6
INTRODUZIONE
Ai fini della legge penale italiana, per pornografia minorile si intende, secondo
l’ultimo comma dell’articolo 600 ter, “ogni rappresentazione, con qualunque
mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali
o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni
diciotto per scopi sessuali”.
L’apparato normativo a cui fare riferimento consiste prevalentemente nelle
disposizioni di cui agli articoli 600 ter, 600 quater e 600 quater1, il quale nel corso
del tempo, alla luce di diverse riforme legislative, si pone come meccanismo di
difesa del minore nei confronti di aggressioni alla sua personalità in divenire,
realizzate intaccando la sua sfera sessuale.
Lo scopo del presente lavoro vuole essere quello di approfondire la multiprospettica
materia della pornografia minorile, come fenomeno e come disciplina giuridica.
Dalla definizione legale emergono evidentemente le caratteristiche fondamentali
del fenomeno: l’implicazione della percezione visiva dell’uomo; il coinvolgimento
di un soggetto di età inferiore agli anni diciotto; l’inerenza alla dimensione sessuale
dell’individuo.
Tuttavia, ai fini della reale comprensione di tale tema è necessario ricorrere ad un
ampio spettro di discipline e occorre, inoltre, calare il fenomeno nel contesto sociale
concreto.
Una prima contingenza, recante una istanza di multidisciplinarietà, impone di
valersi preliminarmente di conoscenze di carattere sociologico, psicologico,
criminologico che possano evidenziare le diverse implicazioni e sfaccettature della
pornografia minorile quale fenomeno polimorfo, sia in relazione al singolo
individuo coinvolto, reo o vittima di reato, sia in relazione alla comunità dei
consociati nel suo complesso. Nella consapevolezza che una efficace soluzione
legislativa affonda le proprie radici in una piena padronanza conoscitiva
dell’oggetto di incriminazione.
Una seconda contingenza richiede un’analisi della effettiva consistenza del
fenomeno nel tessuto sociale. A tal fine, non è possibile prescindere dalla
7
consultazione degli studi statistici ufficiali, che, seppure non privi di variabili di cui
è necessario tener conto, rappresentano la panoramica più affidabile della
situazione, in un ambiente mediatico eccessivamente volubile.
Invero, nonostante il fenomeno dell’abuso sessuale di minori presenti un andamento
pressoché costante, con depressioni o innalzamenti quantitativi di scarsa entità,
l’attenzione sul fenomeno muta sensibilmente nel tempo, probabilmente sotto
l’influsso di trasformazioni di carattere culturale e sociale che destano nella
popolazione una nuova propensione all’allarme sociale, della quale i mass media
diventano cassa di risonanza.
A fronte della diffusione di sentimenti di insicurezza e della disgregazione sociale
dovuta ad una crescente moltiplicazione di interessi singoli, nella progressiva
inefficienza della presenza e dell’operato delle agenzie di aggregazione sociale, un
attacco inflitto a valori di base della società civile, come quello dell’infanzia,
produce, di converso, nella popolazione una reazione uniforme, ossia provoca un
“riassemblamento” nell’ottica di una necessitata coesione sociale.
Attraverso la mediazione dei mezzi di comunicazione di massa, tali correnti
influenzano inevitabilmente anche la mano del legislatore, che pure nutre un
interesse ad assecondare i moti della coscienza collettiva, e conseguentemente
anche il diritto penale tende ad assorbire una emotività alla quale dovrebbe rimanere
estraneo. Un esempio di questo processo è, nella genesi delle fattispecie
incriminatrici, da un lato, la trasformazione dei reati a tutela di una vittima in carne
ed ossa in reati che tutelano beni giuridici a titolarità diffusa e, dall’altro, la
categorizzazione delle tipologie di autore di reato, con il pericolo di sfociare nella
logica del “capro espiatorio”.
La pornografia minorile, collocandosi nel settore dei reati contro lo sfruttamento
sessuale dei minori, si presta in modo particolare ad una strumentalizzazione in
termini di accaparramento del consenso popolare. Dunque, una premessa pertinente
al presente lavoro deve porsi l’obiettivo di disvelare in anticipo i meccanismi
disfunzionali che possano interessare un’analisi quanto più oggettiva possibile di
un fenomeno che muove le corde emotive più profonde dell’essere umano.
