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La politica economica nazionale e comunitaria ed il diritto hanno recepito e potenziato
tali spunti con l’approvazione della legge n. 317 del 5 ottobre 1991 che all’art. 36
istituzionalizza i distretti industriali affidando alle regioni il compito di individuare le “aree
locali caratterizzate da un’elevata concentrazione di piccole imprese, in base al rapporto
tra la presenza delle imprese e la popolazione residente, specializzate in un determinato
settore produttivo” per giungere al fine dichiarato di attivare dei finanziamenti pubblici a
favore di “progetti innovativi concernenti più imprese” ed all’obiettivo implicito di
favorire la collaborazione tra gli operatori privati con la forma di integrazione delle risorse
materiali ed immateriali, dell’innovazione tecnologica e del coordinamento dei processi
produttivi. I distretti industriali rappresentano un nodo ed un sistema dove il
raggruppamento di attività produttive specializzate ha favorito la creazione di relazioni
endogene ed esogene e lo sviluppo di infrastrutture e servizi dedicati.
In seguito, la legge n. 140 dell’ 11 maggio 1999 prevede formalmente all’art. 6 la figura del
“sistema produttivo locale” definito come “contesto produttivo omogeneo identificato
sulla base dell’elevata concentrazione di imprese di piccole e medie dimensioni e della
peculiare organizzazione interna” precisando che si tratta di una fattispecie comprensiva e
non sostitutiva di quella rappresentata dal distretto industriale; aspetti innovativi principali
riguardano le forme organizzative di sostegno allo sviluppo locale che si possono
costituire anche in presenza di iniziative non industriali, ma bensì commerciali, turistiche
ed agricole, e la possibilità di coinvolgere, oltre prevalentemente alle piccole imprese, le
medie e le grandi imprese.
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1.1 Origine ed evoluzione del termine “distretto”
Il distretto in origine identificava il dominio di una città su un territorio, mentre oggi, in
economia, con l’aggiunta dell’attributo “industriale”, indica un territorio caratterizzato dal
punto di vista produttivo e dal dominio di uno specifico settore di produzione,
rappresentando una forma organizzata di un processo produttivo di certe categorie di
beni specifiche per quel luogo ed in relazione con l’ambiente, il patrimonio culturale e la
società, elementi caratterizzati dalla forza del distretto industriale; quando si parla di
distretto culturale invece si identificano quelle aree delimitate in cui si è intrapreso un
processo di sviluppo territoriale associato alla valorizzazione del patrimonio culturale: un
processo lungo che non nasce spontaneo ma che è il frutto di un andamento top – down,
dall’alto del governo investendo tutto il territorio e la società, che devono sostenerlo, e
registra una ricaduta e dei risultati non prettamente economici ma in termini di
miglioramento della qualità della vita, di sviluppo sociale, di riconoscibilità dei luoghi, di
maggiore attrattività e, di conseguenza, con effetti indiretti nel sistema economico del
distretto.
Una definizione di distretto culturale è un insieme di relazioni che connette le attività per
la valorizzazione delle differenti risorse (specifica o con una combinazione di risorse),
creando un processo integrato di valorizzazione (o “meta–processo”) che viene connesso
con le offerte di professionalità, infrastrutture, servizi del territorio ed imprese, con cui si
hanno significative correlazioni riguardo le attività di valorizzazione; si parla di distretto
poiché il sistema di relazioni, le risorse, le imprese ed i servizi si riferiscono ad uno
specifico ambito spaziale, con confini predeterminati sulla base di un insieme composito
di criteri.
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1.2 Vecchi e nuovi modelli di competitività territoriale: i distretti industriali
Il distretto industriale è un’area in cui si trova un’alta concentrazione di imprese ed attività
industriali, operanti in un unico settore, e le sue caratteristiche sono:
⇒ una produzione legata ad antiche tradizioni industriali od a risorse materiali non
riproducibili altrove,
⇒ una professionalità ed un mercato del lavoro specializzato diffusi in tutta l’area,
⇒ una maggioranza di imprese di piccole dimensioni che vivono un rapporto di
competizione tra di loro.
Alcuni esempi di distretti industriali di antica tradizione sono Biella e Prato per la lana, il
tessile e l’abbigliamento, Sassuolo per le ceramiche da costruzioni; diversamente godono
di una più recente formazione, il distretto industriale di Belluno per la produzione di
occhiali e quello di Matera e Bari per i mobili da salotto; unico esempio di proto –
distretto industriale è in Sicilia per la ceramica artistica di Caltagirone e S. Stefano di
Camastra.
Nel modello distrettuale, il rapporto con le risorse territoriali può essere di diversa
intensità: debole nel caso di distretti legati a prodotti innovativi (quali il salotto e gli
occhiali); medio per i distretti con forti tradizioni produttive ma legami sempre più
attenuati con le stesse risorse del territorio (quali il tessile e la ceramica); forte nei distretti
in cui la produzione è intimamente collegata alla trasformazione di materie prime locali
(come il vino ed i prodotti agro-alimentari).
I punti di forza del modello distrettuale applicato alla grande industria sono:
⇒ capacità di rispondere ala crisi industriale ed alle mutazioni del mercato,
⇒ capacità di sviluppare innovazione e rapporti cooperativi e competitivi tra le
imprese con la stipula di accordi e politiche di mercato,
⇒ stretto rapporto con le istituzioni e la società locale per la creazione di iniziative
rivolte alla valorizzazione dell’identità complessiva del sistema locale, delle
infrastrutture e della formazione delle risorse umane.
