INTRODUZIONE
2
italiano, ma più in generale delle “direttive” che devono essere tenute presenti
nel processo di ristrutturazione dei secondi mercati che è in atto un po’ in tutta
Europa.
CAPITOLO 1
NECESSITÀ DI UN MERCATO MOBILIARE PER LE PMI
1.1 : CARATTERISTICHE ECONOMIA REALE ITALIANA
Come tutti sappiamo il sistema industriale Italiano è costituito
prevalentemente da piccole e medie imprese che operano accanto a poche
imprese di grandi dimensioni. Si tratta sostanzialmente di una struttura
industriale estremamente frammentata in cui convivono grandi realtà
imprenditoriali con una miriade di piccoli imprenditori locali. Per avere un
riscontro numerico si pensi che dai più recenti dati del censimento è risultato
che su un totale di 3.300.000 imprese comprese nel censimento del 1991 più di
3.200.000 hanno meno di 20 dipendenti e impiegano più del 55% dei quasi 15
milioni di lavoratori complessivi. Inoltre, se consideriamo un recente studio
della Banca d’Italia, si nota come la struttura proprietaria delle piccole e medie
imprese sia altamente concentrata. I principali azionisti posseggono l’intera
azienda in un quinto dei casi e l’assoluta maggioranza in più della metà. La
somma delle prime 3 quote di partecipazione ammonta all’intero pacchetto
proprietario in tre casi su cinque, e costituisce l’assoluta maggioranza nel 96%
dei casi. Per quanto riguarda il tipo di azionista emerge che anche nelle
imprese industriali con più di 50 dipendenti la forte prevalenza è per un
investimento diretto da parte di persone fisiche, sebbene la struttura ad
holdings che caratterizza le più grandi imprese si stia lentamente diffondendo.
L’analisi dei meccanismi di trasferimento della proprietà ha dimostrato che le
istituzioni finanziarie specializzate (società di venture capital, merchant
banks) raramente entrano nelle compagine sociale, e sembrano limitare i loro
rapporti con le piccole e medie imprese alle sole attività di prestito senza
assumere un significativo ruolo nella formulazione di strategie di acquisizione.
Il modello di sviluppo italiano qui definito, quindi, potrebbe costituire
una valida alternativa a quello americano, fondato sulla crescita delle imprese
e dei mercati, a testimonianza del fatto che vi è una necessità di modelli
diversi per paesi diversi.
È proprio nel collegamento molto stretto che l’impresa locale ha con
l’ambiente in cui è inserita che opera e va inquadrata la nascita di un mercato
mobiliare per le piccole e medie imprese.
Se andiamo ad analizzare il comportamento dei risparmiatori italiani ci
rendiamo conto che siamo il popolo che risparmia di più (in termini di
percentuale del reddito disponibile) dopo i giapponesi (che ci hanno superato
solo nel '94) con una percentuale sul reddito netto che si aggira attorno al 15%.
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
4
A questo punto è naturale chiedersi perché il nostro mercato mobiliare,
anche dopo le recenti riforme
1
(iniziate con l’approvazione della legge n.1 del
2 Gennaio 1991- il big-bang italiano -) stenti a decollare nonostante questa
forte disponibilità di risparmio e di imprese (si vedano a proposito le Tabelle
1 e 2).
Tabella 1
Il risparmio delle realtà locali
Depositi bancari pro-capite (migliaia di lire)
Nord-ovest Nord -est Friuli Reggio Emilia Centro Italia
19.675 23.114 18.521 21.204 25.567
Abruzzo Lazio Bari Napoli Isole
9.895 18.808 8.886 9.357 9.522
Fonte: Sergio Pivato, Il mercato telematico per le pmi: realtà locali e contesto internazionale,
MI Giuffré editore 1995, pag.121
Se tralasciamo le motivazioni riguardanti gli aspetti fiscali, le carenze
culturali, la paura della perdita del controllo, notiamo come la causa principale
sia la mancanza di un mercato destinato a quelle imprese, che costituiscono
l’ossatura del nostro sistema industriale. Quindi l’assenza di un mercato in cui
la domanda (le piccole e medie imprese) e l’offerta (i risparmiatori) di risorse
finanziarie possano incontrarsi proficuamente.
1.2: PICCOLE E MEDIE IMPRESE E REALTÀ LOCALE
La creazione di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
non può assolutamente prescindere dallo stretto legame che unisce l’impresa
con il “suo” territorio, cioè con la realtà locale in cui è inserita.
