2
La presenza di quest’ultimo a Numanzia va fatta risalire agli  anni 134-133, 
poiché fu in questi anni che Scipione diresse le operazioni in Spagna. 
Asellione “prese a scrivere – sotto il titolo di Res Gestae o Historiae- le 
esperienze del periodo storico che aveva egli stesso vissuto, dai precedenti 
della guerra numantina, 134 a.C., sino al 90 a.C. circa”.
2
  
Il Peter, nella sua introduzione, aggiunge ulteriori elementi: egli dice che 
dal fatto che i suoi libri arrivassero all’anno 91 circa si può dedurre che si 
fosse dedicato alla storia nell’estrema vecchiaia e in pochissimi anni; 
dovette nascere, pertanto, prima del 150 (ma difficilmente si può risalire 
oltre l’anno 160) e sembra che le storie siano state scritte tra gli anni 90 e 
80. Con questa cronologia concorda anche Cicerone che, se da un lato lo 
indicò come successore di Celio Antipatro, dall’altro lo citò per 
rimproverarne il languore e l’inesperienza. 
    Sempronio Asellione ebbe l’intenzione di trattare “non solo le vicende 
esterne, ma i fatti della politica interna, di tutto indagando le cause, con 
vedute morali e patriottiche e con intendimenti scientifici di cui è facile 
ravvisare la diretta influenza di Polibio”.
3
 Egli, dunque, “propugnò la 
necessità di ricercare le ragioni degli avvenimenti.[…] Evidentemente egli è 
il primo storico romano che risenta l’influsso di Polibio, da lui conosciuto 
                                                 
2
 Cfr. nota precedente. 
3
 Cfr. nota precedente. 
 3
sotto le mura di Numanzia.”.
4
 
Da tutto ciò si evince che Asellione dovette rappresentare un 
importantissimo tramite: egli, in pratica, riprende e risente della “lezione” di 
Polibio e prepara la concezione storiografica di Sallustio, acquistando così 
un’importanza notevole.  
Sembra, dunque, necessario adesso cercare di spiegare in modo più 
articolato i rapporti che legano Asellione ai due suddetti storici. 
 
    Per quanto riguarda Polibio, si può asserire che egli “assegna alla storia 
come scopo preminente l’utilità, sia in senso generale, in quanto un’attenta 
considerazione degli eventi trascorsi può insegnare a tutti gli uomini il modo 
di affrontare più virilmente e più saggiamente le alterne vicende della vita, 
sia in senso particolare e, per così dire, tecnico, in quanto lo studio della 
storia contribuisce più di ogni altro alla formazione dell’uomo politico, cioè 
dell’uomo chiamato ad esplicare la sua azione nel campo del governo dei 
popoli o in quello della condotta delle operazioni di guerra”.
5
 
 
Questa concezione della storia di Polibio influenza Asellione; ed è 
particolarmente utile citare i passi di Polibio che sembrano essere stati 
esplicitamente riecheggiati dallo storico latino. 
                                                 
4
 E.Paratore, La Letteratura Latina dell’età repubblicana e augustea, Firenze-Milano, Sansoni-Accademia, 
1969, p.150. 
5
 L.Arcese, Leggenda e storia, Napoli, Loffredo Editore, 1995, p.317. 
 4
Polibio dice: 
 
“E’ compito dello storiografo […] quello di ricercare la causa del successo o 
dell’insuccesso di quanto fu detto o compiuto; infatti la nuda esposizione 
degli avvenimenti può interessare ma non giovare, mentre se si adduce la 
causa degli eventi esposti, la storiografia riesce veramente utile. 
Confrontando infatti con le proprie vicende avvenimenti analoghi, si 
possono fare previsioni e decidere la propria condotta, prendere precauzioni 
o, imitando gli esempi precedenti, affrontare con maggiore coraggio le 
difficoltà che si incontrano”.  
 
In un altro passo (1,1,2) lo storico dice: 
 
“l’insegnamento che si ricava dalla storia costituisce la più vera educazione 
e preparazione all’attività politica e il ricordo delle vicende altrui è il più 
efficace e l’unico maestro che sappia insegnare a sopportare nobilmente i 
mutamenti della sorte”. 
 5
Si può, adesso, citare un ultimo passo di Polibio, che è stato già messo in 
connessione con Asellione
6
, visto che presenta notevoli agganci con le 
parole dello storico romano: 
 
“Che cosa giova al lettore passare attraverso guerre, battaglie, assedi di città 
e asservimenti di popoli se non penetra a fondo nella conoscenza delle cause 
che fecero aver successo ad una parte e fallire l’altra, nelle rispettive 
situazioni? I risultati delle operazioni sono solamente piacevoli per il lettore, 
mentre l’indagine nel comportamento precedente di coloro che le compirono 
giova ad uno studioso serio. L’analisi di un determinato evento, in tutti i 
dettagli del suo meccanismo, è la migliore educazione possibile per i lettori 
che abbiano la pazienza di seguirne il processo.”  
 
