Introduzione
2
sistema dei mass media e cittadini, dove l’impatto dei mass media é legato
alla percezione della realtà sociale.
Nel cap. 2 una serie di teorie del “new look” vengono esposte,
ponendole ai diversi livelli di mediazione simbolica attraverso cui avviene
la costruzione sociale della realtà da parte dei due sottosistemi, politico e
dei mass media, entrambi intesi come fonti di specifici flussi comunicativi
e simbolici, complementari o concorrenziali tra loro nell’impatto sui
cittadini, più o meno rilevante a seconda della loro capacità e competenza
di avere un raffronto diretto con la propria realtà quotidiana.
La successione delle teorie, provenienti da più ambiti disciplinari,
viene collocata entro la cornice più ampia di una lettura, operata da
Bernard Manin, dei mutamenti nelle forme di rappresentanza e
rappresentazione politica che contraddistinguono le moderne società
postindustriali, con il passaggio da una democrazia fondata sui partiti ad
una dove il momento della decisione si sposta sempre più verso l’opinione
pubblica, per giungere infine alle implicazioni più concrete nella dinamica
dei rapporti tra sistema dei mass media e sistema politico, legate dunque
anche alla trasformazione della relazione tra elettori e partiti, come gli
effetti determinati dai mass media sulla natura e il funzionamento del
sistema politico e più in particolare l’esasperazione della competizione tra
persone e temi su una “ribalta” spettacolarizzata.
Da qui si procede, nel cap. 3, nell’esposizione di come, all’interno
del contesto italiano, si sia, nei fatti, verificata l’interazione reciproca tra
sistema politico, sistema dei mass media ed elettori (questi ultimi anche e
soprattutto sempre più telespettatori). Si mette così in risalto come da un
lato l’evoluzione verso uno “spazio pubblico” sempre più
massmediatizzato e dall’altro il parallelo passaggio nei rapporti tra
sistema politico e sistema dei mass media attraverso fasi di sudditanza,
complementarità e concorrenza siano entrambi in primo luogo il frutto di
un mutamento nei rapporti tra cittadini e istituzioni, per come essi si erano
venuti a strutturare al momento della costituzione del sistema politico
repubblicano.
Per questa ragione, le implicazioni della crisi dei partiti
tradizionali, alla luce del ruolo rivestito nel sistema politico italiano, e la
commercializzazione del sistema televisivo negli anni ottanta, con il
mutamento nelle logiche e nelle strategie produttive che ciò comporta,
vengono implicitamente adottati come piani paralleli attraverso cui
giungere ad una più corretta valutazione degli eventi culminati nelle
elezioni del 1994.
A questa e alle successive elezioni, proprio sulla base della
definitiva affermazione sia di un mercato elettorale aperto e competitivo
che della televisione come luogo privilegiato, e comunque essenziale,
Introduzione
3
della comunicazione politica, si é dato un rilievo più approfondito,
soffermandosi in particolare sulle strategie comunicative degli attori in
competizione, sul modo in cui hanno interagito con il più generale
assestamento dei rapporti tra i due sistemi e, ad un livello superiore, con
l’evoluzione del clima d’opinione all’interno della società civile.
Infine, nel cap. 4, vengono presentati i risultati ed una serie di
prime considerazioni, corredate dalle tabelle in appendice, su una verifica
empirica svolta a Riccione nello scorso giugno con l’obiettivo di
individuare, facendo riferimento alla campagna elettorale appena tenutasi,
delle relazioni significative tra gli atteggiamenti e gli orientamenti verso i
vari canali di comunicazione politica (sia mediali che interpersonali) e
quelli verso l’offerta politica proposta, alla luce della persistenza di
legami subculturali ancora diffusi.
Abstract
4
ABSTRACT
1. IL DIBATTITO TEORICO
La ricerca sugli effetti che i mezzi di comunicazione di massa (mass media)
hanno sulla società e dunque pure sulla politica ha riscosso fin dagli anni venti
sempre maggiore attenzione da parte degli studiosi.
