possibile il contesto nel quale si colloca ogni singola
creazione.
La tesi è suddivisa in tre capitoli, seguiti dalla raccolta
delle tavole con le relative schede critiche.
Il primo capitolo presenta sinteticamente le varie correnti
artistiche in Europa e in Italia dal Simbolismo ai primi anni
Venti del Novecento, con l’obiettivo di offrire almeno un
quadro di riferimento della situazione artistica europea,
relativamente gli anni che ci interessano.
Il secondo capitolo propone una sintesi sulla fortuna e
sulla diffusione dei manifesti in Europa e in Italia nel periodo
esaminato.
Nel terzo capitolo vengono esposte argomentazioni sulle
dinamiche generali e sulla funzionalità del manifesto, su
alcuni problemi terminologici riferiti all’oggetto in questione.
Infine uno sguardo generale sul linguaggio espresso nel
manifesto teatrale italiano d’autore, ovvero una
presentazione sintetica di tutti i manifesti qui contenuti.
Seguono quindi la catalogazione delle opere trattate e i
profili biografici dei singoli autori dei manifesti.
Le opere sono catalogate in ordine cronologico. La sezione
dedicata al teatro musicale e lirico va dalla tavola n˚1 alla
tavola n˚34, mentre una breve panoramica sul teatro di
prosa e di cabarét, va dalla tavola n˚35 alla tavola n˚43.
Per motivi di economia generale e per maggior concisione
alla tematica ivi trattata, molti nomi di grandi artisti sono
stati citati nella sezione introduttiva, senza però ulteriori
approfondimenti biografici, dati che possono essere
facilmente reperibili attraverso l’ausilio di qualsiasi manuale
aggiornato di storia dell’arte.
Si ringraziano per la gentile collaborazione: la Dott.ssa
Rachele Mauri, responsabile della Civica Raccolta delle
Stampe Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano; il Dott.
Ugo Spini, responsabile della Biblioteca del Museo d’Arte e
Storia, Via dei Musei 81, Brescia; il personale della
biblioteca della Fondazione Ragghianti, via S. Micheletto,
Lucca; il personale della Biblioteca d’Arte, Castello
Sforzesco, Milano; il personale della biblioteca Queriniana,
via Mazzini 1, Brescia; la signora Carla Brunello, Carla
Biscaro e la signora Clara Sperandio del Museo “Luigi Bailo”,
Borgo Cavour, Treviso; il sig. Ambrogio Paolino; la Dott.ssa
Annapaola De Mattè per i suoi preziosi consigli e ai pochi
(ma buoni) amici che mi hanno sostenuto.
Un particolare ringraziamento va alla Prof.ssa Chiara
Perina e al Prof. Francesco Frangi che mi ha aiutato e
seguito in questa fatidica impresa.
CAPITOLO I
I movimenti artistici in Europa e in Italia tra il 1890 e i primi
anni Venti del Novecento.
1.1 - Dai preraffaelliti al simbolismo
Tra il 1880 e il 1890 in Europa si manifesta, in
controtendenza alla dominante propensione verso l’arte
naturalistica e realistica, un orientamento espressivo che verrà
definito con il termine “simbolismo”. Esso indica una specifica
condizione di gusto, tesa ad affermare in letteratura, pittura e
musica, una spiccata e particolare visione del mondo orientata
a raccogliere e a valorizzare la realtà interiore, una realtà
misteriosa, indistinta, profonda e suggestiva, più evocatrice
che descrittiva.
Si vuole rappresentare la realtà attraverso la mediazione
della straordinaria complessità dello spirito dell’uomo moderno,
attraverso le sue sensazioni, le sue idee; questa necessità
viene intermediata da singoli segni carichi di proprietà
evocative e dotati di una buona dose di mistero e di un senso
di indeterminatezza, tali da prestarsi a molteplici significati e
interpretazioni.
Il simbolo, infatti, è qualcosa che va al di là del dato di fatto
e dell’apparenza: è un indizio un po’ ambiguo, a metà tra lo
spirito e la natura ma che si lascia percepire; per capire o
intuire il significato bisogna solo attingere all’immaginazione,
considerata come uno strumento insuperabile per creare
analogie, metafore e corrispondenze.