Costituiscono testimonianza evidente di questo legame i distretti
industriali sviluppatisi in diverse zone del paese da Prato a Biella, da Sassuolo
a Treviso, caratterizzati da una presenza diffusa e pregnante di piccole e medie
imprese. Però, nonostante che la problematica dei distretti industriali sia
comune anche ad altri paesi, la configurazione assunta da tale fenomeno in
1
Durante il solo 1994 si ricorda:
14 Aprile - Si chiude un’era con il passaggio alla contrattazione continua sul circuito telematico degli
ultimi titoli trattati alle grida
10 Giugno - Entra in vigore il decreto Tremonti sulle semplificazioni fiscali. Consente di optare per il
regime della cedolare secca per i dividendi distribuiti dalle azioni di societa’ quotate in borsa
18 Luglio - Piazza affari chiude. A Palazzo Mezzanotte vengono avviati sul telematico anche i titoli del
Ristretto e le obbligazioni. Stesso trattamento per i titoli di stato.
30 Settembre - La CONSOB con regolamento n.8649 definisce la struttura del nuovo mercato telematico
per le piccole e medie imprese (METIM).
1995 - Per tutti i titoli scatta l’era della contrattazione per contante.
Si veda: Donati Antonella, In borsa lo sprint delle riforme, su Il Sole 24 Ore del 22/08/'94
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
5
Italia fa ritenere che esista una certa specificità nel modello di sviluppo
italiano. Non a caso la crescita e la distribuzione delle piccole e medie imprese
hanno seguito in Italia linee di sviluppo diverse a quanto accaduto in altri
paesi: dai grandi centri industriali del cosiddetto “triangolo industriale” si è
passati ai distretti caratterizzati da una presenza diffusa di piccole e medie
imprese. E tale peculiarità si manifesta nell’impiego di quasi tutti i fattori
produttivi: dalla tecnologia al lavoro, dalla gestione dell’organizzazione
dell’impresa ai rapporti con il territorio, e, inevitabilmente, anche nell’utilizzo
del fattore capitale. Si tratta di un elemento di specificità che deriva
dall’intima connessione, in senso relazionale, che l’impresa ha con il territorio,
tale da giustificare l’espressione di sviluppo di “colonie biologiche di
imprese”.
Tabella 2
Le imprese quotabili e quelle interessate alla quotazione
Mercato mobiliare del Campione imprese con
i requisiti
Risposte al questionario Imprese interessate
1. Nord Ovest
2. Nord Est
1.151
Brescia 180
Mantova 250
Vicenza 250
Bergamo 757
Pavia 200
TOTALE 1.687
123
57
51
144
70
34
350
(1) 68
22
18
57
28
13
(2) 138
3. Friuli
4. Reggio Emilia
5. Centro Italia
6. Abruzzo
7. Lazio
8. Bari
9. Napoli
10. Isole
459
2.124
Perugia e Terni 38
Toscana 130
Bari 169
Campania 500
68
1.133
38
279
42
(3) 84
12
20
?
(4) 83
(5) 70
62
TOTALE 5.267 619
(1) Il campione analizzato non comprende banche ed assicurazioni
(2) Non risultano alla data di questo scritto pervenuti i dati di Verona e le indagini sulle altre
provincie del Nord-Est
(3) Il numero delle imprese intenzionate a quotarsi non è definitivo, nel senso che è in aumento con il
prosieguo della promozione nell’area interessata. Di 63 ben 6 sono cooperative
(4) Si tratta di un interessamento al mercato mobiliare: sono imprese disponibili ad effettuare uno
studio di convenienza sull’ammissione in base ai costi e ai requisiti
(5) Sono società interessanti per la quotazione in un mercato mobiliare locale; di queste 44 sono
società industriali e commerciali, 20 sono banche e 6 sono società finanziarie
Fonte: Pivato Sergio, Il mercato telematico per le pmi: realtà locale e contesto
internazionale, MI Giuffré editore 1995, pag.115
Il territorio è il luogo in cui l’impresa coltiva un tessuto di relazioni con
altre imprese (tanto forte da costituire un distretto), è il luogo in cui raccoglie
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
6
le proprie risorse produttive (lavoro, capitale, know-how), è il luogo in cui si
inserisce in un certo tessuto sociale diffondendo la propria immagine. Il
territorio diventa anche il luogo in cui si risolvono i problemi dell’impresa: da
quelli di natura tecnologico-produttiva a quelli di natura finanziaria (si pensi al
ruolo svolto dalla famiglia proprietaria nel soddisfare i fabbisogni finanziari
dell’impresa). In altri termini il fabbisogno finanziario generato dalla crescita
è sempre stato soddisfatto su base locale dalle risorse della famiglia
proprietaria. Quando queste erano vistosamente insufficienti non si faceva
altro che ricorrere al credito bancario presso gli istituti locali. Ed è proprio
questa visione familiare della gestione delle risorse finanziarie locali che deve
essere superata attraverso un’apertura della cultura mobiliare verso il mercato,
visto che ormai l’impresa italiana se vuole rimanere competitiva sui mercati
mondiali deve rivedere la propria struttura finanziaria favorendone la
ricapitalizzazione.