8
L’ostacolo principale, infatti, che si incontra nell’affrontare questo tipo di tematiche
è il superamento dell’annebbiamento causato dall’istinto di protezione “a tutti i
costi” del soggetto minore, non tanto e non solo in quanto giustamente si tratti di
una categoria di soggetti preziosa per la società e allo stesso tempo vulnerabile
perché in fase di maturazione, ma spesso in quanto il concetto di infanzia è confuso
più o meno erroneamente con il valore dell’innocenza, dell’intangibilità, della
fragilità totale. Qualcosa che nella mentalità comune non debba avere contatto
alcuno con la sfera della sessualità.
Non si intende e non si deve negare, in tale sede, che l’interesse primario della
legislazione penale è quello di tutelare i beni giuridici che vengono offesi dalla
commissione del reato. E, allo stesso tempo, che nel caso di specie il bene giuridico,
rappresentato dallo sviluppo psicofisico del minore, è caratterizzato da specialità,
merita un’attenzione approfondita e gode di riconoscimento costituzionale, nonché
misura il valore della nostra società.
D’altra parte, l’impossibilità di abdicare ai principi di garanzia basilari posti a
livello penale a tutela della persona che riveste la posizione di autore del reato è il
frutto di una scelta già compiuta dall’ordinamento italiano, suffragata ed espressa
dall’impianto costituzionale, una scelta che oggi è imprescindibile rispettare, a
meno di ripensare totalmente, con prevedibili conseguenze avverse, l’assetto
giuridico attuale.
In sostanza, è importante adottare uno sguardo critico e analitico, ricorrendo ad un
approccio interdisciplinare e considerando la complessità degli interessi in gioco,
alla ricerca di un bilanciamento rispettoso dei principi e dei valori del diritto penale.
Collocarsi in una posizione di massima obiettività possibile significa anche
comprendere e tenere conto delle trasformazioni intervenute nel mondo stesso
dell’infanzia e dell’adolescenza, nell’ambito, da una parte, del processo di
maturazione psicosessuale del minore e, dall’altra, del rapporto del minore con gli
strumenti tecnologici informatici di ultima generazione.
I due aspetti, che risultano tra l’altro parzialmente intersecati, postulano
l’interrogativo sulla correttezza di una tutela penale unica, non disegnata in modo
graduale, ossia adattandola alle diverse fasi di crescita e sviluppo della personalità
9
del minore e considerando, accanto al fattore dell’età, anche il requisito del livello
concreto di maturazione psichica raggiunto dal soggetto.
È chiaro che una considerazione univoca della categoria dei soggetti minori non
può che spingere al massimo l’arretramento della soglia di rilevanza penale e il
grado di invasività della tutela, così da assicurare la protezione del minore dalla sua
nascita fino al compimento del diciottesimo anno di età. Tuttavia, è evidente che il
minore presenti diverse caratteristiche ed esigenze specifiche in ogni diversa fase
di crescita.
Nello specifico, inoltre, riguardo all’utilizzo di strumenti informatici, occorre
prendere atto della dirompente pervasività della tecnologia nella vita quotidiana dei
più giovani, alla luce, però, della doppia possibile operatività di tali strumenti, come
strumenti di comunicazione, espressione, affermazione personale, ma anche come
strumenti di sopraffazione e violenza.
Dal punto di vista prettamente giuridico, in conclusione, il sistema dei delitti di
pornografia minorile è sottoposto a pressioni eterogenee ed incalzanti. È terreno
fertile alla consumazione del conflitto tra reo, vittima e società, mettendo a dura
prova la macchina legislativa e quella giudiziaria, incaricate di ricercare un corretto
bilanciamento delle diverse posizioni giuridiche coinvolte, al netto di ogni
pregiudizio, affinché si possa assicurare una risposta efficace ad una legittima
richiesta di giustizia.
10
CAPITOLO I
I PROFILI CRIMINOLOGICI DELLA PORNOGRAFIA MINORILE
SOMMARIO: 1. Quantità del fenomeno. – 2. Qualità del fenomeno: dalla pedofilia
alla pedopornografia. – 3. (Segue) Il ruolo giocato dall’evoluzione
tecnologica e dagli strumenti informatici. – 4. Le caratteristiche del
soggetto autore del reato. – 5. Il soggetto vittima del reato.
1. Quantità del fenomeno
Affrontare il tema della pornografia minorile richiede preliminarmente un
inquadramento del fenomeno, prima che dal punto di vista giuridico, dal punto di
vista statistico quantitativo. Infatti, conoscere un fenomeno significa innanzitutto
comprenderne l’incidenza concreta in un dato momento storico. Inoltre, è
necessario valutarne la consistenza, anche al fine di depurare l’approccio con cui ci
si appresta all’analisi dello stesso dall’influenza di direttive di carattere
squisitamente morale, da una parte, e di sentimenti di paura, conscia o inconscia,
dall’altra.
