42
2. Percorso storico tra i terrorismi più emblematici nell’esperienza
dell’Occidente
2.1 La Rivoluzione francese: culla del terrorismo
La Grande Rivoluzione è stata uno spartiacque nella storia giuridica e sociale
dei Paesi occidentali, i quali ancora portano nel proprio bagaglio culturale e
legislativo gli echi dei suoi effetti; in quei pochi anni fatali, si compì tutto: ci
si elevò alle più alte conquiste morali e civili, eppure, in modo
apparentemente paradossale, si affondò nel turbine più cupo del Terrore, che
qui visse, appunto, la sua prima stagione e ricevette la sua prima
sistemazione concettuale, con la denominazione di vero e proprio metodo di
azione, anzi di regime.
La dittatura terroristica rivoluzionaria è la manifestazione estrema della
“grande paura”, nella quale la Francia precipita a partire dalla presa della
Bastiglia del 1789.
61
Una rivoluzione è cosa diversa da una rivolta, così come
il terrorismo si distingue dalla semplice guerriglia; ma cosa si intende per
rivoluzione?
In quel frangente, avviene un unicum nuovo nella storia e si compie il
mutamento di paradigma della nozione stessa di rivoluzione. Prima, infatti,
indicava solo il moto circolare, nel suo significato astronomico, e, in politica,
il ritorno ciclico di forme di governo ricorrenti; ora invece, con la
Rivoluzione, il corso della storia riparte improvvisamente dal principio: si ha
61
FERRERO G., op. cit., 1981.
43
la negazione autonoma ed assoluta del prima e si entra in un ordine nuovo,
frutto di un rivolgimento radicale che rovescia tutto.
62
L’unico tratto, che resta in comune con l’originario significato, è
l’irresistibilità, la necessità (che si rivela umanamente indisponibile); e, a
questo punto, entra in gioco un arbitrio nuovo, il quale deve abbattere quello
precedentemente dominante, con atti di imposizione violenta. Dunque, si
tratta di un troncamento estremo e privo di qualunque forma di
responsabilità, in quanto visto come necessità storica inarrestabile. In questo
sta l’autoreferenzialità, su cui poggia il concetto di rivoluzione; in essa si
compie il puro volontarismo soggettivo politico moderno e si ha il prototipo
della simbiosi tra volontà politica e potere.
63
In nome della competenza illimitata dell’azione politica, si attuano una
radicalizzazione dei conflitti sociali ed un fanatismo militante, in funzione
dei quali gioca un ruolo nuovo e rafforzato la violenza, che qui incarna già
lo strumento del terrore. Nel 1793 - ’94, esso si compie, quale forma della
politica, completamente e concretamente. Il Terrore, d’altronde, non è una
parentesi a se stante, uno slittamento degli ideali del 1789, uno smarrimento
della coscienza, un incubo improvviso dal quale poi ci si possa risvegliare
innocenti: esso è parte integrante della Rivoluzione francese, che, in sua
mancanza, non si sarebbe compiuta allo stesso modo, né, probabilmente, con
gli stessi risultati (<<Volete una Rivoluzione senza rivoluzione?>> sono
62
Cfr. PAGALLO U., Alle fonti del diritto, 2002, pp. 125 – 126; e ARENDT H., Sulla
rivoluzione, 1983, pp. 24 – 40.
63
Interessante dissertazione di BERARDI A., op. cit., 2008, pp. 81 – 83. A riguardo, si
veda anche CAMUS A., L’uomo in rivolta, 1968, pp. 130 – 133; e ARENDT H., op. cit.,
1983, pp. 46 – 48.
44
parole di Robespierre, capo dei giacobini, di fronte al Comitato di Salute
Pubblica).
64
In quel breve e concitato periodo, si assiste al naufragio della politica nella
spirale del terrore, il quale si rivela lo strumento migliore per attuare un
regime istituzionale di repressione.
Le cause della rivoluzione vanno ricercate nella miseria e nel disagio sociale,
prodotti soprattutto da un’inflazione insostenibile (contro cui si tentano dei
rimedi istituzionali, come il calmiere dei prezzi, senza alcun successo); si
impone un’indispensabile svolta economica e sociale e la si ottiene tramite
un’impronta statalista e collettivista; un governo emergenziale diviene
necessario.