Fino agli anni settanta però, prima che si accettasse la pervasività e la
complessità di tali mezzi, la ricerca si é divisa tra due approcci contrapposti
frutto di una differente concezione degli stessi mass media: in Europa la ricerca
partiva da una visione fortemente ideologica ed empiricamente discutibile in cui
i mass media erano intesi come strumenti di riproduzione di massa dei rapporti
di forza presenti nell’apparato economico e sociale; negli Stati Uniti la ricerca
era invece sì empiricamente rigorosa, ma concentrata, dati gli obiettivi posti dal
governo e dalle imprese che la finanziavano, sugli effetti che la propaganda e la
pubblicità avevano nel breve periodo sul singolo individuo.
Si é giunti ad una ricomposizione di questa frattura solo riconoscendo che
l’attività chiave rivestita dai mass media é quella della conoscenza e
informazione di e sul mondo, sull’ambiente circostante, cioè ciò che permette di
dargli un senso e ne influenza la percezione.
La cultura di massa diffusa da giornali, radio, cinema e televisione é divenuta
infatti una delle esperienze più presenti e ampiamente condivise della società
contemporanea, in grado di collegare l’esperienza vissuta direttamente nella
propria sfera individuale alla percezione dell’ambito pubblico e associato a cui
si partecipa indirettamente, tanto più quando, con la televisione, si compie il
passo restato precluso agli altri media: una funzione di filtro verso la realtà, non
più secondario e accessorio, ma centrale ed indispensabile per la sua
riconoscibilità e conoscenza.
Questo comporta lo spostamento dell’attenzione verso il significato conferito a
ciò a cui ci si espone (e non alla semplice quantità), non più in virtù di un
singolo messaggio, ma per effetto di più messaggi cumulati e sedimentati nel
tempo, riconoscendo, inoltre e soprattutto, che, in questo lungo processo di
percezione e costruzione della realtà, i messaggi dei mass media entrano in
interazione e interdipendenza permanente con altri processi comunicativi (come
l’esperienza diretta, la comunicazione interpersonale o quella appunto politica).
Proprio il tipo di rapporto (subalterno, complementare, concorrenziale) tra
politica e mass media (ed i rispettivi processi comunicativi e simbolici) produce
un diverso effetto sul cittadino, che é sia elettore che utente. La stessa lotta
politica é ormai divenuta essenzialmente costruzione e contrapposizione di più
realtà sociali. Ciò che é molto importante sottolineare é che la realtà che il
cittadino percepisce dai mass media come dai diversi attori politici sarà
comunque più o meno determinante per capire e interpretare ciò che lo circonda,
Abstract
5
a seconda di quanto lui stesso ha la possibilità di confrontare e verificare i
messaggi che riceve con la realtà che vive direttamente.
2. IL “CASO ITALIANO”
L’Italia, sul piano politico, é restata fossilizzata, fino alla metà degli anni
settanta, attorno alla contrapposizione tra due distinte “comunità”, una “bianca”
e una “rossa”, raccolte nello Stato Repubblicano e nell’esperienza comune della
Resistenza. Almeno l’80% dei cittadini, per un trentennio, ha vissuto la politica
come una “fede”, dove DC e PCI trasmettevano loro una precisa immagine del
mondo. Il senso di appartenenza al proprio partito (e al mondo che esso
esprimeva) e di opposizione verso l’altro veniva rinforzata da una fitta rete di
organizzazioni che accompagnavano il cittadino in ogni fase della sua esistenza.
Cosicché il voto stesso non veniva espresso come risposta a precisi problemi
della comunità, ma come mezzo per esprimere (e confermare) la propria
adesione ad uno dei due modelli, quello democristiano e quello comunista.
Sono i temi come il divorzio e l’aborto i primi dove il cittadino inizia ad
esprimere compiutamente un’opinione “libera” dai partiti. Ed é proprio sul
piano sociale e culturale che la televisione ha operato principalmente fornendo
modelli e stili di vita alternativi alla Chiesa e alla Casa del Popolo, integrando le
diverse classi sociali nel processo di formazione di una moderna società
industriale, più ricca e con nuove esigenze da soddisfare.
