fisica, le capacità che questa può portare, le caratteristiche curative che da
essa si possono trarre.
“(…). Come si fa a scherzare sulla ginnastica mentre abbiamo,
su trecento iscritti alla leva, ottantamila riformati per
inattitudine fisica! Mentre abbiamo i ginnasi pieni di giovani
scoloriti, che hanno petti e braccia di bambini, e su dieci
ragazze della miglior società non se ne trovan due senza
qualche difetto di costituzione!… Oh! È un triste scherzo.”
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Tra le vicissitudini che vedono per protagonista il povero Celzani, coinvolto
troppo nei confronti della giovane e attraente insegnante, ci vengono fornite
alcune importanti informazioni.
Prima di tutte, le riviste del culto fisico che all’epoca giravano, quali ad
esempio:
- “Nuovo Agone”: rivista fondata a Torino dopo l’Unità per la diffusione
della ginnastica;
- “Campo di Marte”: rivista di ginnastica stampata a Torino.
Il racconto cita anche alcuni dei personaggi più illustri di quel periodo, che si
relazionarono al mondo della ginnastica e al suo culto:
- Rudolf Obermann, svizzero-tedesco, che per primo presentò la ginnastica
agli Italiani quando fondò a Torino nel 1844 la prima Società di Ginnastica
dell’Italia.
3
Obermann era stato chiamato alla direzione della Scuola Normale di Ginnastica
degli artiglieri e dei pionieri. Da quest’iniziativa era nata presso il Valentino una
scuola di ginnastica militare, e più tardi appunto, la prima in Italia di carattere
civile;
- Emile Baumann, autore di un famoso “Manuale di ginnastica italiana ad uso
degl’insegnanti elementari e delle scuole normali” seguace di Rudolf Obermann;
- Francesco De Sanctis, ministro dell’istruzione del regno d’Italia dal marzo1861
fino al 1862, quando abbandonò la maggioranza parlamentare di tendenze
moderate per tornare a Napoli;
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- Giovanni Orsolato, maestro padovano di ginnastica, si diplomò alla Scuola
Magistrale Ginnastica di Torino impegnandosi attivamente nella cura e nella
riabilitazione, mediante esercizio fisico, dei rachitici e degli scrofolosi.
Oltre a queste citazioni, emerge anche la poca considerazione che era data
agli insegnanti di ginnastica, allo stipendio minimo che essi ricevevano oltre alla
poca considerazione che ad essi era affidata.
Dal racconto di De Amicis è quindi possibile ottenere molte informazioni
ed avere una panoramica generale dello stato italiano, e in particolare di
Torino, nei confronti del culto fisico. Di certo “Amore e ginnastica” non è
solo questo, il racconto dell’amore folle che travolge il povero protagonista
è caratterizzato da romanticismo e passione in grado di toccare il cuore di
chiunque decida di leggerle questa opera e di farsi travolgere dagli eventi
narrati.
1
EDMONDO DE AMICIS, Amore e Ginnastica, OSCAR CLASSICI MONDADORI, pag. 31
2
EDMONDO DE AMICIS, Amore e Ginnastica, OSCAR CLASSICI MONDADORI, pag. 30
3
DAVID CHAPMAN, Una storia breve del bodybuilding, ABC Fitness, www.abc-fitness.com
5
1.2 La storia della Federazione Ginnastica d’Italia
Il culto della forza fisica, della salute e della bellezza inizia in Germania
alla metà del Settecento, con l’avvento della politica militare di Federico
Guglielmo I e Federico II di Prussia e della cultura neoclassica rappresentata dal
Winckelmann.
Jahn Ludwig Friedrich, “Turn Vater”, padre della ginnastica (1778-1825), nel
1810 pubblica “Deutsches Volkstum”: un testo nel quale esalta la ginnastica
come sistema educativo utile ad installare nel popolo il senso d’appartenenza
alla nazione germanica. Di qui la creazione del movimento del <<Turnenbund>>
(Lega Ginnastica), che elaborò una ideologia ginnica fortemente imbevuta
di valori nazionalistico-militaristici, e servì da modello a larga parte
dell’associazionismo ginnastico fiorito in Europa nell’Ottocento.
1
Dopo l’unità d’Italia le Società Ginnastiche nel nostro paese erano meno
di una decina. La Federazione, costituita nel 1869, riuscì in pochi anni a
portarle circa a 90, solo maschili con l’eccezione di Trieste (1865) che però
faceva parte dell’Austria, mettendo anche a punto un modello di statuto e
di regolamento unico per tutte le Società Ginnastiche. L’omogeneità dei loro
programmi e delle loro attività era un obiettivo irrinunciabile per la FGI.