65
E nel 1793 viene istituito anche il Tribunale rivoluzionario per
il giudizio sui sospetti: una categoria che si dilata continuamente, fino a
sfuggire ad ogni discrimen razionale, dal momento in cui un sospetto, solo
per questo, è automaticamente colpevole; si procede ad una rapida istruzione
probatoria, non si riceve difesa e l’esito è, indifferentemente, la condanna a
morte (si pensi, ad esempio, al processo - farsa alla regina Maria
Antonietta).
66
Nel 1794, si ha la fase ulteriore e culminante del Grande Terrore, nella quale
ormai il senso di onnipotenza sterminatrice coinvolge e trascina totalmente
con sé il corpo sociale, ove tutti i francesi rischiano potenzialmente di essere
ritenuti “nemici del popolo” e destinati alla ghigliottina; la distribuzione
massiccia della morte, infatti, è considerata l’unica sanzione contro la
64
Cfr. FURET F., RICHET D., La rivoluzione francese, I, 1998, p. 205.
65
Cfr. GAXOTTE P., La rivoluzione francese, 1989, pp. 143 – 170 e 316 – 333.
66
Si veda l’analisi filosofico-giuridica dei fatti di BERARDI A., op, cit., 2008, pp. 84 –
88; cfr. anche CHALIAND G., BLIN A., L’invenzione del terrore moderno, in idem,
Storia del terrorismo, 2007, pp. 106 – 108.
45
mancata adesione al potere politico (si viene incriminati per delitti
inesistenti, viene estesa la responsabilità anche alle mere fattispecie
omissive). Attraverso il ricorso sistematico al terrore, si compie il
consolidamento istituzionale dello Stato (si stimano circa centoventimila
vittime, tra le esecuzioni e il massacro vandeano, ascrivibile anch’esso alla
politica del terrore). Il patibolo diviene, così, lo strumento di
neutralizzazione dei conflitti politici, visto quasi come un vessillo di libertà,
che depura da coloro che contraddicono la Repubblica, la volontà generale e
la ragione universale; si assume la morte in termini di positività assoluta, ma
in realtà senza alcun senso.
67
Se la libertà assoluta illuminista pretende l’uguaglianza di tutti, secondo una
logica di livellamento di tutte le differenze personali, allora tale esigenza
finisce per confliggere con la realtà, che riconosce libertà e uguaglianza pur
tra le differenze sociali; con la violenza, si elimina la libertà individuale, a
favore della finzione della libertà assoluta generale: un’astrazione, al cui
apice non si trova altro che il dispotismo della libertà e il terrore.
68
Il terrore, allora, quale essenza della rivoluzione e tratto caratteristico
dell’attivismo rivoluzionario, nasce per iniziativa dello Stato e nel suo
interesse, esprimendo il più forte soggettivismo politico possibile; perciò, la
politica, con la distribuzione generalizzata della violenza, mostra la sua
connotazione bellica e la sua radice conflittuale.
69
67
CAMUS A., op. cit., 1968, p. 143.
68
La disamina è di HEGEL G., per il quale la Rivoluzione è un complesso epocale
decisivo per la storia dell’umanità, pur disconoscendo la degenerazione del Terrore;
riportato così in BERARDI A., op. cit., 2008, p.89.
69
Cfr. CURI U., Terrorismo e guerra infinita, 2007, pp. 65 – 66.
46
Il terrore, disseminato tramite la violenza, secondo la logica del “terribile
esempio”, passa dall’essere il mezzo per l’instaurazione della dittatura
rivoluzionaria, al diventare il modo ordinario di consolidamento del potere
rivoluzionario e di conquisa della stabilità politica; e l’intimidazione
generalizzata tramite gli strumenti terroristici si consolida, gradualmente, da
spontanea in dottrinaria e burocratica.
70
La fonte ideologica della Rivoluzione, ossia l’esigenza dell’alienazione
integrale dell’individuo che si dà tutto alla comunità politica, è portata a
compimento; e il terrore riduce, via via, la propria funzione alla mera auto-
alimentazione di se stesso. Si conferma, in tal modo, l’idea del terrorismo
quale intima essenza di ogni rivoluzione.
