3
1. I mesi precedenti alla crisi del Medio Oriente
1.1 Degrado ambientale e sviluppo indiscriminato: denunce settoriali e
prime contestazioni al modello di crescita
All’inizio dell’anno 1973 la stampa italiana manifestava crescenti preoccupazioni per i
temi concernenti la tutela ambientale. Le problematiche ecologiche cominciavano a
trovare sempre più spazio all’interno dei quotidiani nazionali e questo nonostante nei
primi mesi dell’anno sia gli articoli di testa che le pagine di economia e finanza fossero
monopolizzate da altri temi che sembravano attirare maggiormente l’opinione dei
lettori, quali la nascita dei primi fenomeni di stagflazione e l’abbandono definitivo del
sistema monetario internazionale a cambi fissi. Il 1973 fu l’inizio di un periodo di
denuncia durante il quale l’attenzione dell’opinione pubblica cominciò a concentrarsi
in maniera significativa su casi di degrado locale e strutturale lungo tutto il territorio
nazionale
1
. Iniziarono a comparire articoli che, riferendosi tanto ai principali centri
industriali del Paese quanto alle maggiori aree metropolitane, denunciavano la
presenza diffusa di emissioni inquinanti, sia nell’aria che nell’acqua, causate in
massima parte da un sistema di sviluppo industriale accusato di rispondere alla sola
logica della crescita indiscriminata. Le situazioni di degrado che trovavano spazio con
maggiore frequenza sui giornali erano rappresentate dalla città di Milano
2
e,
soprattutto, dal polo industriale di Marghera, le cui emissioni ad alta concentrazione
tossica venivano ritenute capaci di interessare un’area amplissima
3
. Qui la situazione
fu spesso descritta con toni apocalittici. Sulle pagine del Corriere della Sera
4
, il
1
Battilani P., Fauri F. 1954 - 2008. Mezzo Secolo di Economia Italiana, Bologna 2008.
2
Corriere della Sera 5 luglio 1973 – “Sempre più inquinata Milano – Nubi di cui non si riesce ad
accertare la provenienza”, p. 7.
3
Corriere della Sera 5 gennaio 1973 – “I gas soffocano Venezia – Minacciato anche l’abitato oltre agli
stabilimenti – Sostanze che uccidono analizzate da un medico”, p. 5. Corriere della Sera 9 febbraio
1973 – “Irrespirabile l’aria di Mestre”, p. 14.
4
Il Corriere della Sera è uno tra i principali quotidiani italiani. Fondato nel febbraio del 1876, su
iniziativa di Eugenio Torelli Viollier e Riccardo Pavesi era considerato il giornale della borghesia
lombarda. Da quel momento, pur se con alterne vicende, ha sempre avuto un ruolo centrale nel formare
l’opinione pubblica italiana, cercando di mantenere un ruolo indipendente rispetto ai partiti e al potere
politico assumendo un posizione liberale e mediana nel quadro politico e sociale italiano. Per questo,
4
giornalista Sandro Meccoli seguì la vicenda dando conto della proposta avanzata
dall’ispettorato del lavoro di rendere obbligatorio l’uso della maschera antigas durante
le ore lavorative per tutti i cinquantamila operai dei vari stabilimenti industriali. I
resoconti si chiusero poi in estate, quando l’Ispettorato, retrocedendo parzialmente
dalle sue posizioni, comunque costrinse gli addetti al settore chimico a tenere le
maschere sempre a portata di mano durante le ore lavorative
5
.
Nonostante la gravità con cui venivano presentate fin dal principio le notizie
riguardanti le emissioni atmosferiche, ciò che inquietava maggiormente l’opinione
pubblica era senza dubbio il problema del deterioramento delle acque. Numerosissimi
gli articoli denunciavano un inquinamento indiscriminato del Mediterraneo; le
principali cause di questo venivano individuate in una serie di fattori distinti: la
fuoriuscita di acque sature di petrolio a seguito delle operazioni di lavaggio delle
taniche delle petroliere
6
, i massicci scarichi industriali che nella quasi totalità dei casi
erano assolutamente privi di sistemi di filtraggio e depurazione ed i sistemi fognari dei
principali centri urbani i quali, ormai al collasso, risultavano essere, oltre che obsoleti,
totalmente inadeguati a sostenere l’impatto dell’aumento della popolazione urbana
7
.
