IV
nazionali al socialismo”, della distensione, della non
inevitabilità della guerra nel quadro della “coesistenza pacifica”. Ma
l’ultimo giorno, in una seduta riservata, il primo segretario del PCUS
svolse una dura requisitoria nei confronti della politica trentennale di
Stalin, elencandone i “crimini” e gli “errori” commessi. Il “rapporto
segreto”, rimase tale fino al 4 giugno 1956, quando fu pubblicato dal
quotidiano americano <<New York Times>>. Alla caduta del mito di
Stalin ed agli interrogativi che si affacciarono sulla natura del regime
sovietico, seguirono altri eventi non meno traumatici, che investirono
altri paesi del blocco socialista : in Polonia la crisi che si aprì in
giugno con l’insurrezione degli operai di Poznan, trovò una soluzione
nell’ottobre con l’ascesa al potere di Gomulka, mentre in Ungheria, le
manifestazioni popolari si trasformarono in scontri sanguinosi che
furono placati solamente con l’intervento dei carri armati sovietici
(nella notte tra il 23 e il 24 ottobre, ed il 4 novembre). A distogliere
l’attenzione del mondo dai fatti ungheresi e dai problemi del mondo
comunista fu l’attacco di Francia, Gran Bretagna ed Israele all’Egitto
(negli stessi giorni della rivolta ungherese), in seguito alla decisione
di Nasser di nazionalizzare il Canale di Suez . Sotto la pressione
dell’ONU, degli Stati Uniti e dell’URSS, dopo pochi giorni di
V
combattimento Francia e Gran Bretagna dovettero cessare il fuoco e
lasciare quei territori, così come Israele fu costretto ad abbandonare il
Sinai (che aveva occupato all’inizio del conflitto). Il 1956 fu dunque
prevalentemente un anno di crisi politica internazionale, che nella sua
accezione più ampia comprese una crisi nella ideologia,
nell’economia, nella diplomazia e nella strategia militare. In Italia, le
ripercussioni di questi importanti avvenimenti, animarono il dibattito
politico e culturale e segnarono profondamente il rapporto tra i partiti
della sinistra italiana. All’interno del PCI, l’atteggiamento di cautela e
di reticenza di Togliatti si protrasse dal febbraio al giugno ’56,
quando la pubblicazione del “rapporto segreto” lo spinse a formulare
una analisi, attraverso una intervista sulla rivista <<Nuovi
Argomenti>>, sui “crimini” di Stalin e sul "culto della personalità”. Il
dibattito si aprì in modo profondo, soprattutto nel mondo intellettuale
e studentesco di sinistra. Fu proprio da loro che Togliatti e la
dirigenza comunista ricevettero le critiche più dure per i giudizi e le
posizioni del partito rispetto al XX Congresso, al “rapporto segreto”,
ai fatti polacchi ed ungheresi. I rapporti tra il PCI ed il PSI si
andarono progressivamente deteriorando con il passare dei mesi (e
soprattutto degli avvenimenti), raggiungendo il “punto di rottura” con
VI
i fatti ungheresi. Mentre il PCI giudicò l’intervento sovietico come
una “dolorosa necessità”, per respingere il “putsch
controrivoluzionario” che era in atto in Ungheria da parte delle forze
della “reazione”, i socialisti condannarono apertamente
l’atteggiamento sovietico. Nel quadro di una possibile riunificazione
socialista, i contatti tra PSI e PSDI si caratterizzarono durante tutto
l’anno da continui riavvicinamenti e brusche rotture, raggiungendo le
più ottimistiche speranze di una veloce riunificazione con l’incontro
di Pralognan tra Nenni e Saragat. All’interno del PSI, la corrente
autonomista, spingeva da diversi anni per una maggiore autonomia
nei confronti del PCI, nella direzione dell’apertura a sinistra e della
riunificazione con il PSDI ; nel PSDI invece, la corrente di sinistra
chiedeva la fine della politica governativa con la DC ed una veloce
riu-nificazione con il PSI . Gli avvenimenti internazionali (XX
Congresso del PCUS, “rapporto segreto” di Kruscev, fatti polacchi ed
ungheresi), chiedevano in qualche misura ai leader dei partiti politici
della sinistra italiana di anticipare delle rotture e di portare delle
revisioni alle linee politiche dei loro partiti : riuscirono a cogliere in
pieno l’esatta portata e le conseguenze possibili degli eventi del
1956 ? Il PCI, il PSI ed il PSDI si aprirono, sotto la spinta degli
VII
avvenimenti, a delle radicali trasformazioni, o rimasero ancorati alle
loro posizioni del decennio precedente? E’ attraverso la
ripresentazione dei fatti del 1956 e del dibattito che originarono nella
sinistra italiana, che questo lavoro cerca di dare qualche risposta a
queste domande, attraverso i giudizi e le posizioni che i protagonisti
espressero negli editoriali dei quotidiani, negli articoli delle riviste, in
testimonianze, documenti e studi.