Alla fine dell’Ottocento non si ritiene più che la scienza sia in
grado di spiegare ogni cosa, dato che la fiducia che era stata
propria del positivismo realista, sembra ormai essere
irrimediabilmente incrinata: i simbolisti affiancano a metodi
scientifici dei procedimenti para-scientifici, tanto che in loro,
spesso la psicologia declina in una meta-psichica con agganci
frequenti allo spiritismo e all’occultismo.
Infatti il dipinto simbolista riporta spesso a motivi religiosi,
filosofici e mistici, soggetti che ben si prestano a elaborare una
determinata realtà pittorica, senza però mai cristallizzarsi in
forme o in stili autonomi e definitivi. I più autorevoli esponenti
di questa corrente si identificano in Gustave Moreau (1826-
1898), Odilon Redon (1840-1916), Edvard Munch (1863-1944)
e Aubrey Beardsley (1872-1898).
La corrente del simbolismo non è solo un ideale artistico, ma
diventerà anche uno stile di vita, come ad esempio per il
gruppo dei “Nabis” (“Profeti”), nato attorno a Paul Sérusier
(1863-1927) di cui saranno i seguaci Maurice Denis (1870-
1943) e Edouard Vuillard (1868-1940).
Questi artisti sono animati da uno spirito iniziatico e
conducono una vita rigidamente impostata da regole ben
precise, dove viene disprezzata la vita borghese ritenuta piatta
e volgare.
Il simbolismo getta le basi di nuovi linguaggi espressivi che
saranno ripresi nelle avanguardie del Novecento.
Gustave Moreau (1826-1898) inizialmente si mantenne su
linee impressioniste per poi orientarsi, in epoca di maturità
artistica, al simbolismo. Nel 1857 incontrò Pierre Puvis de
Chavannes (1824-1898) e Edgar Degas (1834-1917),
legandosi con loro in amicizia.
Odilon Redon (1840-1916) realizzò nel 1879 una prima serie
di litografie, “Dans le rêve” e nel 1882 illustrò i racconti di
Edgar Allan Poe (1809-1849).
Edvard Munch (1863-1944) iniziò come pittore naturalista e
trattando per lo più temi di carattere politico-sociale, dal 1896
abbandonò gli esempi francesi e impressionisti puntando
all’essenzialità. Famoso di Munch è “L’urlo”, del 1893.
Aubrey Beardsley (1872-1898), grafico, poeta e scrittore
inglese, appartiene alla generazione più tarda del simbolismo,
e la sua produzione, principalmente grafica, è più assimilabile
all’Art Nouveau.
Per Beardsley fu determinante l’incontro con il pittore,
decoratore, grafico e teorico inglese William Morris (1834-
1896) e con lo scrittore irlandese Oscar Wilde (1854-1900), di
cui illustrò la “Salomè” nel 1884.
Il movimento simbolista è accolto in Italia dai pittori
divisionisti (una tecnica basata dal Puntinismo di G. Seurat
[1859-1891] e P. Signac [1863-1935]), a partire da Vittore
Grubicy de Dragon (1851-1920), Gaetano Previati (1852-
1920), Angelo Morbelli (1853-1919), Giovanni Segantini
(1858-1899) e Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907).
Il capogruppo dei divisionisti fu il milanese Vittore Grubicy
De Dragon, che riuscì ad importare la tecnica del Puntinismo in
Italia attraverso frequenti contatti culturali con il Belgio,
l’Olanda, la Francia e la conoscenza della stampa artistica
circolante in quelle nazioni.
La formazione artistica di Gaetano Previati proviene dalla
scapigliatura milanese. Cominciò ad utilizzare la tecnica
divisionista, appresa da De Dragon attorno al 1889,
caratterizzando le sue opere con una vivace luminescenza.
L’opera “Maternità” (1890-1891) suscitò le polemiche dei
Naturalisti milanesi a causa dell’organizzazione formale di base
simbolista.