I principi morali che una società pone quali pilastri del proprio assetto
strutturale e i timori che, dilagando all’interno della stessa, riescono uniformemente
a scuotere l’animo di tutti i consociati contribuiscono ad una visione corrotta di
qualsiasi accadimento che possa minacciare l’apparente status quo dello schema
sociale valoriale di riferimento. Con il proposito di recuperare una posizione di
maggiore oggettività nei confronti della materia di studio, necessaria per affrontare
il tema con lucidità e cercare le soluzioni più efficaci, una strada possibile è quella
di affidarsi al mero dato numerico che offra, in un primo momento, una panoramica
neutra sulla pregnanza del fenomeno.
Ancora, prima di inoltrarsi nell’analisi dei dati, una precisazione in
relazione al modus operandi scelto in tale sede. La modesta premessa statistica che
11
si intende anteporre ad un approfondimento giuridico dell’oggetto di studio è
caratterizzata dall’adozione di un andamento dal generale al particolare, nella
consapevolezza che si stia affrontando un tema che rappresenta essere solo un
tassello di un meccanismo più ampio e complesso, però dotato di natura specifica e
caratteri peculiari.
A tal fine, è utile in primis menzionare il numero di vittime minorenni di
reati di carattere sessuale denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria
che si attesta, nell’anno 2017, sui 2.102,
1
con un certo incremento registrato rispetto
ai due anni precedenti
2
.
3
Nell’ambito di tale stima, le vittime di reati relativi alla
pedopornografia nell’anno di riferimento sono 285, tra maschi e femmine, con una
netta prevalenza delle seconde rispetto ai primi, in special modo tra i quattordici e
i diciassette anni.
4
Dal punto di vista degli autori di reato denunciati dalle forze di polizia
all’autorità giudiziaria per reati di carattere sessuale, il totale relativo all’anno 2017
è di 8.533, di cui, in relazione specificamente ai reati di pedopornografia, 709 di
sesso maschile, per lo più tra i diciotto e i cinquantaquattro anni e 62 di sesso
femminile, per lo più tra i trentacinque e cinquantaquattro anni.
5
Per quanto concerne, in generale, il numero di delitti denunciati, dato che
consente di profittare di un maggiore aggiornamento, nell’anno 2017 e 2018 si
registrano rispettivamente 6.611 e 6.780 delitti di carattere sessuale, dei quali 560
1
Nella stima sono ricomprese vittime per reati di: violenza sessuale, atti sessuali con minorenne,
corruzione di minorenne, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, pornografia minorile
e detenzione di materiale pedopornografico.
2
Nell’anno 2016 il numero di vittime denunciate era pari a 1.875, nell’anno 2015 era pari a 1.812.
3
Dati reperiti sul sito Istat, nella sezione Giustizia e sicurezza, Giustizia penale, Autori e vittime dei
delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria.
In, http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCV_AUTVITTPS.
4
Dalla stima emerge il dato di 44 maschi e 241 femmine, inoltre se per quanto riguarda i primi la
maggioranza ha un’età fino ai tredici anni (25), le seconde registrano un dato contrario (107 fino ai
tredici anni, a fronte di 134 tra i quattordici e diciassette anni). Vedesi, sito Istat.
5
Da non sottovalutare, anche se di difficile interpretazione, il dato relativo agli autori fino ai tredici
anni, il cui numero è di 105 (tra maschi e femmine), ossia una ingente porzione del totale, e in
relazione ai quali non si comprende esattamente l’identificabilità quale autore di pornografia
minorile o quantomeno in relazione ai quali comincia ad emergere una certa perplessità in ordine
alla loro eventuale equiparazione agli autori di età molto più avanzata. Vedesi, sito Istat.
12
e 613 corrispondono a reati di pornografia minorile e detenzione di materiale
pedopornografico.
6
Seppure certamente riscontrabile sul territorio italiano, si può affermare che
l’incidenza di questi reati appare più preoccupante in relazione al danno arrecato
alla vittima, rispetto alla effettiva frequenza commissiva. Tuttavia, è indispensabile
sottolineare come si stia trattando di un fenomeno criminoso che nella realtà dei
fatti è caratterizzato da una cifra oscura ipotizzabile elevata, a causa della capacità
di rimanere sommerso, per la difficoltà di denuncia da parte della vittima, data la
sua minore età, e, talvolta, altresì per la difficoltà di captare dall’esterno i segni
della violenza subita o in corso.