Si potrebbe affermare, quindi, che questo legame con il territorio
esprime un fattore culturale fondamentale: lo sviluppo industriale italiano è
prima di tutto un fatto sociale e culturale. L’impresa nasce e si sviluppa nel
“suo” ambiente e non potrebbe farlo altrettanto bene altrove.
1.3: LO SVILUPPO DI UN MODELLO A RETE DI MERCATI
MOBILIARI
LOCALI
Così come si vuole dare all’investitore locale la possibilità di investire
nell’impresa locale, è altrettanto necessario assicurargli una adeguata
possibilità di disinvestimento che un mercato dalle dimensioni locali non può
garantire. Questo a causa della scarsa liquidità del mercato locale, del limitato
numero (in termini di numero di ordini e di volume degli stessi) delle
transazioni che vengono effettuate, del più basso livello di flottante richiesto
per l’ammissione alla quotazione. Caratteristiche queste, che denotano un
mercato tendenzialmente più rischioso, con prezzi maggiormente influenzabili
dai singoli operatori e dalle singole transazioni anche se di importo limitato.
È necessario, in virtù di queste caratteristiche, uscire dall’ambito locale
per trovare sbocco su un mercato allargato, considerato che la liquidità dei
titoli dipende dalla dimensione potenziale del mercato.
Occorre realizzare una simbiosi tra l’elemento locale e dimensione
allargata, sviluppando un modello “a rete” che sia in grado di abolire i rapporti
gerarchici tra grande e piccolo, sinergizzando i punti di forza caratteristici di
ciascuna delle due dimensioni.
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
7
In questa ottica mi sembra ottima la scelta della Consob di creare un
Mercato Telematico per le piccole e medie imprese (METIM)
2
come
strumento che permetta di sviluppare a livello locale certe funzioni di mercato
(raccolta di capitali, disponibilità di informazioni) rese più efficienti dalle
piccole dimensioni. Contemporaneamente in grado di realizzare quelle
funzioni che solo la grande dimensione può ottenere. I diversi mercati locali
dovranno, quindi, costituire articolazioni di un unico mercato mobiliare
nazionale.
Riepilogando, potremmo affermare che lo sviluppo di un modello
reticolare dei mercati mobiliari va inteso in un duplice senso:
• da un lato come modello organizzativo del costituendo mercato mobiliare;
• dall’altro come modello per l’integrazione del mercato italiano con i
principali mercati europei (si pensi alla recente proposta della neonata
EASD - European Association of Securities Dealers - di costituire un
Nasdaq in versione europea).
1.4: LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE E I FABBISOGNI FINANZIARI
Le piccole e medie imprese in Italia hanno sempre avuto una struttura
finanziaria fortemente orientata verso l’indebitamento bancario a breve
termine, con un rapporto tra mezzi propri e capitale di terzi pari mediamente a
1 a 3, cioè una lira di capitale di rischio per 3 di capitale di debito
3
. Si veda a
proposito la Tabella 3 sul rapporto tra patrimonio e passivo netto nelle imprese
non finanziarie in Italia, Regno Unito e Stati Uniti.
Le imprese hanno quindi soddisfatto i loro fabbisogni finanziari
ricorrendo in misura prevalente al capitale di debito e in misura più limitata
all’autofinanziamento o all’apporto di risorse da parte della famiglia
proprietaria, o a forme eterodosse di funding come l’utilizzo improprio del
fondo TFR (nel caso migliore) oppure l’evasione/elusione fiscale (nel caso
peggiore). Questa situazione ha avuto delle ripercussioni tanto sul piano
macroeconomico (un costo di intermediazione più elevato rispetto agli altri
paesi) che su quello microeconomico (uno svantaggio comparato strutturale a
carico delle piccole e medie imprese rispetto a quelle di maggiori dimensioni).