    Quando Polibio parla di “nuda esposizione degli avvenimenti” sembra 
inevitabile connettere questa espressione all’annalistica contro cui si scaglia 
Asellione nel proemio della sua opera. Anche Polibio, come poi Sempronio, 
dunque, ritiene che l’esposizione dei fatti non sia utile senza la menzione 
delle cause dei fatti stessi (Asellione parla di “consilium” e “ratio”). 
Polibio, poi, nei passi citati, parla del ripercuotersi dell’insegnamento della 
storia sugli eventi futuri della vita e, in particolare, sull’attività politica.  
                                                 
6
 Anton D. Leeman, Orationis ratio, Bologna, Il Mulino, 1974, p.95. 
 6
    Asellione dice, invece, che gli “annales” non possono (mentre la storia 
rettamente intesa ha questa possibilità) spingere gli uomini ad essere più 
alacri nella difesa dello stato.  
    Dunque, il confronto di questi passi permette di asserire che Polibio 
esercita un’influenza su Asellione almeno in due concezioni fondamentali: 
 
- la storia non può limitarsi ad una mera registrazione dei fatti, ma deve 
considerare le cause di essi, tutto ciò che li determina e li fa accadere; 
- la conoscenza della storia, intesa nel modo suddetto, influisce 
sull’agire degli uomini. 
 
    Per quanto riguarda Sallustio, occorre subito dire quelli che sono i temi 
fondamentali della sua ideologia; in particolare: 
- il dualismo tra corpo e spirito; 
- il dovere dell’eccellenza; 
- la pessimistica sfiducia nei confronti del “negotium” e la scelta 
conseguente di un volontario ripiegamento sull’ “otium” delle lettere, 
cui peraltro si rivendica un ruolo fondamentale di educazione civile, 
morale e politica.
7
 
                                                 
7
 M.Menghi-G.Gori, Vivae Voces I, Mondadori, 1995, p.418.  
 7
    In riferimento a questo ultimo punto, si possono considerare i seguenti 
passi: 
 
Bellum Iugurthinum, IV: “Tra le varie attività che si esercitano con 
l’ingegno, la più utile di gran lunga è la rievocazione degli avvenimenti 
passati… verrà maggior profitto alla repubblica dall’ozio che 
dall’affaccendarsi di tanti altri”. 
 
De Catilinae coniuratione, III : “…E’ bello fare del bene alla repubblica 
con le azioni, farlo con le parole non è affatto sconveniente…. sebbene non 
sia assolutamente uguale la gloria di chi scrive e di chi fa la storia, tuttavia 
mi sembra cosa tra le più difficili scrivere delle imprese altrui”. 
 
    In queste affermazioni si vede come Sallustio consideri ugualmente 
meritorie l’attività dello storico e quella dei protagonisti della storia, i quali 
compiono praticamente delle imprese. E’ importante vedere come tale 
concezione si ritrovi, in qualche modo, anche in Asellione, dove si sottolinea 
(nel proemio della sua opera) il fatto che la storia degna di questo nome può 
spingere (in realtà lo storico asserisce che gli “annales” non possono fare 
ciò, intendendo dire che la vera storia può farlo, essendo nettamente diversa 
dagli “annales”) ad essere “più solerti nella difesa della repubblica”. Lo 
 8
storico, cioè, avendo la possibilità di incitare altri all’azione, si sente quasi 
partecipe di quella stessa azione scrivendo.  
    E’ interessante notare come sia Asellione che Sallustio adoperino il 
termine “respublica”, sempre per affermare che è necessario “fare del bene 
alla repubblica” o “difendere la repubblica”.  
 
