loro storia personale.
14
L’esperienza della migrazione può tradursi nel vissuto di una parte dei bambini e dei
ragazzi in una condizione di vulnerabilità psicologica. Ciò sta ad indicare che vi è il
rischio di uno stato di minore resistenza a fattori nocivi che provoca una significativa
disfunzione nel funzionamento psichico del bambino. “Una variazione, interna od
esterna, del funzionamento psichico del bambino vulnerabile è tale da provocare una
disfunzione, un dolore intenso, un arresto o lo sviluppo minimo delle sue potenzialità.
Questa fragilità si manifesta sul piano psicologico attraverso sensibilità o debolezze,
10
Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali, Integrazione e identità dei minori immigrati
11
M.R. Moro, T. Nathan, Le bébé migrateur, PUF, Paris, 1988
12
G. Favaro, T. Colombo, Idem
13
G.Favaro, T. Colombo, Idem
14
AA. VV., Come un pesce fuor d’acqua. Il disagio nascosto dei bambini e dei ragazzi immigrati, a cura
di Graziella Favaro e Monica Napoli, Guerrini e associati, Milano, 2002
5
reali o latenti, immediate o differite, stagnanti o esplosive” (M. Rose Moro, 2001).
15
La
vulnerabilità è un concetto dinamico poiché è correlato al grado di sviluppo del minore.
E’ possibile notare come in alcuni momenti della vita del bambino la migrazione agisce
da fattore di rischio. Tre sono i principali momenti critici: la prima infanzia, l’ingresso
nella scuola e l’adolescenza.
16
1. La prima infanzia: le difficoltà di una madre immigrata che si ritrova a stare
spesso da sola ed isolata si riflettono nel rapporto che ha con il suo bambino. E’
possibile che, da parte della madre, si manifestino episodi depressivi che
incidono sulle pratiche di accudimento del figlio. Spesso accade anche che, a
causa di improrogabili impegni di lavoro, le donne immigrate siano impossibi-
litate a prendersi cura del bambino e lo affidino alla famiglia allargata che
risiede nella loro terra d’origine per poi richiamarlo in Italia dopo qualche anno.
Questi episodi di distacco e ricongiungimento del bambino con i genitori
agiscono come ulteriori fattori di rischio.
2. L’ingresso nella scuola: quando il bambino inizia ad andare a scuola impara a
scrivere e a leggere in una lingua differente da quella della sua terra d’origine. Il
minore si trova anche a sperimentarsi in rapporti con coetanei ed insegnanti che
seguono regole e modelli relazionali spesso differenti da quelli proposti dalla sua
cultura. Questi elementi di discontinuità lo portano a far emergere le fragilità e
pongono sfide e ostacoli difficili da superare.
3. L’adolescenza: in questa fase di vita l’individuo è chiamato ad affrontare il
compito dell’acquisizione di una identità propria distaccandosi dai riferimenti
familiari ma nello stesso tempo mantenendo i propri ancoraggi. L’adolescente
straniero si confronta con contesti molteplici e differenti ed è segnato da sen-
timenti ambivalenti di appartenenza. La possibilità di allargamento delle scelte
identitarie può essere una chance ma anche una sfida. Anche i vissuti di autosva-
lutazione, tipici di questo periodo, possono essere acutizzati dalla svaloriz-
zazione sociale con cui spesso si confronta il ragazzo straniero.
15
Idem
16
G. Favaro, Atti del corso: La difficoltà del crescere: minori stranieri e tutela, Milano, 2003
6
Ci sono altri due fattori, indipendenti dalla fase di sviluppo del minore, che sono alla
base delle situazioni di vulnerabilità dei ragazzi immigrati. Il viaggio di migrazione, che
comporta inevitabili perdite e lutti, e la condizione di migrazione, che costringono il
ragazzo a vivere tra riferimenti interni dati dalla cultura di origine e differenti
riferimenti esterni dati dal contesto in cui si trova a vivere, agiscono come ulteriori
fattori di rischio.