2
Non mancavano però prima dell’emanazione del Regolamento Generale Consob pareri discordanti sulla
struttura che il costituendo mercato avrebbe dovuto assumere. Si ricorda l’intervista a Franco Cellino -
Presidente dell’Associazione Torino Finanza - in cui viene bocciata l’ipotesi di un unico circuito nazionale
a favore di una convivenza tra il Mercato Ristretto (che diventerebbe il Nasdaq italiano destinato ad
imprese di medie dimensioni) e i mercati locali destinato alle piccole aziende familiari. Si veda: Grandi
Augusto, Torino Finanza opta per la borsa locale, su Il Sole 24 Ore del 01/06/94
3
Bisogna ricordare che lo stesso Stato ha favorito il ricorso al capitale di debito da parte delle imprese
ammettendo una ampia deducibilità dal reddito imponibile degli interessi passivi maturati sul debito. In
futuro lo Stato dovrebbe optare, se ha a cuore lo sviluppo di questo segmento del mercato mobiliare, a
favore di una legislazione che renda fiscalmente neutra per l’impresa la scelta tra capitale proprio e capitale
di debito
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
8
In questo modo lo svantaggio costante in termini di costo del fattore
capitale può persino prevalere sul vantaggio in termini di flessibilità
produttiva di cui sono portatrici le nostre imprese. Se analizziamo le principali
esperienze estere notiamo come:
• nel mondo anglosassone anche le medie imprese, e non solo quelle grandi,
trovano un naturale sbocco nel mercato mobiliare: in America è quasi
normale, per un’impresa, trasformarsi in una pubblic company;
Tabella 3
Patrimonio su passivo netto*delle imprese non finanziarie (valore percentuale)
Nazione 1982 1989
Italia 20,0 24,4
Regno Unito 45,6 42,2
Stati Uniti 48,6 41,8 (1)
* Il passivo viene indicato al netto dei fondi di ammortamento
(1) Dato riferito al 1988
Fonte: Zara Claudio, I mercati del capitale di rischio per le piccole e medie imprese,
su Economia&Management n.2/1994
• in Germania il sostegno finanziario alle imprese è fornito da un sistema
bancario fondato sul modello della banca universale, che cerca di
sviluppare una collaborazione a lungo termine coll’impresa, invece di
limitarsi alla semplice concessione di finanziamenti a breve (continuamente
rinnovati) sulla base delle sole garanzie reali;
• in Giappone esistono delle strutture ad holding che incorporano la funzione
di finanziamento all’impresa attraverso il controllo di alcuni intermediari
creditizi
A questo punto potrebbe essere naturale chiederci perché costituire un
mercato mobiliare per le piccole medie imprese quando in sua assenza le
imprese si sono moltiplicate comunque raggiungendo elevati livelli di
competitività. La necessità di un cambiamento deriva sostanzialmente dai
profondi ed intensi mutamenti che coinvolgeranno i mercati; infatti, se è vero
che l’Italia rimarrà pur sempre un paese formato da piccole e medie imprese, è
altrettanto vero che le imprese italiane dovranno irrobustire la loro struttura
finanziaria (cioè sostituire capitale di debito con capitale proprio) se vorranno
ancora competere sui mercati mondiali.
Inoltre se consideriamo l’importanza sempre crescente che verrà
assunta dalle risorse immateriali (attività di ricerca e sviluppo, innovazione di
prodotto e di materiali, design e qualità realizzativa) comprendiamo come
questa tendenza sia incompatibile con un modello di finanziamento che faccia
riferimento alla sola disponibilità di garanzie reali. Con questo non si vuole
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
9
dire che l’attuale modello di finanziamento sia superato, ma solo che ha
funzionato (e potrà continuare a farlo) in contesti caratterizzati da tassi di
crescita non troppo sostenuti, con margini di profitto che si mantengono
elevati (e quindi con elevati margini di autofinanziamento) ed investimenti
indirizzati verso attività a forte contenuto patrimoniale (impianti, macchinari)
o di pronta liquidabilità (magazzino, crediti commerciali). Al contrario le
imprese sembrano orientate verso investimenti immateriali (invisible assets),
con bassa capacità di debito, il cui reale valore dipende dalle future
opportunità e possibilità di sviluppo legate a tali impieghi.
Si aggiunga a questo il fatto che molte imprese che nascono piccole non
trovano la possibilità di svilupparsi a causa della latitanza di un mercato che
sia idoneo a soddisfare i loro fabbisogni finanziari. A questo proposito è
opportuno ricordare che la scarsa disponibilità di capitale proprio, collegata al
problema della chiusura degli assetti proprietari, sarebbe proprio uno dei
fattori che stanno alla base della lenta crescita dell’impresa italiana rispetto a
quella delle principali economie mondiali e, in ultima analisi, della ridotta
dimensione media dell’impresa stessa. È quindi necessario che il
rafforzamento del sistema industriale italiano passi attraverso un meccanismo
che consenta di far affluire il capitale proprio dalle unità che detengono attività
finanziarie, le famiglie, alle imprese che devono sostenere lo sviluppo
attraverso processi di crescita, in modo tale da disporre di una dimensione
adeguata a quella dei loro principali concorrenti mondiali.
Si aggiunga a questo che in termini prospettici la concorrenza sui prezzi
comporterà una forte riduzione dei margini di autofinanziamento attraverso
una forte contrazione dei prezzi stessi.
