sanitaria per gran parte dei londinesi. Nell’East End non c’era traccia di
tutto ciò, qui regnavano miseria e crimine. Charles Booth riuscì a
dimostrare statisticamente che il 30,2% della popolazione di Londra
viveva al di sotto dei limiti della povertà. Booth era un armatore e uno
scrittore socialmente impegnato, fu con lui che la rigida divisione in
classi, basate su ben definite aree geografiche, ebbe la descrizione più
precisa nel 1889 quando pubblicò la Descriptive Map of London Poverty.
Il primo studio sulla povertà fu indotto da un’insurrezione dei poveri di
Londra. Per provare a quantificare l’estensione della miseria a Londra,
Charles Booth iniziò il suo grande lavoro di statistica nel 1886. Assunse
un team di ricercatori per aiutarlo nella sua impresa. I dati sulla povertà
furono ottenuti mediante l’interrogazione diretta dei cittadini e anche da
informazioni derivanti dagli School Board Visitors, registri istituiti
ufficialmente dal Compulsory Education Act del 1877 per raccogliere
dettagliate indicazioni sulle famiglie in cui vivevano i bambini poveri, al
fine di assicurare loro un’adeguata educazione. Questi dati sono espressi
in termini quantitativi e riguardano la città nel suo complesso. Le
condizioni di vita della popolazione furono verificate attraverso due
indicatori: una variabile qualitativa, definita come disagio da condizioni di
occupazione; e una variabile quantitativa, cioè il disagio da reddito. La
classificazione di Booth andava oltre la pura identificazione monetaria
della povertà, egli era interessato anche agli aspetti sociologici: le
condizioni degli individui nelle loro abitazioni, la natura e la regolarità del
loro lavoro. Per la prima volta si fece una distinzione concettuale tra
miseria e povertà, trovando livelli diversi del fenomeno in riferimento alle
condizioni di vita misurabili a partire dalle variabili del reddito e
dell’occupazione. Tramite un immenso numero di interviste dirette ai
cittadini, il gruppo di ricerca di Booth definì una mappa della povertà a
3
Londra, localizzando otto livelli di indigenza, dalla classe A definita dallo
stesso autore come “classe infima”
1
, passando per le classi B
(poverissimi), C e D (poveri), E ed F (classe lavorativa ben pagata), G e
H (classe media inferiore e superiore). Ad ogni classe corrispondeva un
colore diverso per fare in modo che le varie distinzioni saltassero subito
all’occhio sulla carta: il nero si collega alla classe A, il blu scuro alla B,
l’azzurro alle classi C e D, il rosa alle classi E ed F, il rosso alla G, il giallo
alla H. Poi si trova il colore viola che indica la comunanza in una certa
area delle classi C, D ed E.
2
La primissima versione della Poverty Map era
costituita da un unico foglio incluso nel primo volume dell’opera Labour
and Life of the People pubblicato nel 1889. Interessava solo la parte
relativa all’East End partendo dal Regents Canal a nord ed estendendosi
a sud fino al Tamigi; da Shepherdess Walk a ovest sviluppandosi fino a
Bow ad est.
3
Chi decide i criteri? A Londra la tradizione è dura a morire e spesso sono
proprio i fattori tradizionali a rendere un quartiere di classe.
Le zone più povere sono Old Kent Road e Whitechapel Road. La prima
non è mai stata una zona alla moda in epoca vittoriana: piena di
chiassosi pubs e carretti di venditori ambulanti.
A Londra la divisione dei ceti sociali si costituì anche da un punto di vista
geografico e si accentuò il divario tra West e East End. Quest’ultimo è
costituito da vecchie case, vicoli stretti , bui e mal pavimentati che
formano i “rookeries”, i quartieri della povertà. Era sempre esistito come
luogo di miseria, degradazione e sfruttamento e la sua vicinanza al cuore
della città rendeva netto il contrasto e suscitava un malessere diffuso. Il
1
http://associazioni.monet.modena.it/CCFLF/quaderni/quaderno-7/sviluppo-metodi-ricerca.html
articolo di Walter Nanni tratto da Territorio e strumenti di conoscenza, Lo sviluppo dei metodi di
ricerca empirica negli studi sulla povertà
2
http://booth.lse.ac.uk i materiali sono tratti da London School of Economics & Political Science
3
http://mubs.mdx.ac.uk/Staff/Personal_pages/Ifan1/Booth/ articolo di Ifan D H Shepherd
4
processo di industrializzazione e meccanizzazione portò nell’800 ad una
disoccupazione generale ed alla miseria. Manodopera a basso costo,
lavoro femminile e minorile erano la quotidianità e la grande
maggioranza degli operai viveva alla giornata.
