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Introduzione
La tesi ha l’obiettivo di esaminare il consumo politico giovanile e di chiarire quali sono
le modalità di interazione tra la politica e i giovani, nella misura in cui mentre alcuni
giovani vivono un rifiuto delle pratiche tradizionali dell’agire politico, altri si
riconoscono maggiormente nella militanza politica attraverso l’utilizzo dei new media
come nuovi canali e nuove forme di partecipazione politica.
L’impegno politico delle nuove generazioni si è infatti configurato, nell’ultimo
decennio, come sempre più intermittente e superficiale, causa la scarsa fiducia nelle
istituzioni e il disinteresse per argomenti politici che non rispecchiano le idee e i valori
delle giovani generazioni.
Il percorso tematico parte dal cambiamento dei mezzi di comunicazione e
d’informazione che, rendendo la conoscenza e la fruibilità dei dati molto più semplice
e immediata, hanno cambiato la partecipazione, rinnovandola profondamente.
I nuovi media, Internet su tutti, hanno contribuito alla circolazione fluida
dell’informazione, hanno permesso alla politica di comunicare meglio con gli elettori,
di coinvolgere maggiormente il cittadino, rendendolo parte attiva dei cambiamenti
sociali.
Si analizzerà in che modo i new media sono diventati protagonisti nella produzione e
nella diffusione della comunicazione politica e in che modo ciò ha influenzato la
stessa comunicazione politica dei partiti e di conseguenza la partecipazione politica
dei cittadini. In particolar modo la disaffezione dei giovani nei confronti delle
istituzioni e dei partiti è alla base di una critica dei fondamenti stessi della
partecipazione convenzionale approdando a forme partecipative dal basso, dirette e
non convenzionali, che alle istituzioni sostituiscano spazi auto-organizzati.
In questa prospettiva il quadro delle forme in cui la partecipazione si manifesta si va
ampliando, includendo gruppi, associazioni, movimenti e mobilitazioni di massa.
La comunicazione in rete ha infatti, in epoca moderna, anche dato avvio a casi di
mobilitazione sociale e manifestazioni globali che hanno fatto nascere una serie di
reti politiche online grazie alle quali i giovani possono ottenere informazioni e
organizzare vere e proprie mobilitazioni per far sentire la loro voce e raggiungere i
propri fini, che altrimenti, con le forme tradizionali e ormai obsolete della
partecipazione politica non sarebbero stati in grado di perseguire.
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Inoltre l’utilizzo di canali quali Internet, social network, blog per lo scambio di
informazioni politiche, ha permesso negli ultimi anni di avvicinare i giovani, più pratici
nell’utilizzo di questi mezzi, agli organi della politica, ai partiti, e offrire loro la
possibilità di interagire, comunicare e partecipare attivamente con proprie idee e
proposte al dialogo con gli esponenti della politica.
Barack Obama lo ha fatto durante la sua campagna elettorale e dopo la vittoria delle
elezioni presenziali. Ha usato il Web, ha vinto le elezioni insieme e anche grazie al
Web. Si è fatto conoscere in poco tempo dal popolo americano, si è guadagnato la
loro fiducia, si è reso trasparente attraverso l’apertura di diversi siti Internet che
ritraevano la sua figura umana e politica. Ha usato uno dei maggiori social network in
circolazione, Facebook e, al fine di creare localmente piccole comunità di sostenitori
che si riconoscessero reciprocamente, ha trasmesso discorsi e messaggi alla
nazione attraverso YouTube, facendo arrivare la sua voce direttamente nelle case
degli americani.
Nel primo capitolo verrà presentata una rassegna dei contributi teorici ed empirici allo
studio della partecipazione politica. Partendo dal concetto di partecipazione politica,
come base della democrazia di un sistema sociale e coinvolgimento, più o meno
attivo, di un individuo all’interno di una data società, si vedrà quali sono le principali
forme di partecipazione politica prese in esame dagli studiosi in materia e quindi gli
elementi di potenzialità e criticità dell’approccio partecipativo.