La Ginnastica di cui la FGI promosse lo sviluppo nel secolo scorso era chiamata
“educativa”. Non si basava sui principi dello sport, respingeva l’agonismo, le
gare, i record, i premi.
Appena costituita la FGI condannò la pratica della ginnastica acrobatica da
parte delle Società Ginnastiche, in quanto considerata pericolosa, inutile sotto
il profilo della preparazione dei giovani al servizio militare, diseducativa perché
spingeva alla ricerca dell’applauso. La FGI si dichiarò contraria ai principi dello
sport per tutto il secondo Ottocento, nonostante fosse l’unica Federazione
esistente che concepisse i vari sport.
La mancanza di maestri di ginnastica nell’Ottocento fu uno dei problemi più
grandi che la FGI si propose di risolvere. Solo nel 1879 vennero istituite 9
Scuole Superiori di Ginnastica nelle principali città italiane.
La disputa sui metodi di ginnastica che divise le società ginnastiche
dell’Ottocento tra sostenitori della scuola torinese (metodo Obermann:
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ginnastica militare, uso dei grandi attrezzi) e sostenitori della scuola bolognese
(metodo Baumann: ginnastica più naturale, uso dei piccoli attrezzi), si riflesse
sull’unità della FGI che nel 1874 si scisse in due Federazioni contrapposte:
la Federazione Ginnastica Italiana e la Federazione delle società Ginnastiche
Italiane.
Solo nel 1887 si tornò ad una Federazione unitaria.
Il contributo delle Società Ginnastiche fu duplice: la responsabilità dei
propri impianti e delle attrezzature per l’addestramento dei soldati e la
partecipazione dei propri soci alla guerra. Il Risorgimento contribuì a creare
in Italia un clima favorevole alla diffusione della ginnastica, considerata
indispensabile per la preparazione di un esercito efficiente.
Le società Ginnastiche sorsero numerose in Italia dopo la costituzione e per
iniziativa della FGI. Lo statuto ed i regolamenti delle nuove Società Ginnastiche
erano quindi tenute ad una osservanza rigida delle finalità e delle metodologie
di insegnamento ginnastico volute dalla FGI.
Il rachitismo, malattia causata da deficienze alimentari che rende deformi i
bambini, era diffusissimo nell’Italia dell’Ottocento. Prime tra le altre, le Società
Ginnastiche di Torino, Genova, Milano, Padova e Parma costituirono asili per la
cura della malattia attraverso esercizi ginnici ispirati al sistema svedese di Ling:
la cosiddetta ginnastica medica o curativa.
Le condizioni igienico-sanitarie nell’Italia del dopo Unità erano estremamente
carenti e determinavano malattie e sofferenze. Le Società Ginnastiche
abbinavano all’insegnamento della ginnastica anche quello delle norme
igieniche più elementari. La beneficenza a favore dei poveri fu una delle
attività centrali svolte dalle Società Ginnastiche. In particolare a Carnevale
venivano allestiti dai soci e dalle loro famiglie spettacoli teatrali i cui proventi
erano distribuiti tra i poveri della città. Anche gli esercizi acrobatici degli atleti
servivano per richiamare il pubblico con la stessa finalità.
Nella produzione degli attrezzi di ginnastica si distinsero nell’Ottocento le
Società Ginnastiche di Torino, Bari e Trieste, e la palestra Centrale di Napoli.
Tra il 1870 e il 1880 la produzione attrezzistica italiana, in origine rozza, fu
portata ad un altissimo livello, emancipando l’Italia dall’importazione estera
e favorendo l’esportazione. I giovani studenti furono inizialmente il solo
obiettivo dell’attività svolta dalle Società Ginnastiche. Le scuole infatti non
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avevano palestre e quelle societarie furono messe a disposizione degli istituti
scolastici. Le società ginnastiche non percepivano alcun rimborso, neanche per
la manutenzione e la pulizia dei locali e degli attrezzi.
La ginnastica femminile, a causa dei pregiudizi morali e culturali, si sviluppò
molto più lentamente rispetto a quella maschile. I primi corsi per maestre di
ginnastica furono inaugurati infatti a Torino nel 1867, mentre quelli maschili
erano già iniziati dal 1844. Solo ai primi del Novecento la ginnastica femminile
si diffuse realmente in Italia.
