Introduzione
2
effettuati da ciascun aderente, che confluiscono in un unico grande
patrimonio, gestito e investito professionalmente allo scopo di
costituire un risparmio e una rendita previdenziale complementare a
quella di base, assicurando agli aderenti più elevati livelli di copertura
previdenziale.
I fondi differiscono tuttavia da un semplice e puro risparmio in
quanto sono finalizzati dal legislatore a scopi socialmente rilevanti,
tutelati anche dalla Costituzione.
La loro complementarietà risiede nel fatto che le prestazioni
erogate dagli stessi si aggiungono, ma non si sostituiscono, a quelle
offerte dal sistema pubblico obbligatorio, che, in quanto tale, fa
sorgere l’obbligo contributivo per il semplice inizio di una
determinata attività.
Invece, la previdenza complementare è basata sul principio
della libera adesione individuale; ad essa, cioè, partecipano solo i
soggetti che scelgono di aderirvi.
Tale libertà mal si conciliava con quanto previsto in prima
battuta dal disegno di legge delega sulle pensioni, attualmente in fase
di discussione, che avrebbe introdotto l’obbligatorietà del
conferimento del trattamento di fine rapporto (TFR) ai fondi pensione,
al fine di incentivare il loro sviluppo. Provvedimento questo che va
letto seguendo il percorso, indicato dal legislatore e dalla Corte
Costituzionale, della funzionalizzazione della previdenza
complementare, nel senso che essa venendosi a sostituire in parte ai
compiti di quella pubblica a seguito del suo deficit finanziario,
sarebbe da inquadrare nell’art. 38, comma 2 della Costituzione,
anziché nel comma 5.
Introduzione
3
L’indagine compiuta provvede ad illustrare i principali elementi
che caratterizzano ed influenzano la nascita e lo sviluppo dei fondi
pensione, prestando particolare attenzione a quelli istituiti su base
contrattuale collettiva (c.d. “fondi chiusi”).
Fondamentale, allora, risulta essere il ruolo della contrattazione
collettiva o delle associazioni, nei vari settori lavorativi, nell’istituire
forme di previdenza complementari.
Di pari importanza è l’aspetto inerente sia alle modalità di
finanziamento dei fondi pensione e alla relativa gestione da parte di
soggetti abilitati (come banche od imprese di assicurazione) dei
contributi versati, sia al ruolo che la disciplina fiscale svolge nel
rendere più conveniente il risparmio con finalità previdenziale rispetto
alle altre forme d’investimento.
Infine, si esamineranno le ultime novità previste dal d.d.l. delega
sulle pensioni, considerando con particolare attenzione e valutando le
ragioni che hanno condotto il Governo a scegliere inizialmente di
trasferire in via obbligatoria il TFR ai fondi pensione.
Scelta questa che ha urtato contro le perplessità e le
preoccupazioni dei lavoratori e delle imprese a rinunciare a tale
“cuscinetto” di liquidità, e che per tali motivi è stata ad oggi riposta.
Capitolo I
Le fonti normative della previdenza complementare
1. I principi costituzionali
Il processo di regolamentazione normativa in materia di
previdenza complementare è oggetto di un fervido dibattito in sede
dottrinale e giurisprudenziale con riferimento al ruolo che la
previdenza complementare è chiamata a svolgere nel sistema
previdenziale e alla identificazione della sua natura.
Si discute sulla sua riconducibilità tra le forme di previdenza
privata, di cui l’art. 38, ult. comma, Cost. ne riconosce la libertà, o tra
quelle della previdenza pubblica di base di cui all’art. 38, comma 2°,
Cost., che riconosce al lavoratore il diritto a che siano preveduti ed
assicurati “mezzi adeguati alle esigenze di vita” in caso di vecchiaia,
invalidità, infortunio e malattia
2
, prevedendo esplicitamente, al c.4,
l’intervento di organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato.
Una prima interpretazione
3
opera una netta separazione tra la
previdenza pubblica fondata sui primi 4 commi dell’art 38 Cost., e la
2
PERSIANI, Diritto della Previdenza Sociale, 2002, pag. 16 e ss., il quale evidenzia che
l’indicazione di tali eventi generatori di bisogno non ha carattere tassativo, e non esclude
la possibilità di un’ulteriore estensione della tutela previdenziale, come ad es. è avvenuto
per la tutela dei superstiti.
3
A tale posizione aderiscono PERSIANI, Diritto…, 2002, pag. 40; SIMI, Contributo allo
studio della previdenza sociale: previdenza sociale e previdenza privata o libera, in Riv.