    Infine, si può considerare un passo del proemio di Polibio, che 
influenza molto Sallustio attraverso Asellione, si potrebbe dire: 
 
“… nessun mezzo è atto a guidare gli uomini nella retta via più della 
conoscenza delle vicende passate. Ma in realtà non soltanto alcuni storici 
incidentalmente, ma tutti senza distinzione, con tale elogio hanno dato inizio 
e posto termine alle loro opere, dichiarando lo studio della storia la migliore 
palestra e preparazione all’attività politica e il ricordo delle peripezie altrui il 
solo e più efficace incitamento a sopportare con fortezza i rivolgimenti della 
sorte.” 
 
“Polibio non sente il bisogno di giustificare, come Sallustio, l’“otium” dello 
storiografo di fronte al “negotium” del politico; in lui la consapevolezza del 
valore paradigmatico e pedagogico della storia rappresenta un’assoluta 
certezza. La storiografia pragmatica, per Polibio, deve comunicare la 
conoscenza effettiva dei fatti.[…] Polibio è lo storico di una repubblica 
ancora vitale; Sallustio è lo storico di una repubblica morente o già estinta”.
8
  
                                                 
8
 M.Menghi-M.Gori, Vivae Voces I, Mondatori, 1995, p.421. 
 9
Per Polibio “compito fondamentale dello storico è la verità, l’eliminazione 
di ogni psèudos, sia esso dettato da partigianeria, che dal desiderio di 
cattivarsi il lettore: per tale ragione, lo storico non può né deve limitarsi al 
puro racconto degli avvenimenti, nelle sue determinazioni spaziali e 
temporali, bensì deve rintracciarne e rappresentarne i rapporti causali, le 
aitìai per le quali la storia ha preso questo e non un altro corso.[…] Le idee 
polibiane agiscono da potente catalizzatore in un ambiente fervido di 
interessi culturali, nel quale era in atto un processo irreversibile di reazione 
contro gli schemi ideologici dell’aristocrazia senatoria più retriva e 
conservatrice”.
9
 E queste considerazioni non fanno che confermare 
ulteriormente l’influsso decisivo dello storico acheo su Asellione.  
 
    A questo punto, è possibile anche affermare chiaramente che “sulle orme 
della concezione pedagogica della storia come magistra vitae, quale è 
possibile seguire nella storiografia ellenistica-romana da Eforo in giù, 
Asellione insiste sull’utilità di essa per la formazione dell’uomo politico, del 
futuro governante.[…] La nuova storiografia non intende limitarsi alla 
semplice esposizione degli avvenimenti (…), bensì persegue obiettivi più 
alti e complessi. Essa vuol penetrare perciò all’interno degli avvenimenti e 
coglierne la intima causalità, indicandone i rapporti causali che li legano ed i 
moventi che li hanno determinati.  
                                                 
9
 M.Mazza, Sulla tematica della storiografia di epoca sillana:il frg. 1-2 Peter di Sempronio Asellione”,  
<<SicGymn>>, XVIII, 1965, pp.160-161. 
 10
Si rivela così il giuoco concreto delle forze che stanno dietro gli 
avvenimenti: da ciò, la necessità di includere nella narrazione le vicende 
interne dello stato, la sua storia “politica” o “pragmatica”, che è lo stesso… 
Questo è il vero compito dello storico: penetrare nella realtà viva della storia 
e rappresentare il giuoco concreto delle forze che in essa agiscono, 
indicandole nella narrazione: solo così la storia sarà strumento fondamentale 
dell’azione pratica, dell’azione politica.”
10
  
    Si può, dunque, già vedere in quale complessa rete di rapporti si inscriva 
il nostro storico, che solo ad un’analisi superficiale potrebbe risultare un 
“minore”. Alle considerazioni suddette circa l’importanza di Asellione, va 
aggiunto un merito ulteriore che gli viene riconosciuto: “Asellio analysait 
les causes profondes; il liait la politique intérieure aux guerres, soucieux de 
déceler leurs interférences. Bref, il apporta une philosophie de l’histoire. 
Elle n’est pas d’une originalité absolue : plus que l’influence de Caton, j’y 
trouve celle de Polybe, soucieux de substituer à une narration épique un récit 
rationnel. Mais Asellio a été le premier à Rome, qui affirmât ce qui nous 
apparaît vérité d’évidence, - et s’il insiste avec quelque lourdeur dans sa 
préface sur son mérite, c’est qu’il se sentait un novateur.’’
11
   
 
                                                 
10
 Cfr. nota precedente, pp. 153-154. 
11
 H.Bardon, La Littérature Latine inconnue, I, Paris, Librairie C.Klincksieck, 1952, p.114.  
 11
    Infine, si può instaurare un altro collegamento altrettanto importante : è 
stato, infatti, affermato che poiché Asellione “come Isocrate, crede all’utilità 
etica della storia, la storiografia è per lui una guida al retto agire. Lo scopo 
principale è docere, ma il movere non è assolutamente escluso”.
12
  
Lo stesso Von Albrecht aggiunge, poi, che all’influsso di Polibio “si 
aggiunge il moralismo isocrateo”
13
, evidenziando, così, in modo ancora più 
esplicito, come anche Isocrate possa essere annoverato tra i precedenti 
illustri di Sempronio Asellione, almeno per ciò che concerne il moralismo. 
 