1
Capitolo 1
Il XX Congresso del PCUS
1.1 Le rivelazioni di Kruscev
Il XX Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica iniziò
alle ore 10 del 14 febbraio 1956. La grande Sala Bianca al primo pia-
no del Cremlino era gremita : 1424 i delegati del partito, centinaia i
rappresentanti dei partiti comunisti stranieri
1
. Coloro che ascoltarono
la relazione introduttiva di Kruscev erano consapevoli di essere testi-
moni di un’avvenimento di importanza storica : i mutamenti in corso
nell’URSS e nelle democrazie popolari dalla morte di Stalin non era-
no certo passati inosservati. Nell’Unione Sovietica, Nikita Kruscev
era impegnato a consolidare il suo potere personale e ad affermare la
sua azione politica che poggiava su di una duplice alleanza : con il
mondo militare e con i settori dell’industria di Stato. Grande sensa-
zione aveva suscitato nelle file di molti partiti comunisti la riconcilia-
zione con Tito, nel maggio 1955, dei due nuovi leaders del Cremlino
Kruscev e Bulganin (quest’ultimo aveva sostituito Malenkov alla te-
1
G. BOFFA, Corrispondenza da Mosca sul XX congresso del PCUS, <<l’Unità>>, anno XXXIII,
15 febbraio 1956.
2
sta del governo nel febbraio 1955). In particolare modo, le vicende
jugoslave erano seguite con grande interesse dai comunisti italiani,
per le polemiche e le rivalità, non tutte di natura ideologica, che esi-
stevano da sempre tra i due partiti vicini : gli attacchi e le accuse a Ti-
to ed alla sua politica erano ancora vive nella memoria degli iscritti al
PCI che era per loro difficile comprendere i motivi che giustificavano
un riavvicinamento così clamoroso
2
. Mai tuttavia, si sarebbero imma-
ginati il modo in cui il Congresso si sarebbe concluso. Il segretario
generale del PCUS pronunciò in quei giorni due discorsi : il primo,
ufficiale e pubblico, il 14 febbraio; il secondo, il 25 febbraio, a Con-
gresso concluso, in una seduta a porte chiuse e ristretta ai soli delegati
sovietici e ad alcuni capi delegazione dei maggiori partiti comunisti
del mondo. Il XX Congresso assunse un ruolo storico già con il rap-
porto introduttivo, prima e indipendentemente dal “rapporto segreto”
e sarebbe tuttavia sbagliato non rilevare, per il significato autocritico
e per la presenza di numerose formulazioni nuove, l’importanza del
“rapporto di attività” letto da Kruscev nella seduta d’apertura del
Congresso davanti ai delegati e agli ospiti stranieri. Le tesi avanzate
2
G. MAMMARELLA, Il Partito comunista italiano 1945-1975, Firenze, Vallecchi, 1976, p.119.
Continua dicendo che : <<Esso colpiva particolarmente le posizioni e gli interessi del Partito co-
munista triestino, che sotto la guida di Vittorio Vidali e per volontà del Cominform, era stato uti-
lizzato in azioni sovversive e disgregatrici contro Tito e il suo regime. Quelle azioni avevano avuto
3
dal segretario del PCUS in quell’occasione furono tali, infatti, da giu-
stificare quanti parlarono subito di svolta di straordinaria importanza
e significato. In Italia, i lavori del XX Congresso furono raccontati ai
lettori de <<l’Unità>> dalle corrispondenze di Giuseppe Boffa,
l’inviato del giornale da Mosca, il quale il 15 febbraio riportò, in un
lungo articolo
3
, ampie parti del discorso tenuto da Kruscev davanti ai
delegati del Congresso. Il nodo centrale attorno a cui il leader sovieti-
co svolse il suo primo intervento fu quello della situazione interna-
zionale ed al centro della sua analisi evidenziò tre questioni vitali per
gli sviluppi internazionali : la evitabilità della guerra, le vie nazionali
al socialismo e la coesistenza pacifica. Kruscev sostenne che il con-
flitto armato non costituiva più una fatalità storica, smentendo aper-
tamente la teoria dell’inevitabilità di un nuovo conflitto mondiale, su
cui Stalin aveva costruito i pilastri della guerra fredda con
l’occidente. Kruscev affermò che l’era dell’accerchiamento
dell’URSS si era conclusa, grazie alla nascita di un vasto “sistema so-
cialista mondiale” ed alla disgregazione degli imperi coloniali : il so-
cialismo poteva ora progredire attraverso la competizione con il capi-
talismo, nel quadro di una “coesistenza pacifica”. Questa nuova impo-
un prezzo alquanto alto per i militanti del comunismo triestino, molti dei quali erano scomparsi o si
trovavano nelle carceri jugoslave>>.