La maggior parte delle Società Ginnastiche dell’Ottocento vennero fondate
da nobili. Questa classe costituì in seguito, assieme ai ricchi borghesi, la
componente più numerosa dei soci. Infatti solo chi aveva una certa agiatezza
economica per pagare le quote di iscrizione e per disporre del necessario
tempo libero poteva farsi socio e praticare la ginnastica. La situazione si
modificò solo nel primo Novecento con l’ascesa sociale della classe operaia.
I fondatori delle Società ginnastiche e della Federazione contribuirono in
modo determinante, dai primi anni dopo l’Unità, alla messa a punto di leggi per
la pratica della ginnastica nella scuole. Furono anche i promotori della legge
che nel 1878 stabilì l’obbligatorietà scolastica, presentata in Parlamento da
Francesco De Sanctis.
La prima scuola per maestri di ginnastica venne istituita a Torino nel 1861,
ma la condizione economica dei maestri fu carente per tutto l’Ottocento. Ai
maestri di ginnastica non era riconosciuta alcuna dignità professionale. Per
poter racimolare uno stipendio decente erano costretti a sobbarcarsi molte
ore di lavoro in due o più istituti scolastici, dal momento che occorrevano
almeno 150/200 lire al mese ed essi ne guadagnavano appena 50. inoltre non
prendevano lo stipendio regolarmente, spesso dovevano aspettare per la
corresponsione due o tre mesi.
La FGI si impegnò sin dal 1869 a favore dei maestri di ginnastica non solo
per miglioramenti economici, ma affinché avessero riconosciuto il diritto
all’ammissione in ruolo e agli scatti di anzianità, alla partecipazione al collegio
dei docenti.
Nel 1888 i maestri di ginnastica vennero finalmente ammessi in ruolo
acquisendo il diritto alla stabilità d’impiego. Cominciarono anche ad essere
invitati, solo discrezionalmente, al Consiglio dei Docenti. Gli stipendi furono
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aumentati da 500 a 600 lire all’anno, solo nel 1909 ebbero riconosciuti i
loro diritti ed uno stipendio migliore, grazie anche a una sindacalizzazione
crescente della categoria.
Nel Ministero della Pubblica Istruzione, preposto alla gestione della Scuola,
solo vent’anni dopo l’Unità d’Italia venne istituito il primo ufficio per la
ginnastica scolastica (l’Ispettorato Centrale per la ginnastica). Da allora gli
stipendi ai maestri di ginnastica vennero erogati con maggiore regolarità e
tutti i problemi relativi alla pratica della ginnastica a scuola poterono essere
affrontati con una maggiore razionalità.
Solo le Società Ginnastiche più importanti ebbero dopo l’Unità d’Italia grandi
ed attrezzate palestre. Le altre dovettero a lungo accontentarsi di locali di
fortuna: ex-granai, cortili, ex-chiese sconsacrate. Tali locali, spesso in affitto a
prezzi elevati, erano a volte attrezzati anche in modo insufficiente.
Nel primo ‘900 il numero degli insegnanti di ginnastica era ancora insufficiente.
Pochi sceglievano una carriera non gratificante sotto il profilo economico
e morale, cui si accedeva dopo un faticoso tirocinio. Nel 1909 vennero
finalmente aumentati gli stipendi, ma non pareggiati a quelli degli altri colleghi.
Per il calcolo delle pensioni poi, gli anni di anzianità erano conteggiati solo dal
1888, anno di costituzione del ruolo per gli insegnanti di ginnastica, così coloro
che avevano iniziato a lavorare prima di quella data si videro decurtare fino a
28 anni di anzianità.
Nell’ottobre del 1922, Mussolini con la marcia su Roma conquistò il potere
in Italia. Nel 1925 il Fascismo divenne una dittatura consolidata. Lo sport e
l’educazione fisica furono elementi fondamentali nella concezione politica
fascista. Fino agli anni ’30 venne perseguita la realizzazione di una educazione
fisica di massa, non la corsa al campionismo. Mussolini incarnava il simbolo di
una concezione attivistico-virile dello sport e dello Stato.
Mussolini si riprometteva di conseguire monopolio politico-educativo delle
masse giovanili oltre che “fascistizzando” la scuola, costituendo appositi enti
che formassero i giovani in senso fascista parallelamente alla scuola. Tutte le
organizzazioni giovanili concorrenti vennero soppresse.
L’Opera Nazionale Balilla (ONB), costituita nel 1926, era finalizzata all’assistenza
e all’educazione fisica e morale della gioventù fino ai 18 anni di età.
