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CAPITOLO I: I FONDI DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE
1. Introduzione
Si dice che la rivoluzione francese sia stata preceduta da una strage di
gatti. Prima del luglio 1789, qualche servo pensò di vendicarsi dei padroni,
uccidendo le loro bestiole viziate e trattate, spesso, meglio di altri esseri umani.
Il primo settembre di quest’anno, un quarantenne di Catania è stato arrestato
per aver nascosto nel congelatore il corpo di una prozia novantacinquenne
deceduta per cause naturali. La signora era vedova di un generale e godeva di
una considerevole pensione. Questo non è che un episodio, ma negli ultimi
anni il tentativo di accaparrarsi la pensione dei defunti da parte dei parenti
ancora in vita è diventato un fenomeno di notevole rilievo. Casi di questa
natura si registrano, più o meno sporadicamente, in ogni zona d’Italia e del
mondo. Dagli Stati Uniti d’America fino al Giappone, luogo in cui per
tradizione si registra un alto numero di individui ultracentenari. Viene da
chiedersi se la causa vada ricercata, piuttosto che nella dieta o nello stile di
vita, in una sorta di ammortizzatore sociale autoprodotto o, in altre parole, in
una colossale truffa demografica e previdenziale. La storia sembra mostrare
come i mutamenti improvvisi della società possano essere annunciati da eventi
tanto marginali quanto paradossali. Come la strage dei gatti francesi, la vita
semi-eterna di questi anziani fiscalmente immortali lancia un segnale molto
forte. La crisi demografica dei paesi industrializzati è nota: restando al sistema
italiano, “le prospettive di crescita mondiali di lungo periodo mostrano infatti
che l’Italia è uno dei pochi paesi in cui ci si attende già nei prossimi dieci anni
una contrazione della popolazione in età da lavoro (20-65 anni) stimata intorno
2
allo 0,3 per cento annualizzato”
1
. Previsioni, queste, tutt’altro che
pessimistiche se si pensa che tengono conto di un flusso migratorio costante,
che invece potrebbe anche, e non improbabilmente, rallentare. La riduzione
della popolazione attiva rende ancor più problematico il mantenimento di un
sistema pensionistico già oggi sull’orlo della crisi. Con una sola frase, si può
dire che gli anziani saranno sempre di più, e i giovani sempre di meno. Chi si
affaccia oggi alla prima occupazione sa bene che inizierà a lavorare tardi, e a
versare contributi tardissimo. Il mondo del lavoro offre oggi delle prospettive
tutt’altro che rassicuranti per chi non riesce a trovare la possibilità di eccellere.
La sicurezza del posto fisso, la stabilità che ne deriva, sono oggi soltanto dei
sogni che poche persone possono permettersi. L’incertezza del futuro e la
mancanza di certezze sono oggi accettate quasi passivamente dai giovani che si
affacciano alla vita lavorativa, più o meno consapevoli delle difficoltà cui
dovranno andare incontro e dell’alternarsi di periodi di lavoro attivo ad altri di
stallo e disoccupazione. Chi oggi inizia un percorso lavorativo e di vita
autonomo, non ha certezza alcuna riguardo il proprio futuro: è questa la prima
generazione, a partire dal dopoguerra, a non avere la speranza, più o meno
concreta, di poter migliorare la propria situazione economica e sociale rispetto
a quella dei propri genitori. Le conquiste sociali del Novecento, dalla pensione
pubblica alle ferie pagate, la maternità, la scuola e la sanità pubbliche, non
sono, come forse si era sperato, delle conquiste definitive, mentre appaiono più
vicine - purtroppo - a episodi momentanei e difficilmente ripetibili, o almeno
appare improbabile che possano ripetersi nei medesimi termini. Ne hanno
goduto le generazioni che adesso si accingono al collocamento a risposo: le
nuove generazioni dovranno prescinderne, dovranno essere in grado di
costruire autonomamente il proprio futuro: non più sostenute da uno Stato
munifico e in piena crescita economica, la sfida cui i giovani si devono
1
Cardinale, Come pagare le pensioni di domani, 18 giugno 2010 in www.lavoce.info
3
preparare è quella di costruire autonomamente il proprio welfare. Con ciò non
si vuole intendere, assolutamente, che si assiste ad una regressione pura e
semplice ad un medioevo prossimo venturo: semplicemente, cambiano nel
mondo odierno i termini con i quali ci siamo abituati ad ordinare la nostra vita
lavorativa e sociale. I diritti sono in continua evoluzione: dacché le garanzie
erano fornite più o meno direttamente dal settore pubblico, occorre abituarsi ad
uno Stato che garantisca non già le dirette prestazioni, bensì, indirettamente, le
possibilità di accesso al godimento delle stesse. Sembra necessario un
rinnovamento culturale che insegni a chi ne ha più bisogno, e cioè ai giovani, a
disporre delle proprie risorse in modo attento e previdente, a far valere i propri
diritti e a saper gestire le proprie necessità attraverso servizi che non potranno
più essere garantiti in modo diretto dallo Stato.
