I. Le società di calcio: profili normativi, economici e finanziari
1. La disciplina speciale per le società sportive
Nell‟ordinamento italiano, la disciplina riguardante l‟esercizio in forma collettiva di
attività sportiva professionistica è affidato, in via esclusiva, alla legge del 23 marzo
1981, n. 91, e alle sue successive modifiche. I suoi evidenti profili di specialità si
sono attenuati con la graduale assimilazione di tali organizzazioni alla forma di
impresa giuridicamente riconosciuta.
Questo provvedimento è il passo conclusivo di un processo di cambiamento in atto
ad opera della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), che nel 1966 dispose lo
scioglimento immediato delle associazioni sportive, ordinando la loro ricostituzione
in società per azioni con esclusione dallo scopo di lucro: tutti gli utili infatti
dovevano essere reinvestiti nella società per finalità sportive e l‟eventuale capitale
residuo allo scioglimento doveva essere devoluto ad un fondo di assistenza del
CONI. È evidente il fine della normativa: risponde infatti all‟esigenza di fornire
indicazioni più stringenti attorno ai bilanci delle associazioni sportive e di agevolare
le operazioni di controllo da parte della Federazione.
La citata legge numero 91, si inserisce inoltre in un quadro normativo più ampio
regolato a livello comunitario da due importanti sentenze in ambito sportivo,
emanate dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea (CGCE): la prima, del 12
dicembre 1974, attinente il ciclismo (sentenza Walrova), la seconda, del 14 luglio
1976, con riferimento al calcio (sentenza Donà). Quest‟ultima, ai nostri fini
maggiormente interessante, stabilisce che qualsiasi legge o disciplina nazionale, che
limita la partecipazione a competizioni calcistiche in qualità di calciatori
professionisti o semi professionisti esclusivamente ai cittadini dello Stato, è
incompatibile con i principi di libertà di circolazione e di libertà della prestazione di
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servizio sanciti rispettivamente dagli articoli 48-51 e 59-66 del trattato CEE.
È proprio il particolare legame tra atleta professionista e società di appartenenza a
rappresentare l‟oggetto principale della legge del 23 marzo 1981, che però non
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Cfr. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “LA SAPIENZA”, Atti dell’incontro su:”Libera circolazione e libera
concorrenza nell’Unione Europea: il caso calcio”, EDIZIONI LA SAPIENZA, 2000
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trascura le già citate direttive provenienti dalla federazione in merito alla disciplina
delle società.
L‟art. 6 si focalizza sul cd. “vincolo sportivo”, che prevede, anche a scadenza del
contratto che lega l‟atleta alla società di appartenenza, il diritto di quest‟ultima al
riconoscimento di una somma, detta «indennità di preparazione e promozione»,
calcolata sulla base di parametri imposti dalla Federazione e dovuta dalla società
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interessata al «cartellino» del calciatore. Lo scopo era quello di garantire alla società
cedente il recupero dei costi sostenuti per la preparazione dell‟atleta, ma di fatto
impediva al calciatore di scegliersi la destinazione che preferiva, in quanto vincolato
alla volontà della società di destinazione, di sborsare questo indennizzo per usufruire
delle sue prestazioni sportive.
Attraverso l‟art. 10 viene invece posta l‟attenzione sulle società, imponendo:
a) la forma capitalistica, lasciando la possibilità di scegliere fra società per
azioni (S.p.A.) e società a responsabilità limitata (S.r.l.);
b) l‟obbligo di reinvestimento degli utili nella società sportiva, per l‟esclusivo
perseguimento dell‟ attività sportiva;
c) l‟affiliazione a una o più federazioni riconosciute dal Coni quale condizione
necessaria per la costituzione e, di conseguenza, per l‟iscrizione al registro delle
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imprese.
Quest‟ultimo punto richiama una considerazione importante riguardante il legame fra
i due ordinamenti, quello sportivo e quello ordinario, che sono in una posizione di
reciproca influenza, in cui, il mancato rispetto dell‟uno finisce inevitabilmente per
influenzare l‟altro piano di riferimento.
A testimonianza dell‟obiettivo di controllo stringente imposto alle nuove società
costituite, la legge introduce la possibilità di sottometterle alle normative riguardanti
le associazioni riconosciute e le fondazioni (libro I c.c.) su due livelli: controllo di
gestione e delibera vincolante in merito alle esposizioni finanziarie da parte della
Federazione. L‟art. 13, invece, autorizza la Federazione a richiedere presso il
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Per cartellino si intende il documento che sancisce l‟appartenenza di un atleta ad una determinata
Federazione, la cui sottoscrizione, per il nostro ordinamento, non può avvenire in forma autonoma, ma
necessariamente per mezzo di una società.
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Cfr. Legge 23 marzo 1981, n. 91, art. 10, in Gazz. Uff., 27 marzo, n.86.
