II
impressi sul foglio. La CNV è invece rappresentata da fattori di diverso tipo, generalmente
definiti come linguaggio del corpo. Le EVNV sono quelle specifiche caratteristiche che
caratterizzano l’atto fonopoietico. Spesso, quando comunichiamo, accade che i tre livelli
comunicativi non sono in sintonia tra loro, ovvero esprimono contraddizione; in questo
caso come è stato dimostrato da numerose ricerche la CNV acquista ulteriore importanza
1
.
Anche il corpo parla e trasmette un suo specifico linguaggio; l’organismo vivente si
esprime più chiaramente con il movimento che non con le parole. Ma non solo con il
movimento. Nelle pose, nelle posizioni e atteggiamenti che assume, in ogni gesto
l’organismo parla un linguaggio che anticipa e trascende l’espressione verbale. È il
comportamento non verbale che ci fornisce informazioni più precise quando non
possiamo utilizzare le parole.
Per molti anni l’attenzione dei ricercatori si è rivolta in modo quasi esclusivo allo studio
del linguaggio come al sistema di comunicazione privilegiato e più efficace a disposizione
dell’uomo, l’elemento distintivo che caratterizza la comunicazione umana rispetto a quella
animale, il più prezioso veicolo di trasmissione di idee e cultura.
Il linguaggio è strettamente intrecciato agli aspetti della comunicazione non verbale
(CNV),ancheperchénontuttosipuòesprimereinmodoadeguatoconleparole.Inoltre,
la comprensione di un messaggio verbale non è sufficiente, di per sé, a spiegare l’insieme
di significati, atteggiamenti, relazioni che caratterizzano il comportamento sociale
dell’uomo. Si è giunti al superamento della dicotomia tra comunicazione verbale e
comunicazione non verbale, considerandoli aspetti differenti, ma dipendenti e interagenti,
dellostessoprocessocomunicativo.
La CNV è diventata da alcuni anni oggetto di numerosi studi e ricerche ricevendo
contributi da diverse discipline; vi sono aree in cui sono stati fatti notevoli passi avanti
(come per esempio lo studio della voce, della mimica facciale e dei gesti); altre aree sono
invece ancora agli inizi (come la prossemica, cronemica e aptica).
La CNV comprende una vasta gamma di segnali di tipo cinesico, paralinguistico e
intonazionale, che integrano, ampliano e a volte sostituiscono il contenuto verbale di una
comunicazione.
1
L’analisi statistica informa che in questi casi le informazioni non verbali hanno un effetto cinque volte superiore a
quelli verbali – Trimboli,1984; Friedman,1978; Jones (1964);Mehrabian,1972 – tutti questi studi sono stati raccolti in
M. Argyle 1975- Bodily Communication. Ed. it. “Il corpo e il suo linguaggio” 2a Ed. Zanichelli –Bologna- 1992.
III
Il sistema cinesico comprende i movimenti del corpo, del volto e degli occhi. I movimenti
implicano non solo funzioni strumentali per compiere determinate azioni, bensì implicano
anche la produzione e trasmissione di significati.
Nella paralinguistica rientra l’insieme di emissioni sonore che non hanno struttura
linguistica, eccezion fatta per le caratteristiche dell’emissione sonora dipendenti da fattori
genetici, anatomici, patologici.
Nel lavoro seguente verranno trattati i componenti della comunicazione non verbale; nel
primo capitolo verranno trattati gli studi relativi alla gestualità, nel secondo il
comportamento spaziale, nel terzo l’espressionedelvolto,nelquartolosguardo,nel
quinto l’aspetto esteriore e nel sesto gli aspetti non strettamente linguistici dell’eloquio,
nell’ultimo capitolo verrà presentato uno studio sulla gestualità nell’apprendimento, da
noi condotto. Tuttavia, data l’estensione dell’ambito di interesse riguardo alle impressioni
che una persona riceve da un’altra, bisogna considerare l’intera gamma di CNV.