Ciò considerato, non appare inopportuna l’osservazione per la quale uno
dei settori su cui maggiormente può e deve ricadere l’attenzione del legislatore
e della società sia proprio il settore previdenziale: “il sistema giuridico della
previdenza sociale condiziona non solo le generazioni attuali, ma anche quelle
future; infatti, interessa le prime, dal momento che è lo strumento dal quale
dipende la loro sicurezza economica ed, invece, le seconde, perché troveranno
le “regole del gioco” già precostituite e modificabili, soltanto a mezzo di gravi
tensioni.”
2
Appare opportuno allora ripercorrere, se pur brevemente,
l’evoluzione di un istituto che fa da specchio a questa mutazione della società e
della realtà economica: si tratta dei fondi speciali di previdenza e assistenza,
previsti originariamente dall’articolo 2117 c.c.. In origine si trattava,
sinteticamente, di fondi con finalità previdenziali costituiti dall’imprenditore a
2
Staiano, L’evoluzione della previdenza complementare in italia, in Diritto&Diritti, luglio 2003
4
favore dei prestatori di lavoro, e finanziati con contributi dei lavoratori e del
datore di lavoro stesso. Per decenni, fino ai primi anni novanta del secolo
scorso, questi fondi sono restati sostanzialmente privi di regolamentazione
specifica, sottoposti solamente alla scarna normativa codicistica, che troppo
poco diceva riguardo aspetti fondamentali genetici e funzionali dei fondi stessi.
In altre parole, si trattava di un settore dell’economia sostanzialmente lasciato
libero di autoregolamentarsi all’interno di confini tutto sommato molto ampli.
Come si è accennato, e come si avrà modo di mostrare nel seguito del lavoro,
oggi si registra una situazione completamente diversa. Il settore della
previdenza complementare, e dei fondi previdenziali in generale, ha conosciuto
una vasta e dettagliata regolamentazione, e anzi si è forse assistito ad un
eccesso di normazione che non di rado ha portato a situazioni complesse e non
prive di confusione. Viene da chiedersi come mai, dopo decenni di
disattenzione, il legislatore abbia sentito come la necessità di recuperare il
tempo perduto e agire in maniera così incisiva su un settore che fino a quel
momento era stato, sostanzialmente, lasciato in secondo piano. A quanto
sembra, le risposte non possono che essere ricercate in quanto già si accennava
in precedenza. Crisi demografica, aumento del deficit pubblico, insostenibilità
del modello previdenziale e necessità di riforme hanno portato ad optare per un
sistema previdenziale complesso che non può più essere esclusivamente
pubblico. I fondi pensione, da che rappresentavano quasi un surplus,
appannaggio quasi esclusivo degli ambienti bancari e assicurativi e dei
detentori di redditi medio- alti, e in sostanza di soggetti che già godevano o
potevano godere di una soddisfacente pensione pubblica, si trovano e si
troveranno sempre di più ad essere una risorsa indispensabile proprio per le
altre fasce lavorative: saranno infatti i lavoratori con minor disponibilità
reddituale, non in grado di accumulare autonomamente il proprio risparmio per
garantirsi una vita esente da problemi negli anni in cui verrà a cessare l’attività
5
lavorativa, quelli ad aver maggiormente bisogno di un fondo previdenziale,
soggetto esterno, finanziato con contributi anche dei datori di lavoro, in grado
di gestire il montante accumulato durante l’intero arco di vita lavorativa in
modo da assicurare delle prestazioni previdenziali tali da permettergli di
mantenere un adeguato tenore di vita. Non sembra quindi del tutto errato