Negli anni ottanta, in coincidenza con il rifiuto dell’impegno politico e sociale
sfociato negli “anni di piombo”, é la “nuova” televisione della concorrenza tra
emittenza pubblica e privata a riempire i sogni e le aspirazioni degli italiani,
tanto da costringere sempre più la politica e i suoi leaders a inseguirne forme e
linguaggi, anche perché nella “battaglia per gli ascolti” ora la televisione é più
libera di seguire i gusti del pubblico, oltre alle necessità dei suoi referenti
politici.
Quando la macchina statale inizia a svelare la sua inefficienza e sorgono i primi
movimenti alternativi all’asse DC-PCI, é però la televisione a mostrare (e
amplificare) il senso di frustrazione e rivalsa dei cittadini, mettendo in onda ora,
oltre ai loro piccoli sogni, anche la loro protesta.
Il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica avviene in un clima generale
d’opinione a cui contribuiscono tutti i mass media con la cronaca di
Tangentopoli, vissuta giorno per giorno soprattutto davanti alla tv, come in un
dramma appassionante che lascia presagire un “lieto fine” dettato
semplicemente dall’introduzione di una nuova legge elettorale maggioritaria, in
grado di porre un unico uomo, capace e al di fuori dei partiti ormai screditati, a
risolvere i problemi ormai non più rinviabili del paese.
Nel 1994 Berlusconi non vince semplicemente perché ha le sue televisioni, ma
vince, usando le sue televisioni e le stesse tecniche di marketing sviluppate in
anni di televisione commerciale, per vendere efficacemente un “nuovo” prodotto
(sé stesso) a un pubblico di “consumatori” privi dei vecchi riferimenti politici
Abstract
6
(gli “orfani” di DC e PSI, ma non solo) e occupando l’immaginario collettivo
contro una sinistra incapace di fare percepire utili e appetibili le proprie
proposte, oltre che giuste.
Il successo di Berlusconi é tale che nel 1994 la ricerca di un’identità politica si
sovrappone a quella costruita in campo televisivo tra Rai e Fininvest: mentre
ancora un decennio prima l’iscrizione al sindacato o la frequenza alla messa
erano determinanti per prevedere l’orientamento politico, ora la condizione che
più spiega la collocazione a sinistra o a destra é proprio la fiducia verso le
emittenti Rai o Fininvest, al di là di qualunque altra appartenenza o
comportamento.
Due anni più tardi però il disincanto ha ormai sostituito l’euforia verso la
politica, la televisione e le possibilità di ripresa immediata del paese: anche il
centro-sinistra ora mette in scena, con una strategia comunicativa coerente e
credibile, un leader che si rivela, magari pure annoiando, comunque più in
sintonia con le esigenze di concretezza ed autenticità di quella quota di indecisi,
di anno in anno più fitta (e decisiva con il maggioritario), anche intimorita dal
clima rissoso a cui contribuisce lo stesso Berlusconi ponendosi per la prima
volta a confronto con i suoi avversari.
Così come il leader del Polo, anche Prodi però, nel 1996, non ha vinto per la
televisione, ma non avrebbe vinto senza televisione, proprio perché essa, a
prescindere dalla credibilità dei messaggi, é divenuta ormai l’arena in cui questi
sono costretti a passare per raggiungere l’elettorato nazionale, sempre più
interessato alla risoluzione di problemi concreti e meno disposto a votare “per
fede”.
Abstract
7
3. LA RICERCA A RICCIONE
L’indagine sul campo si é svolta, dal 10 al 30 giugno 1996, interrogando 376
cittadini di Riccione con un questionario autocompilativo, sull’atteggiamento e
gli orientamenti verso televisione e politica, distribuito da una rete di 40
intermediari a individui facenti parte della loro cerchia sociale (non più di uno
per nucleo familiare).