Angelo Morbelli fu uno dei pittori del Gruppo che ottenne i
maggiori riconoscimenti all’estero, vincendo una medaglia
d’oro alla Esposizione Universale di Parigi.
Data la sua sensibilità verso i ceti meno abbienti e più
deboli, Morbelli dedicò una serie di dipinti tratti spesso da
immagini fotografiche prese dal Pio Albergo Trivulzio, ricovero
milanese per anziani.
L’interesse per gli aspetti della vita contadina emerge invece
nei dipinti di Giovanni Segantini, come ad esempio Le due
madri (1889) e La raccolta delle patate (1890).
Egli sperimentò una tecnica divisionista privilegiando gli
effetti luminosi, svincolandosi da qualsiasi regola
parascientifica troppo restrittiva sui rapporti tra i colori
complementari.
Un altro artista, motivato dal desiderio di esprimere il
prossimo riscatto sociale della classe più povera, è Giuseppe
Pellizza da Volpedo. Il dipinto più conosciuto, e di notevoli
dimensioni, è Il quarto Stato (1896). La tecnica divisionista
viene applicata magistralmente, creando un effetto di
movimento tale, che le masse lavoratrici sembrano spingersi in
avanti.
1.2 - L’Art Nouveau
A cavallo tra l’ultimo decennio del XIX e l’inizio del XX secolo
in Inghilterra e poi nel resto d’Europa, si afferma un
movimento culturale, politico e sociale, anticipante
l’avanguardia artistica del Novecento, e che oltre all’Europa
influenzerà anche l’America. Questo movimento culturale,
denominato Art Nouveau,
1
è stato spesso considerato in
termini riduttivi all’interno della storia dell’arte contemporanea,
relegando questa corrente in una classificazione generica di
“stile” inteso come fenomeno limitato al puro gusto estetico e
decorativo.
Ma l’Art Nouveau volle essere espressione di novità totale
senza compromessi e limitazioni, di un carattere deciso e ben
definito, a prescindere da dove questo fenomeno si fosse
manifestato o in che modo venisse definito.
Ad esempio, la definizione “Liberty”, come in Italia fu
generalmente chiamato questo movimento (oltre che Floreale),
è presa dall’azienda commerciale “Liberty & Co.” di Londra,
mentre a Monaco prende il nome di Jugendstil, dalla testata
della rivista “Jugend” (“Giovane”).
In Spagna viene definita Arte Jóven, ma comunque il
termine che nel Novecento sarà comune in Europa e in America
per indicare questo filone, sarà sempre Art Nouveau (tranne
per i paesi di lingua tedesca che continueranno ad usare
Jugend), nome mutuato dall’insegna dal negozio-galleria
aperto da Sigfried Samuel Bing a Parigi nel 1895 (“L’Art
Nouveau Bing”).
1
Per approfondimenti sulla questione “Art Nouveau”, si rimanda a Lara - Vinca
Masini, 2000.
In Belgio il Liberty viene chiamato mouvement belge o anche
ligne belge, mentre il termine Sezessionstil riguarda il gruppo
d’avanguardia della Secessione viennese del 1897, ma anche ai
gruppi delle Secessioni di Berlino (1892), o di Monaco (1893).
L’inizio del XX secolo è caratterizzato da un forte sviluppo
della civiltà industriale, con l’effetto di indebolire, in modo
inversamente proporzionale, l’interesse ad una nuova spinta
culturale e artistica in generale, poiché la cultura e l’arte
tendono a diventare oggetto di produzione e di consumo.
Ragion per cui anche gli intellettuali e gli artisti si devono
mettere a confronto con un tipo di società, dove prevale
l’interesse economico su tutto.
L’Art Nouveau pone per la prima volta il problema del
rapporto tra “arte e società”, sostituendosi a quello tra
“economia e società”. L’Art Nouveau assume connotati di arte
come forza in grado di intervenire sulle strutture sociali per
modificarle.
Si suppone che questo movimento sia nato anche da una
spinta contro le vecchie formule espressive accademiche e
contro lo standard industriale (soprattutto quello di bassa
qualità) per una riabilitazione del pezzo unico.
