Il risparmio delle famiglie italiane � stato per lunghi anni indirizzato
in gran parte all�acquisto di titoli di stato, con un forte ritardo nel
ricorso ad altre forme di investimento, se confrontato con Paesi che
hanno analoga situazione come struttura industriale e produttiva.
Bot, Cct e Btp hanno assorbito gran parte del reddito risparmiato fino
a quando, per una serie di fattori, come il miglioramento dei conti
pubblici, al quale si � accompagnata una riduzione dei tassi di
interesse, notevoli modifiche del sistema bancario e una maggiore
attenzione dei risparmiatori hanno portato a ricorrere a forme di
investimento alternative e pi� avanzate. Conseguente � stato il
passaggio da depositi e titoli di Stato ad azioni, obbligazioni e
risparmio gestito, tra cui i fondi comuni di investimento, che pure
avevano gi� fatto la loro comparsa ufficiale nel decennio Ottanta,
dopo l�esperienza dei fondi lussemburghesi.
Anche in Italia, come gi� nell�esperienza anglosassone, il tema della
valutazione della performance e del rapporto tra gestore e
risparmiatore non � quindi pi� esclusivamente oggetto di attenzione da
parte di economisti e analisti finanziari.
Nella tesi intendo affrontare l�argomento da un lato attraverso l�esame
sotto il profilo teorico di alcuni sviluppi riguardanti i metodi per la
valutazione della performance, dall�altro attraverso le implicazioni
operative connesse all�ampliamento del mercato dei fondi comuni,
con particolare attenzione al caso italiano.
Le fonti di cui mi avvarr� nel corso del lavoro saranno quindi da una
parte contributi teorici, in particolare dell�area statunitense dove
questo tema ha trovato un particolare sviluppo, dall�altra fonti
normative, documenti e dati, forniti sia dagli operatori del settore che
da fonti istituzionali. Il primo capitolo traccia le linee essenziali
dell�evoluzione dei fondi comuni, dalle origini alla loro affermazione
nel nostro paese, avvenuta con particolare forza negli ultimi anni. In
questa sede si evidenzier� il ruolo dei soggetti coinvolti nella gestione
di un fondo comune e la normativa relativa a questa particolare forma
di risparmio gestito. I contributi fondamentali e i pi� recenti sviluppi
nella metodologia di valutazione della performance applicata al caso
dei fondi comuni saranno oggetto di indagine nel secondo capitolo.
Dopo aver indicato i principali temi del dibattito tra gli economisti,
tratter� in modo specifico i diversi metodi utilizzati per la
determinazione della performance, in relazione ai casi concretamente
riscontrabili sui mercati. L�opportunit� di avere un termine di
riferimento con cui confrontare il rendimento, mi porter� a introdurre
il concetto di benchmark, ulteriormente approfondito all�interno del
terzo capitolo. Qui verranno messi in evidenza i principali problemi
legati a questo confronto, individuando le possibili soluzioni proposte.
Nel dettaglio si affronteranno il tema del benchmarking nella gestione
dei portafogli e i problemi legati all�individuazione dei metodi per il
suo calcolo che siano coerenti con quelli utilizzabili per la
performance. Da questo punto di vista verr� sottolineato il ruolo dei
costi nel condizionare la significativit� del confronto. Ai costi verr�
dedicato poi un ulteriore approfondimento. Nel lavoro dedicher�
infine uno spazio alla comunicazione tra gestore e risparmiatore,
evidenziando da un lato l�obbligatoriet� di comunicare in forme
opportune i risultati raggiunti dal gestore a tutela del risparmiatore,
dall�altro la crescente esigenza, sentita anche dagli operatori, di avere
uno standard internazionale di presentazione della performance in
mercati a grado crescente di internazionalizzazione.
1. I FONDI COMUNI DI
INVESTIMENTO MOBILIARE NEL
MERCATO DEL RISPARMIO
GESTITO
1.1. L’evoluzione dei fondi comuni di investimento
1.1.1. La nascita dei fondi comuni. Le origini
Questa parte ha lo scopo di introdurre nelle questioni pi� attuali
relative ai fondi comuni mobiliari, in modo esclusivamente funzionale
all�argomento centrale del lavoro, trattando un tema che fa ormai parte
della storia della finanza. Descriver�, infatti, i passi salienti relativi
alla nascita dei fondi comuni e alla loro introduzione nel nostro Paese,
fino al successo crescente degli ultimi anni.