Il campione scelto può dirsi rappresentativo della popolazione di Riccione
(31mila abitanti), dunque attendibile, sia per l’alto numero di interviste, sia
perché l’orientamento elettorale espresso riflette quasi perfettamente il risultato
delle elezioni politiche tenute due mesi prima (con un trascurabile 3% in più
all’Ulivo ai danni della Lega).
I dati raccolti sono stati rielaborati con il programma statistico SPSS e si sono
individuate 5 classi in cui dividere il campione, a seconda del momento in cui
ciascuno affermava di aver deciso come votare e dell’interesse verso la
campagna elettorale rispetto a due anni prima.
I risultati esposti nelle tabelle vanno intesi, non per il loro numero assoluto, ma
per il loro grado di rappresentatività, indicando cioé i gruppi che caratterizzano
maggiormente ciascuna classe, proprio perché, in proporzione all’intero
campione, sono più presenti di altri. Si tratta dunque di una serie di “identikit”
sul diverso grado, come forma e intensità, di coinvolgimento verso la campagna
elettorale 1996.
Una prima considerazione riguarda l’alto numero di adesioni incondizionate a
sinistra, soprattutto tra i soggetti meno coinvolti e interessati alla politica, che
conferma (anche se in calo) il radicamento di Riccione all’interno di una zona
geopolitica “rossa”, dove il tessuto sociale porta a prendere in considerazione
principalmente le forze politiche di sinistra, mentre nel resto del paese avviene il
contrario (e proprio su questo Berlusconi costruì le sue fortune nel 1994).
Allo stesso modo il comportamento elettorale dei soggetti più indecisi conferma
quanto avvenuto a livello nazionale, dove gran parte degli indecisi é confluita
negli ultimi 20 giorni su Ulivo e Lega a scapito del Polo, anche quando
potenzialmente erano più orientati a destra.
Questo é avvenuto per i soggetti che più di altri hanno associato la sfiducia
verso la politica a quella verso la televisione, come se, esaurito il ruolo di
identità collettiva di quest’ultima, non vi fossero altre alternative al voto di
protesta. Del resto si può dire, proprio riguardo al ruolo della tv nel 1996, che,
se essa ha avuto effetti, ha sicuramente favorito chi ne é restato più ai margini o
addirittura era assente dalle sfide tra le maggiori coalizioni.
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
8
Capitolo 1
LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS
MEDIA
“La televisione non è altro che l’inconscio a cielo aperto della società.”
(Serge Daney, critico dei “Cahiers du cinéma”)
1
1.1 MASS MEDIA, CULTURA DI MASSA, TELEVISIONE
In una delle loro tante accezioni, i “mass media” vengono intesi
come “l’insieme dei moderni strumenti di divulgazione dell’industria
culturale, quali giornali, radio, cinema, televisione ed i loro derivati,
destinati a diffondere messaggi e informazioni a una massa
indifferenziata, caratterizzati inoltre dall’unilateralità del flusso
comunicativo, quindi dall’impossibilità per l’utente di intervenire
fisicamente sulla definizione del messaggio e di rispondere ad esso nel
momento della sua emissione e nel luogo in cui questa si esplica”.
2
Sulla base di ciò tutti, o quasi tutti, i membri delle moderne società
industriali vengono ad essere partecipi, di una “cultura di massa”,
un’espressione vaga, eppure intuitiva, che comprende sia i tanti prodotti
culturali che circolano sui media, sia le abitudini e le convenzioni che li
condizionano nelle loro attività di fruitori dei moderni mezzi di
comunicazione di massa. Se l’evoluzione della cultura di massa pare
quindi sovrapporsi alla storia complessiva della società, ciò è dovuto al
fatto che tale fruizione è ormai una delle esperienze più diffuse e più
ampiamente condivise della società contemporanea, tanto da costituire un
1
A. Grasso (a cura di), Enciclopedia della televisione, Milano, Garzanti, 1996, pag. 182
2
A. Grasso (a cura di), Enciclopedia della televisione, op. cit., pag. 440
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
9
ponte tra il tempo privato della vita individuale e familiare e quello
pubblico della vita associata.