4
stazione, portava con sé un altro fatto nuovo: i mutamenti avvenuti
nella situazione internazionale aprivano la strada a nuove forme di
passaggio verso il socialismo, suggerivano ormai la possibilità di una
sua edificazione incardinata nelle condizioni storiche e particolari di
ciascuna nazione: gli esempi della Cina e della Jugoslavia dimostra-
vano che si poteva arrivare alla vittoria del socialismo attraverso e-
sperienze diverse. Nel suo discorso pubblico, il segretario del PCUS
parlò anche dei rafforzamenti sociali ed economici che si stavano rea-
lizzando in quegli anni nei paesi socialisti ed in particolare modo
nell’Unione Sovietica sottolineando la necessità di un costante coor-
dinamento delle attività economiche tra i paesi socialisti. Infine, si li-
mitò a rilevare <<la necessità di un rafforzamento della legalità socia-
lista, quella di una direzione collegiale e quella di lottare contro il
“culto della personalità”. Quest'aspetto, affiancato dalla conoscenza,
più o meno diretta, del discorso segreto del 25 febbraio, toglieva so-
stanza all’ottimismo del primo segretario del Partito comunista
dell’Unione Sovietica, proiettando un’immagine della “nuova gran-
dezza sovietica” assai più fragile di quanto Kruscev avesse lasciato
intendere>>
4
. Il terzo giorno del Congresso, nei loro interventi, Mi-
3
G. BOFFA, Il rapporto di Kruscev, <<l’Unità>>, 15 febbraio 1956.
4
E. DI NOLFO, Storia delle relazioni internazionali 1918 - 1992, Laterza, Roma - Bari, 1996,
p.862.
5
koyan e Suslov, ripresero e svilupparono la parte del discorso di Kru-
scev riguardante il culto della personalità e la direzione collegiale, ac-
cusando di fatto l’operato di Stalin. Dalle colonne de <<l’Unità>>,
Boffa accennò soltanto a queste critiche, riportando alcuni passi sia
del discorso di Mikoyan : << ... per circa vent’anni da noi vi è stata
praticamente direzione collettiva, si è diffuso il culto della personalità
...>> e sia di Suslov : << La teoria e la pratica del culto della persona-
lità hanno portato un danno considerevole al lavoro del partito, sia or-
ganizzativo che ideologico. Esse menomavano il ruolo delle masse
popolari e il ruolo del partito, sminuivano la direzione collettiva, scal-
zavano la democrazia interna del partito, soffocavano l’attività dei
membri del partito...portavano all'assenza di controllo, alla irrespon-
sabilità e, nel caso di qualche persona, anche all’arbitrio...>>
5
. Nono-
stante le novità delle posizioni espresse dal rapporto pubblico di Kru-
scev e dagli interventi dei più importanti dirigenti sovietici, la prima
parte del Congresso si svolse senza particolari episodi da segnalare :