affermare che, forse, sia stata anche la differenza dei soggetti di riferimento a
spingere il legislatore verso la regolamentazione più dettagliata dei fondi
previdenziali. Diverso sembra, infatti, che sia lasciata all’autonomia privata la
gestione di un istituto che interessa un numero relativamente ristretto di
soggetti, i quali sono per lo più culturalmente e contrattualmente abbastanza
forti ed in grado di compiere scelte autonome e responsabili e pagarne le
conseguenze o goderne i frutti; tutt’altra questione è se si tratta di scelte
obbligate, dettate dalla necessità di costruire un’alternativa, o meglio
un’integrazione, ad un trattamento previdenziale pubblico non più sufficiente a
garantire un tenore di vita adeguato, e che dovranno necessariamente essere
compiute da ogni fascia della popolazione lavorativa. L’introduzione di norme
di securities law, allora, non avrebbe potuto essere rimandata, tantomeno in un
settore delicato e con tempi di modifica di così lungo periodo quanto quello
della previdenza complementare.
1.1 Ricostruzione storica del fenomeno della previdenza
complementare e antecedenti normativi
L’articolo 2117 del Codice Civile, oggetto di questa trattazione, trova
collocazione all’interno del paragrafo intitolato “Della previdenza e
dell’assistenza”, del codice civile, ma a differenza degli altri articoli ivi
6
presenti non tratta di previdenza obbligatoria bensì di previdenza volontaria.
3
La collocazione sistematica che il codice conferisce alla previdenza volontaria
sembrerebbe così mettere sullo stesso piano quest’ultima e la previdenza
obbligatoria. Queste suggestioni di uguaglianza almeno ideale sono però
destinate ad essere immediatamente ridimensionate nel momento in cui ci si
renda conto della disciplina particolarmente circoscritta dedicata dal Codice
alla previdenza volontaria. La scelta legislativa di dedicare una sola, scarna
disposizione al fenomeno della previdenza volontaria fa apparire,
immediatamente, netto il contrasto esistente con la realtà sociale, che già nel
1942 vedeva una certa diffusione delle forme di previdenza complementare.
4
In Italia, infatti, le iniziali manifestazioni del fenomeno della previdenza
privata risalgono alla metà del XIX secolo, periodo in cui, specialmente
nell’ambito di istituti e aziende di credito, i quali per primi intuirono le grandi
potenzialità dei fondi di previdenza come strumenti di raccolta e valorizzazione
del risparmio, prese piede la prassi di costituire fondi destinati alla “erogazione
di trattamenti pensionistici ed altre indennità in caso di bisogno a favore dei
propri dipendenti diligenti e fedeli, che cessino dal servizio per limiti di età”
5
(rimanevano dunque escluse le ipotesi di licenziamento per giusta causa o di
dimissioni non concordate).
Questa sorta di “paternalismo illuminato”
6
, lungi dall’essere
esclusivamente un comportamento altruistico da parte di grandi imprese verso
le proprie dipendenze, era motivato dall’esigenza di creare un vincolo di
3
Cinelli, La previdenza volontaria nel sistema italiano e comunitario di sicurezza sociale, in
Commentario del codice civile fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Giuffrè, 2009
4
Infante, Profili civilistici dei fondi speciali per la previdenza e assistenza, Napoli, 2002
5
Cerreta, I fondi aziendali integrativi di previdenza e assistenza, in Dir. Lav.,1998, I, p.173
6
La definizione è di Cerreta, ult. cit., pag.173
7
fedeltà nei confronti delle maestranze più qualificate, nonché dall’opportunità
di stabilire una sorta di cointeressamento alle sorti dell’impresa stessa.