Queste argomentazioni tutte depongono a favore della necessità di
creare al più presto un mercato telematico per le piccole e medie imprese che
sia destinato alle imprese con forti prospettive di sviluppo, con validi piani
strategici da supportare adeguatamente con risorse attinte a titolo di capitale
proprio sui mercati mobiliari. La presenza di un tale mercato mobiliare
destinato a favorire, l’afflusso di capitale proprio alle imprese che devono
crescere dimensionalmente rappresenta un elemento di fondamentale
importanza per favorire il superamento dei punti di debolezza dell’impresa
italiana, attraverso il perseguimento di due obbiettivi:
• la ricapitalizzazione delle imprese: la possibilità di far affluire capitale di
rischio consente di riequilibrare la struttura del passivo dello stato
patrimoniale dell’impresa, rendendolo meno dipendente dall’indebitamento,
e rafforzando, di conseguenza, la sua solidità patrimoniale;
• la riqualificazione, nell’ambito della politica industriale della nazione,
dell’intervento a favore dell’impresa: si limita il ricorso al credito e si
alimenta l’afflusso di capitale proprio che per sua natura risulta essere più
adeguato a sostenere i processi di crescita dimensionale.
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
10
1.5 : ANALISI DEI FATTORI OSTACOLANTI E/O FACILITANTI LA
QUOTAZIONE DELLE PMI
Sembra opportuno a questo punto considerare in termini generali quali
sono i fattori che possono ostacolare e/o favorire la quotazione delle piccole e
medie imprese, anche alla luce delle problematiche emerse precedentemente.
Tra i fattori ostacolanti appare opportuno ricordare quelli di natura
culturale-soggettiva. Tra i principali dubbi e remore espresse verso la
quotazione dobbiamo ricordare proprio il timore di una eccessiva interferenza
esterna, di una innata diffidenza verso l’ingresso di estranei, di una mancanza
di cultura imprenditoriale che veda nel mercato il naturale elemento di
confronto e non un nemico contro cui combattere.
Non va infine sottovalutata l’avversione a procedure lunghe e costose
per l’ammissione alla quotazione, dovuta anche ad una impreparazione tecnica
e culturale a fare certificare i propri bilanci. In modo particolare sembra
rivestire un ruolo molto importante la misura dei costi legati all’accesso al
listino, visto che siamo in presenza di imprese di dimensioni minori per le
quali un livello molto elevato di tali costi potrebbe costituire un forte
deterrente la quotazione. Si tratta sostanzialmente, come possiamo capire, di
modelli di proprietà chiusa dovuti ad una eccessiva paura di perdere il
controllo dell’azienda.
Possono esistere tra i fattori ostacolanti anche elementi di natura
contingente. L’impresa può non essere, soprattutto per motivi fiscali, nella
condizione di far certificare i bilanci, o non avere bisogno di risorse
finanziarie grazie all’elevato autofinanziamento di cui gode o alla possibilità
di fruire di agevolazioni pubbliche.
È necessario non dimenticare i fattori di natura oggettiva e/o strutturale,
cioè di una serie di ostacoli comuni a tutte le piccole e medie imprese, dovuti
alla stessa struttura del nostro sistema economico e finanziario. Si ricordi il
modesto sviluppo e la scarsa conoscenza del mercato dei capitali, che nel
nostro paese sembra un mondo molto lontano dalla realtà quotidiana con cui
operano molte imprese di piccole e medie dimensioni. Si tenga conto dello
scarso successo avuto dal Mercato Ristretto, dominato quasi esclusivamente
dai titoli delle banche popolari, e dalle Borse minori, da sempre considerate
come delle mere propaggini di Piazza Affari, che ormai esistono solo sulla
carta dopo l’introduzione del mercato telematico.
Emerge con assoluta chiarezza il complesso e non sempre felice
rapporto esistente tra l’imprenditoria minore (interprete di rilievo del nostro
sviluppo economico) e i sistemi finanziari, con riguardo in particolare al
mercato mobiliare. Se però la situazione viene analizzata in termini prospettici
emergono delle linee di tendenza che sembrano indicare una sensibile crescita
della preparazione e della cultura finanziaria degli imprenditori, e l’attuale
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
11
disponibilità ad aprirsi è sicuramente più consistente rispetto a quella esistente
alcuni anni addietro.
Esistono anche una serie di fattori facilitanti la quotazione. Tra questi
dobbiamo ricordare la necessità di finanziare una rapida crescita al fine di
raggiungere una soglia dimensionale critica, ritenuta indispensabile per la
competitività di lungo periodo. Si tratta essenzialmente di esigenze legate ad
un particolare momento del ciclo di vita dell’impresa che costituiscono
elementi determinanti per l’apertura al mercato.
Altri fattori facilitanti possono essere costituiti dalla esistenza di un
numero di soci piuttosto consistente di estrazione manageriale e/o
professionale e da una cultura aziendale innovativa, flessibile ed aperta al
cambiamento. Molte volte un ricambio generazionale che veda l’ingresso in
azienda di imprenditori di seconda generazione è un elemento che permette di
superare gli ostacoli culturali-soggettivi.