È interessante rilevare come l’andamento di questi delitti rimanga più o
meno costante nel quinquennio dal 2014 al 2018, con apprezzabili oscillazioni in
eccesso solo nel 2015 e nel 2018.
7
Evidentemente, alla base dei cambiamenti
riscontrabili nella rilevazione statistica effettuata nei diversi anni sussiste la
coazione di molteplici fattori, che non è possibile in tale sede indagare
esaustivamente.
Tuttavia, si può immaginare che l’assenza di una decisiva diminuzione dei
delitti di pornografia minorile possa rappresentare una spia di possibile
malfunzionamento della normativa in vigore che, a scapito della forte connotazione
populistica, registra una carente efficacia operativa in termini di deterrenza del
fenomeno. Una maggiore consapevolezza sullo stato delle cose, oltre a
ridimensionare l’allarme sociale, potrebbe disincentivare interventi legislativi
fondati sull’accaparramento del consenso e stimolare una riflessione più profonda
sulle strategie di prevenzione e di contrasto del fenomeno criminoso.
D’altro canto, un incremento del numero di crimini denunciati dipende
sicuramente, in parte, anche dalla sempre crescente sensibilità sul tema e da una
correlata maggiore propensione alla denuncia, nonché da una più attenta
osservazione da parte degli operatori sociali che si occupano di seguire il minore
nelle principali attività inerenti all’infanzia.
6
Vedesi, sito Istat.
7
Nel 2014, 544 reati denunciati; nel 2015, 614; nel 2016, 490; nel 2017, 560; nel 2018, 613 (sito
Istat).
13
Se i dati possono offrire una prima rappresentazione quantitativa del
presente oggetto di studio, la costanza di numerose variabili e la carenza di dettagli
relativi ai casi considerati suggerisce di utilizzarli come semplice spunto di
riflessione specialmente quando il legislatore, anche in risposta al contesto sociale,
decida di optare per soluzioni normative incisive che possano avere ripercussioni
pesanti in termini di tutela dei diritti umani, sulla scorta di una indispensabile
battaglia paventata contro una determinata categoria di soggetti.
8
2. Qualità del fenomeno: dalla pedofilia alla pedopornografia
Per tentare di superare le incertezze prodotte da una lettura meramente
quantitativa del fenomeno occorre esplorare le sue caratteristiche qualitative. Anche
in relazione a questo interrogativo l’iter seguito è quello che partendo dal generale,
dunque dall’analisi del macrofenomeno della pedofilia, perviene al particolare,
soffermandosi conseguentemente sul fenomeno specifico della pedopornografia.
L’origine del termine pedofilia può rinvenirsi nella lingua greca, da παῖς
(bambino) e φιλία (amicizia, affetto) e tale discendenza ne spiega altresì
l’acquisizione da parte della disciplina psichiatrica.
Tuttavia, l’utilizzo di tale termine ha raggiunto e conquistato anche il
consenso dell’opinione pubblica, attraverso la mediazione dei mezzi di
comunicazione di massa, che lo hanno eletto, talvolta acriticamente, quale migliore
formulazione verbale volta alla descrizione del fenomeno, diretta, efficace. Non
stupisce, dunque, l’uso della parola per etichettare la stessa legge numero 269 del
1998
9
come “legge contro la pedofilia”.
10
8
Per ulteriori indagini statistiche: 16° Rapporto annuale sulla pedofilia on line, Telefono
Arcobaleno, 2011; “Fuori dalla rete”, Procedure Operative per la tutela delle vittime minorenni di
abuso sessuale online, Save The Children Italia, 2014; Report annuale 2018 pedofilia e
pedopornografia, Meter Onlus, 2018.
9
La legge che per la prima volta introduce all’interno dell’ordinamento penale italiano le
disposizioni volte all’incriminazione della pornografia minorile.
10
COLUCCIA A., CALVANESE E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, Franco Angeli, 2003, pp.
33 ss.
14
Al di là della nozione prettamente linguistica, la pedofilia, è doveroso
premettere, si pone come concetto storicamente connotato, subendo
irrimediabilmente l’influenza della cultura e mentalità dominante in un dato
momento storico. Si può dunque identificare la prima caratteristica del fenomeno
in discorso, ossia il forte relativismo sia concettuale sia definitorio.