Nel secondo capitolo, si analizzeranno i meccanismi che hanno portato le nuove
generazioni al distacco nei valori tradizionali e quindi alla disaffezione e alla poca
informazione politica. Dalle varie forme di attivismo politico che si sono susseguite
negli anni, a seguito di cambiamenti storico-culturali, si arriverà fino alle nuove
generazioni con particolar attenzione alle forme di partecipazione non convenzionale
e ai nuovi movimenti sociali che, oggi, in particolare tra i giovani, si manifestano
attraverso l’uso della rete Internet.
Dal popolo di Seattle in poi la rete ha svolto un ruolo importante di comunicazione e
informazione di quelle tante persone che provengono da luoghi diversi e lontani, ma
che possono mettersi in contatto e organizzare le loro proteste con facilità rispetto
alle pratiche disponibili negli anni Sessanta e Settanta. Quindi verranno presi in
esame casi di attivismo politico giovanile in rete, come i movimenti ecologisti, no
global, e infine, i centri sociali.
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A questo scopo verrà presentata l’influenza del Web 2.0 (blog, forum, chat, social
network) nella partecipazione politica, come ruolo fondamentale nella trasformazione
dei rapporti sociali e quindi le possibilità di utilizzo di questo strumento da parte dei
politici durante le loro campagne elettorali in Italia e in particolar modo in America.
Nel terzo capitolo infatti si riprenderà il discorso sul ruolo comunicativo e persuasivo
del Web, con un’attenzione speciale ai Social Network Site (SNS), il più conosciuto
Facebook, e all’influenza che questi mezzi esercitano sui giovani sia per quanto
riguarda le loro relazioni sociali, sia per quanto concerne il loro impegno politico.
Grazie a Facebook oggi i giovani, anche quelli più sfiduciati o distanti dalla politica,
possono commentare nella loro pagina personale l’andamento di un soggetto
politico, possono votarlo o farlo votare, scrivergli o aggiungerlo come amico.
Un’attenzione particolare sarà quindi rivolta a Barack Obama e alla sua capacità di
costruire il discorso politico in rete durante la sua campagna per le elezioni
presidenziali del 2008. Tramite il Web e i SNS egli ha potuto raccogliere fondi,
reclutare volontari, e soprattutto utilizzare un linguaggio politico vicino ai giovani, la
cosiddetta Generazione Obama, facendo in modo che loro si sentissero parte attiva
della sua campagna elettorale e vicini al candidato stesso, tanto da vederlo più come
un amico che come un politico.
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CAPITOLO 1:
La Partecipazione politica
1.1 Che cos’è la partecipazione politica
La prima questione da affrontare è strettamente connessa all’oggetto dell’analisi.
Si tratta di fornire una definizione del concetto di partecipazione politica che permetta
di ricondurre lo stesso ad alcuni indicatori da impiegare per l’analisi empirica.
Una definizione essenziale considera la partecipazione come il coinvolgimento
dell’individuo nel sistema politico a vari livelli di attività, dal disinteresse totale alla
titolarità di una carica politica (Rush, 1994, p.121).
Per partecipazione politica possiamo intendere quindi l’insieme di quei
comportamenti, più o meno attivi, dell’individuo tali da determinare, all’interno di una
data società, il livello di socializzazione e familiarizzazione dell’individuo stesso con il
sistema politico.
L’assenza di una definizione chiara ed univoca del termine fa sì che una certa
ambiguità interpretativa si trasferisca anche nell’ambito normativo italiano, dove il
libero accesso alle strutture e ai servizi degli enti, alle organizzazioni di volontariato o
ad altre forme associative, e la comunicazione, ai soggetti interessati, di eventuali
proposte di piani e programmi, o di un loro riesame, sono già di per sé condizioni
sufficienti a garantire la partecipazione dei cittadini, che si esprime concretamente
nella possibilità di prendere visione delle informazioni relative a questi provvedimenti,
e di presentare osservazioni e pareri, di cui i decisori dovranno tener conto.