Non dobbiamo dimenticarci che a volte la quotazione può derivare
dalla necessità o volontà della proprietà di ridurre il proprio impegno
nell’impresa, o di risolvere taluni problemi di assetto societario come:
• problemi successori;
• disaccordo tra i membri della famiglia proprietaria;
• separazione in atto tra proprietà e management;
Tra gli altri fattori facilitanti la quotazione dobbiamo ricordare
l’eventuale presenza nella compagine sociale di finanziarie d’investimento o
altri investitori istituzionali (società di venture capital, merchant banks, fondi
chiusi) che accompagnano l’impresa nel cammino verso la quotazione e che
possono costituire, da questo punto di vista, il primo passo verso una più
consistente apertura del capitale.
Per ultimo, ma non meno importante, sembra opportuno ricordare la
volontà dell’impresa di ridurre il suo indebitamento verso il sistema bancario,
che non le permette di attuare una gestione delle fonti di finanziamento che sia
correlata con i suoi fabbisogni generati dalle necessità di sviluppo.
In sostanza i vantaggi che l’azienda può trarre da una quotazione sono
esprimibili sia in termini quantitativi (cioè da un punto di vista finanziario) che
qualitativi (cioè da un punto di vista non finanziario).
I vantaggi qualitativi sono da ricondurre a:
∗ maggiore visibilità. Un’azienda che si fa quotare in Borsa avrà molta più
visibilità di un’azienda non quotata. Tale visibilità costituisce per il sistema
economico un importante sigillo di qualità, e permette di aumentare il
potere contrattuale dell’azienda verso i fornitori ma anche verso il sistema
bancario, visto che la visibilità tende ad essere correlata direttamente con la
valutazione del rischio. Infatti coeteris paribus una azienda quotata viene
considerata meno rischiosa di un’azienda non quotata, proprio perché per
ottenete la quotazione le imprese sono sottoposte a severi esami, e soggette
quotidianamente al giudizio del mercato.
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
12
∗ ampliamento della struttura proprietaria. Se l’imprenditore è l’unico
proprietario dell’azienda e l’impresa si autofinanzia, allora diventa molto
difficile pensare al futuro dopo che l’imprenditore ne lascerà la guida.
L’accesso al listino potrebbe, quindi, essere un valido strumento per
allargare la base azionaria facilitando la successione nella conduzione
aziendale.
∗ diversificazione delle fonti di approvvigionamento. L’accesso al listino
significa ampliare le proprie fonti di raccolta fondi, ponendo accanto al
credito bancario, il capitale proprio, che si dimostra più adatto a fornire
all’azienda i capitali permanenti che possono finanziare progetti di lungo
termine. Infatti molte volte le aziende si sono trovate ad affrontare
investimenti anche di lunga durata, con capitali di credito che non avevano
lo stesso orizzonte temporale, imponendo così all’imprenditore di cercare
sistematici rifinanziamenti ai suoi progetti.
∗ maggiore stabilità dell’impresa. La quotazione in Borsa permette
all’azienda di ottenere una maggiore stabilità finanziaria per effetto della
disponibilità ad operare in un modo più diretto con i mercati finanziari e ad
utilizzare nuovi strumenti di finanziamento. In altri termini, la
diversificazione delle possibili fonti di capitali conferisce maggiore
flessibilità e qualità alla gestione finanziaria dell’azienda.
Accanto a tali tipi di vantaggi ne esistono altri più prettamente
quantitativi, riconducibili a:
♦ calo del costo del capitale. I nuovi mezzi raccolti in Borsa aumentano la
patrimonializzazione dell’azienda riducendone così il rischio di insolvenza,
provocando conseguentemente un calo del cosiddetto “premio al rischio”
che viene richiesto dai creditori (tale premio è un elemento costitutivo del
costo dell’indebitamento). Inoltre il nuovo flusso di mezzi propri qualora
venga convogliato in nuovi investimenti, permette, oltre a diversificare il
piano di investimenti stesso, di ridurre ulteriormente il rischio di attività,
aumentando la capacità dell’impresa di generare utili. Questo permette di
ridurre ulteriormente il rischio di insolvenza con ulteriori effetti benefici sul
costo del debito.
♦ aumento della redditività. L’accresciuta capacità a generare utili, grazie ai
nuovi progetti d’investimento finanziati con i nuovi capitali, aumenta la
capacità di autofinanziamento, che a sua volta rende meno pesante il ricorso
all’indebitamento, avviando così un circolo vizioso che ha come effetto
finale l’aumento della redditività dell’azienda.