It. Mal. Prof., 1972, pag. 936.
I fondi pensione
5
previdenza privata, identificando la previdenza complementare
nell’ambito di quest’ultima e dunque con il c.5 dell’art 38 Cost.
La previdenza privata, in quanto libera, eventuale e volontaria,
apparirebbe finalizzata all’esclusivo perseguimento di interessi
privati
4
e pertanto, escluderebbe ogni possibilità di intervento
normativo o assegnazione di funzioni che potrebbero comprimerne
l’impulso volontaristico o impedirne il funzionamento
5
.
L’espressione adottata dal legislatore al c.5 dell’art. 38 Cost:
“L’assistenza privata è libera”, risulta essere analoga al c.1 dell’art. 39
Cost: “L’organizzazione sindacale è libera”. Ciò significa che , come
nell’art. 39 la garanzia di libertà opera pienamente nei confronti dello
Stato, del potere legislativo e dell’attività amministrativa, così è da
ritenersi che avvenga anche nella tutela della libera previdenza
6
.
Come per l’organizzazione sindacale anche qui la prima
manifestazione di libertà si riconosce nella scelta degli interessi da
proteggere e degli organismi per realizzare l’iniziativa; libertà che
esclude ogni possibile ingerenza dei pubblici poteri che non possono
attraverso condizioni, restrizioni e vigilanze, invadere la sfera di
libertà riconosciuta ai gruppi creati dalla volontà degli interessati
7
.
Previdenza privata che, pertanto, deve essere intesa anche come
espressione della libertà sindacale.
Il confine tra la previdenza pubblica e quella privata, secondo
tale dottrina, è segnato dalla realizzazione degli interessi pubblici
presenti nella prima, che sanciscono il diritto dei lavoratori a che, in
4
PERSIANI, Aspettative e diritti nella previdenza pubblica e privata, in Arg. Dir. Lav.,
2, 1998, 311 ss.
5
GRANDI, Previdenza integrativa e previdenza privata, in Dir. Lav.,1990, pag. 100.
6
SIMI, Contributo allo studio…, cit., 1972, pag. 936.
7
SIMI, La previdenza privata libera, in Probl. Sic. Soc., 1979, pag. 258.
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare
6
caso di bisogno, siano preveduti e assicurati, mediante il ricorso alla
solidarietà generale, mezzi adeguati alle esigenze di vita.
Soddisfatto quell’interesse, il resto è lasciato alla previdenza
complementare funzionalizzata al solo perseguimento di interessi
privati riguardanti il mantenimento del tenore di vita raggiunto in età
lavorativa
8
. La complementarietà richiamata dal legislatore
opererebbe, secondo tale impostazione, solo sul piano delle
prestazioni previdenziali e non su quello delle funzioni
9
.
D’altro canto un intervento legislativo, che estendesse alla
previdenza volontaria i controlli e i meccanismi di vigilanza tipici
degli enti previdenziali pubblici, sarebbe giustificato dalla presenza di
altri valori costituzionali, espressi negli artt. 41 e 47 Cost.
Quanto al primo di questi due articoli si sostiene che, essendo
l’attività dei fondi pensione, attività d’impresa, e in quanto
espressione del diritto di iniziativa economica privata, possa essere
assoggettata ai controlli e a vigilanza allo scopo di indirizzarla e
coordinarla ai fini sociali (art. 41 c.3)
10
.
Per l’art 47 si sostiene che la previdenza complementare
costituendo una forma di risparmio dev’essere incoraggiata e tutelata
dallo Stato.
La vocazione pensionistica del risparmio giustificherebbe
l’intervento pubblico nel settore, tenendo conto della finalità
previdenziale dei fondi pensione.
8
PERSIANI, Relazione al convegno A.I.D.L.A.S.S. su Previdenza pubblica e previdenza
privata, maggio 2000, pag. 6.
9
PERSIANI, Diritto…, cit. , pag. 41.
10
LEONE, Interesse pubblico e interesse privato nella previdenza complementare, in
Dir. Lav. Rel. Ind.,2001, pag. 290
I fondi pensione
7
Il risparmio ai fini previdenziali, tuttavia, non ha la stessa valenza
del risparmio azionario o di quello destinato più in generale a
investimenti di tipo finanziario: sussiste un’esigenza di sicurezza
sociale che si aggiunge a quella di tutela del risparmio e che richiede
una protezione differenziata.