La Rivoluzione Industriale ha condizionato la città che sta crescendo a
dismisura e nel giro di pochi anni ha attirato a sé nuovi abitanti, esteso le
sue periferie e gremito tutto lo spazio abitabile. Londra è diventata la più
grande e popolosa capitale del mondo. Nell’800 arrivarono nell’East End
dalle campagne ragazze che cercavano un impiego come cameriere. Non
tutte queste ragazze possedevano la forza di una Moll Flanders e
purtroppo molte di loro finirono in una squallida soffitta a fare le
prostitute.
La maggior parte delle donne lavorava come domestica, poi seguivano
tutti gli altri mestieri come la cucitrice o l’operaia. Salari da fame e
settanta ore lavorative a settimana era tutto ciò che il mercato del lavoro
aveva da offrire. Il lato oscuro della Rivoluzione Industriale era
rappresentato dallo sfruttamento del lavoro minorile; alcuni bambini
erano utilizzati come climbing-boys per gli spazzacamini, altri erano
impiegati nelle fabbriche con orari che andavano dalle otto alle
quattordici ore lavorative. Il salario anche se basso permetteva ai
bambini di aiutare i genitori, ed erano veramente pochi quelli che si
potevano permettere di andare a scuola.
Il romanzo inglese ebbe il suo periodo di maggior splendore nell’800, sia
perché era un genere letterario tipicamente borghese e quindi destinato
ad acquisire importanza man mano che la classe media acquisiva potere
e prestigio, sia grazie al continuo aumento del numero dei lettori dovuto
alla diffusione delle biblioteche circolanti e allo sviluppo dell’editoria.
5
Il romanzo era il mezzo ideale per presentare, sullo sfondo di una
società, dei suoi valori e principi, un quadro di vita vissuta da gente
molto simile a quella che il lettore poteva incontrare. Questo era ciò che
il lettore borghese chiedeva allo scrittore: l’immedesimazione.
Il tipico lettore dei romanzi vittoriani non era capace di quell’impulso
verso la fuga che porta a voler conoscere attraverso la letteratura un
mondo aristocratico di nobiltà e bellezza ideali; e nemmeno di vedere
una proiezione simbolica dei problemi dell’umanità in grandi figure
eroiche. Il lettore vittoriano voleva essere divertito, voleva sì evadere,
ma erano necessarie delle convenzioni letterarie: chiedeva di essere
vicino a ciò che leggeva, pretendeva il minimo possibile di incredulità. In
poche parole chiedeva una letteratura che fosse giornalismo ed un
romanzo che fosse storia. Chiaramente i grandi romanzieri riuscirono ad
ingannarlo. Il lettore comune può aver avuto l’illusione che gli fosse dato
qualcosa di simile al giornalismo, una trascrizione della vita come
veramente si svolgeva intorno a lui, senza l’uso di convenzioni letterarie
e di fantasia.
In realtà i grandi romanzieri vittoriani crearono strutture simboliche che
davano alle opere un significato molto più profondo di quello suggerito in
modo superficiale al lettore tramite gli schemi narrativi dell’opera. Ad
esempio i romanzi di Charles Dickens contengono molte immagini e
situazioni simboliche che alludono al disperato isolamento dell’uomo.
6
CAPITOLO 1: Charles Dickens, Oliver Twist e le due
Londre
1.1 Londra e i Novels.
La capitale britannica nell’epoca vittoriana si ritrova divisa in due, la
povertà è massima ad est e vicino al Tamigi, poi diminuisce man mano
che ci si sposta verso i suburbs. La grande ricchezza si addensa nel West
End. Questa suddivisione della città si rispecchia anche nella letteratura, i
romanzi dell’800 volevano rendere Londra leggibile in modo chiaro al
pubblico. I primi a cimentarsi in questa impresa, furono i Silver fork
novels, i romanzi “dell’argenteria buona”
4
, dell’alta società, che erano
tanto di moda negli anni compresi tra il 1820 e il 1840. Questi erano
romanzi sulla vita sociale della Regency, erano i romanzi delle buone
maniere, della risposta pronta e del pettegolezzo politico. Il termine
derisivo Silver fork per descrivere questo genere fu usato per la prima
volta da William Hazlitt nell’articolo “The Dandy School” pubblicato
nell’Examiner del 1827
5
. Egli criticava il fatto che questi romanzi erano
scritti da appartenenti alla classe media che avrebbero voluto fare parte
dell’aristocrazia e l’osservatore esterno che scrive questo tipo di romanzi
mostra una miscela di ignoranza e orgoglio imbarazzante nella familiarità
con i dettagli dell’alta società. Hazlitt scrive:
4
Franco Moretti, Atlante del romanzo europeo, Einaudi, Torino 1997 p. 88
5
www.geocities.com/sensation_novelist/silverfork.html
7
“A writer of this accomplished stamp, comes forward to tell you, not how his hero
feels on any occasion, for he is above that, but how he was dressed [...] and also
informs you that the quality eat fish with silver forks.”
