CAPITOLO I
La Lunigiana tra squadrismo e fermenti rivoluzionari
1. Estate 1921
I fatti del 21 luglio 1921 contengono aspetti importanti per analizzare il clima politico
e sociale precedente all’avvento del fascismo. L’estate del 1921 fu l’estate
dell’offensiva fascista contro esponenti e strutture di lavoratori. In quei mesi il
fascismo sviluppò un’aggressione sistematica su tutto il territorio nazionale,
prediligendo le zone in cui le forze economiche, politiche e culturali della sinistra
erano più forti e diffuse. I ministeri Nitti e Giolitti si trovarono alle prese con tumulti
annonari, occupazioni di terre nel Mezzogiorno, azioni vittoriose di leghe rosse e
bianche nel centro nord, scioperi dei dipendenti pubblici e lotte operaie imponenti. Di
fronte alla minacciosa situazione, Nitti fallì nel suo tentativo di rilancio in senso
democratico, vedendo fallire i suoi tentativi di appellarsi ad operai e contadini per
ottenerne l’appoggio contro D’Annunzio. Nel corso del giugno 1919 erano stati
elaborati progetti eversivi di destra, come ad esempio “la congiura di palazzo
Braschi”, per mano di nazionalisti, Arditi e associazioni di combattenti. Tali
iniziative erano state orchestrate dal duca d’Aosta, dal Generale Gaetano Giardino,
dal colonnello Giulio Douhet, da Gabriele D’Annunzio, Benito Mussolini, Luigi
Federzoni, Italo Foschi e dal Capitano Mario Carli
23
. Fiume non era diventata il solo
pretesto per cercare di rovesciare il sistema parlamentare, di escludere dal parlamento
23
G. Albanese, La Marcia su Roma, Roma, Laterza, 2006, p. 4.
11
quei partiti politici, in particolar modo quello socialista, ma anche di isolare gruppi
dirigenti che miravano ad una graduale democratizzazione del paese. Alcuni
riferimenti alla violenza fascista permettono di avvicinarsi meglio al luglio 1921,
quando Sarzana rimase una piccola isola minacciata in tutto e per tutto dai fasci. Oltre
agli effimeri progetti di colpo di stato, un gruppo eterogeneo di forze guardate con
attenzione da industriali ed agrari aveva già fatto la propria apparizione l’11 gennaio
1919, con la contestazione alla Scala di Milano a Leonida Bissolati. Marinetti e
Mussolini impedirono a Bissolati di terminare il proprio discorso sulla politica estera,
in favore del rispetto delle nazionalità, della rinuncia alla Dalmazia in cambio di
Fiume. L’avvenimento destò grande scalpore soprattutto perché sanciva una frattura
tra l’interventismo democratico e quello nazionalista. Il futuro “duce del fascismo”
attaccava il principale partito dei lavoratori, accettava finanziamenti dall’industria
pesante, parlava di imperialismo italiano
24
. Il fondatore dei Fasci di combattimento
lanciava appelli rivoluzionari, appoggiava sommosse contro il caroviveri e gestiva
occupazioni di fabbriche, come quella della Dalmine organizzata dalla UIL nel marzo
1919, ma non interpretava gli interessi dei lavoratori. Al II congresso dei Fasci,
tenutosi a Milano il 24 – 25 maggio 1920, furono messe da parte alcune
rivendicazioni democratiche del programma del 1919, come ed esempio l’Assemblea
Costituente, mentre la difesa del salariato organizzato era inserita in una logica di
solidarietà tra borghesia e classe operaia
25
. In occasione dello sciopero del 20 e 21
luglio 1919 i fascisti furono a fianco dello Stato nel reprimere tutti coloro che si erano
24
Cfr. N. Tranfaglia, La prima guerra mondiale e il fascismo, cit., pp. 153-154.
25
Cfr. G. Candeloro, Storia dell’ Italia moderna VIII. La prima guerra mondiale, il dopoguerra., l’ avvento del
fascismo, cit., p. 344.
12
mobilitati in favore della rivoluzione russo-ungherese. Il 14 luglio Nitti aveva diffuso
una circolare con la quale invitava i prefetti a collaborare con squadre di volontari,
armate o meno. Il fronte antisocialista uscì rafforzato da quelle giornate sia nelle sue
azioni legali sia in quelle illegali, cioè eversive
26
. Allo scopo di controllare la
disciplina operaia, nel 1919 – 1920 furono costituite le “Guardie Rosse” incaricate di
esercitare un ferreo controllo nelle mobilitazioni più importanti, si registrarono alcuni
episodi nel ferrarese di violenza da parte delle leghe rosse, ma esistevano partiti
armati della sinistra, un coordinamento delle scarse componenti armate del
proletariato
27
. Il piano eversivo si sarebbe dovuto estendere ai quartieri popolari di
Roma e arrivare a conquistare la sede del Parlamento, il Quirinale e i principali
dicasteri per rovesciare il governo esistente e proclamare l’Assemblea Costituente. In
questo contesto il PSI rifiutò la lotta armata in diverse occasioni: l’11 giugno 1919
intervenne appoggiando una richiesta di aiuto avanzata da un gruppo di militari per
un appoggio all’insurrezione che gli Arditi del 1° reggimento di assalto stavano
preparando a Trieste contro la prosecuzione della guerra nei Balcani
28
. Il PSI si
oppose sempre ad ogni possibilità di collaborazione con il sovversivismo fiumano,
prese le distanze dalle violenze dei tumulti e delle invasioni di terre, tirò un sospiro di
sollievo quando il 10 settembre 1920 il Consiglio nazionale della CGL decise di
mantenere la lotta operaia su un piano rivendicativo, riformista. Il PSI venne
attaccato brutalmente dai fascisti quando Mussolini organizzò l’attentato a Milano in
occasione della festa per i vittoriosi risultati elettorali da parte dei socialisti nel
26
Cfr. A. Ventura, I primi antifascisti. Sarzana, estate 1921. Politica e violenza tra storia e storiografia, cit., p. 24.