11
La seconda caratteristica, prontamente desumibile, è l’interdipendenza del
fenomeno dallo studio della dimensione psichica della persona umana. Di
conseguenza, il ricorso a nozioni e saperi di natura scientifica risulta indispensabile
per cercare di avvicinarsi al reale significato del termine. E per porsi, anche questa
volta, in una posizione di neutralità prospettica, affinché si possa adottare una
visione quanto più oggettiva possibile del fenomeno.
L’individuo protagonista di questi complessi meccanismi psichici è sempre
l’uomo, non un individuo di natura altra o diversa rispetto a chi riveste la posizione
di studioso o di persona interessata alla conoscenza del fenomeno della pedofilia.
Un’analisi accurata, dunque, non potrà mai prescindere in primis dal
riconoscimento della sua umanità.
A tal fine, una definizione, in termini pratici e con approccio scientifico,
della pedofilia si può agevolmente rinvenire nel DSM-5, il Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali.
12
L’interesse per lo studio dei comportamenti sessualmente inadeguati si era
acceso solo dalla seconda metà del XIX secolo e la pedofilia aveva acquisito la
11
COLUCCIA A., CALVANESE E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, op. cit., p. 35.
12
“Il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), nato nel 1952 ma diffusosi a
partire dalla terza edizione nel 1980 (DSM-III), è un progetto ambizioso con il difficile obiettivo di
applicare alla psichiatria una metodologia di classificazione il più possibile condivisa per esigenze
epidemiologiche, statistiche e cliniche, integrando e uniformando a livello globale quelle
conoscenze che prima erano in balia di frammentarie e multiformi scuole di pensiero1. Il testo, nelle
sue successive versioni, è andato incontro a tentativi di miglioramento, sempre in sintonia con la
ricerca internazionale, certamente con un’impronta statunitense dettata dall’American Psychiatric
Association (APA), ma al tempo stesso con attenzione verso le esigenze e le multiformità culturali
di una società aperta e multietnica.”, in BIONDI M., BERSANI F. S., VALENTINI M., IL DSM-5:
l’edizione italiana, in Rivista di Psichiatria, 49(2), 2014, pp. 57-60. Per approfondire sul disturbo
pedofilico nella nuova versione del manuale, vedi anche, PACCIOLLA A., ROMITI M., PACCIOLLA M.,
Personalità, pedofilia e DSM-5. Come i sex offenders raccontano le loro storie, Aracne Editrice,
2016.
15
classificazione come perversione di natura sessuale.
13
Nel Manuale, invece, la
pedofilia, essendo un disturbo della sfera sessuale, viene identificata come
“disturbo parafilico”.
14
Rispetto alla precedente, la nuova versione del Manuale,
15
pubblicata nel 2014, introduce una distinzione fondamentale, che risulta
effettivamente pertinente in considerazione del punto di vista giuridico.
Infatti, si differenzia il caso in cui il “disturbo pedofilico”
16
sussiste, ma sia
sostanzialmente egosintonico, dunque si risolva in un orientamento sessuale atipico
o deviante non vissuto dal soggetto portatore in modo negativo o antagonistico,
17
dal caso in cui si possa parlare di vero e proprio disturbo mentale.
Il secondo caso ricorre esclusivamente allorché il soggetto passi dal mero
interesse all’azione concreta, dunque coinvolga nel suo disturbo soggetti terzi
ovvero presenti aspetti o alterazioni cliniche significative.
18
Le due ipotesi descritte
si traducono in due diversi criteri diagnostici, il criterio A e il criterio B, autonomi,
ma non alternativi, rappresentando il discrimen tra non patologico e patologico.
19
13
COLUCCIA A., CALVANESE E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, op. cit., pp. 41-42. Gli
autori fanno riferimento al lavoro di Krafft-Ebing relativo alla psicopatia sessuale, che nello
specifico, dal 1886, si occupava di perversione sessuali aventi ad oggetto l’attrazione verso soggetti
minori (cd. pedofilie erotiche).
14
Definiti quali impulsi, fantasie sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti di
carattere sessuale che possono riguardare oggetti inanimati, la sofferenza o l’umiliazione di se stessi
o del partner, l’attrazione per i bambini o altre persone non consenzienti, che si manifestino per un
periodo minimo di 6 mesi. I disturbi tendono ad essere cronici e a permanere per tutta la vita, anche
se si affievoliscono con l’avanzare dell’età. Possono aumentare la loro risposta in reazione ad eventi
psico-sociali stressanti, all’insorgenza di ulteriori disturbi mentali o in occasione di maggiori
possibilità di dedicarsi alla parafilia stessa. Vedi, DSM-5, op. cit., p. 796.