Che la volontà del legislatore sia stata quella di attribuire alla
previdenza complementare la natura di un diritto per tutti e non quella
di un privilegio riservato ai cittadini con maggiore capacità di
risparmio lo dimostra il fatto che l’istituzione e l’attività dei fondi
pensione sono state sottoposte a un rigoroso controllo pubblico
prevedendo una apposita autorità (Covip
11
) con poteri e competenze
vincolanti per l’attività dell’investitore istituzionale Fondo Pensione
12
.
In definitiva, ritornando all’origine della questione, secondo tale
posizione la previdenza pubblica va posta in relazione con la sicurezza
sociale
13
che tutela esclusivamente un interesse pubblico immediato e
diretto (art. 38 cost.); invece, la previdenza complementare
perseguendo l’interesse dei lavoratori al mantenimento, per quanto
possibile, di un tenore di vita raggiunto in età lavorativa, tutela un
interesse privato, non collocabile nei c.2 e c.4 dell’art. 38 Cost.
L’interesse pubblico è considerato come scopo primario del
sistema di previdenza sociale in cui viene attuata la funzione
previdenziale vera e propria, mentre, laddove vengono perseguiti
11
Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, istituita con l. 335/1995.
12
BESSONE, Previdenza complementare, 2000, p 378.
13
Intesa come “quel complesso sistema attraverso il quale la pubblica amministrazione, o
altri enti pubblici, realizzano il fine pubblico della solidarietà con l’erogazione di beni, in
danaro o natura, e di servizi ai cittadini che si trovano in condizioni di bisogno”, così
PERSIANI, Diritto…, cit., pag 26.
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare
8
interessi privati, la funzione è radicalmente diversa, come accade nei
regimi previdenziali integrativi
14
.
1.1 Il pluralismo previdenziale nell’art. 38
Una seconda posizione dottrinale si è espressa per una netta
distinzione tra previdenza complementare e privata: dove la prima
sarebbe caratterizzata da una solidarietà collettiva realizzata dai
soggetti portatori dell’iniziativa, riferita alla soddisfazione di un
bisogno socialmente rilevante, qual è l’adeguatezza dei mezzi cui ha
diritto il lavoratore pensionato; l’altra caratterizzata da quelle
iniziative, prive di tali requisiti, destinate a soddisfare la protezione di
bisogni ulteriori
15
.
La solidarietà collettiva, di cui si è accennato, realizzata dai
lavoratori e dai datori di lavoro con le assicurazioni sociali, espressa
nel c.2 dell’art. 38, non sancisce un diritto per questi ultimi a un
intervento diretto dello Stato, ma a che siano “preveduti ed assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita” al verificarsi di certi eventi.
Dunque, si avrebbe un obbligo dello Stato non a provvedere
direttamente, ma a garantire la tutela, voluta come obbligatoria.
Tale tutela è garantita, secondo quanto disposto dal c.4 dell’art.
38, attribuendo “agli organi ed agli istituti predisposti o integrati dallo
14
Il riferimento è ai fondi aziendali di previdenza costituiti prima del d.lgs 124/93, aventi
come unica normativa di riferimento gli artt. 2117, 2123 c.c. Per questa forma libera di
previdenza fu “coniato” il termine di previdenza integrativa, che aveva un carattere
aggiuntivo rispetto alla previdenza sociale obbligatoria, ed escludeva qualsiasi
collegamento funzionale e strutturale con la stessa (di ciò si parlerà ampiamente nel par.
2.2).
15
LEONE, Interesse pubblico…, cit., pag. 291.
I fondi pensione
9
Stato” il compito di dare attuazione alla previdenza e all’assistenza
sociale.
“Organi” sarebbe un termine riferibile alla solidarietà generale, di
cui al c.1 dell’art. 38, e che farebbe sorgere un diretto obbligo in capo
allo Stato del mantenimento e dell’assistenza sociale per i cittadini
inabili al lavoro e sprovvisti di mezzi necessari per vivere; “istituti”,
invece, indicherebbe un qualcosa di diverso e di distinto dallo Stato,
come emerge anche dal termine “integrati”, il quale implica due
soggetti diversi, quello integrante e quello integrato
16
.