Il linguaggio dei gesti
1
CAPITOLO 1: IL LINGUAGGIO DEI GESTI
Quando si parla di gesti, abitualmente, si pensa all’insieme di movimenti compiuti
dagli esseri umani con tutte le parti del corpo, peculiari di ciascuno all’interno di una
cultura. La complessità dell' argomento invita, come altri autori, a compiere delle
classificazioni a cui, la maggior parte dei gesti, possono essere ricondotti.
In generale, si definiscono “gesti” tutte le azioni che vengono prodotte
volontariamente per comunicare e generare un significato, indirizzate a un
interlocutore; sono azioni motorie coordinate e circoscritte. Essi costituiscono la parte
più rilevante e significativa del comportamento gestuale.
Esistono anche gesti spontanei, involontari, apparentemente privi di una precisa
finalità comunicativa, ma che rappresentano comunque segnali visivi percepiti e
osservati da chi guarda. I gesti formano un insieme eterogeneo e differenziato,
idoneo a svolgere funzioni molto diverse fra loro.Allo stato attuale non esiste ancora
fra gli studiosi una classificazione condivisa.
In particolar modo, verrà fatto riferimento ai gesti altamente espressivi compiuti
dalle mani ed ai cenni del capo, data la loro particolare importanza e predominanza
all' interno di una situazione di colloquio.Verranno adottate due tipi di classificazioni
che non pretendono di possedere un carattere di esclusività: quella di Ekman e
Friesen (1969) e quella di Morris (1977).
La prima inquadra il gesto suddividendolo a seconda della funzione che esso può
svolgere in un' interazione tra due o più individui; la seconda affronta l’argomento da
Il linguaggio dei gesti
2
un punto di vista evolutivo considerando le influenze sociali e culturali a cui gli
individui sono sottoposti, separando i gesti primari (intenzionali) da quelli
accidentali (secondari). La classificazione di Ekman e Friesen comprende:
1) gesti emblematici (o convenzionali)
2) gesti illustratori (correlati al discorso)
3) gesti indicatori di uno stato emotivo (o affect displays)
4) gesti regolatori
5) gesti di adattamento.
La classificazione di Morris comprende:
1) gesti accidentali
2) gesti espressivi (che troviamo sia nell’uomo che in alcuni animali)
3) gesti mimici
4) gesti schematici
5) gesti simbolici
6) gesti tecnici
7) gesti codificati (dal 2 al 7 sono gesti primari).
Entrambe le classificazioni saranno descritte più avanti nel capitolo.
L' analisi dei gesti, come del resto tutta la comunicazione non verbale, può essere
compiuta attraverso approcci diversi: quello strutturale equellodelle variabili esterne.
All' interno dell' approccio strutturale si colloca Birdwhistell (1970): una delle
peculiarità di questo approccio è di porre attenzione al contesto, all' individuazione
dei diversi ambienti in cui il comportamento si manifesta ed alla struttura della
comunicazione non verbale, considerata indipendentemente dalle caratteristiche
degli individui partecipanti all' interazione.
Birdwhistell affermò che i movimenti del corpo possono essere assimilati ad una
specie di linguaggio: studiò, brevi sequenze filmate per individuare le unità di
comportamento. In sostanza, egli era alla ricerca di una struttura linguistica del
comportamento non verbale: egli individuò i cinèmi (unità base aventi un significato
strutturale, alla stregua dei fonèmi linguistici), cioè elementi del comportamento tali
Il linguaggio dei gesti
3
che,adessi,sireagissesempreallostessomodo(compostidaicini,lepiùpiccole
unità percepibili). Essi si combinerebbero nei cinemorfi, strutture più complesse del
comportamento (alla stregua delle parole, i morfemi): a differenza delle parole, che
hanno significati loro propri, i segnali inviati dal corpo variano in dipendenza del
contesto sociale (tranne le espressioni del volto ed i gesti illustratori che sembrano
possedere una loro indipendenza).
A Birdwhistell sono state rivolte le seguenti critiche:
- alcuni movimenti del corpo possono essere considerati come variabili continue e
non, stando agli studi dell' autore, come categorie distinte;
- non è stato provato che i cinèmi individuati veicolino significati sociali condivisi.