Caso emblematico della palese assenza di controlli per ciò che riguardava gli scarichi
industriali in mare fu quello dello stabilimento Montedison di Scarlino
8
. Adibito alla
produzione di biossido di titanio tale impianto aveva beneficiato, fin dal 1971, di un
permesso semestrale di scarico in mare aperto dei suoi scarti di lavorazione, i
cosiddetti “fanghi rossi”, continuamente prorogato dalla capitaneria di porto di
Livorno
9
. Su questo caso in particolare la stampa mise molta attenzione nel cercare di
evidenziare le carenze da parte dello Stato nel considerare e controllare le conseguenze
dello sviluppo industriale sul piano ambientale. Riprendendo in maniera palesemente
polemica le giustificazioni addotte dalla Montedison alla concessione dell’ultima
oltre che rappresentare le classi “medie” ha spesso espresso posizioni “mediane” tra quelli presenti nello
scenario “Italia”. Per tali motivi lo abbiamo ritenuto particolarmente adatto per dar conto degli interessi
dell’opinione pubblica e dei modi con cui tale opinione era formata e modellata, scegliendolo come
fonte principale della presente tesi.
5
Corriere della Sera 13 luglio 1973 – “Venezia vuole sopravvivere alla morsa dei gas venefici”, p. 5.
6
Corriere della Sera 10 giugno 1973 – “Metà delle nostre coste è investito di sudiciume”, p. 5. Alfredo
Todisco in questo articolo spiega come ogni anno si riversino nel Mediterraneo all’incirca 350.000
tonnellate di petrolio come conseguenza delle operazioni di lavaggio delle petroliere, precisando come
una sola tonnellata di materiale sia in grado di spargersi a velo su di una superficie di dodici chilometri
quadrati.
7
Gaspari A., Da Malthus al Razzismo Verde, Milano 2000.
8
Corriere della Sera 7 febbraio 1973 – “Il progresso ignora le esigenze dell’uomo – L’ampliamento di
Malpensa – Montedison autorizzata a scaricare in mare per altri sei mesi”, p. 10.
9
Corriere della Sera 20 maggio 1973 – “Si estende la lotta agli inquinamenti – Manifestazione contro i
fanghi rossi – Bloccati collegamenti tra Italia e Corsica – Proteste dei pescatori a Livorno”, p. 11.
Articolo di Vittorio Monti.
5
proroga il giornalista Gianni Migliorino insistette, in un articolo pubblicato in prima
pagina, su come le autorità non intendessero cambiare le loro tradizionali linee di
condotta e di pensiero, seguitando a prendere decisioni che non avevano intenzione
alcuna di sacrificare la produzione davanti ai bisogni dell’ambiente. Particolare enfasi
fu posta dall’autore su un’affermazione presente nel comunicato stampa, la quale
dichiarava “l’assenza di un allarme immediato nella relazione recentemente inviata alla
capitaneria di porto di Livorno dal laboratorio centrale di idrobiologia incaricato di
seguire gli effetti degli scarichi”
10
. La vicenda attirò l’attenzione dell’opinione
pubblica fino al mese di settembre, quando la Procura della Repubblica di Livorno, a
seguito di denunce effettuate da varie associazioni di pescatori, sequestrò le due navi
con cui la Montedison effettuava gli scarichi in un braccio di mare compreso tra le
coste liguri e quelle della Corsica, costringendo lo stabilimento alla chiusura
11
.