27
Cfr. M. Mondini, La politica delle armi. Il ruolo dell’esercito nell’avvento del fascismo, Bari Laterza 2006, p. 57.
28
Cfr. A. Ventura, I primi antifascisti. Sarzana, estate 1921. Politica e violenza tra storia e storiografia, cit., p. 25.
13
novembre 1919. Il PSI reagì alle azioni dei fascisti anche presentando interrogazioni
parlamentari con la richiesta di individuare organizzatori e complici delle
spedizioni
29
. Le azioni terroristiche portate avanti dalle camicie nere rappresentavano
i presupposti su cui si sarebbe sviluppato il movimento fascista. I fascisti
aprofittarono del contrattacco padronale per cancellare ogni possibile conquista a
favore dei lavoratori
30
. Il 18 agosto si costituì la Confederazione Generale
dell’Agricoltura che raggruppava tutte le forme della grande e media proprietà rurale
e dell’industria agricola
31
. Da quel momento industriali e agrari non combatterono più
in ordine sparso. L’occupazione delle fabbriche di fatto venne considerata come lo
spartiacque tra la fase rivoluzionaria e quella reazionaria della crisi postbellica
32
.
Mussolini, dichiarandosi filo – repubblicano e rivoluzionario, si spostò sempre di più
a destra dopo la sconfitta elettorale dei Fasci nelle elezioni del 16 novembre 1919.
Tale evoluzione nella primavera del 1920 si accelerò a causa dell’ingresso massiccio
di studenti, elementi della piccola borghesia ed ex-combattenti che vedevano nei fasci
un importante strumento antipopolare. Si crearono i presupposti per la nascita di un
vero e proprio partito dell’ordine e della riscossa borghese. Intanto tra il febbraio e
29
Ibidem, cit., p. 26.
30
Ibidem, cit., p. 27.
31
L’occasione dello scontro fu offerta dalla decisione del governo di ristabilire l’ora legale, anticipata di 60 minuti
rispetto a quella solare, a partire dal 20 marzo 1920. Gli operai lessero questo provvedimento come un’eredità della
guerra, un intervento dello stato nella vita quotidiana dei lavoratori. Non vi fu accordo tra la posizione della
commissione interna e la direzione Fiat: la direzione licenziò i commissari e la FIOM, proclamò lo sciopero. Lunedì 29
gli industriali proclamarono la serrata e fecero occupare le fabbriche dalle truppe. Il 9 aprile un referendum indetto dagli
operai decise di accettare le proposte conciliative del prefetto. Ma quando, l’11 aprile, i rappresentanti operai si
incontrarono con gli industriali per discutere la ripresa del lavoro, questi ultimi esigevano delle precisazioni sul
regolamento di officina e sul funzionamento delle commissioni interne. La vertenza scivolò sulla questione dei consigli
di fabbrica che nel pensiero gramsciano dovevano sostituire le commissioni interne e creare un potere operaio
autonomo. Lo sciopero, organizzato dagli operai per difendere le nuove istituzioni, abbandonato da PSI e FIOM, cessò
il 24 aprile. Il concordato elaborato dal prefetto di Torino sancì l’abolizione dei commissari di reparto, ripristinando la
presenza delle vecchie commissioni interne con una ulteriore limitazione dei poteri. Cfr. A. Tasca, Nascita e avvento
del fascismo. L’ Italia dal 1918 al 1922, cit., pp. 113 – 129.
32
G. Candeloro, Storia dell’ Italia moderna VIII. La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l’ avvento del fascismo,
cit., pp. 325 – 336; A. Lyttelton, La conquista del potere, op. citata, p. 60; N. Tranfaglia, La prima guerra mondiale e il
fascismo, cit., pp. 218 – 234.
14
l’agosto del 1920, si assistette ad importanti novità a partire dalle relazioni industriali.