In base a ciò si distinguono gli enti pubblici che erogano la tutela
previdenziale, dallo Stato, rispetto al quale sono in una posizione di
autonomia, giustificata dall’essere istituti che gestiscono forme di
solidarietà collettiva cui partecipano i soggetti interessati (i lavoratori
e datori di lavoro) attraverso la contribuzione, che lo Stato impone
come obbligatoria. Dunque, si avranno interesse pubblico ed ente
pubblico, in tal caso, mentre si avranno interessi privati e soggetti
privati nel caso del c. 5 dell’art. 38, che si riferisce a solidarietà
collettive sorte spontaneamente, atte a migliorare la protezione
minima che l’ordinamento assicura al lavoratore
17
.
In sostanza, tale dottrina colloca la previdenza complementare
nel sistema pensionistico generale, in quanto integra il trattamento
pensionistico di base , svolgendo una funzione sociale con rilevanza
costituzionale, ed assolvendo, a determinate condizioni, alla tutela di
lavoratori rispetto a bisogni ritenuti socialmente rilevanti
18
.
In questa prospettiva, quindi, “l’area della previdenza
pensionistica complementare risponde alla medesima tipologia di
16
SIMI, Contributo allo studio…, cit., 1972, pag. 16.
17
CIOCCA, La libertà della previdenza privata, 1998, pag. 57-58.
18
OLIVELLI, La costituzione e la sicurezza sociale, 1988, p 190.
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare
10
eventi protetti della previdenza pensionistica di base”
19
,
evidenziandosi così tra le due l’esistenza di una identità di funzione,
perché diretta ad integrare la prestazione adeguata, e distinguendosi in
ragione della diversa intensità di tutela
20
e della forma giuridica.
Questa seconda interpretazione risponde maggiormente alla
nuova configurazione del sistema previdenziale assunta a seguito degli
interventi normativi introdotti nel corso degli anni ‘90 in tema di
previdenza sia di base che complementare.
Le innovazioni apportate dal legislatore in materia di previdenza
complementare non possono essere lette disgiuntamente dalla
complessa opera riformatrice del sistema previdenziale cui il
legislatore ha posto mano sin dalla legge delega n. 421 del 1992 con la
quale - nel tentativo di operare un bilanciamento tra la stabilizzazione
del rapporto tra la spesa previdenziale ed il prodotto interno lordo e la
garanzia di trattamenti pensionistici obbligatori omogenei - si è inteso
favorire la costituzione di forme pensionistiche complementari del
sistema obbligatorio pubblico, volte a realizzare “più elevati livelli di
copertura previdenziale” (art. 3, co. 1, lett. v).
Dunque, secondo un disegno seguito da alcuni studiosi
21
, ed
appoggiato dal legislatore, il sistema previdenziale italiano sarebbe
suddiviso in quattro cerchi concentrici corrispondenti ognuno a
19
SANDULLI, Riforma pensionistica e previdenza integrativa, in Dir. Lav. Rel. Ind.,
1991, pag. 201 e ss.
20
MASTRANGELI, La disciplina dei fondi pensione, in Riv. It. Dir. Lav., 1994, ritiene
che “la previdenza integrativa è destinata ad assumere un ruolo compensativo della
ridotta copertura assicurata dalla previdenza pubblica di base, in quanto i bisogni coperti
dalla prima non sono altro che una parte di quelli vecchi, non più coperti
dall’ordinamento per chiare necessità economiche”.
21
Tra cui PESSI, La previdenza integrativa: identificazione funzionale e collocazione
strutturale nell’assetto del rapporto previdenziale pubblico dopo la sentenza della Corte
Costituzionale n. 427/1990, in Dir. Lav., I, 1990, pag. 426; OLIVELLI, Previdenza
complementare, (voce), in Enc. Giur. Treccani, Aggiornamenti, 1995, pag. 2001.
I fondi pensione
11
differenti tipi di bisogno
22
. I primi tre sarebbero rivolti a soddisfare
bisogni socialmente rilevanti, che vanno dal minimo vitale, garantito
dal c.1 dell’art. 38 Cost. (primo cerchio), a quei bisogni
soggettivamente esistenti ed oggettivamente accertati al trattamento
minimo per un’esistenza libera e dignitosa di tutti i lavoratori (cfr. c.2
art. 38 Cost., secondo cerchio), sino ai bisogni legati alla
conservazione del tenore di vita raggiunto durante l’attività lavorativa
(terzo cerchio)
23
.
La previdenza complementare rientrerebbe nel terzo cerchio, per
soddisfare un bisogno socialmente rilevante, che per carenza di risorse
e/o per scelte di politica socio-economica può essere soddisfatto solo
in minima parte dalla previdenza pubblica, che potrebbe, allora,
dedicarsi maggiormente al miglioramento dei primi due livelli. Mentre
alla previdenza privata, il cui referente costituzionale sarebbe il c.5
dell’art. 38 Cost., spetterebbe occupare il quarto cerchio, in quanto
volta ad assicurare redditi supplementari alla fine dell’attività
lavorativa per la tutela di bisogni ulteriori.
