Introduzione
Il mondo formativo ed universitario in particolare ha mostrato
difficoltà a soddisfare le esigenze dell’attuale mondo produttivo
globalizzato.
Alla crescente domanda sociale di formazione, che permetta di essere
competitivi sul mercato del lavoro, si è risposto con una trasformazione dei
sistemi educativi attraverso cui si è giunti a ridurre gli obiettivi di
formazione ad una serie di competenze professionali e sociali minime e con
una complessiva diminuzione della qualità della formazione.
La didattica appare spesso isolata dal lavoro, sicuramente poco
connessa alle realtà territoriali per quel che riguarda il Mezzogiorno, ma
indubbiamente manifesta grossi limiti nello svolgere il ruolo innovativo e
perequativo che le è richiesto.
Alla crescente formazione domandata dal mercato del lavoro oggi, si è
risposto invece con una polarizzazione del capitale umano dove, a fronte di
una minoranza di posti per cui è richiesto una formazione ad altissimo
livello, si assiste di contro alla diffusione dei piccoli lavori, poco
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remunerati, spesso precari, che richiedono una qualificazione di basso
profilo, incentrato su poche competenze di base. Si è risposto con proporre
una “razionalizzazione” dell’educazione fornendo una formazione generale
di breve durata commisurata alle esigenze del mercato. L’università uscita
dalla Riforma di Bologna, che sostituisce la laurea quadriennale con due
titoli di laurea triennale e laurea specialistica conseguibile dopo 5 anni,
asseconda proprio l’evoluzione del mercato del lavoro.
L’obiettivo è far dialogare il mondo delle università con quello delle
imprese; far sì che anche aziende più piccole possano trarre vantaggio da un
migliore rapporto con gli atenei e comunque non si può prescindere dal
considerare le profonde differenze che nell’economia dualistica dell’Italia
permangono a riguardo della distribuzione delle risorse e dei bisogni delle
due aree Nord-Sud.
Si focalizzano, infine, pochi ma chiari concetti chiave per i quali,
sempre, la misura del successo di un sistema universitario si debba
rapportare con i progetti di ricerca che vengono a generarsi con le aziende.
Nell’elaborato si assume centrale l’ottica del laureato e neolaureato, si
analizzano le scelte di formazione compiute evidenziando le principali
motivazioni delle stesse e sempre partendo dalla centralità di questo
soggetto si analizzano anche i suoi sforzi nell’ottica della propria
realizzazione.
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Si è fatto quindi ampio ricorso ai dati forniti dal Sistema Excelsior di
Unioncamere, inerenti le previsioni di assunzione delle imprese italiane,
anche nei loro ultimi aggiornamenti dopo la crisi internazionale maturata
agli inizi di settembre; si sono considerate anche le statistiche Istat e di
quelle pubblicate dal MIUR (Ministero dell’Istruzione Universitaria e della
Ricerca), supportate con ulteriori elaborazioni dei dati grazie ai rapporti
Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) ed al
X Rapporto Almalaurea.
A guidare la loro lettura sono state necessarie alcune teorie
dell’Economia del Lavoro, specie quelle sul rendimento dell’investimento
in formazione; sul fenomeno migratorio; di influenza socio-economico
delle famiglie di origine dello studente; delle asimmetrie informative in
merito la capacità di selezione del capitale umano.
Il lavoro si articola in quattro capitoli. Dopo aver citato alcune teorie
dell’Economia del Lavoro per una migliore comprensione dei fenomeni nei
successivi capitoli trattati, si procede quindi con l’affrontare i medesimi nel
modo in cui le scelte individuali dello studente prima e del lavoratore poi si
susseguono. Nel capitolo due si analizzano le decisioni in merito alla
formazione e le opportunità di impiego per i laureati del sud; quindi nel
capitolo tre si analizzano le opportunità che offre al soggetto il mercato del
lavoro del Sud e nel capitolo quattro l’opportunità/necessità di mobilità
come scelta alternativa alle possibilità di lavoro locale.
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CAPITOLO I
Alcune teorie economiche sull’investimento
in capitale umano e sulla fuga dei cervelli
Introduzione
La scienza economica del lavoro ci offre una serie di elementi di
analisi, teorie economiche e sociologiche, che ci permettono di avviare la
comprensione del fenomeno che investe i laureati: dal processo che
interessa la loro formazione, fino alla comprensione delle loro scelte in
qualità ormai di operatori nel mercato del lavoro.
La domanda d’istruzione da parte dei futuri laureati viene osservata in
termini strettamente economici, individuando anche i rispettivi limiti di tali
analisi; supportando alcune evidenze statistiche e approfondendo alcune
caratteristiche di rilevo del processo di formazione ovvero la stratificazione
educativa e sociale così come l’importanza del background familiare nelle
scelte a livello scolastico degli individui.
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Seguono, quindi, le teorie di uno delle scelte post-formative
dell’individuo: quello migratorio.
1. Istruzione e Mercato del Lavoro
La scelta di istruzione e di formazione professionale che gli individui
compiono nell’arco della loro vita viene analizzato con riferimento ai
costi/benefici che ogni scelta tra alternative comporta.
La teoria principale identifica la scelta di formazione e istruzione
come investimento nel proprio capitale umano. Alternativamente
l’istruzione è vista come segnale dell’abilità (talento) individuale. Fattori
che possono contribuire a determinare la formazione individuale sono
l’ambiente familiare e l’ambiente sociale.
L’evidenza empirica sulle scelte di partecipazione scolastica mostra
un andamento dei tassi di partecipazione scolastica (rapporto tra gli iscritti
in un ordine di scuola e la popolazione corrispondente nella stessa fascia di
età) consistente nei livelli primari e secondari e con una maggiore
dispersione per l’istruzione universitaria.