La partecipazione può essere identificata, di fatto, con il diritto ad essere informati,
ad esprimere il proprio parere, presentando all’ente locale, ipotesi e obiezioni,
nonché ad intervenire, singolarmente o in gruppi organizzati, nella fase di decisione e
di deliberazione delle politiche che ricadono sulla comunità e sull’ambiente
circostante.
Andrea Millefiorini suggerisce una definizione più articolata che fornisce altre
informazioni: «… definiamo dunque la partecipazione politica come un agire che,
messo in moto da motivazioni individuali o di gruppo, si sviluppa in esclusiva
relazione ad un contesto sociale, e ha ad oggetto problematiche relative alla
politicità. Tale agire assume necessariamente forme collettive, e ha come obiettivo
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quello di intervenire, direttamente o indirettamente, nei processi di elaborazione delle
decisioni del sistema politico, o, in casi eccezionali, di sostituirsi ad esso» (Millefiorini,
2002, p.19).
E’ possibile ora definire la partecipazione politica nel suo doppio significato: la
partecipazione politica come il prendere parte, cioè il coinvolgimento in determinate
azioni che al livello più alto possono rappresentare la titolarità di una carica politica, e
l’esser parte di un gruppo, di una comunità, cioè interagire attivamente in questioni
socio-politiche in maniera più o meno attiva (Raniolo, 2007, p.p.15-16).
Queste due dimensioni non variano indipendentemente, ma tra loro c’e’ una forte
associazione. Infatti la seconda è la precondizione perché la prima possa
manifestarsi.
Attualmente si possono, di conseguenza, distinguere differenti prospettive sottese al
medesimo concetto generale.
Un’ulteriore definizione di partecipazione politica viene proposta da Pasquino:
«parliamo di partecipazione politica quando: 1) nell’ambito di un dato sistema politico
od organizzazione (di cui si è parte o si aspira a far parte), 2) attraverso un insieme
di atteggiamenti e comportamenti concreti si prende parte, 3) cioè si cerca di
influenzare (in maniera più o meno diretta e più o meno legale) le decisioni dei
detentori del potere politico, nonché la loro stessa selezione, 4) nella prospettiva di
conservare o modificare la struttura, e quindi i valori, del sistema di interessi
dominanti» (Pasquino in Raniolo, 2007, p.28).
Il termine partecipazione non presenta, dunque, un significato univoco; strettamente
collegato alla socializzazione politica, le sfere a cui si riferisce sono diverse e variano
da quella politica a quella sociale, ideologica, psicologica, culturale, religiosa.
Tutti i tipi di partecipazione politica variano a seconda dello status economico, il
livello d’istruzione, il sesso, l’età, il tipo di occupazione, nonché la personalità e
l’ambiente o il contesto politico in cui ha luogo la partecipazione.
Si tratta di un fenomeno complesso anche perché i livelli della partecipazione
possono essere molto diversi, poiché si può trattare di un comportamento o di un
sentimento.
Si può partecipare compiendo un’azione, oppure semplicemente condividendo un
interesse o avvertendo singolarmente o con altri un sentimento o un malessere
sociale o comunitario.
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Infine la partecipazione può avere una funzione di costruzione delle decisioni
attraverso il meccanismo della delega o avere una funzione rituale per ribadire valori
e scelte ideologiche.
Le azioni e i comportamenti degli individui mirano quindi a influenzare le decisioni dei
detentori del potere nel sistema politico o in singole organizzazioni politiche.
Le riflessioni sul rapporto tra cittadini e sfera politica richiamano l’attenzione a quel
particolare nesso tra scenario democratico e partecipazione in quanto la
partecipazione politica costituisce la condizione necessaria per l’esistenza e il
funzionamento delle democrazie di massa.