Il maggior contributo dell' autore consiste nell' aver attirato l' attenzione della ricerca
sui movimenti del corpo ad un livello microscopico fornendo descrizioni dettagliate
dibrevisequenzedicomportamento.
1.1 LA CLASSIFICAZIONE DI EKMAN E FRIESEN
1.1.1 Gesti emblematici (o convenzionali)
Questi gesti rappresentano dei segnali inviati in modo intenzionale e possiedono uno
specifico significato, traducibile direttamente in linguaggio verbale, anche se le
parole non trasmettono la stessa intensità emotiva propria di un comportamento: per
esempio, l' atto di indicare è un segnale chiaro, non ambiguo, emesso
consapevolmente ed invia, al ricevente, un messaggio che egli decodifica senza
problemi.
Un gesto emblematico può svolgere più funzioni: in particolar modo, può ripetere (se
l' emittente parla) o sostituire (se lo stesso non ha intenzione di parlare o ne è
impedito per qualche motivo) il contenuto della comunicazione verbale; può
sottolineare o enfatizzare gli aspetti ritualizzati del dialogo: ad esempio, un saluto
può essere inviato verbalmente ma, a seconda dell' individuo incontrato e della
Il linguaggio dei gesti
4
distanza dalla quale lo si saluta, può essere accompagnato dal movimento di una
mano o da un cenno della testa.
Molti gesti convenzionali possono non possedere un significato verbale (per esempio
una stretta di mano): essi hanno sempre uno scopo comunicativo, il segnale è inviato
e ricevuto in piena consapevolezza e può essere codificato sia in modo arbitrario, sia
in modo iconico.
Il messaggio convogliato dal gesto può essere modificato a seconda di come viene
eseguito il gesto stesso: un saluto può apparire più intimo e intenso a seconda della
quantità di contatti e della maggiore o minore vicinanza, o può indicare uno status
più alto o più basso a seconda di chi, tra gli interagenti, si inchina per primo o più in
basso o saluta per primo.
Secondo Ekman e Friesen (1972) esistono segnali universali per tutte le culture per
indicare, ad esempio, le funzioni del corpo come mangiare, dormire e così via oppure
per indicare benedizione (mano alzata) o devozione (mani unite). Questi gesti sono
più rapidi delle parole e si possono eseguire in silenzio, vengono quindi utilizzati
quando la comunicazione verbale è ostacolata o diventa difficoltosa, a causa ad
esempio della distanza o del rumore. In certi casi costituisce un vero sistema di
comunicazione alternativo alle parole.
1.1.2 Gesti
illustratori (correlati al discorso)
Questi gesti vengono realizzati, in particolar modo, in concomitanza con la
comunicazione verbale e svolgono la funzione di illustrare ciò che, il parlante, va
dicendo.
Alla stregua di un sistema di punteggiatura, scandiscono le parti del discorso:
completano ed ampliano i contenuti della comunicazione indicando, per esempio, le
relazioni spaziali tra i concetti in esso espressi o delineando le forme degli oggetti
contenuti nella conversazione o i movimenti dei soggetti che impersonano un
determinato racconto.
Il linguaggio dei gesti
5
I gesti illustratori variano, come vedremo in seguito, in dipendenza del back-ground
etnico e culturale dell' individuo. In particolar modo, Efron (1941) afferma che
esistono differenze culturali nell' uso dei gesti indicatori tra due campioni
rappresentativi delle popolazioni costituite da Ebrei orientali e Italiani meridionali: i
primi posseggono una "area dei gesti" limitata, si esprimono attraverso forme
gestuali angolari, a zig-zag e sinuose, l' asse principale su cui compiono una maggior
quantità di gesti va dalla cintola al gomito.