Questi risultati sono principalmente ascrivibili ai paesi in via di
sviluppo, infatti se ne trova conferma nel coefficiente di variazione (per un
dato campione il coefficiente di variazione è il rapporto tra la sua
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deviazione standard ed il valore assoluto della sua media aritmetica) che
misura la dispersione dei tassi di partecipazione tra Paesi e man mano che
saliamo di livello, i valori di istruzione medi presentano una maggiore
dispersione e quindi una minore rappresentatività della realtà
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.
Tabella 1 – Tassi di partecipazione scolastica, 1960-95 (%)
1960 1970 1980 1990 1995
Istruzione Primaria
Intero Mondo 73,9 81,9 91,2 94,0 100,0
Dispersione tra paesi (coefficiente di var.) 0,32 0,23 0,16 0,14 0,17
Solo donne 64,8 74,8 82,4 89,7 97,6
Istruzione Secondaria
Intero Mondo 29,7 34,1 46,4 52,4 61,2
Dispersione tra paesi (coefficiente di var.) 0,87 0,70 0,50 0,44 0,44
Solo donne 25,1 34,2 43,4 47,1 57,9
Istruzione Secondaria
Intero Mondo 6,3 11,4 15,3 14,6 17,8
Dispersione tra paesi (coefficiente di var.) 1,27 1,14 0,98 1,30 1,17
Solo donne 4,1 7,9 13,5 12,9 17,3
Fonte: Brucchi Luchino (2001).
Gli esiti, sugli individui una volta che essi siano entrati nel mercato
del lavoro, di una maggiore istruzione acquisita è riscontrabile da:
- una maggiore partecipazione al mercato del lavoro;
- una minore probabilità di disoccupazione;
- una maggiore retribuzione
Esiste quindi un guadagno atteso dall’accrescere la propria istruzione.
Tuttavia il titolo di studio posseduto non influenza solo il livello retributivo,
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Brucchi Luchino (2001)
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ma anche la sua dinamica nel corso della vita lavorativa, ovvero a gradi di
istruzione più elevati si associano profili retributivi più ripidi.
Acquisire istruzione dunque aumenta il reddito corrente e migliora le
prospettive di carriera futura.
Nella scelta di acquisire istruzione come “Investimento in Capitale
Umano” non consideriamo l’istruzione restrittivamente come un Bene di
Consumo, dove questa verrà domandata fino al punto in cui l’Utilità
Marginale uguaglia il Costo Marginale della stessa; per l’istruzione
universitaria, infatti, i costi si innalzano significativamente senza però che
sia possibile affermare che l’informazione addizionale sia compensata in
termini di utilità. La scelta, invece, di istruirsi intesa come forma di
investimento finalizzato ad accrescere le proprie capacità di reddito futuro è
molto più plausibile, così, questa può essere paragonata all’acquisizione di
un fattore produttivo detto Capitale Umano.
Pur trascurando le famiglie di provenienza e ipotizzando che le
persone stesse decidano autonomamente il numero di anni di istruzione,
persone con diverso ammontare di istruzione dovrebbero essere considerate
fattori con un più elevato livello di produttività, ma non possiamo escludere
che le imprese domandino i loro servizi anche per altre caratteristiche,
individuali, non osservabili di cui l’istruzione sarebbe solo un segnale
indiretto (es. migliore cura per la salute, minore assenteismo,…)
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Acquisire istruzione comporta, poi, costi di varia natura; ed in
particolare, costi monetari diretti, costi monetari indiretti (Costi
opportunità) e costi non monetari (impegno).
Assumendo che le imprese remunerino per certo la maggior
istruzione, la capacità di guadagno futura sia descritta da una funzione
concava, l’equivalente monetario del piacere di possedere istruzione sia
descritta anch’essa da una funzione concava, tralasciando le implicazioni
della disponibilità di tempo; l’individuo che si comporta in modo
ottimizzante è cosciente del fatto che la relazione tra istruzione e reddito sia
data dal funzionamento del mercato del lavoro e sia indipendente invece
dalle sue scelte; egli quindi sceglierà solo il punto sulla curva di istruzione-
reddito associato alla sua curva di indifferenza più elevata.
Nella realtà tuttavia il problema di scelta è dinamico ovvero
l’individuo considera anche i redditi attesi; e gli individui sono eterogenei
ed i livelli di istruzione acquisita della popolazione sono molto diversificati.
Alcune delle differenze individuali sono l’abilità o la capacità individuale
(dove l’intelligenza, qualunque sia la sua definizione, influisce su tempi e
costi di apprendimento; così come l’ambiente culturale di provenienza
influenza i costi psicologici) e le risorse finanziarie familiari che
influenzano le scelte individuali poiché si ipotizza altresì l’assenza dei
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mercati finanziari (ci fossero dovremmo inoltre distinguere tra mercati
finanziari perfetti ed imperfetti).
La scelta ottimale di istruzione sarà data dall’incrocio delle curve di
beneficio e costo marginali. Beneficio marginale sarà decrescente per via
dell’utilità marginale decrescente e del rendimento decrescente
dell’istruzione; il costo marginale è invece crescente come spezzata con un
asintoto verticale, poiché ipotizziamo che non esistano mercati finanziari
nei quali gli individui possano prendere risorse con cui finanziare il costo
dell’istruzione.
Figura 1 – Condizione di equilibrio della funzione Istruzione
Se la ricchezza finanziaria della famiglia non limita l’accesso
all’istruzione, la scelta ottimale avverrà nel punto E in Figura 1.
Considerando ora un individuo dotato di maggiore talento, tale per cui la
curva di rendimento marginale sia superiore, in assenza di problemi di
finanziamento, la nuova scelta di istruzione si posizionerà nel punto F.
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