6
I silver fork novels non ci mostrano la città di Londra nella sua interezza,
ma presentano solo una sua piccola parte: il West End. Non è una città,
ma un quartiere, anzi una classe. Londra identificata come il West End,
la zona residenziale della città dove non si lavora ma si vive solamente.
La capitale britannica viene ad immedesimarsi con questo quartiere,
romanzo dopo romanzo si ritorna sempre negli stessi posti, piazze,
luoghi di incontro esclusivi, parchi (preferendo St. James ) e cosa
fondamentale il confine segnato da Regent Street, barriera neoclassica
eretta tra il 1817 e il 1823 come a fornire un sostegno materiale alla
topografia di questo tipo di letteratura. Questo tipo di romanzo, riduce la
complessità urbana. Invece delle otto classi della carta di Booth,
abbiamo solo due città, una ad ovest di Regent Street e una ad est. Il
lettore si potrebbe quasi chiedere cosa accade oltre la barriera
immaginaria del West End ad est di Regent Street. Qui le strade non
hanno più nome, interi quartieri sono trattati all’ingrosso e si confondono
in un intrico senza denominazione, a differenza dello snobismo con cui si
citano gli indirizzi nella parte conosciuta della città.
7
Un’altra divisione si
presenta agli occhi del lettore, è quella tra i Silver fork novel e i Newgate
novel. Newgate era la grande prigione al centro di Londra. Il fascino
della morte inizia ad attirare l’attenzione del pubblico nel primo
Ottocento. A quel tempo i prigionieri condannati a morte erano giustiziati
in pubblico. Le persone affittavano stanze con vista sulla forca costruita
fuori da Newgate e festeggiavano prima dell’esecuzione. Secondo i
6
http://www.victorianweb.org/genre/silverfork.html articolo di Tamara S. Wagner
7
Franco Moretti, Atlante del romanzo europeo, op. cit. p. 90
8
borseggiatori, questo era il periodo di massimo guadagno per il loro
lavoro, poiché le persone erano riunite tutte insieme in strada ed erano
quasi spalla a spalla. Durante queste esecuzioni erano venduti i resoconti
delle imprese delittuose dei condannati, in seguito stampati in un volume
nel 1773 conosciuto come Newgate Calendar.
8
Elementi tipici di queste
storie sono: la provenienza sociale dei criminali, persone ordinarie che
hanno rifiutato i ruoli imposti dalla società; il racconto di come questi
personaggi smarrirono la strada spesso condizionati da altri; il loro
fallimento per affermare la possibilità di condurre una vita retta; infine la
locazione rappresentata da luoghi del quotidiano in cui opera il crimine
(città, strade, locande).
9
I criminali che passavano dalla prigione di
Newgate e le azioni che avevano commesso, avevano un forte
ascendente su tutti i ceti sociali della società inglese del diciannovesimo
secolo, tanto che il Newgate Calendar era uno di quei libri che , insieme
alla Bibbia, si poteva trovare in ogni casa inglese tra il 1750 e il 1850. I
bambini erano incoraggiati a leggerlo, poiché così facendo si credeva di
inculcare loro i principi del vivere correttamente.
10
I Newgate novels
prendono spunto dal “Newgate Calendar”, la tipologia dei personaggi è
presa dal mondo clandestino. Troviamo infatti la figura del ricettatore, il
borsaiolo, la mente criminale, il rapinatore, lo scassinatore, la prostituta,
l’assassino e la spia.
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Lo stesso Dickens usò queste potenti immagini
nella sua battaglia per la riforma sociale e legale. Londra quindi è
frazionata tra questi due tipi di romanzi, Silver fork e Newgate novels,
ma dove si tende a parlare di una parte della città, si trascura l’altra. Ad
esempio in Oliver Twist, or, The Parish Boy’s Progress troviamo
diversi luoghi nella parte orientale e solo un paio a nord e nel West End.