Si vuole riabilitare il lavoro artigianale (di qualità) contro la
piatta e impersonale produzione industriale di serie, in nome di
un nuovo ideale estetico. Si propone l’oggetto di lusso,
realizzato interamente a mano, quindi anche ad un prezzo più
alto rispetto ad un oggetto di serie.
Si crea quindi un prodotto d’arte destinato ai nuovi ricchi
borghesi neocapitalisti, che così potevano anche stare a la
page con la raffinata produzione della cultura dell’epoca, e
oltretutto potevano usufruire e ostentare un’eleganza originale
e unica.
L’Art Nouveau pone le basi del concetto dell’attuale Design,
proponendosi intenzionalmente anche come “stile
ornamentale”.
L’ornamento si concretizza in una linea avvolgente,
dinamica, dal tratto netto e definito, che si dirama in forme
complementari, come un positivo e negativo, che possiedono
un significato indipendente l’uno dall’altra ma che si
completano vicendevolmente, sdoppiandosi e moltiplicandosi in
fasci che si diramano in parallelo o a ventaglio, oppure
formando una specie di onda riverberata, ma sempre con
svolgimenti ampiamente liberi e fantasiosi.
L’Art Nouveau è uno stile che sarà impiegato principalmente
nell’architettura, nella scultura e nella produzione di oggetti
(poi anche a livello industriale), e nella produzione grafica ed
editoriale, trovando uno sbocco pittorico soprattutto nei
manifesti pubblicitari.
In Inghilterra il pittore, grafico e illustratore Walter Crane
(1845-1915), con l’architetto, economista e designer Arthur
Mackmurdo (1851-1942) e l’architetto, decoratore e designer
Charles Robert Ashbee (1873-1942) fondarono il movimento
“Ars and Crafts” (“Arte e Mestieri”), fondamentale per la
definizione delle linee direttive principali dell’Art Nouveau.
Aubrey Beardsley (1872-1898) incarna l’espressione più
significativa ed esplosiva del nuovo stile, manifestandosi ai
massimi vertici. Collaborerà nel 1893 alla rivista “The Studio”,
la nuova rivista che si diffonderà celermente in tutta Europa e
che diventerà uno dei principali mezzi divulgativi del Liberty.
Un’altra rivista con la quale Beardsley fu in rapporto è “The
Savoy”, una rivista illustrata di gran pregio, nata nel 1896. Ma
il suo nome resta legato soprattutto all’illustrazione della
“Salomè” di Oscar Wilde (1854-1900).
In Francia l’Art Nouveau si trova soprattutto nell’architettura
e nelle arti applicate, specialmente nella grafica pubblicitaria e
nell’editoria.
L’adesione al nuovo stile nella pittura e nella scultura sarà
assai evidente, tanto che quasi tutte le personalità emergenti
faranno uso, nella loro attività, di modelli Art Nouveau.
Alcune convergenze formali si possono trovare in alcuni
artisti, da Emile Bernard (1868-1941), attraverso Louis
Anquetin (1861-1932) e la Scuola di Pont Aven (con il
“cloisonnisme”), fino al Sintetismo (1889-1890) di Paul
Gauguin (1848-1903). Ci sono anche molti artisti che
lavoreranno coniugando modelli Art Nouveau con modelli più
autonomi, come Gustave Moreau (1826-1898) e Odilon Redon
(1840-1916).
Henry de Toulouse-Lautrec (1864-1901) utilizzerà moduli Art
Nouveau specialmente nella realizzazione dei manifesti
pubblicitari. Anche Vassilij Kandinskij (1866-1944), nel periodo
parigino, prima del suo trasferimento a Monaco (1896),
impostava il motivo della sua linea vicino al “nuovo stile”.
Anche Pablo Picasso (1881-1973), fino al periodo blu
sperimentò le linee Art Nouveau.
Per le arti applicate la Francia sarà terreno fertile, anche
grazie a particolari condizioni economiche e sociali che
agevoleranno lo sviluppo e la diffusione del mercato artistico,
grazie anche al mercante inglese Sigfried Samuel Bing, che
aprì nel 1895 un negozio-galleria (arredato dall’architetto H. C.