Le parti del corpo maggiormente utilizzate sono o una sola mano o il capo ed i gesti
vengono scanditi, nel tempo, in modo irregolare, la vicinanza è stretta. I tipi di gesti
più utilizzati sono gli ideogrammi (indicanti la direzione del pensiero), le bacchette
(che scandiscono i concetti e indicano il ritmo), gli indicatori (indicanti oggetti o
persone); e i pittogrammi (utilizzati quando si disegnano figure).
In riferimento all' eloquio, questi gesti esplicitano la struttura del messaggio verbale,
definiscono il ritmo dell' emissione verbale, forniscono enfasi inviando ulteriori
informazioni. Essi forniscono il feed-back all' interlocutore ed un supporto a colui che
parla nel caso un oggetto, un' azione o un concetto sia difficile da tradurre in parole.
In particolare, Ekman e Friesen affermano che i movimenti delle mani illustrano il
discorso:
-indicando
- mostrando una relazione spaziale (sopra-sotto);
- mostrando un movimento nello spazio (attraverso-intorno);
- indicando il ritmo dell' eloquio (bacchettando, per esempio, su un tavolo);
- eseguendo un movimento del corpo (cinetogrammi);
- disegnando una figura (pittogrammi);
- indicando la direzione di un pensiero (ideogrammi).
Questi gesti e movimenti non sono stereotipati, nel senso che esiste un' ampia varietà
nell' eseguirli: le regole sottese alla loro esecuzione sono molto elastiche rendendo
complesse e strettamente dipendenti da variazioni soggettive le modalità gestuali
dell' essere umano.
Il linguaggio dei gesti
6
Secondo Baxter, Winters e Hammers (1968), a differenza di quanto abitualmente si
creda, gli individui dotati di una maggior facilità nell' esprimersi verbalmente
utilizzano, durante l' eloquio, un maggior numero di gesti: essi sarebbero, quindi,
delle integrazioni e non dei sostituti del linguaggio verbale, utilizzando un codice
analogico.
1.1.3 Gesti
indicatori di uno stato emotivo
La parte del corpo che meglio svolge la funzione di fornire indicazioni sullo stato
emotivo di un individuo è il volto: esso rappresenta il canale comunicativo principale
e specializzato, deputato a trasmettere un' emozione.
Un esempio di affect displays è l' atto di scuotere un pugnoinsegnodirabbia,ungesto
di trionfo o un gesto compiuto in modo rapido e scoordinato la cui intensità esprime
ansia e tensione emotiva. Le mani e, in genere, il corpo non sono specializzati ad
esprimere un' emozione chiara e facilmente decodificabile ed identificabile:
solitamente vengono compiuti movimenti diffusi e privi di significato; l' ansia, per
esempio, può essere manifestata attraverso la contrazione delle mani o da un gesto
interrotto che si cerca di nascondere, in luoghi pubblici, agli occhi del proprio
interlocutore (Ekman e Friesen 1972). In questi casi, lo stato emotivo generale
provoca come conseguenza gesti che non sono eseguiti allo scopo di comunicare.
Ekman e Friesen (1968) studiarono i gesti di un paziente prima e dopo un
trattamento analitico: essi affermano che, dopo la cura, egli eseguiva dei gesti con le
mani più variati ma meno frequenti.
Inoltre sembra che il gesto di “toccarsi il viso e coprirsi gli occhi” sia connesso alla
preoccupazione per la propria auto-presentazione (definiti da loro gesti di auto-
adattamento), che quello di “stuzzicarsi e grattarsi il viso” abbia delle relazioni con
forme di rimprovero o attacchi nei confronti del proprio sè, che quello di “sfregarsi il
viso” rappresenti una forma di auto-rassicurazione.
Questi gesti non sono compiuti per comunicare un messaggio ad altri individui ma
sono assimilabili, come affermano Freedman e Hoffman (1967), alle “attività di
Il linguaggio dei gesti
7
spostamento” tipiche degli animali in stato di conflitto o di frustrazione. Essi
operarono una distinzione fra gesti che sono collegati al discorso ed orientati verso
gli oggetti, e quelli che sono diretti verso sé stessi: i primi hanno lo scopo di
comunicare, mentre i secondi servono solo a scaricare la tensione.