La gravità del caso
12
spinse nei mesi seguenti il Corriere della Sera ad affrontare con
maggiore sistematicità le varie situazioni di degrado ambientale presenti in Italia:
“Inchiesta ecologica sui litorali italiani” fu il titolo che il quotidiano milanese diede ad
una serie di articoli volti ad indagare la reale situazione delle coste italiane. A distanza
di una settimana l’una dall’altra si susseguirono altre due indagini, entrambe
riguardanti realtà ampiamente degradate: quella delle coste liguri e quella del litorale di
Rosignano. Nel primo caso, oltre a ribadire l’incidenza negativa degli scarichi di
“fanghi rossi” nell’area, il giornalista Alfredo Todisco spostò l’attenzione anche sui
metodi di rilevamento del grado di inquinamento dell’acqua utilizzati dagli uffici di
igiene e dai laboratori provinciali. Egli rilevò come tali analisi fossero effettuate
unicamente tenendo conto dei soli fattori di contaminazione organica e fecale,
tralasciando completamente quelli di origine chimica; basti pensare che gli unici
rapporti disponibili a riguardo furono realizzati unicamente su iniziativa privata
13
. La
mancanza di metodi di indagine appropriati spiccò in maniera ancor più rilevante
10
Corriere della Sera 11 agosto 1973 – “Montedison autorizzata ad inquinare”, p. 1. Con un comunicato
i cui punti chiave erano sostanzialmente tre la Montedison giustificava le sue posizioni dichiarando la
non pericolosità degli scarichi, l’impossibilità nel proseguire la produzione con conseguente
disoccupazione per i cinquecento lavoratori impiegati nello stabilimento e l’impegno a costruire impianti
di depurazione a terra entro il 1975.
11
Corriere della Sera 26 settembre 1973 – “Sequestrate le navi dei fanghi rossi – La Montedison chiude
lo stabilimento”, p. 5. Articolo di Alfredo Todisco.
12
Corriere della Sera 15 luglio 1973 – “Inchiesta ecologica sui litorali italiani – Pochi tratti si salvano
nel malconcio litorale toscano”, p. 5. In questo articolo il giornalista Alfredo Todisco, oltre a soffermarsi
sul problema ambientale, continua la polemica nei confronti della capitaneria di porto di Livorno che
seguita a consentire lo scarico in mare di 3.000 tonnellate di materiale di scarto al giorno.
13
Corriere della Sera 18 luglio 1973 – “SOS dalla riviera ligure”, p. 5.
6
dall’articolo successivo
14
, all’interno del quale Todisco pubblicò un’intervista ad
Aristeo Renzoni, docente di anatomia comparata presso l’università di Siena e
responsabile di un’analisi, svolta di sua iniziativa, sulle coste e sulla fauna marina
nell’area di Rosignano. Dalle rilevazioni effettuate dal professor Renzoni emerse un
quadro alquanto preoccupante, che denunciava una tipologia di inquinamento del tutto
differente da quelli usualmente contestati dalla stampa, ovvero una contaminazione
invisibile ad occhio nudo ed estremamente dannosa. Egli riscontrò nella fauna marina
locale un livello di mercurio ben superiore ai 0,7 milligrammi per chilogrammo
prescritti dalla legge per i pesci di importazione, e nella sabbia all’interno della zona
indagata, caratterizzata a suo dire da uno stupefacente colore bianco, la massiccia
presenza di carbonato di calcio scaricato direttamente sul luogo dal vicino impianto
della Solvay
15
. L’impatto che l’articolo ebbe sull’opinione pubblica si fece sentire
immediatamente. Nei giorni successivi alla pubblicazione dell’inchiesta su Rosignano
furono numerosissime le lettere contenenti richieste di chiarimento e spiegazioni che
giunsero alla redazione del Corriere della Sera; tante da permettere allo stesso Alfredo
Todisco di pubblicare appena quattro giorni più tardi, e questa volta in prima pagina,
un articolo di approfondimento riguardante le acque di rifiuto e il relativo sistema di
scarico degli impianti chimici e petrolchimici della ditta Solvay
16
.
