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Introduzione
In questo lavoro analizzerò i luoghi in cui Italo Calvino è cresciuto – Sanremo
e più in generale la Liguria – e alcune persone che frequentavano al tempo Villa
Meridiana. Il mio intento è quello di indagare, attraverso l'analisi delle opere
dell'autore, interviste, note biografiche e testi critici, “i giardini di Italo Calvino”,
metafora dei luoghi e delle persone che hanno creato l'ambiente in cui lo scrittore è
cresciuto e di come tale contesto abbia influenzato la sua opera letteraria.
Comincerò parlando di Sanremo per focalizzarmi poi sulla casa dello scrittore,
quella Villa Meridiana che fu anche sede della Stazione Sperimentale di Floricultura
Orazio Raimondo, diretta dai genitori di Italo Calvino. Passerò quindi a una delle
figure più pittoresche tra le conoscenze del giovane Italo: Libereso Guglielmi
(Bordighera 1925 - Sanremo 2016), l’amico giardiniere.
Parlerò poi dei genitori dello scrittore: Mario Calvino (Sanremo, 26 marzo
1875 - Sanremo, 25 ottobre 1951) e Giuliana Luigia Evelina Mameli (Sassari, 12
febbraio 1886 - Sanremo, 31 marzo 1978). Scienziati di altissimo livello, persone
anticonformiste, di forte credo laico, hanno senza dubbio avuto una grande influenza
su Italo. Infine citerò due amiche della madre: la pittrice Beatrice Duval (1880 -
1973) e la scrittrice Olga Resnevic Signorelli (Jaunsvirlaukas 1883 - Roma 1973).
Spero in questo modo di descrivere l'ambiente culturale di Villa Meridiana e
del suo giardino.
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1. I luoghi, dove nascono le immagini
Italo Calvino nasce a Cuba, a Santiago de Las Vegas de La Habana, un
villaggio nei pressi dell’Avana, il 15 ottobre 1923. Nelle note autobiografiche
tuttavia, quando non confuta i dati,
1
egli non menziona quasi mai il suo luogo di
nascita ma tiene a sottolineare di “essere ligure”, come il suo poeta preferito. Dice
infatti nel 1979: “Montale fin dalla mia adolescenza è stato il mio poeta e continua ad
esserlo […] Poi sono ligure, quindi ho imparato a leggere il mio paesaggio anche
attraverso i libri di Montale”.
2
Egli si felicita persino di quanti pochi siano gli scrittori liguri:
Sono d’una terra, la Liguria, che d’una tradizione letteraria ha
solo frammenti o accenni, cosicché ognuno può – gran fortuna! –
scoprirsi o inventarsi una tradizione per suo conto; d’una terra
che non ha un capoluogo letterario ben definito, cosicché il
letterato ligure – raro uccello, in verità, - è pure uccello
migratore.
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Italo quasi rinnega il suo luogo di nascita, per lui non è importante. Come un
bambino adottato a cui non importa di conoscere l'identità dei propri genitori -
perché madre e padre sono coloro che ti crescono - così per Italo non conta la terra in
cui ha visto la luce, e ritiene più importante il luogo in cui è cresciuto:
1
In una lettera del 9/6/1964 a Germana Pescio Bottino scrive: “Dati biografici: io sono ancora di
quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere (quando contano,
naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di
cambiarli da una volta all'altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere e Glielo dirò. Ma non Le
dirò mai la verità, di questo può star sicura” (I. Calvino, Eremita a Parigi. Pagine
autobiografiche, Milano, Mondadori, 1996, Cronologia, p. IX).
2
I. Calvino, Intervista a Marco d’Eramo in “mondoperaio”, XXXII, 6 giugno 1979 (I. Calvino,
Eremita, op. cit., Cronologia, p. XIII).
3
I. Calvino, Eremita, op. cit., Forestiero a Torino, p. 7.
6
Della mia nascita d’oltremare conservo solo un complicato dato
anagrafico (che nelle brevi note bibliografiche sostituisco con
quello più vero di: nato a Sanremo), un certo bagaglio di memorie
familiari, e il nome di battesimo che mia madre, prevedendo di
farmi crescere in terra straniera, volle darmi perché non scordassi
la patria degli avi, e che invece in patria risuona bellicosamente
nazionalista.
4
E Sanremo, città che ha dato i natali alla famiglia paterna, non è una città come
le altre:
Sono cresciuto in una cittadina che era piuttosto diversa dal resto
dell'Italia, ai tempi in cui ero bambino: San Remo, a quel tempo
ancora popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente
eccentrica e cosmopolita.