La previdenza complementare troverebbe, secondo autorevole
dottrina
24
, il suo fondamento nel combinato disposto dei c. 2 e 5
dell’art 38, in quanto se, da un lato, la soddisfazione dei bisogni
socialmente rilevanti richiede la necessaria presenza della vigilanza e
del controllo dello Stato, dall’altro, è lasciata al soggetto privato la
scelta di aderire alle forme pensionistiche complementari.
22
LEONE, Interesse pubblico…, cit., pag. 291, secondo l’a. ai primi tre cerchi
corrisponderebbero, rispettivamente, sul piano delle prestazioni erogate: la pensione
sociale (ora assegno sociale), la pensione integrata al minimo e la pensione retributiva
(istituita con l. 153/69 ed abolita dalla l. 335/95, era collegata all’ultima retribuzione
percepita).
23
CIOCCA, La libertà…, cit., pag. 75.
24
PESSI, La nozione di previdenza integrativa, in La previdenza integrativa, QL, 1988,
pag. 71.
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare
12
1.2 L’adeguatezza della prestazione previdenziale
Le due tesi sopraenunciate, a riguardo della collocazione della
previdenza complementare nell’area dell’art. 38 Cost. c.5 o in quella
coperta dal combinato disposto del c.2 con il c.5, propongono una
diversa lettura della garanzia dei mezzi adeguati enunciata nel c.2
dello stesso articolo, e conseguentemente della nozione di bisogno
socialmente rilevante.
Se nella prima interpretazione, per cui la previdenza
complementare è nettamente distinta da quella pubblica, si ritiene che
il mantenimento del tenore di vita è un interesse privato,
esclusivamente individuale e dunque come tale non può essere
annoverato fra i bisogni socialmente rilevanti tutelati dal c. 2,: nella
seconda, in cui la previdenza complementare è funzionale alla
pubblica, si afferma che la prestazione adeguata è quella che consente
la conservazione del livello di vita raggiunto in età lavorativa, quindi
tale aspirazione è un bisogno socialmente rilevante.
Dalla lettura della Costituzione si evince una relazione tra gli artt.
38 e 36 Cost, per cui la garanzia di adeguatezza della prestazione
previdenziale è in corresponsione con la garanzia di sufficienza della
retribuzione in quanto entrambe le norme mirano ad assicurare un
livello minimo e inderogabile di prestazioni a favore del lavoratore
25
.
Ammettendo l’esistenza di tale parallelismo tra la retribuzione
proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost, c. 1, e la prestazione cui ha
diritto il lavoratore ex art. 38, c.2, andranno riconosciute appartenenti
a tale ambito anche le forme private dirette ad ottenere, per quanto
25
CINELLI, Problemi di diritto della previdenza sociale, 1989, pag 29.
I fondi pensione
13
possibile, una convergenza fra il reddito goduto in età lavorativa e
quello successivo.
Secondo le pronunce della Corte Costituzionale
26
la prestazione
adeguata si è collocata, nel corso del tempo, tra il minimo
rappresentato dalla pensione sociale
27
e il massimo della pensione
retributiva
28
, secondo una legittima diversificazione che risponde alle
diverse esigenze delle varie categorie professionali
29
.
Tuttavia, tali pronunce, nonostante abbiano affermato, una stretta
correlazione tra la proporzionalità della retribuzione sancita dall’art.
36 Cost. e l’adeguatezza della prestazione previdenziale, sostenendo la
necessità che la prestazione pensionistica debba essere idonea a
conservare il tenore di vita raggiunto dal lavoratore al termine
dell’occupazione (dunque ritenendo quest’ultimo come bisogno
socialmente rilevante, rientrante nell’area del c.2 dell’art. 38, che la
previdenza complementare con quella pubblica soddisfa), hanno
precisato che l’applicazione del principio di proporzionalità non
comporta la necessaria e integrale coincidenza tra il livello della
pensione e l’ultima retribuzione
30
.
È lasciata la possibilità al legislatore di modificare in peius il
trattamento pensionistico, qualora non potendo statuire nuove misure
di entrata o incrementare la spesa pubblica, si andrebbe a
26
Fra cui Corte Cost. n. 26/1980 in Mass. Giur. Lav., 1980, pag. 389; Corte Cost. n.