E’, infatti, solo il regime democratico che consente il dialogo tra i cittadini e le
istituzioni ed è qui che il singolo cittadino compie liberamente la scelta di partecipare
o meno al contesto socio-politico di cui è parte.
Nell’ordinamento Italiano un primo riferimento normativo alla partecipazione può
essere rintracciato nella Costituzione, in particolare nell’art. 3.2 in cui si afferma che:
«È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
L’art. 18 afferma che «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale». E ancora
all’ art. 49 del Titolo IV - Rapporti Politici, afferma che «Tutti i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a
determinare la politica nazionale».
L’espressione «con metodo democratico» è stata interpretata in modi diversi. Molti al
giorno d’oggi sono d’accordo nel ritenere che essa implichi il divieto assoluto di usare
qualsiasi forma di violenza fisica o morale per imporre determinate idee o scelte
politiche.
In un regime democratico sono i Partiti politici che, agendo come agenti di
mobilitazione politica, rappresentano l’organizzazione principale grazie alla quale gli
individui possono partecipare in maniera attiva o passiva, all’attività politica
proponendo idee, posizioni, situazioni. (Rush, 1992, p.24)
Dal punto di vista giuridico i partiti politici in Italia sono organizzazioni private che si
configurano come associazioni non riconosciute e godono quindi dell’ampia libertà
d’azione che è prevista dal codice civile per queste associazioni. Non sono persone
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giuridiche e pertanto non sono sottoposti ai controlli statali che il codice civile
prevede per tali enti.
Nella definizione di Max Weber (1922) i partiti rappresentano «associazioni fondate
su una adesione libera, costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di
potenza all’interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi le possibilità per il
per perseguimento di fini oggettivi o per il perseguimento di vantaggi personali, o per
tutti e due gli scopi».
E’chiaro come i partiti o i gruppi rappresentino quindi l’organizzazione maggiormente
in grado di coinvolgere i cittadini alla vita politica; ma su questo punto si tornerà a
parlare più avanti quando verranno classificate le diverse forme della partecipazione
politica e potremmo quindi formulare una scala gerarchica della partecipazione.
La partecipazione dei cittadini in una situazione democratica diventa quindi
fondamentale per due motivi, sia per testare il consenso e, quindi, legittimare lo stato
nazionale a sovranità popolare, ma anche un modello istituzionalmente riconosciuto
per denunciare le disuguaglianze e affrontare politicamente la richiesta di modificare
tali disuguaglianze.
Le moderne democrazie dell’Occidente riconoscono quindi a tutti i cittadini il diritto di
partecipare attivamente alla vita politica in varie forme ma la complessità del
fenomeno lo rende mutabile da un sistema politico ad un altro e variabile a seconda
dei cambiamenti socio-economici e culturali nei diversi paesi e nelle diverse forme di
governo.
A partire dagli anni Sessanta si va affermando, infatti, una partecipazione intesa
come tecnica decisionale che ha trovato larga eco in un recente dibattito sulla
democrazia deliberativa.
L’idea originaria della partecipazione come tecnica bottom-up promuove il dialogo e
la cooperazione tra le diverse forze politiche, sociali ed economiche che
compongono la società. In questo tipo di partecipazione si cercano di coinvolgere gli
individui che, grazie ad una circolazione più diffusa delle informazioni, possono
partecipare alla definizione dei problemi e degli obiettivi, alla scelta delle strategie e
delle decisioni, mentre le istituzioni si impegnano a collaborare seriamente e ad
accettare i risultati derivanti da questo processo interattivo. Tali concezioni
decisionali si basano sul presupposto che una decisione condivisa abbia maggiori
chance di essere accettata rispetto ad una imposta dall’alto (sulla base di una
legittimità rappresentativa), quindi direzionata dall’alto verso il basso (top-down). È