La rappresentanza operaia, ammessa precedentemente per il funzionamento tecnico
dell’industria, fu adesso esplicitamente limitata alle questioni del personale
33
. In
occasione delle elezioni amministrative autunnali, in alcuni collegi elettorali i fascisti
vennero inseriti nelle “liste nazionali”, anticipazione dei “blocchi nazionali” della
primavera del 1921
34
. Il sinistrismo del fascismo delle origini, espresso nel
programma del giugno 1919, rimase di fatto sulla carta, anche con la funzione di
attirare nel nascente movimento gli interventisti di provenienza repubblicana,
sindacalista e anarchica. Furono interpreti di una simile linea politica Umberto
Pasella, Michele Bianchi, Cesare Rossi
35
. Il fascismo fu un fenomeno principalmente
urbano, con un seguito di simpatizzanti sostanzialmente scarso. Divenne un
fenomeno diffuso nelle aree rurali, quando Giolitti riuscì attraverso i sindacati a
indurre i lavoratori a occupare le fabbriche nel loro interesse
36
. Va ricordato che la
tensione sociale si era fatta particolarmente acuta nella pianura padana, dove
33
Cfr. A. Lyttelton, La conquista del potere, op. citata, p. 73.
34
Ivi, pp. 62 – 63.
35
Cfr. A. Ventura. I primi antifascisti. Sarzana, estate 1921. Politica e violenza tra storia e storiografia, cit., p. 30.
36
Il fascismo fu quindi sia di tipo agrario che urbano e sempre antisocialista. Nelle città il fascismo continuava a
mantenersi più vicino alle posizioni della prima ora, degli ex combattenti e degli studenti, i quali non condividevano gli
eccessi del fascismo agrario. I Fasci urbani avevano una composizione sociale relativamente omogenea, e la loro
trasformazione in partito politico non sembrava così assurda. Il fascismo agrario era invece molto più eterogeneo. Un
discreto numero di contadini e di braccianti aderì al movimento, ma nessun interesse comune li legava agli agrari.
Dall’autunno 1920 Bologna e provincia divennero il laboratorio della violenza fascista. Dopo la sconfitta subita con il
grande sciopero agricolo del 1920, gli agrari bolognesi avevano ripudiato i dirigenti della Confederazione Nazionale
dell’Agricoltura, di orientamento moderato, per rivolgersi ai Fasci. In seguito ci fu l’adesione di buona parte della classe
media agricola. L’appoggio agrario smascherava la demagogia fascista, e per questo a Ferrara i dirigenti del Fascio
organizzarono un programma d’affitto di terre per i sempre più numerosi disoccupati o contadini impoveriti. Questa
mossa non minava gli interessi agrari, perché venivano date in affitto le terre peggiori, non mettendo in discussione la
proprietà. Nei mesi successivi, mentre i fascisti continuavano ad appellarsi ai contadini promettendo l’abolizione del
lavoro salariato mediante l’estensione della piccola proprietà e la partecipazione ai profitti, le riserve e le cautele di cui
tali promesse venivano circondate non fecero che crescere. Queste ambiguità fasciste portarono anche a delle scissioni,
come per esempio a Ferrara, quando il 5 ottobre 1921 Gaggioli e Gattelli si dimisero dal territorio del Fascio in segno di
protesta contro sempre la più chiara tendenza a favore dei vecchi ceti possidenti. In Emilia, in Toscana, in Umbria, il
movimento fascista cadde sempre più sotto la dominante influenza degli agrari. Cfr. A. Lyttelton, La conquista del
potere, cit., pp. 87 – 114.
15
prevalevano le aziende agrarie capitalistiche che facevano leva sul lavoro dei
braccianti e dove il fulcro del movimento contadino era costituito appunto dalle leghe
bracciantili, guidate dai socialisti ed aderenti alla Federterra. Tali leghe, con
imponenti lotte, avevano ottenuto notevoli miglioramenti salariali, ma soprattutto il
monopolio del collocamento dei lavoratori e l’imponibile di manodopera, ovvero
l’impegno dei proprietari e degli affittuari ad assumere determinati quantitativi di
lavoratori in relazione all’estensione delle aziende e dell’entità dei lavori da svolgere.
Si aprì così, nelle campagne soprattutto del centro e del nord, un periodo di terrore
dove si registrò una rapida espansione dello squadrismo
37
. Lo sviluppo del fascismo
agrario andò di pari passo con la crescente militarizzazione dei Fasci. Il movimento
socialista ebbe contro i proprietari terrieri, ma anche la piccola borghesia rurale.
Inoltre, i socialisti si alienarono la piccola borghesia cittadina, che, nell’immediato
dopoguerra, si era impegnata negli scioperi e nelle mobilitazioni progressiste. La
partita divenne ben presto drammatica per il movimento socialista. Le camicie nere
uccidevano i militanti più in vista del movimento operaio e contadino e
distruggevano le sedi delle leghe, le sezioni socialiste gli edifici delle cooperative
mediante le cosiddette “spedizioni punitive”. Tali attacchi furono organizzati a
centinaia, soprattutto di notte, da fascisti che arrivavano con i camion nei paesi
individuati come “sovversivi”, terrorizzavano la popolazione con sparatorie, con
prelievi nelle abitazioni delle persone da bastonare o da eliminare. Generalmente
dopo le spedizioni nascevano nuovi Fasci nei paesi colpiti.
37
Ivi, cit., p. 87 – 88.
16