349/1985, in Iprev., 1986, pag. 55.
27
Ora chiamato assegno sociale, ed è pari a 516 €.
28
“La sua introduzione, con l. 153/1969, ha rappresentato, nell’evoluzione del sistema
previdenziale italiano, il momento in cui la liberazione del bisogno ha coinciso con il
mantenimento del tenore di vita raggiunto dal lavoratore”, così, LEONE, Interesse
pubblico…, cit., pag. 295 .
29
CINELLI, Previdenza pubblica e previdenza complementare nel sistema
costituzionale, in, La previdenza complementare nella riforma del Welfare, 2000, pag.
109.
30
SANTORO PASSARELLI, Tfr e Previdenza complementare, in Arg. Dir. Lav, 1,
2000, pag. 100.
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare
14
compromettere la sostenibilità del sistema pensionistico pubblico con
conseguente danno per le generazioni future, che non vedrebbero
tutelati i loro diritti sociali. Infatti, la Corte Costituzionale
31
ha
precisato che la prestazione adeguata non corrisponde al trattamento
massimo, ma ad una pensione che sia maggiore di quella sociale.
Quindi, le nozioni di “bisogno socialmente rilevante” e “mezzi
adeguati” hanno un contenuto elastico, in quanto si adattano ai
mutamenti del nostro sistema socio-economico.
1.3 La previdenza complementare nella giurisprudenza della Corte
Costituzionale
In base a quanto suesposto, risulta chiaro come la previdenza
complementare, secondo l’orientamento della Corte Costituzionale
(che poi è quello espresso dalla maggior parte della dottrina), risulti
fortemente connessa alla previdenza obbligatoria, fino ad essere
funzionalizzata alla stessa, all’interno di un medesimo contesto, quale
quello della garanzia dell’adeguatezza delle prestazioni previdenziali
(art. 38 Cost., c.2).
In un primo momento, però, la Corte Costituzionale se, da una
parte, nelle sue pronunce incoraggiava il legislatore ad incentivare la
previdenza complementare, dall’altra poneva degli ostacoli al suo
“decollo”.
Nella sentenza n. 427/90 la Corte aveva riconosciuto la
legittimità della non esclusione dei contributi versati ai fondi pensione
31
Corte Cost. n. 440/1991, n. 459/1993, n. 475/1993, n. 491/1993, tutte in AMOROSO –
FOGLIA – TRIA , La giurisprudenza della Corte Costituzionale nella sicurezza sociale
(1990 – 1996), 1997, rispettivamente pagg. 345, 733, 738 e 742..
I fondi pensione
15
dalla base imponibile ai fini previdenziali, affermando tuttavia che “la
previdenza privata integrativa deve essere incoraggiata, anche in
ossequio ad una direttiva della CEE, ma il principio solidaristico (art.
2 Cost) non consente che il suo finanziamento, soprattutto se
alimentato da redditi medio – alti, sia interamente esentato dalla
contribuzione alla previdenza pubblica”
32
.
La solidarietà, infatti, impone che i contribuenti a reddito più
elevato, i quali sono in genere beneficiari dei fondi pensione,
partecipino al finanziamento del sistema pensionistico generale e,
indirettamente, concorrano a sovvenzionare le prestazioni dei
contribuenti più poveri
33
.
Dunque, la Corte Costituzionale viene sostanzialmente a
qualificare il contributo alla previdenza integrativa come elemento
della retribuzione assoggettandolo alla contribuzione previdenziale,
senza considerare la coincidenza di funzione tra previdenza integrativa
e pubblica riguardanti la protezione di bisogni socialmente rilevanti
34
.
A ciò va aggiunto che i contributi versati ai fondi di previdenza non
costituiscono un’elargizione del datore di lavoro a favore del
lavoratore, perché il lavoratore non riceve nulla di più rispetto alla
retribuzione, essendo solo titolare di un’aspettativa che si realizzerà al
maturarsi di certi requisiti anche indipendenti dallo svolgimento o
dall’estinzione di quel rapporto di lavoro.
35
32
Mass. Giur. Lav., 1990, pag. 392.
33
MODUGNO – CELOTTO, Corte costituzionale e previdenza complementare:
questioni sugli effetti della sentenza n. 421/95, in Mass. Giur. Lav., 1996, pag. 444.
34
PESSI, La previdenza integrativa: identificazione…, cit., 1990, pag. 423.
35
PESSI, ult. op. cit., pag. 424.