tutto il gruppo dirigente si presentò compatto ed il dibattito congres-
suale si svolse seguendo l’ordine tradizionale. A conclusione dei la-
vori, nell’elencare le indicazioni essenziali uscite dal XX Congresso
del PCUS e sottolineando le nuove linee politiche del partito sovieti-
5
G. BOFFA, Interventi dei delegati al XX Congresso, <<l’Unità>>, 19 febbraio 1956.
6
co, Boffa evidenziò <<la sostanza della critica>> che il Congresso
aveva svolto pubblicamente : <<Nella costruzione interna>> erano
stati <<commessi taluni errori lasciando dormire grandi riserve di e-
nergia umana e materiale>>. Il giornalista italiano, esaltando
<<l’importanza della direzione collettiva>> affermò : <<Il mito della
personalità può talvolta essere favorito dalle circostanze o dal rilievo
della figura che ne è l’oggetto, ma non per questo è meno sbagliato e
dannoso. Esso finisce col far dipendere tutto da una sola persona : lo
sviluppo della teoria come la soluzione dei problemi pratici. Le mas-
se, il partito, l’inventiva dei singoli, la democrazia interna passano in
secondo piano ... >> e <<questo culto è esistito nel passato>>
6
. Ma
fu nella “storica” seduta a porte chiuse che si tenne il 25 febbraio
7
(dopo che il Congresso aveva concluso i suoi lavori e gli organi diri-
genti erano stati eletti), che Kruscev (riconfermato nel pomeriggio al-
la carica di segretario generale del partito), rivelò ai presenti il conte-
nuto del “rapporto segreto”, mettendo a nudo i crimini e denunciando
il culto della personalità che Stalin aveva imposto al partito. Per in-
6
G. BOFFA, Il Congresso del PCUS, <<l’Unità>>, 24 febbraio 1956.
7
Non è data per risolta la questione di quando la famosa seduta abbia effettivamente avuto luogo,
se nella serata del 24 febbraio, nella notte fra il 24 e il 25 o nella mattinata del 25 febbraio. In
A.GUERRA, Il giorno che Chrušcëv parlò. Dal XX Congresso alla rivolta ungherese, Roma, Edi-
tori Riuniti, 1986, pp. 33-36 , sono elencate alcune testimonianze, dalle quali risulta più plausibile
la versione della mattina del 25 febbraio, come raccontò successivamente anche Giuseppe Boffa
(corrispondente dell’Unità da Mosca), tesi che sarebbe confermata di fatto dal “resoconto stenogra-
fico” sovietico.
7
quadrare i motivi che indussero alla preparazione e poi alla lettura del
“rapporto segreto”, dobbiamo risalire alla decisione del Presidium del
Comitato Centrale di istituire una commissione per far luce sugli a-
spetti più gravi dell’eredità precedente, quelli riguardanti i crimini
commessi da Stalin e dagli uomini a lui vicini. Alla guida della com-
missione fu posto Pyotr Pospelov, segretario del Comitato Centrale :
la commissione, riprendendo tutti gli atti del “caso Beria” del 1953
che integrò con numerose interviste e testimonianze dirette, rese note
le proprie conclusioni attraverso una relazione. Prendendo visione dei
risultati, Kruscev affermò : <<Dalla relazione fu chiaro che ci trova-
vamo di fronte a un incredibile abuso di potere>>
8
. La posizione del
segretario del PCUS (affinché il Congresso venisse investito del pro-
blema sulla base delle conclusioni cui era pervenuta la commissione
speciale), urtava contro una forte opposizione che impediva che la
“questione Stalin” venisse messa esplicitamente all’ordine del giorno.
Kruscev dovette combattere contro l’opposizione di Molotov, Voro-
scilov e Kaganovic (il vecchio gruppo stalinista), contrari al rendere
note le conclusioni della commissione e dovette anche superare le in-
certezze di altri come Malenkov, Pervuchin e Saburov. Imponendosi
8
N. KRUSCEV, Krusciov ricorda, Milano, Sugarco, 1971, p. 42. Nonostante che Kruscev abbia
disconosciuto la paternità di queste memorie c’è ragione di credere (è disponibile il testo registrato
dalla viva voce dell’autore), che esse siano autentiche.