E� noto che i primi cosiddetti investment trust, nacquero in Gran
Bretagna, ad opera, si sostiene in genere, di Abraham von Ketuich
(che istitu�, nel 1774 e nel 1779, i primi due fondi). Si deve per�
attendere l�Ottocento (1873) per lo Scottish American Investment
trust, fondo simile a quelli attuali per organizzazione e struttura. Con
la rivoluzione industriale la Gran Bretagna cercava infatti di
raccogliere sul mercato internazionale prestiti per finanziare la
crescita. Come in ogni investimento di capitale destinato alle imprese
per� il rischio era presente e spesso consistente, pertanto alcuni notai
scozzesi pensarono di limitarlo, proponendo ai loro clienti la formula
dell�acquisto diversificato. Questo sarebbe avvenuto riunendo il
patrimonio in un unico fondo per l�acquisizione di titoli da gestire con
mandato fiduciario (trust). Nacquero cos� nel 1863 la London
Financial Association e nel 1868 il Foreign and Colonial Investment
Trust, con lo scopo di raccogliere investimenti presso le classi
emergenti della rivoluzione industriale, da diversificare tramite
acquisti di un vasto numero di titoli di imprese diverse (De Marchi,
Roasio 1999).
Partendo da questo modello originario, si � assistito nel tempo allo
sviluppo di nuove tipologie di fondi, in connessione con l�evoluzione
dei sistemi monetari dei diversi Paesi.
1.1.2. L�introduzione dei fondi comuni in Italia
I fondi comuni in Italia compaiono negli anni Sessanta.
Nel 1960, infatti, per iniziativa del Banco Ambrosiano, nacque
Interitalia, primo fondo italo-lussemburghese, il cui ingresso fu
favorito dal periodo di crescita dell�economia italiana.
Il fondo ebbe sede in Lussemburgo, all�estero, perch� in Italia non
esisteva una normativa che disciplinasse i fondi comuni; in secondo
luogo in quel Paese il regime fiscale era particolarmente favorevole
agli investimenti di capitali.
Fino all�introduzione della legge (del marzo 1983) che sanciva la
nascita dei fondi italiani, erano presenti soltanto fondi stranieri, i quali
rappresentavano una possibilit� di diversificazione degli investimenti
ma anche di esportare capitali all�estero.
La diffusione di questi fondi presso il pubblico richiam� per� anche
operatori poco professionali che, a fronte di promesse di guadagni
eccezionali, fornivano invece una gestione meno che mediocre. Gli
insuccessi e la delusione presso i risparmiatori, insieme ad altri fattori,
spinsero le autorit� monetarie (nel 1969) ad ammettere in Italia
soltanto i fondi autorizzati dal Ministero per il commercio con
l�estero.
Possono essere individuati, in estrema sintesi, quattro periodi
nell�evoluzione dei fondi in Italia (De Marchi, Roasio, 1999).
Il periodo dei fondi lussemburghesi
I fondi lussemburghesi, come anticipato, vennero istituiti in
Lussemburgo per motivi giuridici e fiscali, ma le quote vennero poi
vendute in Italia.
Erano soprattutto fondi azionari e bilanciati, a respiro internazionale e
non solo italiano. Il pregio di questi strumenti � stato quello di
ampliare le possibilit� di investimento dei risparmiatori,
diversificandone il portafoglio.
Si avvi� cos� un processo che ha portato anche i risparmiatori pi�
piccoli ad investire in borsa, seppure indirettamente.
Il periodo dei fondi “storici”
E� il periodo della nascita dei fondi nel nostro Paese, avvenuta tra il
1984 e il 1987, quando venne creata una settantina di fondi che
beneficiarono della crescita del mercato azionario al quale un numero
sempre maggiore di risparmiatori si stava rivolgendo.
La politica dei gestori era quella di realizzare pochi fondi tradizionali
(obbligazionari, bilanciati, azionari) non diversificati per paese.
Il periodo della crisi
Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta (1987-1992), si
ebbe una contrazione della raccolta, ma il numero dei fondi comuni
continu� a crescere, come il numero delle societ� di gestione e delle
politiche di marketing volte alla diversificazione.
Grazie alla liberalizzazione valutaria nascono in questo periodo i
primi fondi internazionali e i fondi con abbinamenti di servizi
(assicurazioni-fondi, fondi-conti correnti).