    Si può, allora, dire che “Sempronio Asellione…si proponeva come il 
teorico di una nuova epoca della storiografia romana, che da Celio, 
attraverso Sisenna, porterà a Sallustio. Dal travaglio culturale che seguì la 
tempesta della rivoluzione graccana, sorgeva la nuova storiografia: 
anch’essa uno dei frutti migliori del mondo di Panezio e degli Scipioni”.
14
 
                                                 
12
 M.Von Albrecht, Storia della Letteratura Latina da Livio Andronico a Boezio, Torino, Einaudi, 1995,  
p.364. 
13
 Cfr.nota precedente, p.378. 
14
 M. Mazza, <<SicGymn>> XVIII, 1965, p.163.  
 12
Capitolo I. 
 
 
Dal Libro I. 
 
 
         1. Cum uero non per annos sed per dies singulos res gestae 
scribuntur, ea historia Graeco uocabulo efemerìs dicitur, 
cuius Latinum interpretamentum scriptum est in libro 
Semproni Asellionis primo, ex quo libro plura uerba 
ascripsimus, ut simul, ibidem quid ipse inter res gestas et 
annales esse dixerit, ostenderemus: verum inter eos, inquit, 
qui annales relinquere uoluissent, et eos, qui res gestas a 
Romanis perscribere conati essent, omnium rerum hoc 
interfuit: annales libri tantum modo quod factum quoque 
anno gestum sit, ea demonstrabant, id est quasi qui diarium 
scribunt, quam Graeci efemerìda uocant. Nobis non modo 
satis esse video, quod factum esset, id pronuntiare, sed etiam, 
quo consilio quaque ratione gesta essent, demonstrare. 2. 
Paulo post idem Asellio in eodem libro: Nam neque alacriores, 
inquit, ad rem p. defendundam neque segniores ad rem 
perperam faciundam annales libri commouere quosquam 
possunt. Scribere autem, bellum initum quo consule et quo 
confectum sit, et quis triumphans introierit ex eo bello, 
quaeque in bello gesta sint, iterare, id fabulas (non praedicare 
aut interea quid senatus decreuerit aut quae lex rogatioue lata 
sit neque quibus consiliis ea gesta sint [iterare]) pueris est 
narrare, non historias scribere. 
 13
        E’ Gellio (Gell. 5,18,7) che riferisce un passo del I Libro 
dell’opera di Sempronio Asellione e questo non è un caso, data 
l’aperta sensibilità letteraria di questo eclettico lettore ed il suo 
interesse estremo per tutta la latinità arcaica. La citazione di un 
brano da parte di un grammatico, cosa che è comune a tantissime 
opere, specialmente del periodo arcaico, ha come conseguenza la 
parzialità del testo pervenuto: non si può e non si deve credere 
che un grammatico come Gellio avesse interesse a trasmettere ai 
posteri delle porzioni significative di antiche opere; egli doveva 
essere mosso da specifici interessi, in particolare di natura 
linguistica, grammaticale, storica. Egli, infatti, era un 
appassionato di cultura, non un retore o uno scrittore di successo, 
che fece il suo viaggio d’istruzione in Grecia. Le Noctes Atticae si 
presentano come raccolte di appunti presi a veglia durante un 
inverno trascorso nei pressi di Atene: la struttura della sua opera 
cerca di conservare un effetto di spontanea varietà, senza nessuno 
sforzo di sistemazione e di omogeneità. Egli rinuncia del tutto ad 
inquadrare il suo caleidoscopico materiale, ad esempio 
raggruppandolo per argomento, o disponendolo in un dialogo ed 
in una situazione narrativa. Il piacere della varietà e dell’arbitraria 
successione viene portato all’estremo
1
.  
                                                 
1
 G.B.Conte-E.Pianezzola, Storia e testi della Letteratura Latina, III, Firenze, Le Monnier, 1995,p.456.