♦ calo del rischio azienda. Questo è dovuto, da una parte, ad un
completamento delle fonti di capitale che riduce il rischio di illiquidità
dell’azienda, e, dall’altra, all’ampliamento del divario tra il valore delle
attività aziendali e il valore del capitale da ripagare a terzi, venendo così a
crearsi un ammortizzatore finanziario che permette di assorbire i
contraccolpi dovuti ad improvvise diminuzioni del valore dei crediti verso
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
13
clienti e delle scorte. Queste sono le due voci di bilancio che vengono
considerate le cause principali dell’insolvenza dell’azienda, avendo un
elevato livello di volatilità.
♦ raccolta di capitali. Non esiste uno strumento più adatto del mercato
azionario per massimizzare la raccolta di capitali in quanto permette alle
aziende di raccogliere capitali in quantità multiple del valore dei mezzi
propri o degli utili.
1.6 : REGOLAMENTO GENERALE CONSOB E PROGETTO DI
REGOLAMENTO SPECIALE: ANALISI E COMMENTO
1.6.1: INTRODUZIONE
L’istituzione di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese va
inquadrata nel generale processo di riforma del mercato mobiliare italiano
avviato con la legge n.1/1991 istitutiva delle SIM
4
(Società di Intermediazione
Mobiliare). Si legge all’art.20 comma 4 che la Consob ha la possibilità di «
istituire mercati anche locali per la negoziazione di valori mobiliari non
quotati e non negoziati al Mercato Ristretto e fissare i criteri direttivi per la
loro disciplina e funzionamento, prevedendo anche l’utilizzo delle strutture
delle locali Camere di commercio».
Oltre a sancire la liceità di un mercato per la negoziazione di titoli
emessi da piccole e medie imprese
5
, il disposto legislativo assegna un ruolo di
fondamentale rilevanza alla Consob nell’istituire il mercato in questione.
Infatti spetta alla Consob compiere il passo successivo: provvedere alla
formulazione del nuovo Regolamento indispensabile alla nascita del nuovo
mercato. Dopo oltre 3 anni la Consob, in risposta alle istanze dei promotori,
emanava, nel Maggio '94, delle linee direttive per l’istituzione del mercato
6
,
invitando i soggetti promotori a presentare i propri progetti. I progetti arrivati
in Consob sono stati 14, fornendo un quadro esaustivo dei possibili scenari
4
Le SIM (il cui capitale minimo è determinato in base all’attività svolta) sono una categoria di operatori
che andrà a sostituirsi agli agenti di cambio. Mentre questi ultimi operavano senza dover distinguere tra
patrimonio proprio e quello dei clienti, le SIM sono state create adottando una rigida separazione tra
l’attività esercitata per conto della clientela e quella per conto proprio. Una serie di regolamenti ha imposto
controlli più rigidi da parte della Consob e ha definito le attività consentite che vanno dalla negoziazione,
alla gestione, alla consulenza, alla sollecitazione del pubblico risparmio, al collocamento fino alla semplice
raccolta ordini.
5
Questione di rilevante importanza vista la sentenza della Corte di Cassazione (VI° Sez.penale imp.Aletti)
del 7 Marzo 1975 n.578 che sanciva l’illiceità del terzo mercato - sia dei titoli quotati che di quelli non
quotati -.
6
Si vedano le «Linee d’indirizzo per l’istituzione di un mercato destinato in via principale alla negoziazione
di valori mobiliari emessi da piccole e medie imprese », Roma 24 Maggio 1994.
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
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relativi agli aspetti finanziari e ai profili di economicità dell’iniziativa
7
. In
seguito, sulla base dei documenti pervenuti, la Commissione approvava un
Regolamento Generale per la «istituzione dei mercati nazionali per la
negoziazioni di valori mobiliari non quotati alla Borsa Valori e non negoziati
al Mercato Ristretto» (Regolamento Generale approvato dalla Consob con
delibera n.8469 del 30 Settembre 1994 pubblicato sulla G.U. n.239 del 12
Ottobre 1994). Tale Regolamento Generale è stato modificato
successivamente dalla Commissione con delibera n.9628 del 4 Dicembre '95,
pubblicata sulla G.U. n.292 del 15 Dicembre '95. Tale modificazione è andata
nel senso di aumentare l’autonomia sia del Comitato di Gestione che dei
Comitati Locali, attribuendo agli stessi Comitati la possibilità di definire le
regole per la propria organizzazione e il proprio funzionamento, cercando, in
modo particolare per i Comitati Locali, di aumentare ulteriormente la loro
funzione di collegamento con la realtà locale da cui proviene l’impresa,
valorizzando il loro ruolo di organi consultivi nei confronti del Comitato di
Gestione.
