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- Le donne sono tutte meridionali; tendenzialmente abruzzesi in un primo momento, campane
e soprattutto calabresi in un secondo;
- È necessario l’intervento di un intermediario;
- Trova interessati tutti i comuni della Valle d’Illasi;
- Sono matrimoni che si realizzano nel giro di pochi mesi, mediamente quattro, dopo che i
partners si sono incontrati due o tre volte per alcuni giorni.
Da notizie raccolte possiamo dire che questi matrimoni non interessano esclusivamente le
nostre parti, nella fattispecie le valli veronesi, ma comprendono anche: la pianura veronese,
l’Umbria, il ferrarese, il mantovano, il Piemonte.
Molto probabilmente il fenomeno è ancora più esteso, ma purtroppo non abbiamo avuto il
tempo né i mezzi per compiere un sondaggio attendibile, anche magari su un campione di
paesi, per avere un’idea di ciò che potrebbe rappresentare questo fatto. Date certe premesse
però, come lo spopolamento continuo della campagna, il ripudio della cultura contadina e la
conseguente condizione sociale degli agricoltori, non ci meraviglieremo troppo se questo
nuovo costume fosse generalizzato nella cultura contadina a tutto il territorio dell’Italia
settentrionale.
Non abbiamo mai avuto modo di constatare, nelle interviste che abbiamo effettuato durante
occasionali conversazioni sul luogo, che questo tipo di unioni siano considerate, sotto un punto
di vista della dignità personale o della considerazione sociale, desiderabili.
Molto spesso, sia dagli abitanti che dagli sposi interessati, la questione veniva minimizzata, se
non addirittura negata; da qui le notevoli difficoltà di approccio e di approfondimento.
Noi, non siamo mai stati considerati i benvenuti, non tanto per la risaputa diffidenza dei
contadini, ma in quanto studenti e come tali considerati ancora dei privilegiati che andavano a
rovistare, senza essere chiamati ma adducendo i “sacri” motivi di studio, nelle pieghe delle loro
vicissitudini.
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Le domande che a questo punto si impongono sono: come mai i contadini non sposano donne
del loro paese come avveniva qualche anno fa? Perché si indirizzano su un genere di matrimoni
nei quali la donna viene sposata come se fosse un pacco postale? Cos’è che li spinge a
compiere più di mille chilometri dalla propria casa per trovar moglie? Se consideriamo la
reticenza con la quale i contadini di solito affrontano ambienti diversi dai loro sarebbe
opportuno dedurne che dietro questi comportamenti ci deve essere necessariamente qualcosa di
coercitivo che li spinge a compiere scelte poco desiderate.
Prima di inoltrarci a discutere in dettaglio il problema desidereremo fare alcune premesse
generali di carattere teorico, per evitare anche al lettore certi “stacchi” culturali troppo forti:
quelli che esistono tra i contenuti, diciamo, moderni del matrimonio che appartengono a una
certa cultura e quelli che appartengono più specificamente alla cultura rurale.
E qui il discorso si sposta sulla donna, non tanto per prendere arbitrariamente una delle due
parti, ma perché la donna costituisce negli scambi matrimoniali una parte singolare, cioè più
che essere considerata una persona è considerata come simbolo e tramite all’interno della
società.
“ Gli uomini si scambiano ordinatamente le donne e instaurano così fra di loro un patto di
alleanza, in base al quale rinunciano ad appropriarsi di qualsiasi donna e al tempo stesso
fanno della donna un “segno” un oggetto di comunicazione fra di loro.
La donna diventa così non il destinatario principale dell’azione sessuale, ma lo strumento
attraverso il quale si realizzano fra gli uomini comunicazioni concrete e simboliche:
comunicazioni dirette a tutto il gruppo, alla società ”. (1)
Se la donna è ridotta a mero simbolo, non ciò che è ma ciò che rappresenta, è in conseguenza
alla regola universale della proibizione dell’incesto; cioè se questa regola vieta l’unione fra
parenti stretti ne prescrive l’accoppiamento con altri, costringendo i membri di una famiglia ad
allacciare rapporti al di fuori di essa. Questo è il passaggio, secondo Levi-Strauss, dal regno
della natura a quello della cultura.
“ Il ‘fatto della regola’, considerato in modo assolutamente indipendente dalle sue modalità,
costituisce, in effetti, l’essenza stessa della proibizione dell’incesto. Se infatti la natura
abbandona l’accoppiamento al caso e all’arbitrio, la cultura non può non introdurre un
ordine di qualche tipo là dove non ne esiste alcuno.