1.1.4 Gesti regolatori
I gesti regolatori non possiedono dei significati riconducibili ad immagini o ad icone
ma sono semplicemente dei movimenti che tendono a mantenere in equilibrio il
flusso della conversazione: indicano, a chi parla, se l’interlocutore è interessato o
meno a ciò che sta comunicando o se desidera interromperlo per intervenire nella
conversazione o intende fargli capire che desidera interrompere la comunicazione.
Segnalano a chi parla di continuare, ripetere, sviluppare un concetto oppure di
affrettarsi. I regolatori, come gli illustratori, sono legati a situazioni conversazionali
ma, mentre gli illustratori sono collegati ai rapidi mutamenti delle espressioni
verbali, i regolatori definiscono mutamenti di comportamento indipendente dai
significati verbali e dipendono dalla situazione.
Il gesto regolatore più comune è il cenno con la testa che equivale, al livello sonoro, al
“mm hm”; altri gesti regolatori sono, per esempio, i movimenti oculari, piccoli
spostamenti del corpo in avanti, piccole variazioni posturali, abbassamenti di
sopracciglia.
Molti regolatori non hanno significato autonomo ma convogliano un’informazione
necessaria alla buona condotta della conversazione. Sembrano agire al limite
inferiore della coscienza; ossia si possono eseguire gesti regolativi senza averne
coscienza, d’altra parte, però, è possibile ricordare e rieseguire con facilità questi
gesti. I regolatori, dunque, non sono intenzionali come gli emblemi o gli illustratori e
quindi non vengono usati per dirigere intenzionalmente la comunicazione, ma sono
abituali e appresi inconsciamente.
Il linguaggio dei gesti
8
1.1.5 Gesti di adattamento
Questi gesti sono in prevalenza non intenzionali in quanto l’individuo ne fa uso a
scopo di autoregolazione della tensione emotiva, per soddisfare e controllare bisogni
e intenzioni; non sono finalizzati a inviare un messaggio e rappresentano un modo
per adattarsi alla situazione; per tale motivo vengono definiti gesti adattatori. Un
gesto di adattamento può essere quello di automanipolazione del proprio corpo o dei
propri vestiti o manipolazione di un oggetto tenuto tra le mani.
L’uomo, pur essendo spesso non consapevole di questi gesti, ha imparato, durante la
sua evoluzione (onto e filogenetica), a valutarne la grande utilità, soprattutto in
situazioni particolarmente ansiogene: in particolar modo, egli può, così, controllare le
proprie emozioni, le motivazioni e i bisogni che concernono queste situazioni nelle
qualisitrovaindifficoltà.
Probabilmente, i gesti di adattamento sono stati appresi nel periodo dell’infanzia e
non sono deputati a comunicare messaggi specifici ed intenzionali. Secondo Ekman e
Friesen (1969), essi possono essere suddivisi in tre categorie:
1) i gesti autoadattivi (self-adaptors) riguardano la manipolazione del proprio corpo
e possono, secondo lo psicoanalista Mahl (1968), anche essere chiamati autistici; essi
sono spontanei, privi di qualità comunicativa e non considerati come sostituti della
comunicazione verbale.
Secondo Rosenfeld (1966), questi gesti, che implicano il contatto tra due parti del
corpo (non necessariamente mano-parte del corpo) sono caratteristici di quegli
individui che evitano l’approvazione altrui;
2) i gesti centrati sull’altro (alter-adaptors);
3) i gesti centrati sull’oggetto (object-adaptors).