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tribunale di competenza la messa in liquidazione della società, in caso di «gravi
irregolarità di gestione» e dispone che il residuo attivo venga assegnato al CONI.
Per la prima volta, si riconosce il carattere normativo speciale in tema di società
calcistiche, essendo, quella analizzata, una “legge per il calcio”, a testimonianza del
particolarità di quello che, nel tempo, è stato considerato un vero e proprio nuovo
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settore economico. Ma la stessa legge, sarà oggetto di successive modifiche, indotte,
oltre che da ulteriori normative comunitarie, dall‟evoluzione e dal cambiamento del
contesto, che porteranno le originarie associazioni a trasformarsi lentamente in
organizzazione dal carattere imprenditoriale.
2. La sentenza Bosman e la liberalizzazione del mercato dei calciatori
La sentenza della corte di giustizia UE del 15 dicembre 1995, conosciuta come
sentenza Bosman, dal nome del calciatore belga dello Standard Liegi che ottenne la
pronuncia della corte, rappresenta la linea di confine tra il vecchio e il nuovo modo
di concepire le organizzazioni calcistiche, non solo sotto il profilo del rapporto con
l‟atleta, oggetto specifico della sentenza, ma anche, e soprattutto, in quelle che sono
le conseguenze di determinati cambiamenti sotto il precedente profilo.
In accordo con la pronuncia attorno al caso Donà del luglio 1976, la corte basa le
sue decisioni sulla disciplina dettata dall‟art. 39 (ex 48) del trattato CEE, in
riferimento alla libertà di circolazione dei lavoratori all‟interno della Comunità
Europea. La sentenza si pronunciò in ordine all‟illegittimità degli indennizzi di
preparazione, ritenendo però impossibili rivendicazioni relative a somme già versate
o ancora dovute in seguito a obbligazioni sorte prima della data di emanazione della
sentenza, e sull‟incompatibilità delle norme secondo le quali negli incontri potessero
essere schierati giocatori cittadini di altri stati membri in numero limitato.
Sostanzialmente la sentenza portava:
a) alla caduta della barriere geografiche dei mercati, con la possibilità di reperire
le risorse più competitive in tutto il territorio della comunità europea, senza vincoli al
loro impiego;
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Cfr. BIANCHI L., CORRADI D., I bilanci delle società di calcio: le ragioni di una crisi, Egea, 2004.
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b) all‟aumento del potere contrattuale dei calciatori dal momento che la
domanda, in particolare per i giocatori più importanti, cresceva in maniera smisurata,
dando loro la possibilità di spuntare condizioni contrattuali sempre migliori;
c) alla ricerca di nuove fonti di ricavo, capaci di coprire gli enormi e crescenti
costi di «cartellini» e di ingaggi;
d) alla crisi del settore giovanile, con gli investimenti che si spingevano
maggiormente sui calciatori considerati top player, già affermati e formati in altre
società, piuttosto che sulla gestione del “vivaio”, dal quale, invece, in passato,
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provenivano la maggior parte degli atleti che componevano la prima squadra.
Ci sono, dunque, evidenti ripercussioni sui bilanci delle società e sulla loro posizione
economico-finanziaria. Dal lato dei costi, si ha una inevitabile lievitazione degli
oneri per le prestazioni sportive, che seguono la logica di domanda e offerta di
mercato, portando ad una configurazione del conto economico delle società
difficilmente comprimibile se si vuole restare a competere per grandi traguardi. Il
prof. Leone Barbieri, intervenuto sull‟argomento in questione presso l‟università La
Sapienza nel 2000, ritiene che «pensare di consentire la risoluzione di un contratto
senza porre alcun limite temporale d‟impedimento e senza prevedere forme di
congruo indennizzo alla società soccombente, sembrerebbe (…) di particolare
gravità, non solo per le diseconomie che ne deriverebbero, ma anche perché ciò
esporrebbe le Società di calcio ad un‟elevata condizione di instabilità.». Tale
condizione viene confermata dalla sostanziale rigidità dal lato dei ricavi. Poiché gli
incassi da gare, come si vedrà meglio in seguito, rappresentano una percentuale poco
significativa del totale del fatturato, le società si sono spinte a cercare altre fonti
appartenenti alla sfera straordinaria dell‟indotto commerciale, ma che, dopo un
fisiologico periodo di grande espansione, si sono assestate su livelli abbastanza
stabili, tali per cui, anche il lato dei ricavi è piuttosto rigido.
È chiaro, quindi, come la sentenza Bosman risulti decisiva in merito a tutte le
peculiarità, che si vedranno in seguito, riguardo lo spostamento degli equilibri di
bilancio da una logica orientata alla buona gestione ristretta all‟ambito sportivo, a
una in cui vi è l‟esigenza di ricercare fonti direttamente o indirettamente connesse a
questa sfera. Dal 15 dicembre 1995 le società avrebbero dovuto azzerare le voci
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Cfr. LAGO U. , BARONCELLI A. , Il Business del calcio: successi sportivi e rovesci finanziari, Egea,
Milano, 2004
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contabili inerenti agli indennizzi di preparazione e promozione. Questo richiedeva
l‟adeguamento dei bilanci e la ricerca della forma con cui effettuare questo
adeguamento, senza che le ingenti perdite, riportate dalla scomparsa della fonte di
ricavo più importante, facessero scattare i provvedimenti dettati dall‟art. 2447 del c.c.