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Il ruolo principale della cultura è di assicurare l’esistenza del gruppo e dunque di sostituire
l’organizzazione al caso, così in questo come in tutti gli altri campi ”. (2)
Grazie alla proibizione dell’incesto, i membri di una famiglia, ai quali è vietato l’accesso alle
donne che la compongono, sono costretti ad intraprendere relazioni con donne di un’altra
famiglia e, a sua volta, per stabilire un rapporto di equità cederanno le loro. Come appunto
sottolinea Lèvi-Strauss, gli scambi matrimoniali e quelli economici sono parte integrante di un
sistema di reciprocità.
Ma la posizione della donna è importante anche per un altro aspetto, e cioè:
“ la profonda tendenza poligamica che possiamo considerare esistente in tutti gli uomini fa si
che il numero delle donne disponibili appaia sempre insufficiente. Si aggiunga che le donne,
anche se numericamente equivalenti agli uomini, non sono tutte ugualmente desiderabili
(diamo al termine un senso più largo della sua connotazione erotica) e che per definizione
(……) le donne più desiderabili formano una minoranza. In atto e virtualmente, dunque, la
domanda di donne è sempre in stato di squilibrio e di tensione ”. (3)
L’aspetto che più colpisce però è che generalmente il matrimonio ha una importanza “non
erotica ma economica”.
Certe popolazioni hanno molteplici mezzi per risolvere l’aspetto erotico del problema, come:
l’omosessualità, la poliandria, il prestito delle donne e la libertà estrema delle relazioni
prematrimoniali.
L’aspetto economico è ancora più caratterizzato dove esiste la divisione del lavoro tra i sessi.
“ la divisione del lavoro, come la forma della famiglia, è determinata più da considerazioni
sociali e culturali che non da considerazioni naturali ". (4)
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e:
“ quando si dichiara che un dato sesso deve eseguire certi compiti ciò significa che all’altro
sesso è proibito eseguirli. Da questo angolo, la divisione sessuale del lavoro si riduce a un
espediente per restituire uno stato di reciproca dipendenza tra i sessi ”. (5)
Questo fatto implica che un uomo e una donna costituiscono il gruppo più adatto alla
sopravvivenza e si può capire anche perché un uomo celibe e una donna nubile si trovino in una
condizione poco invidiabile, infatti, se per esempio, agli uomini è prescritto la caccia e alle
donne la raccolta dei frutti e ortaggi; oppure all’uomo la coltivazione dei campi e alle donne di
accudire la casa, un uomo senza moglie si troverebbe a mal partito, cosa succederebbe se la
battuta di caccia è stata inutile? E cosa succede al contadino che torna a casa dai campi? Chi si
occuperà della casa e del cibo?
“Un individuo–continua ancora Levi-Strauss–abbandonato a se stesso non potrebbe vivere”.
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Da qui ne deriva che
“ la completezza e soprattutto la regolarità della alimentazione dipendono dunque da questa
vera e propria ‘cooperativa di produzione’ che è la coppia coniugale “. (7)
Sulla condizione del celibato, continua ancora l’autore, trova presso queste popolazioni un
accordo pressoché unanime nel definirla, assieme all’orfanatezza, la calamità della società
primitiva. Il celibe è una persona da prendere in giro, da schernire, un uomo a metà che genera
disprezzo. Ma
“vi sono certamente delle eccezioni a questo atteggiamento generale. In Polinesia il celibato
sembra avere una certa frequenza, forse perché la produzione del cibo non vi costituisce un
problema critico “. (8)
E questo, ai fini della presente ricerca, è un fatto molto importante, infatti lo scapolo non è
disprezzato ovunque, ma solamente in certi ambiti e dove probabilmente esiste una economia
particolare. Ci viene in mente a tal proposito che ai nostri giorni uno scapolo che vive in città è,
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per certi versi, invidiato e gli si accredita libertà e piaceri che sono altrimenti negati agli
sposati con o senza prole.
D’altro canto lo scapolo che viva in una ambiente rurale è in una posizione estremamente
diversa e poco felice, innanzi tutto non dispone di tutte quelle comodità, mense, lavanderie,
ritrovi, di cui invece un suo collega cittadino beneficia e poi perché se non trovasse moglie
sarebbe obbligato a cadere nella triste condizione detta poc’anzi.
(1) - IDA MAGLI, Un legame omosessuale, in “La Repubblica” n. 96 del 1/5/79.
(2) - LEVI-STRAUSS, Strutture elementari della parentela, Milano, Feltrinelli, 1976, p.75-
(3) - LEVI-STRAUSS, Strutture ……… cit. p. 82
(4) - LEVI-STRAUSS, Razza e storia e altri studi di antropologia, Torino, Einaudi, 1967, p.163
(5) – LEVI-STRAUSS, Razza e storia ….. cit. p. 165
(6) – LEVI-STRAUSS, Strutture ……….cit. p. 83
(7) – LEVI-STRAUSS, Strutture ……….cit. p. 83
(8) – LEVI-STRAUSS, Strutture ……….cit. p. 85