Il periodo dello sviluppo
In questo periodo si assiste ad un salto di qualit� dell�industria del
risparmio gestito, dovuto probabilmente, oltre al mutato scenario
economico nazionale e internazionale, anche all�ingresso deciso delle
grandi banche, prima contrarie al risparmio gestito, poi interessate a
sfruttarne le potenzialit� di guadagno e di diversificazione della loro
attivit�.
A questo si � accompagnato, almeno inizialmente, un abbassamento
notevole del profilo di rischio (con l�offerta di molti prodotti monetari
e obbligazionari). Solo in un secondo momento, e in misura minore, si
� registrata una diversificazione per aree geografiche e, molto pi�
modestamente, per settori di attivit�
1
.
1
Per avere un�immagine aggiornata dell�industria del risparmio gestito, � possibile fare
riferimento a Assogestioni, Annuario delle società digestione di fondi comuni e di patrimoni
individuali 1999, Bancaria Editrice, Roma 1999. Gli annuari degli anni precedenti sono un ausilio
per descrivere l�evoluzione del settore.
1.2. I fondi comuni mobiliari
1.2.1. Classificazioni e caratteristiche dei fondi comuni
Il capitolo illustra inizialmente alcune classificazioni dei fondi
comuni, effettuate in relazione a diversi criteri, fino alla
classificazione �ufficiale� di Assogestioni.
Il secondo paragrafo poi analizza i soggetti e i ruoli che questi hanno
nella creazione e nella gestione di un fondo comune.
Il concetto di fondo comune, come patrimonio destinato dai
sottoscrittori all�acquisto di titoli, effettuato da una societ�
specializzata, al fine di conseguire il massimo reddito grazie alla
crescita del capitale investito, � noto. Questa definizione che ho
fornito � formulata in termini molto generali proprio a causa
dell�ampiezza del significato di fondo comune.
Sono diverse le possibilit� di classificazione dei fondi e ognuna
rispecchia evidentemente alcune caratteristiche che essi hanno
2
.
Possono essere distinti in relazione alla struttura organizzativa in fondi
chiusi e aperti.
™ Fondi chiusi. Sono societ� di investimento a capitale fisso. I
partecipanti sono soci di una societ� per azioni. Il capitale del
fondo � deciso in sede di costituzione ed � modificabile secondo le
normali procedure di variazione di capitale sociale. Sono quotati
nelle Borse valori.
2
Le classificazioni proposte sono soltanto alcune tra quelle possibili. Gli studi accademici, le
riviste specializzate e le pagine economiche dei giornali raggruppano i fondi in relazione ai criteri
ritenuti pi� idonei alle finalit� dell�analisi, o semplicemente per motivi di chiarezza espositiva.
™ Fondi aperti. Hanno variabilit� di patrimonio (e di numero di quote
in circolazione), in relazione alle domande di adesione o di riscatto
delle quote. Chi vuole entrare nel fondo deve sottoscrivere quote di
nuova emissione; chi vuole recedere ha il diritto di chiedere il
rimborso di quelle possedute (che vengono rimborsate al valore
reale). Non c�� necessit� di quotazione in borsa perch� l�emittente
ha l�obbligo di rimborso.
Un altro aspetto rilevante � quello della composizione del patrimonio.
Si distinguono, da questo punto di vista, in fondi di liquidit�,
obbligazionari, bilanciati, azionari e flessibili.
™ Fondi di liquidit�. Investono il patrimonio in titoli prevalentemente
a breve scadenza (BOT, CDD bancari, obbligazioni con vita
residua a breve termine, ecc.). Il senso di questi fondi � quello della
movimentazione continua dei titoli che consenta di ottenere utili di
negoziazione che li rendano pi� vantaggiosi dei titoli in cui
investono (che normalmente hanno rischio quasi nullo).
™ Fondi obbligazionari. Investono soprattutto in titoli obbligazionari
(a reddito fisso o indicizzati) di soggetti pubblici o imprese private,
anche se possono avere in portafoglio anche azioni, ma in misura
ridotta (stabilita nel regolamento di gestione), in genere provenienti
dall�esercizio della facolt� di conversione di obbligazioni
convertibili o dall�utilizzo di warrant.
™ Fondi bilanciati. Investono in titoli obbligazionari e azionari, con
una distribuzione in genere omogenea sulle due tipologie.