D’altronde, è dato costante dello sviluppo legislativo in materia
previdenziale l’incidenza di motivi esterni, ispiratori di provvedimenti che
assai spesso solo per il perseguimento di fini diversi si trovavano ad adoperare
gli strumenti della disciplina previdenziale.
7
In quest’ottica si spiega anche il risalente favore di Carlo Alberto verso le
mutue per le opere di carità e di beneficenza costituite con i contributi degli
operai, in una visione di pacificazione sociale, soprattutto avendo riguardo alla
direzione e al controllo operati dalla classe borghese al fine di impedire che le
mutue si trasformassero in “leghe di resistenza”.
Lo stesso ordine di motivi, per altro, appare comune anche alla Destra
Storica che accetta e anzi propone un moderato intervento statale nel
finanziamento della previdenza operaia o in tema di infortuni sul lavoro, con il
non troppo nascosto fine di “riconquistare alle istituzioni nazionali l’affetto
delle classi più umili”, strumentalizzando dunque l’intervento verso la
conservazione di un assetto sociale costituito.
Il sostanziale disinteresse mostrato dal legislatore del ’42 verso il
fenomeno, come accennato rilevante, delle forme private di assistenza e
previdenza, può essere meglio compreso ricordando il contesto storico e socio-
politico dell’epoca. Pur in presenza di una certa strumentalità degli interventi
in materia previdenziale verso fini a questa totalmente esterni, quali il tentativo
di divisione della classe operaia o il raggruppamento delle gestioni in pochi,
grandi enti in funzione di accentramento e controllo, non mancano forme di
regolamentazione della materia previdenziale.
Per quanto riguarda più specificatamente la materia della previdenza
7
Hernandez, Problemi e prospettive nella previdenza sociale, in Dir. Lav.,1998, I, pag. 105
8
complementare, però, un legislatore corporativo e fortemente accentratore non
poteva che relegare la previdenza privata ad un ruolo subordinato e residuale
nei confronti della previdenza pubblica, contenendo così le spinte di
un’autonomia privata che avrebbe potuto trovare una forte espansione in una
materia in cui lo Stato avrebbe voluto un ruolo tendenzialmente esclusivo.
La disciplina dettata dal codice del 1942 è, dunque, sostanzialmente
riconducibile al vincolo di destinazione impresso ai “fondi speciali di
previdenza e assistenza che l’imprenditore abbia costituiti, anche senza
contribuzione dei prestatori di lavoro” (art 2117 c.c.) a tutela dei lavoratori
beneficiari. Vincolo di destinazione che si riflette nella non distraibilità dal fine
cui i fondi sono destinati e nella impossibilità di formare oggetto di esecuzione
forzata da parte dei creditori tanto del datore di lavoro quanto del prestatore di
lavoro medesimo.
Per comprendere appieno la portata di detto vincolo di destinazione
occorre tuttavia riferirsi agli antecedenti storici della norma in esame, e
precisamente all’articolo 15 della legge 9-2-1919 n.112, sostanzialmente
riprodotta poi dall’articolo 19, l.18-3-1926 n. 526, sul contratto di impiego
privato.
8
Disposizione, questa, che stabiliva che “il patrimonio delle istituzioni
di previdenza a favore del personale delle aziende private sarà amministrato a
parte e rimane assoggettato ai fini per i quali è venuto costituendosi, anche in
corso di fallimento, liquidazione o trasformazione dell’azienda, escluso
qualsiasi diritto o pretesa dei creditori dell’azienda stessa.”.
Può a questo punto essere utile sviluppare le differenze tra le diverse
disposizioni normative.