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1.3 L’esportazione del modello distrettuale ai settori non industriali
La diffusione ed il successo del modello distrettuale in campo industriale hanno favorito
la sua applicazione in maniera artificiale ad altri settori economici che hanno vissuto negli
ultimi anni una grande espansione: questa esportazione è avvenuta in particolare nel
settore del turismo culturale e della valorizzazione dei beni storici ed ambientali e nel
settore dell’agricoltura di qualità e del turismo rurale. L’attenzione al territorio nei nuovi
modelli di turismo culturale è caratterizzata:
⇒ dall’offerta di una visione complessa del bene culturale, composto dal bene
storico-monumentale e dall’apprezzamento degli elementi rappresentativi della
storia sociale delle comunità locali;
⇒ dall’attenzione agli aspetti della cultura materiale, quali mercati storici ed
archeologia industriale;
⇒ dal rapporto tra bene culturale ed ambiente circostante nella prospettiva della
sostenibilità ecologica;
⇒ dal desiderio di natura e di spazi aperti, quale alternativa alla congestione delle
grandi città;
⇒ dalla lettura complessa e strutturale del paesaggio attraverso gli aspetti percettivi ed
etno-antropologici e culturali;
⇒ dall’apprezzamento delle produzioni tipiche ed a carattere biologico;
⇒ dal possibile connubio tra le attività agricole e le forme di accoglienza turistica
alternativa ai modelli tradizionali.
Il modello distrettuale applicato al turismo culturale e rurale è caratterizzato da:
⇒ identificazione di un prodotto complesso in grado di accettare le domande
sofisticate sul mercato turistico;
⇒ organizzazione di reti di soggetti pubblici e privati al fine di integrare le politiche
settoriali e diversificare l’offerta di prodotti locali;
⇒ costruzione di strumenti per la promozione dell’identità locale, quali marchi
territoriali per i prodotti e temi di fruizione per le risorse territoriali;
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⇒ politiche comuni per la formazione delle risorse umane destinate a gestire le
attività turistiche.
Queste nuove forme di organizzazione distrettuale creano degli effetti territoriali: in
primis, attenuano il dualismo tra le città, viste come centri industriali e di servizio, e la
campagna, quale territorio a bassa densità demografica, in favore di nuove configurazioni
realizzabili con la creazione di “reti di città” e con lo sviluppo del fenomeno dell’”
urbanizzazione diffusa”; in secondo luogo, attenuano la differenza tra le politiche
territoriali per le aree urbane e quelle per le aree rurali poiché entrambe si trovano a
rispondere alla necessità di intergare la tutela e la valorizzazione delle risorse culturali ed
ambientali, con la creazione di servizi per gli abitanti ma anche per i fruitori esterni.
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2. Chiavi interpretative dei distretti culturali
“Il distretto culturale è un modello di sviluppo territoriale che ha nella cultura il motore, la
sua leva fondamentale; non è un istituto né uno strumento codificato” [Roberta Sulli,
2007]; rappresenta un tema nuovo per l’Italia, non è stato ancora convalidato da
esperienze territoriali e facilmente con questo nome ci si riferisce impropriamente ad
iniziative diverse; a partire dagli ultimi dieci anni, il tema è stato oggetto di saggi,
pubblicazioni scientifiche, convegni di studio, ricerche, studi di fattibilità e progetti per la
realizzazione di politiche di incentivazione e di sostegno da parte di istituzioni pubbliche e
di fondazioni, soprattutto di origine bancaria, con l’emanazione di leggi regionali ed
accordi di programma quadro.
Le principali distinzioni riscontrabili tra distretto industriale e distretto culturale
riguardano:
⇒ il contesto di produzione ed il luogo di consumo (nel distretto culturale queste
spesso coincidono, mentre ciò non si verifica nel distretto industriale);
⇒ l’origine dei distretti stessi (nel distretto industriale si verifica un processo
spontaneo, mentre nel distretto culturale assume un ruolo rilevante l’iniziativa
promozionale del soggetto istituzionale).
“Il distretto culturale è un sistema di relazioni delimitato territorialmente che integra il
processo di valorizzazione delle dotazioni culturali con le infrastrutture e con gli altri
settori produttivi collegati (per esempio dalle imprese di restauro alle imprese multimediali
ed editoriali fino alle filiere dell’accoglienza)” [P. A. Valentino, 2005]; il patrimonio
culturale è l’asset attorno al quale si sviluppa il distretto culturale e la centralità del
processo di valorizzazione dei beni culturali è composta da tutela, conservazione e
fruizione.
Il concetto di distretto culturale può essere legato al tema dell’economia della conoscenza:
la centralità della cultura costituisce un fattore trasversale che alimenta lo sviluppo locale
come settore economico produttivo, in grado di generare un profitto diretto [P. L. Sacco,
2006]; le tre condizioni fondamentali per lo sviluppo di un distretto culturale sono:
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⇒ la comunità locale, composta da istituzioni, enti no profit ed imprese, deve essere
consapevole e determinata nell’impegno a sostenere l’offerta culturale locale ed il
suo sviluppo;
⇒ le istituzioni educative devono essere interessate a perseguire una formazione di
qualità nel settore culturale;
⇒ il sistema locale dovrà essere aperto all’innovazione e collegato a network culturali
eccellenti.