L’educazione fisica era considerata fondamentale per formare la futura classe
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dirigente fascista.
Nel 1923 vennero soppressi i 3 istituti de educazione fisica (Torino, Napoli e
Roma) costituiti nell’Italia liberale per preparare gli insegnanti di ginnastica.
Dopo un periodo di sbandamento gli insegnanti trovarono nelle Accademie di
educazione fisica maschile a Roma, femminile a Orvieto, una nuova guida per la
loro formazione.
Caduto il fascismo, il CONI venne commissariato (il commissario svolgeva
competenze di presidente e organi deliberativi). Dopo l’8 settembre, costituita
la Repubblica Sociale del Nord Italia da Mussolini, il CONI venne trasferito a
Venezia. Con la fase finale della guerra rimase diviso in due tronconi: Alta Italia
e Centro Sud. Giulio Onesti, commissario straordinario dell’ente dall’ottobre
1944, si impegnò, appoggiato dal governo del Sud, in una situazione post
bellica di grande disagio economica e sociale a riunificate, superando le rivalità,
CONI Nord e CONI Centro SUD.
Il 2 giugno 1946 gli italiani, come forma istituzionale per lo Stato, scelsero
la Repubblica invece della Monarchia, troppo compromessa con il regime
fascista. Tra le tante questioni sospese, una delle più delicate da risolvere era
a quale forza politica affidare la direzione dello sport agonistico nel Paese,
cioè del CONI. Solo nel 1947 la questione venne risolta, dopo che un’apposita
legge aveva ribadito la funzione del CONI come Federazione delle Federazioni
sportive. Giulio Onesti, socialista, venne allora eletto presidente.
Nell’immediato dopoguerra la crisi della ginnastica fu enorme: distruzione di
scuole e palestre, carenze economiche, danno derivante dalla identificazione
tra ginnastica e fascismo, eccessiva difficoltà della disciplina rispetto ad altri
sport, mancanza di agonismo e spettacolarità. Tutto ciò si era tradotto in
un calo delle società ginnastiche e degli iscritti. Cesare Marchisio, presidente
della FGI nel 1949, riuscì ad invertire tale tendenza negativa promuovendo la
modernizzazione della ginnastica.
Nella nuova realtà democratica del Paese, la divaricazione concettuale
tra ginnastica e ideale militaristico fu immediata. Anche per la FGI e le
Società ginnastiche, che ripresero la politica adottata in epoca prefascista:
ginnastica metodico-formativa per la massa e agonistica per soggetti
selezionati. Cominciò allora ad affermarsi la ginnastica artistica ed acrobatica,
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e successivamente anche quella ritmica. Gli esercizi militari sopravvissero per
qualche tempo solo nella scuola.
L’orientamento del regime fascista di favorire lo sviluppo dello sport nella
sua nuova dimensione di spettacolo dette l’avvio nella società italiana ad un
processo che non si esaurì con la fine della dittatura, ma determinò anche
in età repubblicana una tendenza allo sviluppo dello sport guardato più che
praticato, e alla conferma di una politica a favore dello sport spettacolo.
Divismo dei campioni, tendenza alla professionalizzazione degli atleti, sono
alcuni aspetti del fenomeno. Anche la ginnastica si “spettacolarizzò”, pur tra
molti contrasti interni alla FGI.
Dopo la soppressione della Accademie Fasciste di Educazione fisica, per
nove anni la scuola dovette servirsi di insegnanti di fortuna e vecchi docenti.
Solo nel 1952 venne creato, su iniziativa privata, un nuovo istituto per la
formazione degli insegnanti: l’ISEF. Statalizzato nel 1958 e coadiuvato dal 1973
da altri ISEF privati, l’istituto ebbe inizialmente molte difficoltà per rinnovare
i programmi liberandoli del militarismo ancora presente e per soddisfare la
domanda di insegnanti della scuola.
La contestazione giovanile del 1968, contraria al modello della società
capitalistica, si oppose anche al modello sportivo ad esso funzionale (agonismo
esasperato, campionismo, mercificazione degli atleti e dello sport, sport-
spettacolo). L’istituzione nel 1968 da parte del CONI dei Giochi della Gioventù,
che coinvolgeva nella gestione anche la scuola, ed enti di promozione sportiva,
fu un tentativo di rispondere alle richieste sempre più pressanti nel paese di
un rinnovamento in senso democratico dell’organizzazione dello sport.
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EDMONDO DE AMICIS, Amore e Ginnastica, OSCAR CLASSICI MONDADORI, pag. 126
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