Anche Freedman e Hoffman (1967) distinguono i ”movimenti centrati sull’oggetto”
ed i “movimenti centrati sul corpo” ma compiono questa suddivisione non
all’interno dei gesti di adattamento ma considerando i gesti nel loro insieme. I primi,
essendo in stretto rapporto con l’eloquio, sembrano possedere la funzione di
modificatori del processo di comunicazione verbale. I secondi non hanno legami con
Il linguaggio dei gesti
9
questo processo, ma risponderebbero a processi interni, fisici o psicologici:
probabilmente svolgono la funzione di modificatori dell’esperienza sensoriale in
quanto interessano un contatto sensorio diretto, diminuendo o intensificando lo stato
di tensione del corpo. Da un punto di vista psicopatologico, ad esempio, i pazienti
depressi manifestano una quantità maggiore di gesti di autostimolazione e di attività
motorie stereotipate e una minor quantità di movimenti centrati sull’oggetto rispetto
agli individui normali, evidenziando una riduzione di intento comunicativo proprio
di questa forma di patologia.
1.2 I CENNI DEL CAPO
I cenni del capo rappresentano dei segnali non verbali molto rapidi, e potrebbero per
tale motivo, apparire trascurabili e di poca importanza: invece sono importanti
indicatori relativi al procedere dell’interazione tra due o più interlocutori.
Ad esempio colui che ascolta, con un cenno del capo può indicare a colui che parla
che sta ponendo attenzione alle parole pronunciate dal suo interlocutore o asseconda
ciò che dice: un tale segnale svolge una funzione di rinforzo e di ricompensa per il
comportamento espresso precedentemente. I cenni del capo occupano inoltre un
ruolo determinante nel controllo della sincronizzazione del discorso tra due
interlocutori (Argyle 1972).
Argyle (1972), afferma che un cenno di assenso del capo indica, a colui che parla, che
può continuare il suo discorso mentre una rapida successione di cenni significa che
l’ascoltatore intende far capire che desidera prendere la parola. Quindi, l' esecuzione
di un cenno svolge una funzione opposta rispetto alla sequenza di più cenni: secondo
l’autore, un leader, all’i nterno di un gruppo, essendo consapevole dei diversi
messaggi che l’una o l’altra modalità può inviare, può controllare la successione degli
interventi degli altri membri, modulandola con i cenni del suo capo, segnalando il
desiderio di parlare o concedendo la parola a seconda delle sue esigenze e volontà.
Questo particolare segnale, solitamente, non agisce singolarmente e
indipendentemente ma in concomitanza con altri segnali o in coordinazione con altri
Il linguaggio dei gesti
10
movimenti del corpo: l’interazione pare, così, una “danza gestuale” che avviene tra
due o più interagenti. Tale “danza”, secondo Condon e Ogston (1966), concordando
con quanto già detto, è finalizzata a regolare e mantenere il flusso dell’interazione ed
è costituita in particolar modo da segnali non verbali rapidi.
1.3 I GESTI E LA PERSONALITÀ
Il movimento espressivo di un individuo varia con il suo stato d’animo anche se le
modalità fondamentali permangono: Allport e Vernon (1933), in un esperimento che
prevedeva, in trenta diverse situazioni sociali, l’analisi dei gesti di un campione di
soggetti, affermano che essi si comportavano in modo “coerente” nella stessa
situazione in occasioni diverse: per esempio, chi compiva lunghi passi utilizzava
come gesto illustratore “disegnare cerchi ampi”.
Questo esperimento confermerebbe l’ipotesi secondo la quale ogni personalità
verrebbe espressa da una gestalt coerente di gesti peculiare dell’individuo (ampiezza
= espansività), anche se riteniamo che il concetto di “coerenza” dovrebbe essere
specificato e dotato di una definizione operativa che non lasci spazio ad
interpretazioni fuori luogo influenzate dal senso comune.
A livello psicopatologico, il gesto può rappresentare la conseguenza di emozioni
inibite: il gesto autistico può nascondere una forte tendenza all' aggressività e, se
compiuto abitualmente, un particolare significato simbolico. A tali forme gestuali
può essere data un' interpretazione a seconda del simbolismo che esse veicolano e
della sensibilità e dell' esperienza di colui che le decodifica; lo psicoanalista Mahl
(1968) ci fornisce una serie di interpretazioni di alcuni gesti abituali compiuti dai
malati mentali (la patologia non è specificata): per esempio, lisciarsi spesso i capelli
puòessereinterpretatocomeunaformadinarcisismopercuiilsoggettosiduoleche
le altre persone non gli prestino abbastanza attenzione, il giocare insistentemente con
l' anello come conflitto coniugale per cui il soggetto è frustrato dal rapporto con il
partner,grattarsi ilbustoinmodospasmodicopuònasconderepauredimutilazioni,
Il linguaggio dei gesti
11
malattie e morte, levarsi frequentemente gli occhiali può essere interpretato come uso
della negazione come difesa.