3
La pervasività dei mass media nelle società moderne raggiunge il
suo punto più alto con la comparsa e sempre più capillare diffusione della
televisione, il medium che viene a compiere il passo restato sempre
precluso agli altri: una funzione di filtro verso la realtà, non più
accessoria o secondaria, ma centrale e necessaria. La sua struttura
produttiva (consistente in una visualizzazione rapida, spesso istantanea),
le sue caratteristiche distributive (che le permettono di essere a
disposizione dell’utente senza un atto volontario di spostamento fisico) e
le sue modalità di fruizione (le quali impongono, per la natura stessa del
reticolo del teleschermo, non solo di guardare ma anche di “partecipare”)
determinano infatti il sorgere di una correlazione sempre più stretta tra la
realtà e la sua “conoscibilità mediologica” per mezzo della tv.
4
Non di meno, progressivamente a tale diffusione, si è imposta la
necessità di individuare con quanta intensità e in quale forma si
esplicitasse l’influenza dei mass media sui comportamenti del singolo
individuo così come sugli orientamenti della società, con una gamma
molteplice e difforme di risposte nel corso del tempo.
Fino agli anni settanta, però, prima ancora che la pervasività di tali
mezzi diventasse un fatto compiuto e soprattutto accettato nella sua
complessità, la ricerca sugli effetti dei mass media
5
ha risentito
profondamente della contrapposizione tra due diversi approcci, originata
da una differente concezione degli stessi media:
ξ l’impostazione critica, di radice prettamente europea, partendo
da una visione fortemente ideologica, tratta, in modo
empiricamente discutibile, i problemi legati alle relazioni
generali tra sistema sociale e mass media, intesi come strumenti
di riproduzione di massa dei rapporti di forza presenti
nell’apparato economico e sociale;
3
P. Ortoleva, Mass media. Nascita e industrializzazione, Firenze, Giunti, 1995, pp. 12-13
4
C. Sartori, La grande sorella. Il mondo cambiato dalla televisione, Milano, Mondadori, 1989,
pag. 11
5
Le opere in lingua originale e non, indicate in nota nei paragrafi 2, 3 e 4 del capitolo 1, quindi
relative ai vari approcci di ricerca, vengono citate come completamento bibliografico, nella
prospettiva di fungere da base per ricerche ulteriori e più mirate. Tali opere sono state riprese
da rassegne, indicate nello specifico a pie’ di pagina: L. Gallino, Dizionario di sociologia,
Torino, Utet, 1993; A. Grasso (a cura di), Enciclopedia della televisione, op. cit.; D.
McQuail, Le comunicazioni di massa, Bologna, Il Mulino, 1986 (ed. or.: Mass
commmunication theory. An introduction, London, Sage, 1983); P. Ortoleva, Mass media.
Nascita e industrializzazione, op. cit.; G. Statera, Società e comunicazioni di massa,
Palermo, Palumbo, 1993; M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Milano, Bompiani,
1985
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
10
ξ la ricerca amministrativa, di radice americana, incentivata dagli
obiettivi posti dal governo e dalle imprese che la finanziavano, si
concentra invece sullo studio empiricamente rigoroso di
fenomeni contingenti, attraverso cui risalire all’influenza sul
pubblico dei media, considerati come strumenti usati per
raggiungere determinati scopi.
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
11
1.2 LA RICERCA CRITICA
1.2.1 La teoria critica della società
La “teoria critica della società”
6
, elaborata a partire dagli anni venti
dagli studiosi raccolti attorno all’Istituto per la Ricerca Sociale di
Francoforte, in particolare Horkheimer e Adorno
7
, si contrappone
decisamente a tutta la sociologia contemporanea, la cui impostazione
analitica e positiva è vista come un riflesso ideologico e fattore di
conservazione delle strutture di dominio in essere. In particolare, circa la
ricerca sui mass media, prende nettamente le distanze dall’impostazione
amministrativa (che invece le rimproverava l’assenza di attenzione per la
dimensione empirica), sia perché tacciata di prestarsi agli interessi del
sistema sociale e della classe dominante, sia per l’infondatezza teorica che
deriva dall’analisi di solo alcuni segmenti del fenomeno massmediale a
scapito di una visione globale.