8
ai suoi avversari, ottenne l’incarico dal Presidium di divulgare il con-
tenuto della relazione della commissione Pospelov
9
. Davanti ad una
assemblea composta solamente dai delegati sovietici e dai più impor-
tanti dirigenti comunisti mondiali, il primo segretario del PCUS svol-
se la sua requisitoria contro la politica trentennale del dittatore geor-
giano. Dopo aver ricordato il giudizio negativo su Stalin, espresso più
di una volta da Lenin e pure ammessi alcuni meriti di Stalin (l’opera
da lui compiuta fino al 1934), Kruscev iniziò una lunga denuncia del-
le degenerazioni dello stalinismo. Le purghe e le condanne indiscri-
minate, le accuse assurde di complicità con il nemico di classe, mosse
soltanto per eliminare gli avversari politici; l’abbandono della dire-
zione collegiale; la politica del terrore collettivo; le deportazioni di
massa; i gravi errori nella condotta della guerra, nella quale il merito
della vittoria era da attribuire esclusivamente alla tenacia ed alla coe-
sione del popolo sovietico; una condizione di dispotismo assoluto do-
ve ogni voce critica era soppressa e dove tutto emanava da Stalin. Fu-
rono inoltre elencati come “crimini di Stalin”, la rottura con la Jugo-
9
In un corsivo del libro di M. FLORES, 1956, Bologna, Il Mulino, 1996, p.38, lo storico sostiene
che : <<Gli ultimi studi sembrano suffragare l’ipotesi che Kruscev abbia raccontato le “colpe” di
Stalin in modo più ampio e duro di quanto concordato, sapendo che solo il congresso avrebbe po-
tuto imprimere alla politica sovietica un dinamismo, in direzione della destalinizzazione, che il
Presidium e neppure il Comitato centrale non avrebbero mai approvato. Più che un atto di coraggio
fu una mossa di grande abilità per spiazzare gli avversari e influenzare il corso degli avvenimen-
ti>>. Anche A. GUERRA, op.cit. , p. 41, esclude che Kruscev abbia avuto l’incarico di leggere
quel rapporto. Probabilmente, solo nelle ultime ore il rapporto ha preso la sua forma definitiva.
9
slavia di Tito; l’affare di Leningrado (che aveva portato
all’incriminazione e all’uccisione di decine di dirigenti), l’affare dei
camici bianchi, con la complicità di Beria (il supposto complotto dei
medici ebrei per assassinare Stalin, che era servito da scusa al dittato-
re per iniziare un’altra purga in grande stile contro ebrei, professioni-
sti, artisti e scienziati ).
10
Il rapporto, però, non mise mai in discussio-
ne la legittimità del monopolio del potere nelle mani del Partito co-
munista e non a caso, Kruscev salvò proprio l’opera di Stalin prima
del 1934: in questo modo riaffermava la legittimità delle principali
scelte economiche, sociali, istituzionali e di politica estera
dell’Unione Sovietica e di tutto il mondo comunista. Gli obiettivi del
primo segretario del PCUS con questa operazione, sembrarono essere
molteplici: vincere le resistenze della vecchia guardia staliniana (Mo-
lotov, Voroscilov e Kaganovic), per disperderla in posizioni periferi-
che; rafforzare la base di consenso nel paese, denunciando e tentando
di smantellare l’apparato punitivo creato da Stalin; dare una svolta al-
la sua politica, rendendola più “dinamica”, in opposizione alla “stati-
cità” che aveva caratterizzato gli anni di Stalin. Egli, però, dovette
mettere in salvo tutto l’impianto economico, sociale ed istituzionale
10
Il rapporto “segreto” di Kruscev fu pubblicato dal <<New York Times>>, il 4 giugno 1956. La
traduzione in italiano è in F. FROIO, Il PCI nell’anno dell’Ungheria, Roma, I libri de
l’Espresso,1980, p.157 ; oppure in A. GUERRA, op. cit. , Appendice, p. 245.
10
per evitare che l’intero sistema socialista entrasse in un tunnel senza
uscita. Sta in queste considerazioni, forse, la forza ma anche la debo-
lezza del rapporto di Kruscev. Alle denunce del febbraio, seguì in
modo rapido lo smantellamento dell’apparato punitivo creato dal dit-
tatore georgiano (già nel 1955 molti prigionieri dei gulag erano torna-
ti a casa e avevano potuto raccontare la propria drammatica esperien-
za), e si aprì l’epoca chiamata del disgelo, dal titolo del romanzo di Il-
ja Erenburg (si ebbero riabilitazioni e reintegrazioni nelle file del par-
tito e vennero introdotte maggiori garanzie per gli imputati di crimini
politici). A metà aprile venne dato l’annuncio dello scioglimento del
Cominform che, nato per volontà di Stalin nel settembre del 1947 allo
scopo di coordinare i programmi e le politiche dei partiti comunisti in
Europa orientale e occidentale, aveva sostituito la vecchia terza inter-
nazionale (il Comintern), fondata da Lenin nel 1919. Tito si reco’ a
Mosca nei primi di giugno, firmando una dichiarazione che non e-
scludeva la normalizzazione dei rapporti tra i due partiti (suscitando
grande sensazione tra i partiti comunisti di tutto il mondo).