8
www.sherlockmagazine.it/rubriche/1945 articolo di Sabina Marchesi
9
http://www.ryerson.ca/~denisoff/newgate-defined.html
10
www.exclassics.com/newgate/ngintro.htm
11
www.victorianweb.org/authors/dickens/ge/pva101.html articolo di Philip V. Allingham
9
In queste zone si riconoscono le forze del bene, Mr. Brownlow e i Maylie.
Fagin e soci sono respinti sempre più ad est man mano che il racconto
procede: dal covo iniziale situato in Field Lane, nei pressi di Saffron Hill,
a quello di Whitechapel, fino alla casa di Sikes a Bethnal Green e poi a
Jacob Island dove Sikes muore mentre tenta la fuga. In Oliver Twist
troviamo un buco in mezzo alla città, forse perché la polarizzazione
West/East e ricco/povero era molto forte sia sul piano sociale che su
quello della costruzione narrativa. Questo modello binario era talmente
forte che Dickens non seppe come utilizzare lo spazio tra le due parti
della città. Troviamo quindi un buco spaziale quando ci sono degli
spostamenti tra la parte est e quella ovest della città.
Il romanzo è il primo sarcastico atto d’accusa che Dickens condusse nei
confronti della società del suo tempo, la società progressiva della
rivoluzione industriale. L’autore si scontra con la realtà urbana peggiore:
il ventre di Londra e delle sue bande di ladri, prostitute e protettori.
Simbolo centrale della violenza nel romanzo sono la workhouse e i tuguri
della Londra malfamata. L’ospizio dell’Inghilterra vittoriana era spesso
l’anticamera della delinquenza e del brigantaggio. Solo al sentirla
nominare, la parola workhouse faceva rabbrividire un onesto lavoratore
del diciannovesimo secolo. Dickens ce ne offre una vivida descrizione in
Oliver Twist, or, The Parish Boy’s Progress. Che cos’era una
workhouse? Spiegata semplicemente, era una istituzione pubblica che
offriva cibo e alloggio a persone che non erano in grado di provvedere a
se stesse. Gli individui finivano qui per una grande varietà di motivi, di
solito era perché erano diventati troppo poveri, anziani o malati per
farcela da soli. Un’altra causa poteva essere la mancanza di lavoro
oppure di una famiglia che potesse provvedere ai bisogni. Le donne
incinte non sposate erano spesso rinnegate dalle loro famiglie e la
10
workhouse era l’unico luogo in cui potevano andare durante e dopo la
nascita del bambino. La vita nell’ospizio era molto sgradevole. Uomini,
donne, bambini, infermi e abili erano sistemati separatamente e veniva
dato loro un pasto essenziale e sempre uguale come porridge allungato
con acqua chiamato farinata, oppure pane e formaggio. A chi era più
robusto e in forze veniva dato un lavoro, tipo lo spaccare pietre o lo
sfilacciare stoppa.
Oliver nonostante tutto rimane incorruttibile, per questo la sua storia
appare esemplare alla società vittoriana; un protagonista più vero
sarebbe sicuramente stato coinvolto dal corso degli eventi.
1.2 Oliver Twist, or, The Parish Boy’s Progress
Oliver Twist, or, The Parish Boy’s Progress è un romanzo in tre
volumi, come voleva la tradizione iniziata da Walter Scott ai primi del
secolo. Nei primi anni del 1800 i romanzi avevano un prezzo elevato,
solo gli abbienti potevano acquistarli e circolavano solo grazie alle
biblioteche ambulanti. Solo dopo il 1820 cominciarono a circolare i
romanzi a puntate, più economici e di più ampia diffusione. Il romanzo in
tre volumi era pieno di lunghe descrizioni, momenti di riflessione, mentre
il romanzo a puntate provocò il bisogno di mantenere sempre vigile
l’attenzione, usando diversi metodi, tra cui la sospensione per aumentare
la curiosità alla fine di ogni puntata. Oppure grazie ad un incidente
sensazionale si creavano le condizioni favorevoli al sensation novel, le cui
origini sono da ricercare nella tale of terror del 1700. Ora però il
sensazionale non appartiene più alla categoria del terrore, ma gli
argomenti trattati sono quelli comuni, di cui si parla su tutti i giornali.
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