Nei numeri successivi l’inchiesta , spostò questa volta la sua analisi sulle coste laziali e
mise in luce un ulteriore fattore di deterioramento ambientale: quello riguardante una
speculazione edilizia, di tipo sia industriale che urbano, che si espandeva senza
incontrare alcun limite. L’articolo in questione titolava: “Le coste del Lazio vanno in
malora col permesso dei piani regolatori - Lo stato disastroso delle riviere mette in
evidenza la complicità fra speculazione e pubblici poteri – Lottizzazioni e un porto
turistico consentiti nel parco nazionale del Circeo”
17
. Il problema della pianificazione
urbana e della speculazione edilizia, anche se da principio venne presentato su
posizioni di minor rilievo, fu un altro elemento di discussione importante su cui col
passare dei mesi l’opinione pubblica si soffermò sempre più spesso, soprattutto
ponendolo in relazione a tematiche di sostenibilità ambientale ed alla necessità di una
pianificazione territoriale che tenesse conto tanto delle esigenze dell’uomo quanto del
suo ambiente vitale. A livelli analoghi poi, se non con toni ancora più preoccupanti, fu
14
Corriere della Sera 25 luglio 1973 – “L’inferno di Rosignano”, p. 5.
15
Gruppo di portata internazionale operante principalmente nel settore chimico e delle materie plastiche.
16
Corriere della Sera 29 luglio 1973 – “A Rosignano la contaminazione supera largamente i limiti di
legge – Il pericolo dei pesci al mercurio”, p. 1. Articolo di Alfredo Todisco.
17
Corriere della Sera 1 agosto 1973 p. 5. Articolo di Alfredo Todisco.
7
descritta nel successivo numero la situazione del golfo di Napoli e del litorale
Partenopeo più in generale, in cui tutte le problematiche descritte fino a questo punto
sembravano confluire con la medesima gravità
18
. Particolarmente significativa la
descrizione che il giornalista curatore dell’indagine, Alfonso Madeo, diede delle
condizioni del fiume Sarno, nel quale confluivano una buona parte degli scarichi
fognari dell’agglomerato urbano di Napoli insieme a quelli di scarto dei vicini
stabilimenti industriali. Scriveva il giornalista del Corriere:
Fogna a cielo aperto, come la definiscono gli studiosi, il fiume Sarno raccoglie il cromo
dei coloranti usati nelle concerie avellinesi, il piombo espulso dalla lavorazione delle
ceramiche, sostanze tossiche di ditte farmaceutiche e ne fa dono al mare con terribile
pregiudizio per la sopravvivenza della fauna e per l’incolumità di quanti vi si bagnano.
Successivamente, con alcuni articoli pubblicati nelle prime due settimane di agosto
1973, l’inchiesta spostò la sua attenzione sulle due maggiori isole italiane,
aggiungendo un ulteriore fattore di degrado ambientale a quelli che fino a quel punto
erano stati descritti
19
. Tale fattore, provocato dalle varie operazioni di trasporto e di
raffinazione del greggio, ebbe un ruolo centrale nei mesi e negli anni immediatamente
successivi e permise di legare insieme tematiche ecologiste e di sviluppo economico,
consentendo all’opinione pubblica di coglierne i vari punti di contatto. Gli articoli in
questione riguardarono la Sardegna e la Sicilia, regioni che, più di tutte le altre d’Italia,
erano soggette all’indiscriminata installazione di impianti operanti nel settore della
chimica primaria e della raffinazione, con grave pregiudizio per l’aria e per le acque
antistanti gli stabilimenti
20
. Tra i due il caso siciliano risultò essere compromesso al
punto tale da indurre il giornalista Renato Bozzoni a definire l’isola come una terra
coloniale, costretta a subire ogni sorta di insediamento industriale “a patto che sia tra i
più inquinanti”. Accentuando quanto già affermato da Alfredo Todisco che in quei
giorni era tornato a parlare delle coste della Romagna in relazione all’argomento
21
,
Bozzoni proseguì nel suo articolo scrivendo: “Per l’industria (e sembra soprattutto per
18
Corriere della Sera 4 agosto 1973 – “Muoiono laghi e nascono città sulla costa inquinata di Napoli –
Abnormi insediamenti proliferano grazie alla leggerezza con cui si concedono le licenze edilizie –
Batteri micidiali nelle cozze coltivate a Pozzuoli incrementano le malattie virali – A Bagnoli piove
polvere rossa” , p, 5. Articolo di Alfonso Madeo.