Van de Velde [1863-1957]) d’arte orientale a Parigi, chiamato
“Art Nouveau Bing”.
In questa galleria si organizzavano periodicamente una serie
di mostre di oggetti d’arte, e il luogo divenne ben presto un
punto di richiamo internazionale per artisti e commercianti,
provenienti da varie parti del mondo.
Tra i protagonisti dell’Art Nouveau in Francia figura
certamente Emile Gallé (1846-1904), il fondatore e direttore
della Scuola di Nancy (1901), una scuola di decorazione e
fabbricazione di oggetti in vetro e designer in arredamento.
Dal 1898 sperimentò nuove tecniche vetrarie, firmando
opere di grande importanza artistico-culturale.
Per l’arte orafa René Jules Lalique (1860-1945) fu il
massimo esponente per il gusto Art Nouveau nel gioiello.
Studiò a Parigi, perfezionandosi a Londra tra il 1878 e il
1880, anno in cui, dopo il ritorno a Parigi, aprì il suo
laboratorio.
Fu uno sperimentatore e innovatore delle tecniche orafe e
riproduttive del gioiello, creando preziosi dal disegno
fantasioso, dai colori smaglianti e alcuni dalle sembianze di
lussureggianti piante esotiche. I suoi primi gioielli del 1894
furono creati per la famosa attrice Sarah Bernhardt (1844-
1923).
Anche in seguito alla fama conseguita dall’attrice, Lalique
divenne il gioielliere più ricercato d’Europa.
In Belgio, un architetto che sperimentò un prototipo di Art
Nouveau “continentale” fu Victor Horta (1861-1947), con
l’Hotel Tassel
2
a Bruxelles (1892-1893), nel quale elaborò
un’architettura svincolata da qualunque retaggio storico e dalla
2
Lara - Vinca Masini, 2000, pag. 106 figg. 268, 270
tradizione, mantenendo un insieme lineare perfettamente
coerente nei particolari.
In Spagna il nome più rilevante è quello dell’architetto
Antoni Gaudì y Cornet (1825-1926). Fu l’unico nella penisola
iberica che riuscì a cogliere l’essenza più intima, vivida, libera e
profonda dell’Art Nouveau, e i particolari del Parco Güell
3
(1900-1914) a Barcellona ne sono un vistoso esempio.
In Scozia troviamo il “Gruppo dei quattro”, formato a
Glasgow dall’architetto e decoratore Charles Rennie Mackintosh
(1868-1928), dal decoratore, illustratore e architetto Herbert
McNair (1870-1945), dalle due sorelle Frances MacDonald
(1874-1921) decoratrice e designer, e Margaret MacDonald
(1865-1933), designer, arredatrice e decoratrice. Lo stile sarà
molto lineare e simbolico, caratterizzato da un ductus
composto e più aderente alla linea retta.
In Olanda i motivi Art Nouveau si inseriscono in una cultura
borghese meno favorevole alla forte libertà e fantasia della
linea, forse anche in concomitanza ad un ambiente culturale e
letterario decisamente diverso rispetto ad altre parti d’Europa.
L’architettura olandese è impostata da una tradizionale
semplicità, espressa in forme dalla struttura essenziale.
Hendrich Petrus Berlage (1856-1934) porterà le incidenze
del linearismo Art Nouveau, riducendole a motivi semplificanti.
Jan Toorop (1858-1928) unisce al simbolismo la tendenza ad
affusolare le immagini utilizzando linearismi molto particolari,
rifacendosi anche a modelli ornamentali giavanesi.
In Germania troviamo Hermann Obrist (1869-1927),
naturalista e scultore, che fondò un laboratorio di ricami a
3
Lara - Vinca Masini, 2000, pagg. 140, 141 figg. 368-371
Firenze, trasferendosi successivamente nel 1892. A lui si fa
risalire la diffusione del motivo “à coup de fouet”.