Il Regolamento Generale indica i principi generali che devono
informare la creazione del costituendo mercato, rinviando per la disciplina di
dettaglio ad un apposito Regolamento Speciale che verrà approvato dalla
Consob con apposita delibera, dietro proposta del Comitato Promotore. Tale
Regolamento Speciale dovrà disciplinare l’organizzazione e il funzionamento
del mercato, l’ammissione dei valori mobiliari e degli intermediari alle
negoziazioni, nonché la sospensione o la revoca di tali ammissioni, il
regolamento e la liquidazione delle operazioni e quant’altro necessario
all’operatività del mercato stesso. È da sottolineare l’adozione di una logica
partecipativa da parte della Commissione, che ha permesso di catalizzare
l’attenzione dei soggetti realmente interessati all’iniziativa.
L’analisi che verrà di seguito realizzata prenderà in considerazione gli
organi principali del mercato, considerando sia la disciplina posta dal
Regolamento Generale approvato dalla Consob, sia quella posta dal progetto
di Regolamento Speciale presentato dal Comitato Promotore di Unioncamere
alla Consob il 20 Dicembre '95, e che, dalla stessa, è stato dichiarato
conforme al disposto della legge n.1/1991 e al Regolamento Generale. Per
arrivare alla sua approvazione ufficiale mediante delibera Consob bisognerà
aspettare l’avvio effettivo delle contrattazioni, atteso nel secondo semestre
1996.
1.6.2 : DIVERSE CONCEZIONI DI MERCATI
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Si ricordano, tra gli altri, gli studi presentati dal Consorzio Camerale per il coordinamento delle Borse
Valori insieme all’Istituto Lorenzetti dell’Università Bocconi; quello presentato da Confindustria, Abi,
Assonim, Unionsim, e Consiglio di Borsa; quello dell’Istituto Italiano per il secondo mercato; quello che fa
capo a Sergio Scotti Camuzzi e alla Tenfore Italia.
CAPITOLO 1 : Necessità di un mercato mobiliare per le piccole e medie imprese
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Dal punto di vista istituzionale i mercati mobiliari possono dividersi in
2 grandi categorie (modelli base):
• il mercato inteso come organizzazione privatistica, promossa da
associazioni di intermediari e riconosciuti dall’autorità pubblica;
• il mercato come servizio pubblico, istituito direttamente dall’autorità
pubblica ed in cui operano degli intermediari autorizzati;
La prima forma è caratterizzata da una prevalenza di criteri di
autoregolamentazione, da una concorrenza tra i mercati, intesi come
organizzazioni private, sulla base della loro efficienza e dei servizi offerti.
È necessario però ricordare che il concetto di autoregolamentazione
pura è stato superato, considerato comunque l’interesse pubblico che la
creazione di un mercato porta con sé. L’approdo naturale è stato quindi quello
verso modelli misti (cooperative regulation), dove l’autoregolamentazione
viene intesa come un coinvolgimento, a diversi livelli e con diverse
conseguenze, degli operatori nei processi di regulation. Alla luce anche delle
esperienze estere, l’espressione autoregolamentazione va dunque intesa come
implementazione di un modello misto. Lo stesso sistema americano (come
quello inglese) adotta un sistema di regole in base al quale l’ordinamento
ufficializza i sistemi di scambio (Exchanges) e gli operatori che su questi
operano (broker, dealer, market maker) in base ad un sistema di registrazione,
grazie al quale si verifica la presenza di requisiti organizzativi, definiti per
legge in via generale (Securities and Exchange Act nel caso americano, e
Financial Services Act nel caso anglosassone), tali da offrire idonee garanzie
in ordine alla formazione dei prezzi e alla tutela degli investitori.
La seconda forma di modello base è tipica dell’Europa continentale
(Italia, Francia, Germania). È una forma in cui prevale la regolamentazione
pubblica, è molto sentita la necessità di tutela degli investitori, e vi è l’obbligo
di concentrazione degli scambi, nel senso che si suppone che questo sia il
presupposto per l’efficienza del mercato.
Anche in questi mercati, però, le riforme degli anni '80 hanno mostrato
una tendenza verso l’adozione di modelli misti. In Francia accanto alla Société
des Bourses Françaises (SBF, società anonima il cui capitale è detenuto dalle
Société de Bourse - organismi privati -) notiamo la presenza del Conseil des
Bourses de Valeurs (CBV) che è un organismo pubblico. Lo stesso Metim si
pone come un mercato che ha sicuramente una struttura maggiormente fondata
sull’autoregolamentazione che non i mercati mobiliari che lo hanno preceduto.
Si può constatare, quindi, una generale tendenza verso il modello misto
o di cooperative regulation in cui si assiste ad una riduzione delle competenze
e delle attribuzioni dell’organo pubblico di controllo, al quale rimangono
affidati i compiti più generali di supervisione del sistema, nonché quelli che
attengono al rispetto dei principi di correttezza e stabilità.
Con la legge n.1/1991 è stata accolta una impostazione sicuramente
pubblicistica nella creazione dei mercati locali, ma che testimonia, comunque,