9
La norma del 1926 si proponeva sostanzialmente di
ottenere una separazione contabile di detti fondi rispetto al restante patrimonio
8
Cerreta, I fondi aziendali integrativi di previdenza e assistenza, cit. p.173 ss
9
Santoro-Passarelli, L’indennità di anzianità, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, 1986
9
aziendale; ciò non impediva, tuttavia, che in caso di fallimento i beneficiari del
fondo pensione, e dunque i lavoratori stessi, che pure avessero contribuito al
finanziamento del fondo medesimo, si trovassero costretti a intervenire nella
procedura concorsuale nella posizione di creditori chirografari
10
, con tutte le
conseguenze che ne derivano.
L’avvento della normativa codicistica, e in particolare dell’articolo 2117,
ha sicuramente confermato, ma anche rafforzato, questo tipo di tutele.
11
Innanzi tutto, destinatari della normativa non sono più soltanto le imprese
private bensì gli imprenditori in genere; inoltre, la garanzia di indistraibilità è
stata estesa dai soli fondi con fini di previdenza anche ai fondi con fini
assistenziali; soprattutto, infine, l’inattaccabilità del patrimonio del fondo, già
opponibile ai creditori dell’azienda, è stata estesa ai creditori del prestatore di
lavoro, in maniera tale da rendere maggiormente efficace la finalità di tutela
previdenziale cui i fondi previdenziali in esame sono destinati.
Detto questo, la normativa dettata dal Codice riguardo la previdenza
volontaria non riesce certo a esaurire l’ampiezza della materia: restano così
prive di soluzione diverse questioni che si aprono al riguardo,“e non è dato
ricavare alcuna indicazione circa la natura e la struttura dei fondi, fonti
istitutive, regime delle prestazioni, criteri di raccolta e di gestione dei
contributi
12
”.
La lacunosità del dettato codicistico finisce per generare una certa
ambiguità nella definizione stessa della fattispecie, obbligando in un certo
senso la dottrina ad interessarsi alla soluzione del problema della natura
10
Romagnoli, Natura giuridica dei fondi pensione (art. 2117 c.c.) in Riv. Trim. Dir. E Proc. Civ., 1960
11
Infante, Profili civilistici dei fondi speciali per la previdenza e assistenza,cit.
12
Cinelli, La previdenza volontaria nel sistema italiano e comunitario di sicurezza sociale, cit. pag 8.
10
giuridica dei fondi
13
. In particolare, nulla si chiarisce neppure per quanto
riguarda le modalità consentite di impiego delle risorse, restando il dubbio se il
vincolo di destinazione possa interpretarsi come “significativo di un’esigenza
non solo di conservazione ma anche di iniziative tese alla valorizzazione del
patrimonio separato e destinato”
14
, ovvero se all’articolo 2117 debba
riconoscersi una funzione “meramente difensiva”
15
, operante soltanto sul piano
della garanzia patrimoniale ma senza alcuna indicazione circa gli strumenti di
indirizzo e di controllo.
Sebbene, tuttavia, come si è accennato, la laconicità del legislatore del
1942 possa essere letta alla luce di motivazioni di carattere ideologico, ci si
sarebbe potuti legittimamente attendere un comportamento diverso da parte del
legislatore repubblicano. La Costituzione del 1948 infatti ripudia ogni forma di
autoritarismo e di onnipresenza statale, garantendo e tutelando all’opposto le
diverse possibili manifestazioni dell’autonomia privata, dalla libertà di
iniziativa economica,(art 41 Cost.), alla libertà della previdenza privata (art 38
comma 5 Cost.) passando per la tutela e l’incoraggiamento del risparmio (art
47 Cost.)
16
Appare lecito dunque domandarsi come mai, data questa precisa
impostazione costituzionale, per un cinquantennio il legislatore non sia
intervenuto a colmare le lacune lasciate dalla disciplina codicistica.