4
In Austria l’architettura si rinnova, distaccandosi dalle
formule tradizionali del rigido blocco edilizio, grazie all’operato
di Otto Wagner (1841-1918), interessato ai modelli di Guimard
a Parigi. I suoi allievi furono Joseph Maria Olbrich (1867-1907)
e Joseph Hoffmann (1870-1956).
Adolf Loos (1870-1933) fu uno dei fondatori della “Wiener
Sezession”, anche se non aderì all’Art Nouveau.
Della Secessione viennese la personalità più inquietante e la
più rappresentativa fu Gustav Klimt (1862-1918). Gli anni
centrali della sua produzione coincisero con un periodo di
tumulti politici generati da istanze separatiste degli Ungheresi,
tenute a freno dall’imperatore Francesco Giuseppe (1830-
1916), e nello stesso periodo Sigmund Freud (1856-1939)
scoprì la rivoluzionaria nozione di inconscio.
Gustav Klimt iniziò la sua carriera come decoratore di palazzi
pubblici dal 1880 al 1905. Abbandonò questa attività quando il
suo linguaggio figurativo cominciò ad essere aspramente
criticato e rifiutato dalla società viennese.
Fecero discutere e gridare allo scandalo alcuni pannelli
decorativi esposti nell’Aula Magna dell’Università di Vienna, in
cui l’allegoria della Medicina mostrava una donna afflitta e
sopraffatta da una malattia mortale, mentre nella allegoria
della Giustizia, la figura si presentava con proporzioni prive di
4
Altri artisti tedeschi del periodo Jugend furono: Otto Eckmann (1865-1902) fu considerato il
maggior esponente dello Jugendstil di Monaco; Bernhard Pankok (1872-1943) passò dalla
pittura alle arti applicate, fino ad approdare all’architettura; Peter Behrens (1869-1940)
rappresentò il passaggio tra lo Jugend e l’architettura moderna in direzione del costruttivismo;
Max Klinger (1857-1920) fu un pittore vicino allo stile monumentale, romantico-realista,
avvicinandosi allo Jugend di carattere “simbolista”, nel il tentativo di raggiungere la “sintesi tra
le arti”, che fu l’ideale del momento; Ludwig von Hofmann (1861-1945) fu autore di paesaggi
con l’inserimento di simbolismi di carattere Jugend.
un equilibrio formale, formulando così un’allusione
sull’impossibilità del Diritto.
Nelle sue composizioni, spesso ambientate su fondi oro e
caratterizzate da un’estrema sintesi delle fisionomie e da un
appiattimento dello spazio (vicino allo stile cloisonnisme), le
figure maschili scompaiono in favore di quelle femminili, fulcro
rappresentativo delle sue provocanti allegorie.
I soggetti allegorici stilizzati vengono usati per riempire al
massimo la superficie decorata, mentre i fiori sono delle
allusioni al sesso femminile.
Molto importante per Klimt fu certamente la conoscenza
dell’arte orientale, e in particolare delle opere degli artisti
giapponesi Hokusai Katsushika (1760-1849) e Utamaro
Kitagawa (1753-1806).
A Praga resta importante il lavoro pittorico e decorativo di
Vitezlav Karel Masek (1865-1927), mentre Alfred Kubin (1877-
1959) produrrà alcuni lavori grafici di inclinazione simbolico-
fantastico.
Alphonse Maria Mucha (1860-1939) fu il personaggio
ungherese che raggiunse maggior fama internazionale,
esprimendo al meglio le istanze Art Nouveau. La sua notorietà
è dovuta anche grazie al manifesto, del 1894, per “Gismonda”
elaborato per la nota attrice Sarah Bernhardt (1844-1923).
Frantisek Kupka (1871-1957) fu un personaggio molto
originale, passando da una visione simbolistica onirico-magica,
ad un linearismo geometrico spezzato, fondato su sistemi e
simboli filosofici.
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In Ungheria lo spirito della Secessione è più sentito nelle arti applicate, dove
Walter Crane fu chiamato ad insegnare al Museo di Arti decorative di Budapest.
Jozef Mehoffer (1869-1946), decoratore polacco, è noto per le sue decorazioni di
carattere Jugendstil.