5
Sanremo è nel cuore dello scrittore, e nei suoi racconti. Dopo la fine della
Seconda Guerra Mondiale tuttavia, non ci vive stabilmente più. Gira il mondo per
lavoro e finisce con lo stabilirsi a Parigi. E benché, come dice il Marco Polo
protagonista delle Città Invisibili: “Viaggiando ci si accorge che le differenze si
perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine
distanze”
6
- l'autore non abbandona l’idea di una città diversa, ideale, dove stare bene
per davvero. Si chiede Italo cosa sarebbe successo se avesse scelto Milano invece di
Torino,
7
si domanda perché nulla riesce a scrivere su Roma
8
e perché è bello essere
4
I. Calvino, Eremita, op. cit., Questionario 1956, pp. 17-18.
5
I. Calvino, Eremita, op. cit., Autobiografia politica giovanile, p. 136.
6
I. Calvino, Le città invisibili, Milano, Mondadori, 2016, p. 135.
7
“Appena finita la guerra, avevo sentito il richiamo della grande città, più forte di quello del mio
radicamento provinciale. Fu così che mi ritrovai per qualche tempo a esitare tra Milano e Torino:
la scelta di Torino ebbe certo le sue ragioni e non fu senza conseguenze: ora ho dimenticato sia
le une che le altre, ma per anni mi dicevo che se avessi scelto Milano tutto sarebbe stato
differente” (I. Calvino, Eremita, op. cit., Presentazione, p. VI).
7
Eremita a Parigi.
9
Nel 1960 dice di sentire New York come la sua città, tanto da
volere addirittura, “imitando Stendhal”, la scritta “newyorkese” sulla sua tomba.
10
Ma forse io non ho la dote di stabilire dei rapporti personali con i
luoghi, resto sempre un po’ a mezz’aria, sto nelle città con un
piede solo. La mia scrivania è un po’ come un’isola: potrebbe
essere qui come in un altro paese. E d’altronde le città si stanno
trasformando in un’unica città, in una città ininterrotta in cui si
perdono le differenze che un tempo caratterizzavano ognuna. […]
facendo lo scrittore una parte del mio lavoro lo posso svolgere in
solitudine, non importa dove, in una casa isolata in mezzo alla
campagna, o in un’isola, e questa casa di campagna io ce l’ho nel
bel mezzo di Parigi. E così, mentre la vita di relazione connessa
col mio lavoro si svolge tutta in Italia, qui ci vengo quando posso o
devo stare solo, cosa che a Parigi mi riesce più facile.
11
Il lavoro dello scrittore, intessuto di creatività solitaria, si può svolgere un po'
ovunque, basta lasciarsi sedurre dalle immagini e dal “rovescio” che esse portano con
sé. Nella lezione americana sulla visibilità - dove Calvino si chiede quale origine
abbia e quale sorgente potrà alimentare in futuro “l'immagine letteraria”
12
- egli
spiega come, per scrivere le sue storie fantastiche, sia sempre partito da una visione
mentale. L'immagine - che si tratti di “un uomo tagliato in due metà che continuano a
vivere indipendentemente” oppure di un “ragazzo che s'arrampica su un albero e poi
8
“A pensarci bene, non mi è capitato mai d’ambientare a Roma nessuna mia narrazione, e dire che
a Roma ci sono vissuto più che a New York, forse anche più che a Parigi. Altra città di cui non
sono capace di parlare, Roma; altra città di cui si è scritto troppo” (I. Calvino, Eremita, op. cit.,
p. 172).
9
“Il luogo ideale per me è quello in cui è più naturale vivere da straniero: perciò è Parigi la città in
cui ho preso moglie, ho messo casa, ho allevato una figlia. Anche mia moglie è una straniera: in
tre parliamo tre lingue differenti” (I. Calvino, Eremita, op. cit., Presentazione, p. VII).
10
I. Calvino, Eremita, op. cit., Intervista a Maria Corti, p. 251.
11
Ivi, p. 173.
12
M. Rizzarelli, Sguardi dall’opaco, Saggi su Calvino e la visibilità, Acireale, Bonanno, 2008, p. 9.
8
passa da un albero all'altro senza più scendere in terra” o ancora di “un'armatura
vuota che si muove e parla come ci fosse dentro qualcuno” - nasce nella mente dello
scrittore netta e precisa.
13
È perciò dalle immagini che parte la scrittura del racconto per Calvino. E,
seguendo il “mondo figurativo trasmesso dalla cultura”,
14
la prima immagine del
mondo del reale che si è offerta allo sguardo è quella del paesaggio ligure
contemplato fin dall'infanzia.
15
Come ambiente naturale quello che non si può respingere o
nascondere è il paesaggio natale e familiare. Sanremo continua a
saltar fuori nei miei libri, nei più vari scorci e prospettive,
soprattutto vista dall'alto, ed è sopratutto presente in molte delle
Città invisibili.
16
1.1. Sanremo e le città invisibili
“Uno spiraglio di tutte le città possibili”
17
è Sanremo. Per tale ragione cercherò,
nell’angolazione dei “segni”, quelle parole che rimandano alla città Ligure.
18
13
I. Calvino, Lezioni Americane, Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, Mondadori,
2009, Visibilità, p. 99.