In conclusione, la relazione tra il gesto e la personalità di un individuo (secondo
Argyle, 1975) è costituita da tre fattori:
- il gesto può essere visto come parte del tutto, cioè della personalità dell' individuo;
infatti molti gesti riflettono lo stato d' animo ed emozionale che, in lui, si manifesta in
modo prevalente;
- un individuo, spesso, manipola e simula il suo comportamento mettendo in atto
esattamente un gesto con significato opposto rispetto al suo reale stato emozionale,
per esempio ostentando un tono di voce sonoro per celare la sua insicurezza;
- lo stile gestuale di un soggetto può essere visto come prodotto del suo background
professionale e culturale.
1.4 LA CLASSIFICAZIONE DI MORRIS
Secondo Morris il gesto intenzionale (primario) può essere distinto dal gesto
accidentale per il fatto che il primo non viene compiuto in solitudine ma sempre in
presenza di altre persone con l' intenzione di comunicare un messaggio.
Verràtrattatalaclassificazionedeiseguenti gesti in modo schematico, fornendo una
o più esemplificazioni per ogni categoria.
1.4.1 Gesti accidentali
I gesti accidentali sono delle azioni meccaniche che inviano messaggi secondari. Un
esempio classico è lo starnuto, un' azione fondamentalmente non-sociale che
trasmette un' informazione (il soggetto è raffreddato) pur non essendo, questa, la sua
funzione primaria. Spesso, questi gesti vengono compiuti senza l' intenzione di
fornire messaggi: ad esempio, durante una lezione, se uno studente si sostiene la
testa perché è stanco, la sua azione (gesto meccanico) può trasmettere all' insegnante
Il linguaggio dei gesti
12
un segnale di noia, poiché, solitamente, al cospetto di un oratore il pubblico
interessato è attento e vigile.
Questi gesti possono, se portati a consapevolezza, essere compiuti deliberatamente
(per esempio una postura accasciata) per inviare lo stesso segnale di noia con
l' intenzione di comunicare ad un preciso destinatario, provocandolo: questo gesto
viene chiamato "gesto accidentale stilizzato" nel senso che l' azione, originariamente
meccanica, viene utilizzata come segnale puro.
1.4.2 Gesti espressivi
I gesti espressivi sono, in gran parte, comuni a tutti gli esseri umani e, a differenza
deglialtricinquetipidigestiprimari,peculiariall' uomoinquantorisultatodiun
sistema nervoso centrale molto complesso ed altamente sviluppato, assimilabili alle
espressionidialcunianimali,inparticolarmodoiprimati.Lamaggiorpartediquesti
segnali viene inviata dal volto e, in modo meno specifico, dalle mani. L' origine di
alcuni di questi segnali è connessa a quella dei gesti accidentali in quanto
deriverebbero da azioni la cui funzione primaria non era la comunicazione. Il gesto
di "stringere il pugno" deriverebbe dall' intenzione di colpire un avversario: la
relazione tra l' azione fisica primaria (volontà di colpire) e il suo ultimo discendente
(il gesto espressivo) è stata spezzata.
1.4.3 Gesti mimici
Questi gesti sono azioni che trasmettono segnali per imitazione. Il gesto mimico è
peculiare all' uomo: esso rappresenta il tentativo realistico di riprodurre la "cosa" che
si intende spiegare.
Non esistono convenzioni in quanto, se il gesto riesce ad essere il più possibile
aderente alla realtà, sarà compreso da tutti coloro che non lo conoscevano o non
l' avevano mai visto prima.
La mimica può essere suddivisa in quattro tipi: