Introduzione
La psicologia della personalità è l’area della psicologia che si occupa dello
studio delle caratteristiche psichiche nucleari dell’individuo, delle sue modalità
comportamentali e dei suoi modi di essere nel mondo. Il tema della personalità è
stato trattato da diverse angolature da studiosi del passato e del presente, di volta
in volta sono cambiati metodi e strumenti di indagine, si sono privilegiate certe
dimensioni piuttosto che altre, si è dato risalto a teorie prima biologiste poi
ambientaliste nel tentativo di poter estrarre e derivare principi generali che
potessero spiegare il comportamento individuale, prevederlo e educarlo.
Tuttavia, come è stato rilevato nell’ultimo secolo, la scienza e le discipline
che al metodo scientifico classico si accordavano, hanno partecipato ad un
mutamento epistemologico, un cambio di paradigma nell’accezione propria di
Khun, che ha messo in crisi i punti fermi su cui il sistema-scienza si sosteneva.
Se immaginiamo il sistema della conoscenza come un complessa rete i cui
nodi rappresentano particolari oggetti di studio, è naturale pensare che un
cambiamento nella rete alteri o comunque abbia degli effetti non solo sull’oggetto
in sé, in cui è avvenuto il cambiamento, ma si estenda agli altri con cui è in
connessione. Con molta probabilità questo è ciò che ha preceduto la nascita
dell’attuale paradigma bio-psico-sociale, che opera in un ottica interdisciplinare
nei contesti della ricerca, della diagnosi e dell’intervento in psicologia e, quando
possibile, in medicina; un cambiamento che ha avuto forti ripercussioni sullo
studio della personalità e degli aspetti che la caratterizzano.
Il pensiero contemporaneo è pervaso dal pluralismo epistemologico che, nel
campo delle scienze umane, può trovare nella riflessione di E. Morin la sua sintesi
più riuscita.
Una lettura storica della psicologia della personalità ha tra i suoi vantaggi
quello di rendere esplicito il legame tra contesto storico-culturale e ipotesi
scientifiche prodotte, comprendere come ogni teoria, in sostanza, è “figlia del suo
tempo” , mettere al riparo lo studioso dalla tendenza a fissare e cristallizzare in
categorie i fenomeni. Questo è ciò che si propone il primo capitolo, che vuole dare
una lettura moderna delle idee di pensatori greci quali Ippocrate e Galeno,
passando poi ad analizzare il lavoro di precursori come F. Gall e la frenologia, che
può dare una immagine sul ruolo che gli studiosi di formazione medica hanno
avuto nel proporre classificazioni e teorie in ambito psicologico. Di seguito, sarà
oggetto di discussione l’approccio di G. Allport, tra i primi ad aver fornito una
visione globale e non riduttiva della personalità, allontanandosi dal riduzionismo,
di tipo biologico e sociale, guardando alla personalità come un unità dinamica,
risultato di diversi fattori interagenti.
La prima prima parte di questo lavoro, dedicato alla personalità, mette in
evidenza i risultati delle ricerche psicologiche sulla personalità compiute
principalmente all’interno del territorio clinico e in settori applicativi della
psicologia, cercando di non trascurare la grande mole di dati emersi in ottica
sperimentale, laddove è prevalso lo studio di componenti della personalità
settoriali e isolate. Uno spazio a sé, per l’elevata risonanza delle idee e per il
carattere innovativo delle ipotesi, viene occupato dalla trattazione della
personalità in ottica psicodinamica. Verrà accennata l’iniziale ricerca freudiana
sull’inconscio dinamico e i suoi contenuti, l’influenza che esso esercitata
sull’uomo e le sue scelte, sulla condotta normale e patologica.
Oggi riconosciamo, ad un certo livello, la personalità come sistema
costantemente in divenire, “creato e ricreato” dalle interazioni con altri sistemi
con cui entra in relazione. Per essere coerente con il paradigma della complessità
ogni discorso sulla conoscenza, e in particolare sulla personalità di cui qui stiamo
parlando, necessariamente deve fare appello a “concetti interrelati, integrati
ridefinendo i paradigmi e i metodi tradizionali” (Lorenzetti, 2005). Nella seconda
parte di questo lavoro, seguendo questa traccia, verrà analizzata l’area dei
meccanismi di difesa, importante aspetto della personalità che orienta lo
sviluppo, l’espressione, l’adattamento della persona e il cui valore è stato svelato
prima di tutto dalla psicoanalisi freudiana, poi riorganizzata e complessificata da
psicoanalisti come Anna Freud e Melanie Klein.
Nella concezione classica, i meccanismi di difesa sono i processi attivati
dall’Io quando l’angoscia, concepita come segnale di un imminente pericolo,
mette in allarme il soggetto.
Il lavoro di A. Freud si può collocare a metà tra la psicoanalisi freudiana
ortodossa e una cultura psicoanalitica moderna, aperta alla comprensione delle
potenzialità dell’Io. Con Anna Freud infatti, si crea l’occasione per approfondire
la ricerca sulle difese; si pensa che esse abbiano un ordine cronologico, creino
relazioni con altre funzioni dell’Io e possano contribuire alla psicopatologia sotto
certe condizioni.
Autori successivi a S. Freud, come M. Klein e Winnicott, hanno contribuito
ad graduale spostamento dal modello pulsionale ai modelli relazionali,
modificando la teoria della tecnica psicoanalitica e con essa le concezioni sulla
teoria della mente.
Il concetto di difesa, nel tempo viene rivisto e sviluppato, si penserà ad essi
come modelli individuali di adattamento organizzati per far fronte a eventi o
situazioni interpersonali stressanti.
Se gli psicologi dell’Io hanno studiato principalmente il ruolo delle difese
nella gestione dell’angoscia, e se gli psicologi delle relazioni oggettuali hanno
messo in rilievo l’azione delle difese nel contesto dell’attaccamento e della
separazione, gli psicologi del Sè, tra cui Kohut, hanno compreso le difese anche
come operazioni finalizzate a evitare sentimenti spiacevoli causati da rotture e
incrinazioni del senso del Sé. Per Kohut infatti, i meccanismi di difesa sono
soprattutto “tentativi di proteggere la fragilità del Sé, sistemi organizzati fin
dall’infanzia contro i fallimenti empatici dei oggetti-Sé deludenti”.
L’indagine sulle difese è nata dentro una prospettiva biologista, dove la sfera
biologica-conflittuale era predominante nella psicoanalisi, per poi espandersi,
arrivando ad integrare tematiche relative al mondo interpersonale e psico sociale. I
meccanismi di difesa rappresentano un concetto oggi centrale in diversi settori
della psicologia e di altre discipline che studiano il funzionamento mentale. Da
qualche tempo sono usciti dall’alveo freudiano per divenire uno dei dati
incontrovertibili dell’osservazione clinica.
Il problema dell’ assessment difensivo è assai diffuso nella letteratura clinica.
Considerando la formulazione psicodinamica, esso è divenuto uno strumento da
integrare con le altre fonti di informazioni . La valutazione delle difese può
costituire un valido strumento per la diagnosi comprensiva ma per la
programmazione dell’intervento, per dare indicazioni terapeutiche, per
evidenziare risorse e deficit, il livello evolutivo, le potenzialità e le capacità di
adattamento. Obiettivo principale sarà quello di approfondire la posizione attuale
rispetto al tema dei processi difensivi, cercando di presentare i problemi che
l’attuale ricerca incontra. In particolare saranno trattati 1) il problema della
definizione del concetto di “difesa” 2) la ricerca di criteri comuni e condivisi
nella classificazione delle “difese” 3) le modalità di studio e strumenti sensibili e
affidabili per la raccolta dei dati.
Nella terza parte, infine, verrà presentata una classificazione delle principali
difese, tratteggiandone la loro definizione, le modalità di azione e alcuni esempi
da cui il clinico può discriminare con maggior affidabilità la difesa in atto. La
classificazione qui riportata trae spunto dal Manuale Diagnostico e Statistico dei
disturbi mentali e dal Defense Mechanism Rating Scale di C. Perry.