71
2.2 La Rivoluzione bolscevica
La breve esperienza della Comune di Parigi del 1871, retta da un piccolo
governo repubblicano, che fa riferimento alle ideologie socialiste, viene, non
a caso, celebrata da Lenin, come primo passaggio storico teso
all’abbattimento del dominio della borghesia capitalista, per lo sviluppo
della lotta di classe del potere operaio, in vista della dittatura del proletariato.
70
LAQUEUR W., op. cit., 1978, p. 36.
71
Cfr. BERARDI A., op. cit., 2008, pp. 90 – 91; e GAXOTTE P., op. cit., 1989, p. 339.
47
In effetti, la parentesi comunarda può rappresentare un ponte, che collega la
Rivoluzione francese al socialismo rivoluzionario russo di base marxista,
portandone a maturazione il modello teorico ed operativo.
72
Nel pensiero di Marx e nell’elaborazione del suo socialismo scientista, è
centrale la portata del momento rivoluzionario: le derive del terrore sono il
prodotto indispensabile del processo rivoluzionario, il quale si traduce, nel
tempo, in un moto permanente di lotta di classe, sconvolgendo l’intero
assetto sociale; in questo senso, il terrore francese si rivela un’anticipazione
storica della rivoluzione socialista ed i fatti rivoluzionari segnano un inizio
della presa di coscienza di classe da parte del proletariato; perché, in fondo,
nel materialismo storico di Marx, il conflitto tra classi è il motore stesso della
storia.
73
La lotta di classe, allora, si inserisce in un corso storico razionalmente
indisponibile e la sovversione rivoluzionaria dell’ordinamento tradizionale è
un iter inevitabile verso il progresso sociale. Esse sono entrambe
necessariamente totalizzanti: la prima, in quanto una società fondata
sull’opposizione delle classi non può che portare, infine, ad un contrasto
totale; la seconda, in quanto cancella totalmente le condizioni pregresse e
fonda un ordine politico del tutto nuovo; e quindi totale è pure la violenza
annientatrice, essenziale per attuare ciò.
74
Non vengono espressi, in questa teorica, giudizi di valore, ma solo una
concezione obiettiva e materialistica, che si fonda sulla necessità scientifica
72
Cfr. SCHMITT C., La dittatura, 1975, p. 217; e BONGIOVANNI B., Le repliche della
storia, 1989, p. 37 – 43.
73
Cfr. TODESCAN F., Metodo Diritto e Politica, 2002, pp. 185 – 186.
74
Il pensiero di MARX K., qui sintetizzato, è in tal modo illustrato da BERARDI A., op,
cit., 2008, pp. 98 – 105.
48
del socialismo, e per la quale l’esito rivoluzionario è tratto inevitabile e
mosso da motivazioni economiche e produttive, su cui i suoi protagonisti
non hanno alcun controllo; ritorna alla mente quella medesima necessità del
governo rivoluzionario del terrore, affermata da Robespierre: poiché la
rivoluzione deve affermarsi imponendo la propria volontà autoritaria e poi
deve mantenere il dominio servendosi del terrore, quest’ultimo è connaturato
ad essa, in chiave di necessità; ed insieme fondano il culto della violenza
totalizzante e sovvertitrice.
75
Lenin interpreta il marxismo rivoluzionario e lo applica come strategia di
lotta del proletariato. In quest’ottica è visto pure il concetto di partito, quale
forma associativa politica, in funzione di potere soggettivo e potenzialmente
rivoluzionario (ed in ciò si differenzia dal semplice sindacato che, con le sue
rivendicazioni spontanee, si limiterebbe a resistere al sistema capitalistico-
borghese, senza rovesciarlo per sostituirsi ad esso, e dunque, in realtà,
asservendosi e soffocando le istanze rivoluzionarie).