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in merito alla ricapitalizzazione e alla trasformazione delle società di capitali.
La legislazione ordinaria interverrà in soccorso di queste esigenze, dettando norme
che permetteranno alle società di controllare temporaneamente le loro posizioni
debitorie e allontanandole in modo definitivo dalla loro originaria dimensione
dilettantistica, senza però indurre realmente l‟intero settore a darsi un assetto
organizzativo e manageriale adeguato alla rilevanza degli interessi economici in
gioco, nonostante le attenzioni e le peculiarità che anche le normative federali e gli
organi di controllo sportivi ripongono sulla stabilità finanziaria degli enti a loro
affiliati.
3. I decreti modificativi della legge 91/1981 e lo scopo di lucro
3.1 Decreto Legge n. 485 del 1996
Il 20 settembre 1996, a seguito dell‟intervento del giudice comunitario, che ha
cambiato la situazione giuridica attorno alle società sportive, il governo italiano
emana il D.L. n. 485/1996, volto proprio a consentire alle società sportive, e in modo
decisamente prevalente alle società calcistiche, di far fronte a queste mutate
condizioni. Il decreto, che modifica la legge 91/1981, viene poi convertito in legge il
18 novembre 1996 (n. 586).
I punti salienti della nuova norma sono sostanzialmente due.
a) Il primo riguarda la possibilità di iscrizione tra le immobilizzazioni di una
voce, ammortizzabile in tre anni, che contiene un importo massimo pari al valore
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delle indennità di preparazione e promozione maturate fino al 30 giugno 1996.
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L‟art. 2447 del codice civile stabilisce che «se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si
riduce al di sotto del minimo stabilito dall‟art. 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione (…)
devono convocare l‟assemblea per la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo
ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.
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Cfr. ART. 3 D.L. N.485/1996: «Premio di addestramento e formazione tecnica»
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b) Il secondo, che modifica l‟art 10, conduce invece a quello che, ad oggi,
sembra essere il passo decisivo verso la nuova concezione di calcio come industria.
Viene introdotta infatti la possibilità che l‟oggetto sociale possa prevedere anche lo
svolgimento di «attività connesse o strumentali» a quella sportiva e che l‟atto
costitutivo non debba più prevedere il totale reinvestimento degli utili per il
perseguimento dell‟attività sportiva, ma anche solo una quota parziale di questi, in
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misura non inferiore al 10%.
Entrambi i punti appena citati rappresentano due chiavi di lettura importanti sul
processo di modificazione in atto a livello disciplinare ed economico del settore
calcistico. In primo luogo si ammette in modo diretto che l‟ordinamento riconosce un
forte profilo di specialità al settore, probabilmente avvertendone l‟importanza sia a
livello economico, che a livello sociale. Si è in presenza di un fenomeno che deve
coordinare due aspetti apparentemente antitetici e per questo difficili da gestire. Da
un lato abbiamo la concezione, superata dalle “società-imprese” ma non dai “tifosi-
clienti”, che le società di calcio rappresentino delle istituzioni portabandiera di una
città e che conduce alla tradizionale rivalità e all‟avvicinamento al mondo del calcio
dei simpatizzanti e dei tifosi. Essi stessi rappresentano il motore propulsivo dell‟altro
aspetto rilevante: la centralità della dimensione economica delle società.
L‟ammissione dello scopo di lucro, se pure in via indiretta, attraverso la facoltà di
destinare, per un massimo del 90%, gli utili a fini diversi da quello sportivo, conduce
infatti all‟apertura di un nuovo scenario, nel quale le società sono alla continua
ricerca di nuove fonti di ricavo, a fronte di un ammontare dei costi sempre in
continua crescita, causato dall‟aumento del prezzo di trasferimento e di
mantenimento dei calciatori.
Attraverso la modifica dell‟art. 12 della legge 91/1981 si assiste poi a una
riconfigurazione del sistema dei controlli esterni imposti dalla legge. I controlli in
capo alle Federazioni sono limitati «al solo scopo di garantire il regolare svolgimento
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dei campionati sportivi (…), al fine di verificarne l‟equilibrio finanziario». Viene
inoltre sottratto loro il potere di richiedere la liquidazione della società, fermo
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restando la possibilità di procedere ad una regolare denuncia.
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Cfr. ART 10 L. 586/1996: «Costituzione e affiliazione»
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Cfr. ART. 12 L. 586/1996: «Garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi»
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Cfr. ART. 13 . 586/1996: «Potere di denuncia al tribunale»
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