19
Malanima P., Ambiente, clima, risorse, in “Storia d’Europa e del Mediterraneo” diretta da A. Barbero,
vol. X, Salerno 2005.
20
Corriere della Sera 15 agosto 1973 – “Paludi inquinate assediano i paradisi delle coste sarde”. p. 5.
21
Corriere della Sera 7 Agosto 1973 – “Industria e turismo alleati nel guastare le coste della Romagna –
I nauseanti vapori dell’inquinamento petrolchimico”, p. 5.
8
il potere politico che comporta) la Sicilia è pronta a farsi avvelenare da raffinerie,
chimiche, petrolchimiche e termoelettriche. A Milazzo, Augusta, Priolo, Melilli,
Ragusa e Gela la Sicilia fa da terra di colonia, dove si lavora ciò che non si vuole
lavorare in patria”
22
.
La sola nota positiva di questa inchiesta si riscontra in Calabria, regione oggetto
dell’ultimo articolo della serie. Proprio in quei giorni il consiglio regionale votò una
legge che la stampa definì rivoluzionaria e tramite la quale vennero resi inedificabili
con effetto immediato tutte le aree adiacenti le spiagge. Così intervenne nel
comunicato stampa della regione l’assessore all’urbanistica Aldo Ferrara: “Con questo
progetto di legge la Calabria si pone all’avanguardia di tutte le altre regioni italiane
[…] Certamente la legge colpisce cospicui interessi speculativi e darà luogo a battaglie
giuridiche, ma è dettata dal rispetto delle esigenze collettive nella prospettiva di uno
sviluppo articolato e duraturo”
23
. Resterà comunque un’iniziativa isolata, dalla quale in
ogni caso il quotidiano milanese colse l’occasione per evidenziare l’importanza di
agire in un ottica più allargata, in modo da poter provvedere alla realizzazione di
programmi di crescita che tenessero conto di più fattori.
Queste prime denunce settoriali, poi culminate nell’“inchiesta ecologica sui litorali
italiani”, furono il segnale di una crescente insofferenza da parte dell’opinione
pubblica di fronte alle scelte di sviluppo economico intraprese e di come sempre un
maggior numero di persone cominciasse ad interrogarsi sulla necessità di iniziare a
conciliare le esigenze di crescita economica con quelle di tutela ambientale.
Analizzando sistematicamente tutte le zone costiere della penisola, insieme alle
principali aree metropolitane e industriali del Paese, tale indagine fu il primo tentativo
di rappresentare il problema ecologico in maniera organica, inserendolo in un contesto
tramite il quale potesse essere messa in evidenza la relazione intercorrente tra due
aspetti fino a quel momento considerati in maniera separata.
La dimensione degli articoli relativi a tematiche ambientali si allargò rapidamente
anche a causa delle scelte di programmazione economica che il governo si apprestava a
porre in essere. In un momento nel quale infatti sembrava che il livello di
deterioramento del territorio stesse arrivando a livelli di saturazione, il governo, non
senza forti pressioni da parte delle lobby di settore, si apprestava a porre in essere
22
Corriere della Sera 10 agosto 1973 – “In Sicilia due coste perdute e una che si può salvare –
Inquinano acqua e aria le industrie sorgenti sul mare”, p. 5.
23
Corriere della Sera 9 agosto 1973 – “Una legge rivoluzionaria vuole fermare l’arrembaggio alle coste
calabresi”, p. 5. Articolo di Alfonso Madeo.