76
Nel 1917, in Russia, si attua una precoce organizzazione rivoluzionaria
strutturata (senza attendere il consolidarsi delle condizioni che la legittimino,
come asserito dal socialismo marxista): la “Volontà del Popolo” è votata ad
abbattere il dispotismo dello zar, per consegnare lo Stato alla classe
proletaria. Lenin si pone a capo del partito e lo gestisce come modello
rivoluzionario, il cui compito non è solo tattico-operativo, ma anche e
soprattutto di preparazione teorica alla lotta, affinché si realizzi una corretta
75
Cfr. CAMUS A., op. cit., 1968, p. 123; SABINE G. H., Storia delle dottrine politiche,
2003, pp. 599 – 603; e GENTILE F., op. cit., 2003, p. 56.
76
Cfr. TERNON Y., Il terrorismo russo, in CHALIAN G., BLIN A. (a cura di), op. cit.,
2007, pp. 146 – 152.
49
e rigorosa presa di coscienza, da parte della classe, del proprio ruolo, in vista
del suo trionfo politico.
77
Dunque, il partito è l’avanguardia rivoluzionaria del potere operaio, ma si
mantiene autonomo e distinto dalle masse, in funzione di guida elitaria ed in
posizione auto-referenziale, per condurre tutto il popolo alla liberazione del
socialismo puro ed effettivo: in ciò si sostanzia l’elaborazione teorica
leninista (ed anche la sua variante interpretativa trotzkista), in base alla quale
si deve scatenare la violenza estrema ed indiscriminata, come mezzo pratico
più appropriato per dirigere la rivoluzione socialista e abbattere, finalmente,
lo status quo.
78
In tale cornice, si crea la figura del rivoluzionario di professione: individuo
spietato e preparato in modo quasi militare, ispirato da una ragione di Stato
incontrovertibile, che lo spinge alla distruzione sistematica di tutte le
istituzioni preesistenti; così, si supera il concetto di conflitto convenzionale,
aprendosi alla criminalizzazione totale del nemico di classe ed al suo
annientamento, in un’ottica di ostilità assoluta, assenza di regole e terrore
totalizzante.
79
Come in una linea tracciata di continuità teorica, l’idea marxista che ogni
rivendicazione sociale debba approdare a pressioni eversive, si può ritrovare
nella strategia della lotta armata che anima il terrorista erede del
rivoluzionario di professione
80
; nell’ideologia terrorista, fanatica e
77
Cfr. LAQUEUR W., op. cit., 1978, p. 90 e p. 260 e ss.
78
Cfr. BERARDI A., op. cit., 2008, pp. 107 – 120; COHN N., I fanatici dell’Apocalisse,
2000, p. 347; e CHALIAND G., BLIN A., op. cit., 2007, pp. 201 – 205.
79
Dialettica del nemico di SCHMITT C., cit. da DE BENOIST A., Terrorismo e “guerre
giuste”, 2007, p. 60.
80
Cfr. GALLI C., Genealogia della politica, 2010, p. 767; e CAMUS A., op. cit., 1968,
p. 249.
50
rivoluzionaria di origine bolscevica, si possono ritrovare alcune anticipazioni
della logica della propaganda politica mediante l’azione, propria del
terrorismo italiano di matrice comunista ed anarchica.
81
2.3 Le Brigate Rosse
Il terrorismo contro lo Stato, realizzato dall’organizzazione brigatista
italiana, propugna le idee dell’estrema sinistra rivoluzionaria, tra cui quella
dell’approdo alla purezza del leninismo marxista, in contrapposizione con il
riformismo moderato che, negli anni ‘60 e ‘70, debutta sulla scena politica,
sostenendo una linea difensiva e legalista, ritenuta dalle B.R. illusoria e
traditrice delle velleità rivoluzionarie.
In quest’alveo, il partito d’avanguardia rivoluzionaria, nel suo rapporto con
la classe operaia, è visto come protagonista, sia a livello di guida teorica, che
di centralità pratica e strategica di gestione operativa della nuova lotta di
classe, per il rovesciamento del fronte politico e degli assetti sociali (si pensi
a Potere Operaio, quale esempio di partito dell’insurrezione).
L’autonomismo operaista rifiuta ogni etero-direzione nella lotta
rivoluzionaria: non vi sono tattiche precostituite dall’esterno, ma un processo
81
Ma di parere contrario a riguardo è CURI U., op. cit., 2007, pp. 68 – 69, il quale sostiene
l’irriducibilità dell’attività delle B.R. al modello terroristico, in quanto strategia connotata
da una chiara direzione politica.