Probabilmente la risposta va cercata nel ruolo predominante assunto nel
13
In argomento si vedano Romagnoli, Natura giuridica dei fondi pensione (art. 2117 c.c.) cit.; De
Valles, Natura giuridica dei fondi per la previdenza e l’assistenza di cui all’art 2117 c.c. , in Dir Econ,
1961, pag 1183 ss; Riva Sanseverino, Commentario al codice civile (art 2117), diretto da Scialoja e
Branca, Bologna, 1969, pag. 444 ss.;
14
Ancora Cinelli, La previdenza volontaria nel sistema italiano e comunitario di sicurezza sociale, cit.
15
Sandulli, Previdenza complementare, in Digesto delle Discipline Privatistiche, sezione commerciale,
1995, pag. 243 ss
16
Per ogni riferimento, si veda oltre il paragrafo sui profili costituzionali
11
nostro sistema istituzionale dalla previdenza pubblica, con prestazioni
pensionistiche in grado di coprire quasi totalmente il livello retributivo
raggiunto durante l’attività lavorativa. Un sistema previdenziale pubblico
concepito come strumento –piuttosto miope- di acquisizione e di
conservazione del consenso,
17
pur se notevolmente sbilanciato e destinato allo
squilibrio, ha fatto in modo che per molto tempo non venisse avvertita la
necessità di una regolamentazione e di una riforma della previdenza privata.
Che qui vada ricercato il motivo per il quale così a lungo non è stata
attivata una regolamentazione del fenomeno della previdenza privata è
d’altronde confermato dal fatto che di previdenza privata si sia ricominciato a
discutere nel momento in cui è apparsa chiara la crisi della previdenza pubblica
e le necessità di riforma hanno reso palese come i due istituti siano
intimamente e indissolubilmente collegati.
Una comparazione, anche superficiale con la situazione, nello stesso
periodo, degli altri Paesi rende evidente come in questi ultimi il ruolo della
previdenza integrativa fosse già molto più sviluppata in confronto all’Italia.
Altrove infatti il ruolo della previdenza complementare era ed è non solo
quantitativamente, ma qualitativamente superiore rispetto a quello della
previdenza obbligatoria, che pure è sempre presente.
18
17
Infante, Profili civilistici dei fondi speciali per la previdenza e assistenza, cit.
18
Franceschelli, Prospettive di riforma del sistema previdenziale, in Dir. Lav.,1998, I, pag 149 ss.;
13
CAPITOLO II: LA NATURA GIURIDICA DEI FONDI
PENSIONE EX 2117 C.C.
1. Tra separazione patrimoniale e vincolo di destinazione
L’articolo 2117 del codice civile, nello stabilire che i fondi speciali per la
previdenza e assistenza “non possono essere distratti dal fine cui sono destinati
e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori” tanto
dell’imprenditore quanto dei prestatori di lavoro, stabilisce due profili
fondamentali: Il vincolo di destinazione e la separazione patrimoniale.
La separazione in parola ha carattere unilaterale o aperto, in quanto i
prestatori di lavoro e i creditori sorti nell’attività di gestione del fondo possono
estendere l’azione esecutiva, qualora la disponibilità del fondo risulti
insufficiente, anche al restante patrimonio del datore di lavoro, mentre non
potrebbe mai verificarsi il contrario. Naturalmente la separazione deve essere
effettuata anche sul piano contabile, rendendo visibile la separatezza
patrimoniale, cosa che per altro risulta essere una costante nella prassi
statutaria dei fondi pensione istituiti all’interno delle imprese.
Per quanto riguarda il profilo della indisponibilità, e quindi il vincolo di
destinazione, appare evidente come esso sia strettamente collegato con il
principio della separazione patrimoniale, in quanto la distrazione dei beni
separati comporterebbe conseguentemente la sottrazione degli stessi sia ai
creditori che agli iscritti al fondo. Indisponibilità che non va intesa, tuttavia,
come indisponibilità assoluta che comporterebbe una sorta di congelamento dei
beni, esponendo gli stessi ad una inevitabile perdita di valore, bensì
indisponibilità nel senso per cui i beni che compongono il fondo possano
essere investiti e dunque anche alienati a condizione che si tratti di
14
un’alienazione vantaggiosa rispetto al fine previdenziale. Il vincolo che grava
sui beni dei fondi speciali ex art. 2117 c.c. dunque, “è un vincolo non di natura
reale, ma di natura più duttile, che non si limita semplicemente ad impedire la
dispersione dei beni, consentendo, piuttosto, la continua valorizzazione del
patrimonio di destinazione”
1
.