La teoria critica tenta di saldare l’atteggiamento critico nei
confronti della scienza e della cultura con la lettura delle dinamiche
societarie del tempo, attraverso i fenomeni sovrastrutturali della cultura o
del comportamento collettivo e con la proposta politica di una
riorganizzazione razionale della società in grado di superare la crisi della
ragione.
I mass media non sono apparati autonomi e indipendenti dal
contesto in cui operano, bensì strumenti inseriti in un contesto più ampio,
quello della “industria culturale” a sua volta parte del sistema sociale, di
cui concorrono a rafforzare le strutture e gli assetti. Industria culturale e
mass media svolgono quindi la funzione strategica di legittimare le forme
assunte dal sistema e di contenere o scoraggiare i comportamenti eversivi
e le manifestazioni di devianza, mediante la produzione e la diffusione di
contenuti in linea con l’ideologia del potere dominante.
Quanto più le posizioni dell’industria culturale si fanno solide e
salde, tanto più i bisogni del consumatore vengono guidati e disciplinati,
facendo quindi della moderna cultura di massa un mezzo di inaudito
controllo psicologico, perché in grado di alterare, ad insaputa del fruitore,
la sua stessa individualità e vincolandolo a un’inconsapevole identità
senza riserve con la società.
6
L. Gallino, Dizionario di sociologia, op. cit., pp. 702-706; A. Grasso (a cura di), Enciclopedia
della televisione, op. cit., pp. 769-770; M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, op.
cit., pp. 79-100
7
M. Horkheimer - T. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Torino, Einaudi, 1966 (ed. or.:
Dialetktik der Aufklarung. Philosophische Fragmente, Amsterdam, Querido Verlag, 1947)
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
12
1.2.2 La teoria culturologica
Parallelamente alla teoria critica, anche la “teoria culturologica”
8
,
elaborata soprattutto nella cultura francese, ed in particolare da Morin
9
, si
oppone alla communication research di radice amministrativa.
Il suo oggetto di analisi non sono i mass media, né gli effetti sui
destinatari dei messaggi, ma la definizione della forma di cultura, la
cultura di massa, un insieme di simboli, valori, miti e immagini che
riguardano sia la vita pratica che l’immaginario collettivo, presenti nella
nuova società contemporanea policulturale, dove, per la prima volta nella
storia, la condizione di individuo non è privilegio di pochi, ma è
accessibile a tutti.
Con lo sviluppo industriale e tecnico, l’accesso delle masse
all’individualità comporta però un grande cambiamento sociale e
psicologico, nuove condizioni di vita che disgregano le precedenti culture
e fanno emergere nuovi bisogni individuali, a cui risponde la cultura di
massa, procurando in forme fittizie tutto ciò che è cancellato
sistematicamente dalla vita reale.
Laddove l’identità dei valori di consumo e la rincorsa alla loro
espansione pone apparentemente in comunicazione i differenti strati
sociali, ciò avviene per mezzo del legame che la struttura
dell’immaginario collettivo consente di stabilire tra il carattere di prodotto
industriale dell’oggetto di consumo e il suo ritmo di fruizione quotidiana,
attraverso una qualità media per uno spettatore medio, detta
“sincretismo”.
8
P. Ortoleva, Mass media. Nascita e industrializzazione, op. cit., pag. 21; M. Wolf, Teorie delle
comunicazioni di massa, op. cit., pp. 100-106
9
E. Morin, L’industria culturale. Saggio sulla cultura di massa, Bologna, Il Mulino, 1963 (ed.
or.: L’esprit du temps, Paris, Grasset, 1962)
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
13
1.2.3 I cultural studies
Pur nello stesso solco della centralità dei costrutti culturali
collettivi intesi come agenti della continuità sociale, l’approccio di ricerca
mediologica dei “Cultural Studies”
10
si distingue dagli approcci
precedenti per la concezione complessa ed elastica, non puramente
residuale o meccanica, della natura dei mass media.