9
un’altra serie di massicci investimenti proprio nel settore della chimica primaria,
suscitando numerose contestazioni da parte di un’opinione pubblica che considerava
tali scelte di programmazione economica non sopportabili sul piano ambientale nonché
dannose per l’economia stessa
24
. Gli articoli pubblicati in quei mesi, criticando
apertamente la logica della crescita ad ogni costo che lo Stato si apprestava a mettere in
atto, sostenevano come sarebbe stato invece più opportuno utilizzare gli ingenti
finanziamenti pubblici a disposizione di tale progetto di sviluppo industriale per una
modernizzazione dei vecchi impianti, ormai gravemente nocivi all’ambiente
25
. A
sostegno di tali tesi il Corriere della Sera pubblicò un censimento delle raffinerie
italiane. “Abbiamo il record europeo delle raffinerie” titola un articolo datato 23 marzo
1973 che, al suo interno si domandava in maniera esplicita come fosse possibile che lo
Stato volesse continuare ad investire in un settore di cui gli altri paesi industrializzati
non alimentavano più la crescita
26
. Anche i progetti di costruzione di nuove centrali
termoelettriche furono ampiamente contestati. Un caso su tutti fu quello di cui diede
notizia il giornalista Arnaldo Giuliani, che seguì gli sviluppi della polemica creatasi tra
l’Enel e la regione Marche, la quale si opponeva al progetto di costruzione di una
nuova centrale rifiutando all’ente di Stato i permessi necessari per la costruzione
27
.
Giuliani nel suo articolo descrisse le modalità di funzionamento degli impianti per la
produzione di elettricità dell’ente di stato e, paragonandone il peso inquinante a quello
di una raffineria, sottolineò come per la loro progettazione non venissero presi in
considerazione vincoli di nessun genere: in tali impianti la produzione di energia
avveniva mediante la combustione di nafte ‘sporche’ che, affermò Giuliani, nemmeno
potevano essere esportate all’estero
28
.
Una spinta, dunque, quella del Corriere della Sera che, facendosi sempre più intensa ed
articolata, iniziava a muoversi in due differenti direzioni. Da una parte recepiva la
crescente consapevolezza dell’opinione pubblica in merito ai problemi dei limiti di
sfruttamento delle risorse naturali, e dall’altra tentava di mettere quest’ultima in
condizione di comprendere come le varie implicazioni e ricadute, che determinate
24
Corriere della Sera 17 gennaio 1973 – “Pioggia di miliardi sulla chimica – Parola d’ordine etilene”.
25
Corriere della Sera 22 gennaio 1973 – “La catena chimica di S. Antonio – Impianti che stanno in
piedi grazie a massicci finanziamenti pubblici”. p, 3. – Corriere della Sera 20 marzo 1973 –
“L’industria di raffinazione ha raggiunto dimensioni ‘monstre’”, p. 6.
26
Corriere della Sera 23 marzo 1973 – “L’Italia prigioniera del petrolio – Mentre gli altri paesi
industrializzati si liberano degli impianti per la lavorazione del greggio e dei relativi inquinamenti noi
petrolizziamo sempre di più la penisola”, p. 3. Articolo di Alfredo Todisco.
27
Battilani P., Fauri F. 1954 - 2008. Mezzo Secolo di Economia Italiana, Bologna 2008.
28
Corriere della Sera 18 aprile 1973 – “Le Marche dicono no ad una centrale dell’Enel – Revocata dal
comune di Potenza Picena la licenza edilizia che era già stata concessa all’ente”, p. 15.
10
politiche hanno sull’ambiente, non potessero essere più considerate come dei meri
eventi naturali da sopportare passivamente. Per raggiungere questi scopi il quotidiano
andò oltre il tradizionale ruolo di cronaca e denuncia, facendosi in alcune occasioni
essi stessi promotori di nuovi spazi di confronto all’interno dei quali poter discutere in
un’ottica più globale le problematiche ecologiche che affliggevano il Paese. Tra
questi, l’evento di maggior rilievo fu senza dubbio il “Convegno ecologico del
Corriere”, indetto a Roma nelle giornate del 5 e del 6 aprile 1973. Agendo da
catalizzatore nei confronti di quei sentimenti di malessere, che fino a quel momento
non avevano trovato coordinamento a livello nazionale, quell’incontro, a cui
parteciparono numerosi esperti in materia ecologica, affrontò differenti argomenti.