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Capitolo I
Personalità
1.1 Introduzione aspetti storici
La personalità è una delle aree più problematiche all‟interno della psicologia. Le
ricerche sulla personalità all‟interno della psicologia e, prima ancora, le speculazioni
filosofiche, si sono scontrate innanzitutto con la difficoltà di pervenire a modelli e
assunti teorici validi e affidabili. La psicologia della personalità, infatti, per sua
stessa natura mette lo studioso direttamente a confronto con se stesso prima ancora
che con una “materia” su cui fare ricerca, sfuggendo quindi a tentativi di
“oggettivazione”. La seguente introduzione allo studio della personalità vuole
mettere al riparo dalla tendenza a fissare e cristallizzare in categorie concetti e teorie
che saranno argomento dei capitoli successivi e, d‟altra parte, fornire gli strumenti
per comprendere meglio il rapporto tra certi aspetti del funzionamento individuale,
quali sono i meccanismi di difesa, con l‟intero sistema, la personalità, che
rappresenta l‟espressione visibile del soggetto in relazione.
Nella psicologia del senso comune con il termine “personalità” viene usato per
indicare intuitivamente un insieme di qualità specifiche di un individuo che si
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manifestano in certe situazioni in modo preponderante e che aiutano una persona a
rendere conto di certi suoi atteggiamenti. Parlare di una persona come “uomo di
personalità debole personalità” o “uomo di forte personalità e spessore” è molto
comune nella vita di tutti i giorni. Anche la storia della Psicologia e le speculazioni
filosofiche, che possiamo far risalire fino all‟epoca greca antica, sono disseminate di
definizioni e di tentativi di rendere conto di quello che esternamente appare “la
qualità principale che differenzia una persona dagli altri e la rende unica”.
La psicologia che oggi conosciamo risale ad una concezione dell‟uomo e del
mondo di matrice greco-romano-cristiana (Galimberti, 1998). Nel lungo cammino
percorso dall‟uomo, dall‟antichità classica fino all‟epoca moderna, è palese la
dialettica fra concezioni opposte - il riduzionismo mentalistico di impronta
spiritualista, da un lato, e il riduzionismo fisicalistico di impronta materialista,
dall‟altro - che di volta in volta si sono succedute e intersecate, producendo nel loro
“scontro” scoperte e rivelazioni sorprendenti (Gennaro, 2000). Tali concezioni, in
materia di psicologia della personalità, si riversano nei dibattiti tutt‟oggi attuali, tra
innatismo ed ambientalismo, costruttivismo e associazionismo, razionalismo e
empirismo. Tale movimento dialettico ha radici molto profonde nella storia della
scienza e della filosofia, non è mai terminato e, possiamo aggiungere, mai terminerà,
se è vero – citando Eraclito – che “il conflitto è il padre di tutte le cose” .
1.1.1 Origine e sviluppi storici
Il mondo greco antico rappresentò lo spazio e il tempo ideali per la nascita di
una cultura e di un pensiero cosi raffinato nelle sue forme e cosi pieno nei suoi
contenuti da influenzare tutta la filosofia occidentale (Galimberti, 1999). E‟ proprio
nel mondo greco che si colloca il pensiero di Ippocrate “Maestro di Antica Medicina”
primo fra tutti ad aprire le porte alla scienza dell‟uomo e, nello specifico alla
medicina occidentale” separando la medicina dalla filosofia e dalle credenze
religiose. La sua dottrina, rappresentò un terreno ricco di riflessioni sull‟uomo in
generale e sul rapporto con l‟ambiente, punto di partenza con cui autorevoli studiosi
si confrontarono partendo da Galeno, e poi ancora proseguendo, fino alla metà
dell‟Ottocento.
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L‟approccio organicistico, quello che in termini moderni definiremmo
“sistemico” ... “olistico”, potrebbe trovare le sue radici nella medicina ippocratica e
nella sua accurata analisi sull‟uomo pensato come unità organizzata fatta di mente e
corpo. Con Ippocrate – ricordiamo – iniziò la dottrina degli “umori”, fluidi primari (il
sangue, la bile gialla, la bile nera, e il flemma) che attraverserebbero il corpo e
sosterrebbero i processi vitali, tra cui quelli psichici. In base a tale dottrina, il profilo
psicologico e fisico di una persona era legato all‟organizzazione di questi quattro
fluidi primari. Cosi, il prevalere nel singolo individuo di uno dei quattro fluidi
darebbe origine alla “personalità sanguigna o collerica”; la preponderanza della bile
gialla al “carattere bilioso”; la prevalenza della bile nera porterebbe al”
temperamento malinconico”; la preminenza della flemma, un fluido che trae origine
dal cervello, si assocerebbe alla “personalità flemmatica”. Questa visione, seppur
ingenua ai nostri occhi, diventò il punto di riferimento di ricerche successive,
conosciuta come “dottrina dei quattro umori” (Gennaro, 2008).