L’importanza di questi studi, profilatisi negli anni cinquanta e
sessanta attorno al Centre for Contemporary Cultural Studies di
Birmingham, in Inghilterra, tra i quali vanno ricordati soprattutto quelli di
Williams
11
, sta nell’attenzione rivolta alle strutture sociali e al contesto
storico, in quanto fattori essenziali per comprendere l’azione dei media,
ponendo in luce una tendenza che marcherà progressivamente tutta la
communication research.
L’interesse dei cultural studies è rivolto soprattutto all’analisi di
una forma specifica di processo sociale: l’attribuzione di senso alla realtà,
lo sviluppo di una cultura, di pratiche sociali condivise, di un’area
comune di significati. Il presupposto è che per cultura si intendano tutte le
pratiche sociali e la somma delle loro interrelazioni: quindi sia i
significati e i valori che sorgono e si diffondono nelle classi e gruppi
sociali, sia le pratiche effettivamente realizzate attraverso cui valori e
significati sono espressi e nelle quali sono contenuti.
I mass media agiscono come elementi attivi di questi costrutti
collettivi, definizioni e modi di vita, sostenendo e riproducendo la
stabilità sociale e culturale, ma non staticamente, bensì adattandosi
costantemente alle pressioni e contraddizioni che emergono dalla società,
inglobandole e integrandole nel sistema culturale stesso. Ciò avviene
entro e attraverso pratiche produttive dalla natura sì standardizzata e
riduttiva, che quindi favoriscono lo status quo, ma anche insieme
contraddittoria e variabile, perché influenzate pure dal comportamento del
pubblico, orientato da fattori strutturali e culturali.
10
M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, op. cit., pp. 106-110
11
R. Williams, La lunga rivoluzione, Roma, Officina Ediz., 1979 (ed. or.: The long revolution,
London, Chatto & Windus, 1961); R. Williams, Televisione. Tecnologia e forma culturale,
Bari, De Donato, 1981 (ed. or.: Television: technology and cultural form, London, Fontana,
1975)
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
14
1.3 LA RICERCA AMMINISTRATIVA
All’interno della ricerca amministrativa, storicamente, si possono
cogliere più momenti di passaggio nelle risposte date alla rilevanza e alla
centralità del problema degli effetti. Vi sono al riguardo due diverse
interpretazioni circa la sequenza in cui queste risposte si sono susseguite
ed hanno avuto risalto tra gli addetti ai lavori: da una parte
un’interpretazione “ciclica” di fasi distinte tra loro
12
, dall’altra una lettura
fondata sulla “continuità” tra questi momenti di studio, evidenziando, in
ciascuno di questi, la permanenza di certi temi e la sopravvalutazione di
altri, divenuti dominanti in un dato periodo, pur nella loro presenza
contemporanea.
13
Quest’ultima permette di meglio comprendere come ciascuna delle
seguenti teorie ed il modo in cui hanno avuto risonanza vadano
relativizzati, in quanto prodotto di più fattori assieme: il tipo di teoria
sociale che questi modelli teorici hanno adottato come presupposto o a cui
esplicitamente si sono richiamati; il modello di processo comunicativo a
cui si sono rifatti; ma soprattutto il contesto sociale, storico ed economico
in cui sono apparsi e si sono diffusi.
14
1.3.1 La teoria dell’ago ipodermico
La “teoria dell’ago ipodermico (o del proiettile)”
15
, elaborata,
attorno agli anni venti e trenta negli Stati Uniti, con l’obiettivo di valutare
gli effetti della propaganda ideologica attraverso i nuovi mezzi di
persuasione di massa, si fonda più su un clima d’opinione diffuso, anche
per la funzione che rivestivano nei regimi totalitari del tempo, che non su
un insieme organico di conoscenze empiricamente fondate.