Spaziando da tematiche più generali quali la tutela dell’ambiente ed il diritto alla
salute, fino ad arrivare all’elaborazione di proposte concrete incidenti sia sul piano
della normativa che su quello della programmazione. In un articolo pubblicato il 7
aprile in occasione della conclusione del convegno, il Corriere della Sera pubblicò una
sintesi delle posizioni raggiunte durante il dibattito e riportò la notizia secondo la quale
all’interno del documento redatto in occasione della conclusione del convegno fossero
presenti oltre ottanta proposte che a breve sarebbero state sottoposte all’attenzione del
governo
29
. Così intervenne, nel tentare di dare un quadro di insieme della situazione
del Paese, il giornalista incaricato di seguire l’evento Alfredo Todisco
30
:
Mentre la società italiana persegue faticosamente e attraverso serie tensioni sociali gli
obiettivi dello sviluppo economico e del crescente benessere materiale, il malessere
dell’inquinamento – sottoprodotto indesiderato del processo tecnologico industriale – si
palesa sempre più come il problema nuovo e veramente inquietante del nostro tempo.
L’aria sempre più irrespirabile, i fiumi sempre più schiumosi e infetti, le coste sempre
più bituminose e scostanti, il paesaggio naturale sempre più avariato, il rumore e la
congestione metropolitana, non sono disagi immaginati da pochi ipersensibili: ma
l’acre esperienza che moltitudini crescenti di italiani vanno facendo direttamente sulla
loro pelle. Ciò che impressione del nuovo “flagello sociale” è la rapidità del suo
29
Corriere della Sera 7 aprile 1973 – “Le conclusione del convegno ecologico del corriere – Per salvare
l’ambiente ottanta proposte”, p. 5. Articolo di Alfredo Todisco.
30
Fu uno dei maggiori interpreti del nuovo fenomeno ecologico scoppiato tra il 1968 ed il 1974. Alfredo
Todisco era considerato uno degli osservatori più attenti dell’epoca, riuscendo a cogliere e descrivere
anche gli aspetti economici e sociali dei nuovi fermenti. Todisco fu inoltre uno dei primi a far conoscere
il movimento di Aurelio Peccei, che nel 1969 aveva fondato il Club di Roma e che aveva stimolato la
preparazione e la pubblicazione del libro “I limiti alla crescita”, apparso nel 1972. Il libro ebbe, al
momento, un enorme successo e avrebbe gettato le basi di una critica dell’economia tradizionale,
“riscoperta” di recente dal movimento della cosiddetta “decrescita”.
11
progresso […]. La scienza economica, “gaia scienza” che vede il benessere (di
consumo) e non il male, il prodotto e non il distrutto, non è ovviamente più in grado di
darci un quadro reale delle nostre condizioni di vita.
Todisco poi concluse il suo intervento riferendosi all’immobilismo dimostrato dalle
autorità, senza le quali, affermò, non si sarebbe potuti giungere a nessuna soluzione
concreta:
Se l’inquinamento è il nuovo nemico pubblico numero uno (e lo sarà sempre più in
futuro) lo scarso impegno con cui il paese cerca di fronteggiarlo appare piuttosto
sconcertante […]. Il Governo, le amministrazioni pubbliche e private, quando mostrano
qualche propensione ad interessarsi del nuovo morbo che divora il paese da dentro, lo
fanno come se si trattasse di un fastidio marginale. Mentre i discorsi, i dibattiti, e gli
uffici pubblici ecologici vanno infittendo in modo perfino eccessivo, le misure che
effettivamente si sono prese contro l’inquinamento si riduco a ben poca cosa […].
L’unica cosa che lo persuaderebbe a muoversi [il governo], è quella di un’opinione
pubblica agguerrita che glielo chiedesse […]. I cittadini non devono più domandarsi
perché i governanti, centrali o locali, non fanno questo o quello in difesa della qualità
della vita. E devono invece cominciare a comprendere che i governanti agiscono se essi,
manifestando la loro volontà in modo concreto e palese, li spingono adeguatamente.