Occorre tuttavia porre l’attenzione sul fatto che mentre per attuare la
separazione patrimoniale la previsione legislativa è elemento necessario e
altresì sufficiente, l’articolo in questione non specifica nulla circa le modalità
di attuazione del vincolo di destinazione, che non riesce a trovare attuazione
solo per il tramite posto dal legislatore. Il problema dell’attuazione del vincolo
di destinazione, allora, è “strettamente legato al profilo della più corretta
qualificazione dei fondi”
2
ed è dunque alla natura giuridica dei fondi stessi che
occorre fare riferimento.
2. La natura giuridica dei fondi pensione
Il dibattito sulla natura giuridica dei fondi speciali di previdenza trova il
suo punto di partenza nella magna divisio degli stessi, nella diversa prospettiva
di fondi interni o di fondi esterni.
3
Con quest’ultima formula si vuole indicare
che la separazione patrimoniale che consegue alla creazione del fondo si
accompagna alla creazione di un nuovo referente esterno, cui viene imputato il
complesso dei beni patrimoniali. Il punto da affrontare immediatamente allora
riguarda la natura giuridica dei fondi cd. <<esterni>>: enti collettivi più o
1
Infante, Profili civilistici dei fondi speciali per la previdenza e assistenza, Napoli, 2002, pag 38
2
Ponzanelli, Forma giuridica e controlli in tema di fondi pensione, in Riv. Giur. Lav. 1993, I, pag 176.
3
Ioele, Gli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione sulle forme volontarie di previdenza, in La
previdenza complementare nella riforma del Welfare a cura di Ferraro, 2000,pag 1205 ss
15
meno organizzati, che specialmente quando non siano dotati di personalità
giuridica, sono astrattamente riferibili di volta in volta e secondo le specialità
del caso a enti del tipo associazione non riconosciuta, società di mutua
assicurazione, fondazione di fatto.
La formula di <<fondo interno>>, viceversa, indica la situazione per la
quale la massa patrimoniale è caratterizzata dalla insensibilità verso le vicende
che riguardano l’impresa e dalla “destinazione preferenziale dell’attivo alle
passività comprese nel patrimonio stesso”
4
, con la conseguenza che tali fondi
sembra possano assumere la natura di patrimoni separati.
La scelta del modello organizzativo su cui costruire il fondo era, fino
almeno al 1993, sostanzialmente rimessa alla autonomia delle parti che
avevano a loro disposizione i modelli di diritto civile, e specialmente si faceva
riferimento a quei modelli di cui al libro I del codice civile, in quanto
caratterizzati dall’assenza dello scopo di lucro proprio invece delle società
commerciali
5
. Inoltre, il più ampio margine di autonomia e di libertà proprio
degli enti non riconosciuti ha reso nella prassi preferita la scelta di questo tipo
di modelli organizzativi. La qualificazione giuridica di una struttura
organizzativa deve allora essere individuata partendo dal concreto
atteggiamento della stessa, prescindendo dalle espressioni usate e dal dato
letterale.
L’articolo 2117 c.c., preso isolatamente, ha una portata meramente
difensiva, destinata ad operare sul piano della garanzia patrimoniale, attraverso
il meccanismo della separazione dei beni e del vincolo di destinazione: il
modello prospettato era dunque il nucleo minimo ed essenziale di un assetto a
rilevanza soggettiva, prospettandosi tra l’altro nella pratica ipotesi ancor più
4
Infante, Profili civilistici dei fondi speciali per la previdenza e assistenza, cit. , pag 41
5
Del Prato, inquadramento privatistico dei fondi pensione,cap. II sub art.2117-2123 c.c,cit. pag. 53