La teoria sostiene, riprendendo la “teoria dell’azione” elaborata
dalla psicologia behavioristica
16
, una relazione diretta, immediata e
meccanicistica tra esposizione ai messaggi e comportamento: l’individuo,
se viene raggiunto dalla propaganda, può quindi essere manipolato ed
indotto ad agire. Egli è infatti un atomo isolato all’interno della “società
12
D. McQuail, Le comunicazioni di massa, op. cit., pp. 220-223
13
M. Wolf, Il problema degli effetti nelle teorie delle comunicazioni di massa, in “Problemi
dell’informazione”, XIII, 3, 1988, pp. 282-288
14
M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, op. cit., pag. 15
15
A. Grasso (a cura di), Enciclopedia della televisione, op. cit., pp. 369-370; M. Wolf, Teorie
delle comunicazioni di massa, op. cit., pp. 16-27
16
F. H. Lund, Psychology. An empirical study of behavior, New York, Ronald Press, 1933
Capitolo 1: LA RICERCA SUGLI EFFETTI DEI MASS MEDIA
15
di massa”, intesa nelle sue prime, drastiche accezioni
17
di aggregato che
sorge e vive al di là e contro i legami comunitari preesistenti, nella quale i
ruoli comunicativi sono forzatamente impersonali ed anonimi.
Nel momento in cui gli studi sono passati dalla descrizione di
effetti temuti ad un concreto paradigma di ricerca sull’audience, per
capire i soggetti e il contesto che la formavano, si è verificato un
rovesciamento nella concezione del ruolo dei media lungo più direttrici.
1.3.2 L’approccio empirico-sperimentale
L’“approccio empirico-sperimentale (o della persuasione)”
18
rivisita il processo comunicativo, concepito come rapporto meccanicistico
ed immediato, alla luce dei fenomeni psicologici individuali che
impediscono l’efficacia persuasoria ottimale dei messaggi. Gli studi
portano ad evidenziare come siano in gran parte alcuni caratteri
psicologici dell’audience a determinare la reale natura ed il grado di
esposizione del pubblico ai messaggi dei mass media. I componenti
dell’audience tendono infatti:
ξ ad esporsi all’informazione congeniale alle loro attitudini e ad
evitare i messaggi che ne sono difformi (esposizione selettiva);
ξ a trasformare e modellare il significato del messaggio ricevuto,
improntandolo alle loro attitudini e ai loro valori, talvolta fino a
mutarne radicalmente il senso (percezione selettiva o decodifica
aberrante);
ξ a memorizzare, in misura più rilevante e protratta nel tempo, gli
aspetti di un messaggio più coerenti con le proprie opinioni o
attitudini (memorizzazione selettiva).
1.3.3 La teoria degli effetti limitati
Il vero punto di svolta, parallelo e strettamente connesso alla teoria
precedente, è rappresentato dalla “teoria degli effetti limitati (o approccio
empirico sul campo)”
19
, che attenua anch’essa l’impatto dei media,
rendendo così più articolato il processo di influenza, ma attraverso la
rivalutazione del contesto sociale ed interpersonale nel quale è calato
l’individuo, la rete di rapporti sociali che costituiscono l’ambiente in cui
vive e che danno forma ai gruppi di cui fa parte, venendo quindi a filtrare
il messaggio prodotto dai mass media.
17
J. Ortega y Gasset, La ribellione delle masse, Bologna, Il Mulino, 1962 (ed. or.: La rebelion
de las masas, Madrid, 1930)
18
G. Statera, Società e comunicazioni di massa, op. cit., pp. 46-47, 53-55; M. Wolf, Teorie delle
comunicazioni di massa, op. cit., pp. 27-41
19
A. Grasso (a cura di), Enciclopedia della televisione, op. cit., pag. 35; M. Wolf, Teorie delle
comunicazioni di massa, op. cit., pp. 42-58