14
I. Calvino, Lezioni Americane, op. cit., Visibilità, p. 106.
15
M. Rizzarelli, Sguardi dall’opaco, Saggi su Calvino e la visibilità, op. cit., p. 11.
16
P. Barbaro, F. Pierangeli, Italo Calvino: la vita, le opere, i luoghi, Torino, Gribaudo, 2009, p. 10.
17
I. Calvino, La strada di San Giovanni, Milano, Mondadori, 1990, p. 16.
18
“Io non parto mai da un’idea di metodo poetico, non dico: “ora farò un racconto realistico-
oggettivo, o psicologico, o favoloso”. Ciò che conta è quel che siamo, è approfondire il proprio
rapporto con il mondo e col prossimo, un rapporto che può essere insieme d’amore per ciò che
esiste e di volontà di trasformazione. Poi si mette la punta della penna sulla carta bianca, si studia
una certa angolazione per cui vengono fuori dei segni che abbiano un senso, e si vede cosa ne
viene fuori." (I. Calvino, Eremita, op. cit., Il comunista dimezzato, p. 128).
9
Non è difficile vedere un richiamo della Sanremo contadina nel capraio che
“spingeva rasente i muri un armento scampanante”. Incastrato in quel labirinto è che
la città di Cecilia si ritrova, anni e anni dopo, “con poche capre spelate, che neppure
più puzzavano, tanto erano ridotte pelle e ossa”.
19
Il pastore errante in Cecilia ricorda quella Liguria magra e ossuta descritta da
Calvino nell'immediato dopoguerra:
Dietro la Liguria dei cartelloni pubblicitari, dietro la Riviera dei
grandi alberghi, delle case da gioco, del turismo internazionale, si
estende, dimenticata e sconosciuta, la Liguria dei contadini.
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Come osservava il capraio imprigionato nell'illustre città di Cecilia, per i
contadini dimenticati e i pastori le città “sono luoghi senza foglie che separano un
pascolo da un altro, dove le capre si spaventano ai crocevia e si sbandano”.
A Italo piace ripensare la sua città “vista dall'alto”, come si può guardare anche
Eudossia. Per vedere Eudossia dall'alto se ne guarda il suo tappeto “ordinato in
figure simmetriche che ripetono i loro motivi lungo linee rette e circolari, intessuto di
gugliate dai colori splendenti, l'alternarsi delle cui trame puoi seguire lungo tutto
l'ordito”.
21
Un ordine che si contrappone alla città vera e propria, luogo del caos,
della confusione, dei ragli dei muli, delle macchie di nerofumo, dell'odore del pesce,
e così la vede chi la percorre dalla sua “prospettiva parziale”.
22
19
I. Calvino, Le città, op cit., pp. 148-149
20
I. Calvino, Liguria magra e ossuta, “Il Politecnico”, 10, 1 dicembre 1945 (M. Rizzarelli,
Sguardi dall’opaco, Saggi su Calvino e la visibilità, op. cit., p. 12).
21
I. Calvino, Le città, op cit., p. 95.
22
M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, Torino, Einaudi, 1996, p. 37.
10
Questo racconto ripropone il dualismo di Calvino e ci presenta il problema del
punto di vista come un dualismo tra distanza e prossimità.
23
Qual è la vera città?
Quella del caso o quella dell'ordine rappresenta sul tappeto?
Sul rapporto misterioso di due oggetti così diversi fu interrogato
un oracolo: uno dei due oggetti ha la forma che gli dèi diedero al
cielo stellato e alle orbite su cui ruotano i mondi; l’altro ne è un
approssimativo riflesso, come ogni opera umana.
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Un “approssimativo riflesso”, vale a dire quel “rovescio” che ha sempre
affascinato Italo. Il racconto breve Lo specchio e il bersaglio ci mostra un giovane di
nome Fulgezio intento a scrutare la propria immagine dentro uno specchio. “Una
voce” cerca di riportalo alla realtà, “padre, madre, zii nonne fratelli maggiori sorelle
maggiori fratelli e sorelle minori cugini di primo secondo terzo grado insegnanti
sorveglianti supplenti compagni di scuola compagni di vacanze” gli propongono di
guardare la natura che “lussureggia verzica stormisce frulla sboccia!” mentre la città
operosa “ferve pulsa freme forgia sforna!”.
Fulgezio però non è interessato “alle cose così come sono”, perché “forse
dietro alle cose si nascondevano altre cose”.
Era il rovescio d'ogni cosa che m'incuriosiva, il rovescio delle
case, il rovescio delle città, il rovescio dei televisori, il rovescio
delle lavastoviglie, il rovescio del mare, il rovescio della luna. Ma
quando riuscivo a raggiungere il rovescio del rovescio, capivo che
quello che cercavo io era il rovescio del rovescio, anzi il rovescio
del rovescio del rovescio.
25
23
M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, op. cit., p. 37.
24
I. Calvino, Le città, op cit., p. 96.
25
I. Calvino, Lo specchio e il bersaglio, in C. Milanini (opera diretta da), M. Barenghi - B.
Falcetto (a cura di), Romanzi e racconti, Milano, Mondadori, 1991, pp. 282-289.