L‟eredità del pensiero ippocratico sulla natura dell‟uomo e della personalità fu
accolta da Galeno, il quale seppe aderire e far convergere la filosofia del “Maestro di
Antica Medicina” con la filosofia di Platone. Galeno si distinse per la sua capacità di
essere grande medico e filosofo dell‟antichità, il successo che incontrò presso il
pubblico fu dovuto tanto alla sua esperienza come medico quanto soprattutto alle sue
capacità di discutere di problemi filosofici e padroneggiare argomenti sui più svariati
campi del sapere, abilità che lo portarono a superare le forme contemporanee di
meccanicismo e atomismo, avanzando una concezione finalistica (teleologica) della
natura. Un esempio al riguardo, fu il tentativo di spiegare la conformazione dei vari
organi del corpo umano in base alle ipotesi sul funzionamento di ognuno di essi.
Nella sua visione della vita psichica l‟influenza di Platone fu consistente (Galimberti,
1999).
Nel famoso mito platonico raccolto nel Fedro, l‟anima razionale è rappresentata
come un auriga che guida una biga trainata da due cavalli : il primo di colore bianco,
che vola verso l‟alto ed è facile da controllare; il secondo di colore nero, più ribelle,
tende a portare il carro verso il basso. Il cavallo bianco rappresenta l‟energia del
cuore, dell‟emozioni; il cavallo nero, le passioni. Nella concezione platonica l‟anima
razionale deve usare necessariamente le energie di entrambe queste forze, deve
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saperle “domare” per rendere stabile l‟andatura e cosi raggiungere il suo fine, la
redenzione dell‟anima (Concato, 1998).
Galeno, appoggiandosi a questo mito, fece propri alcuni elementi. Egli sistemò
l‟anima dentro l‟organo cerebrale mentre gli altri fluidi legati ai temperamenti, nel
cuore e nel fegato e in altre specifiche regioni del corpo che sembravano
maggiormente correlate.
Queste concezioni, certamente datate, hanno avuto un successo tale da essere
presenti a più riprese nel pensiero filosofico e prescientifico fino al Rinascimento, e
sono giunte fino all‟età moderna attraverso la mediazione di autori come Kant e di
Wundt (Gennaro, 2000).
Il XX secolo è il periodo che segna una tappa importante per molte discipline,
tra le quali la psicologia che, in virtù delle loro specializzazioni, si emancipano dal
vasto terreno della filosofia acquisendo una proprio autonomia. Per gli sviluppi della
psicologia della personalità è significativo l‟apporto dell‟evoluzionismo di matrice
darwiniana e le elaborazioni della frenologia di Franz J. Gall. Il darwinismo darà gli
spunti necessari per pensare alle differenze individuali in termini di componenti
innate o al contrario, appresi con l‟esperienza, e sui fattori che in genere influiscono
sullo sviluppo della personalità. La frenologia di Gall emerge dai progressi in campo
biologico sull‟anatomia e la fisiologia del Sistema Nervoso e dalle ricerche sui
correlati biologici del funzionamento psichico. V a riconosciuto a Gall il merito di
aver tentato di trovare dei nessi tra fenomeni mentali e caratteristiche fisiche, e di
aver creato una prima sistematizzazione di numerose osservazioni spesso isolate e
frammentarie.
1.1.2 Precursori
Quello che qualsiasi discussione sulla personalità rivela è che essa si presenta
“poco scientifica”, poco adatta ad essere analizzata con i mezzi a disposizione delle
scienze naturali, salvo commettere “errori” causati da un eccesso di riduzionismo e
ottenere “dati” certamente affidabili ma poco usufruibili sotto il profilo applicativo.
Pensiamo all‟introduzione del metodo sperimentale per lo studio del comportamento
operato dai primi behaviouristi. Paradossalmente ciò ha finito per allontanare la