17
E’ importante sottolineare come non tutti i minori che emigrano si trovino in una
condizione di vulnerabilità. Alcuni bambini riescono a far fronte, in modo straordinario,
agli eventi avversi. Il concetto di vulnerabilità è meglio compreso se lo si lega a quello
di resilienza. L’individuo resiliente è in grado di attivare risorse interne ed esterne che
gli permettono di non soccombere di fronte alle avversità ma, anzi, di adattarsi in modo
positivo alle nuove situazioni.
18
A Devereux (1965) e Nathan (1986)
19
descrivono l’evento migratorio come un vero e
proprio atto psichico. A causa della rottura che provoca con l’ambiente di origine,
determina indirettamente una frattura a livello del contesto culturale interiorizzato
dell’individuo, dal momento che vi è corrispondenza tra la strutturazione culturale e
quella psichica. Il vissuto della migrazione è determinato dai fattori contestuali che
hanno motivato il viaggio ma in ogni caso è un atto che comporta profondi cambiamenti
nella storia dell’individuo.
20
La migrazione è quindi potenzialmente traumatica, ma non nel senso negativo del
termine: è un evento che richiede la riorganizzazione delle capacità difensive ed adatta-
tive da parte dell’individuo.
M. Rose Moro
21
definisce il concetto di trauma migratorio attraverso tre dimensioni :
1. “Il trauma classicamente descritto dalla teoria psicoanalitica definito come
improvviso afflusso libidico che non può essere abreagito né rimosso per
17
G. Favaro, Idem
18
AA. VV., Come un pesce fuor d’acqua. Il disagio nascosto dei bambini e dei ragazzi immigrati, a cura
di Graziella Favaro e Monica Napoli, Guerrini e associati, Milano, 2002
19
Cit. in M. R. Moro, Bambini immigrati in cerca d’aiuto: i consultori di psicoterapia transculturale”, a
cura di D. Demetrio, Utet , 2001, p. 68
20
M. R. Moro, Bambini immigrati in cerca d’aiuto: i consultori di psicoterapia transculturale”, a cura di
D. Demetrio, Utet , 2001
21
M. R. Moro, Idem, p. 69
7
l’assenza di angoscia nel momento in cui avviene” (Nathan, 1987) di cui tre
sono i significati: “quello di shock violento, quella di una lacerazione, quello di
conseguenze sull’insieme dell’organismo”.
2. “Il trauma cognitivo” o trauma “del paradosso” il cui modello è stato proposto
da G. Bateson nella definizione di “doppio legame”.
3. “Il trauma dovuto alla perdita del contesto culturale interno, necessario per
codificare la realtà esterna”. Nel caso della migrazione, si tratta generalmente di
questo tipo di trauma sebbene possa essere associato ai due precedenti in quanto
la dimensione affettiva, la dimensione cognitiva e quella culturale sono legate da
interazioni necessarie e complesse (Devereux, 1972).
L’autrice specifica che il trauma migratorio non si può ritenere ineluttabile ma può
insorgere a prescindere dalla personalità dell’individuo. Condizioni sociali sfavorevoli
sono fattori aggravanti.
22
Al momento del suo insorgere può, però, non provocare
conseguenze patologiche ma, anzi, essere portatore di nuove dinamiche nell’organiz-
zazione psichica dell’individuo.
1.1.3 Identità e strategie d’adattamento dei giovani migranti
I bambini immigrati vengono a contatto con un ambiente diverso, con un’altra lingua e
altre regole sociali esplicite ed implicite. “I loro vissuti di disorientamento possono
essere ricondotti a tre grandi aree di cambiamento: dello spazio geografico, dello spazio
del corpo, dello spazio linguistico e semiotico. Essi intervengono tutti ad un livello
fondamentale dell’organizzazione della personalità e definiscono i primi campi di
esperienza attraverso i quali si costituisce l’identità” (Beauchesne, Esposito, 1981).
23
22
M.R.Moro, Idem
23
Cit. in AA. VV., Come un pesce fuor d’acqua. Il disagio nascosto dei bambini e dei ragazzi immigrati,
a cura di Graziella Favaro e Monica Napoli, Guerrini e associati, Milano, 2002, p. 22
8