™ Fondi azionari. Investono prevalentemente in azioni. Grazie
all�elevato trading possono produrre alti guadagni ma comportano
anche un pi� elevato rischio.
™ Fondi flessibili. Privilegiano l�investimento in titoli azionari o
obbligazionari in relazione alle prospettive del mercato.
Possono poi essere classificati in base alla diversificazione del
portafoglio in fondi diversificati e fondi specializzati.
™ Fondi diversificati. Investono in vari settori o Paesi.
™ Fondi specializzati. Investono in societ� appartenenti ad un solo
settore, Paese o area geografica.
In relazione al trattamento degli utili si distinguono in fondi ad
accumulazione e fondi a distribuzione.
™ Fondi ad accumulazione. Non distribuiscono i proventi che
realizzano, i quali invece vengono reinvestiti nel fondo
incrementando il valore della quota.
™ Fondi a distribuzione. Distribuiscono (totalmente o parzialmente)
periodicamente gli utili conseguiti.
In base alla rete commerciale si parla di fondi distribuiti da reti di
vendita, fondi distribuiti da sportelli bancari, fondi distribuiti in forma
mista, fondi privi di ogni struttura di vendita.
™ Fondi distribuiti da reti di vendita. Sono collocati da promotori
finanziari.
™ Fondi distribuiti da sportelli bancari. Sono collocati dagli istituti di
credito.
™ Fondi distribuiti in forma mista. Sono quelli collocati ricorrendo ad
entrambe le modalit� precedenti.
™ Fondi privi di ogni rete di vendita. Sono collocati direttamente
dalla societ� di gestione ricorrendo alla pubblicit�, al direct mailing
e altre forme di comunicazione. Si immaginano futuri sviluppi
grazie all�uso di Internet.
In relazione alla possibilit� di trasferire il capitale investito in altri
fondi si distinguono in fondi comunicanti e fondi non comunicanti.
™ Fondi non comunicanti. Sono quelli tradizionali, strumenti
concepiti come totalmente autonomi.
™ Fondi comunicanti. Appartengono ad una famiglia di fondi
all�interno della quale � possibile muoversi, spostando i capitali, a
costi nulli o quasi nulli.
All�interno di questo quadro assume una particolare importanza la
classificazione di Assogestioni (in vigore dal gennaio 1999) in quanto
a questa, in genere, si fa riferimento nelle statistiche ufficiali.
Tale classificazione distingue i fondi in azionari, bilanciati,
obbligazionari, fondi di liquidit�, flessibili. In sintesi queste classi
(risultato di modifiche di quelle precedenti) hanno le seguenti
caratteristiche.
• Azionari. Sono specializzati nell�acquisto di azioni, almeno per il
70% di enti appartenenti all�area geografica di riferimento:
™ Italia
™ area Euro
™ Europa
™ America
™ Pacifico
™ Paesi emergenti
™ Internazionali
™ Altre specializzazioni (se non rientrano nelle categorie
precedenti).
• Bilanciati. Come gi� visto, rappresentano un investimento indiretto
in azioni e obbligazioni.
• Obbligazionari. Implicano minori rischi consistendo in
investimenti in obbligazioni. Sono a loro volta articolati nei
seguenti.
™ Misti (almeno per l�80% in obbligazioni e al massimo il 20% in
azioni. Non ci sono indicazioni per la suddivisione tra titoli
nazionali e stranieri).
™ Area Euro a breve termine (titoli in Euro; durata entro 2 anni).
™ Area Euro a medio/lungo termine (duration superiore a 2 anni).
™ Area Europa (titoli europei almeno per il 90% del patrimonio).
™ Area dollaro (titoli denominati in dollari almeno per il 90% del
patrimonio).
™ Area yen (titoli in yen, almeno per il 90% del patrimonio).
™ Paesi emergenti (titoli di Paesi emergenti almeno per il 70% del
patrimonio).
™ Internazionali (emessi da qualunque Paese, in qualunque
valuta).
™ Altre specializzazioni (se non rientrano nelle categorie
precedenti).
• Fondi di liquidit�. Sono quelli un tempo definiti fondi monetari,
che investono nel breve termine. L�area geografica di riferimento �
l�area Euro, con duration massima di 6 mesi.
• Flessibili. Il gestore � libero di investire in ogni tipo di
investimento finanziario (stock picking) consentito dalla legge,
senza limiti che non siano quelli indicati dal regolamento (asset