31
Nei giorni immediatamente seguenti la pubblicazione di questo articolo si scatenarono
forti polemiche in relazione ad una delle proposte enunciate alla conclusione del
convegno. Tale proposta, individuando nell’attuazione di una politica di controllo
demografico
32
uno dei rimedi necessari a contrastare il problema dell’inquinamento,
originò nei giorni seguenti una dura polemica la quale, protraendosi fino a quasi tutto il
1974, diede avvio al confronto su un tema che fu uno dei più importanti tra quelli
affrontati dalla stampa di quel periodo e, che con più frequenza venne messo in
relazione con tematiche riguardanti i limiti dello sviluppo. In un primo momento le
critiche vennero arrivarono da ambienti della sinistra, sia cattolica che laica. Questi,
negando la validità della proposta in questione, addussero differenti motivazioni per
l’alto grado di inquinamento presente nei grandi centri urbani della penisola quali:
un’eccessiva concentrazione di abitanti nelle aree metropolitane, causata per lo più da
costanti flussi migratori provenienti dalle campagne, numerose carenze strutturali in
31
Ibidem.
32
Per riferimenti espliciti del giornale alle teorie neomaltusiane si veda paragrafo 2.2
12
fatto di servizi locali, ed infine, un eccessivo consumo procapite, elemento questo che
veniva proposto in maniera del tutto svincolata rispetto al numero effettivo della
popolazione. Tali argomentazioni però non convinsero Todisco, il quale pur trovandosi
d’accordo sul fatto che in Italia buona parte del problema fosse dovuto ad una
disorganica distribuzione demografica, ne dissentì fortemente, giudicandole
superficiali ed elusive, ovvero formulate in modo da distogliere l’attenzione da un
problema che egli invece giudicava di portata mondiale
33
. Il giornalista infatti, non si
limitò solo a richiedere l’attenzione del governo, ma riportando in chiusura di articolo
alcune previsioni secondo le quali la popolazione mondiale avrebbe raggiunto la cifra
di 7 miliardi di persone entro l’anno 2000, propugnò la stipula di accori internazionali
in materia di regolazione delle nascite come base per risolvere anche altri problemi,
quali quello dell’inquinamento e della redistribuzione sociale.
Il giornale continuò anche nei mesi successivi a dare voce a dibattiti e a convegni che
si proponevano di trovare soluzione a problemi più o meno settoriali
34
. La Conferenza
internazionale di Napoli, tenutasi nel giugno del 1973, rappresentò un punto di svolta a
riguardo, poiché propose per la prima volta dall’inizio dell’anno, un’idea di limite di
sostenibilità che sembrava tenere in considerazione tutti gli aspetti affrontati nel corso
di quei mesi. Le tematiche affrontate in quella sede si rifecero ad un rapporto
commissionato dal Club di Roma
35
al Massachusetts Institute of Technology nel 1972.
Il rapporto in questione, pubblicato negli Stati Uniti col titolo “The Limits of Growth”
ovvero i limiti della crescita, e tradotto impropriamente in Italia come “I Limiti dello
Sviluppo”, fu il primo studio scientifico a documentare l’insorgere della questione dei
limiti ambientali a livello globale
36
. Ciò che gli studiosi riunitisi nel capoluogo
partenopeo si chiesero in occasione di quell’incontro fu quindi: “L’attuale ritmo di
sfruttamento delle risorse naturali e di inquinamento dell’ambiente porterà il sistema
economico mondiale al collasso totale a partire dal 2030?”.
33
Corriere della Sera 2 maggio 1973 – “Un problema anche italiano – Non esiste alcuno studio serio
circa il numero optimum della popolazione italiana in rapporto alle risorse disponibili tale da servire
come guida alla pubblica opinione”, p. 2.
34
Corriere della Sera 11 giugno 1973 – “Dibattito internazionale a Bastia – Salvare il Mediterraneo da
ogni inquinamento”, p. 5. Articolo di Alfredo Todisco.
35
Associazione non governativa e non profit fondata nell'aprile del 1968 dall'imprenditore italiano
Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King. Gli scopi ufficiali del Club di Roma sono
quelli di comprendere i cambiamenti che investono il pianeta in cui viviamo, evidenziare le
problematiche più urgenti e proporre soluzioni, con particolare attenzione alle questioni ambientali. Il
nome del gruppo nasce dal fatto che la prima riunione si svolse a Roma, presso la sede dell'Accademia
dei Lincei alla Farnesina.
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Simmons M. R., Revisiting The Limits to Growth, Could the Club of Rome Have Been Correct, After
All?, New York 2000.