15
Nella nuova versione ai disturbi parafilici è stata dedicata una sezione apposita, non facendo più
parte della sezione dedicata ai “Disturbi sessuali e dell'identità di genere”.
16
La nuova dicitura “pedophilic disorder” è stata fortemente criticata perché produceva una
sostanziale derubricazione o riabilitazione della parafilia pedofilica, in quanto veniva erroneamente
tradotta letteralmente come “disordine” e non “disturbo”. In realtà, la nuova versione del Manuale
apporta poche modifiche di natura più che altro sistematica, rimanendo i criteri diagnostici
esattamente i medesimi rispetto alla formulazione precedente.
17
A tal proposito, la parafilia pedofilica può essere vissuta dal soggetto in modo conflittuale, dunque
con conflitto continuo e ambivalente tra evoluzione e regressione, desiderio e repressione che causa
sofferenza psichica, o in modo non conflittuale, tramite spinta narcisistica così forte da non
considerare minimamente la posizione di soggetti terzi in relazione al proprio comportamento. Vedi,
CAPRI P., Il profilo del pedofilo realtà o illusione?, in DE CATALDO NEUBURGER L., La pedofilia.
Aspetti sociali, psico-giuridici, normativi e vittimologici, CEDAM, 1999, pp. 91 ss.
18
Ad esempio: angoscia personale che non si limiti alla sola disapprovazione sociale; disagio
psichico e/o fisico, comportamenti che comportano lesioni fisiche o morte del partner;
comportamenti sessuali che coinvolgono persone incapaci di dare un valido consenso. In questo
caso, il disturbo si dice essere egodistonico.
19
Il criterio A indica la natura qualitativa della parafilia (es. interesse sessuale per prepuberi), mentre
il criterio B indica le sue conseguenze negative (es. disagio o rischio di danno). Affinché sia
16
In relazione alla pedofilia, nello specifico, si fornisce una descrizione che
prevede l’attrazione verso minori prepuberi, dunque di età non superiore ai tredici
anni,
20
da parte di soggetto ultrasedicenne, di almeno cinque anni più grande
rispetto al bambino considerato.
21
I possibili tratti caratteristici del profilo pedofilo sono numerosi. Spesso il
disturbo, identificato come una variante “abnorme” della psiche, è accompagnato
da ulteriori disturbi, interessanti soprattutto la personalità, in assenza di vere e
proprie malattie mentali.
22
Il soggetto pedofilo può essere di tipo esclusivo, allorché intrattenga
relazioni di tipo sessuale solo con persone minori, o non esclusivo, allorché
intrattenga altresì relazioni con persone adulte.
23
La vittima può rappresentare per il soggetto parafilico un semplice
strumento di gratificazione sessuale (essendo irrilevanti le sue specifiche
diagnosticato il disturbo parafilico è necessaria la presenza di entrambi i criteri. Nel disturbo
pedofilico è presente anche un criterio C ad indicazione dell’età. Vedi, PACCIOLLA A., ROMITI M.,
PACCIOLLA M., Personalità, pedofilia e DSM-5. Come i sex offenders raccontano le loro storie, op.
cit, pp. 66 ss. COLUCCIA A., CALVANESE E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, op. cit., p.
44.
20
La commissione che ha lavorato sui disturbi parafilici aveva proposto una unificazione del
disturbo pedofilico (minori prepuberi) con il disturbo efebofilico (minori puberi), in quanto questi
condividono la medesima diagnostica, tuttavia questa opzione ha sollevato forti critiche,
specialmente a causa della differente considerazione, a livello giuridico, di tali casi in relazione alla
differente età del minore, dunque, al fine di evitare delle stigmatizzazioni di comportamenti
sostanzialmente leciti.
21
Criterio A: “Eccitazione sessuale ricorrente ed intensa, manifestata attraverso fantasie, desideri,
comportamenti, per un periodo di almeno 6 mesi, che comportano attività sessuale con un bambino
di età prepuberale o con bambini (in genere sotto i 13 anni di età)”. Criterio B: “L’individuo ha
messo in atto questi desideri sessuali, oppure i desideri o le fantasie sessuali causano marcato disagio
o difficoltà interpersonali”. Vedi, DSM-5, op. cit.
22
“A proposito della comorbidità della pedofilia con altri disturbi psichiatrici, precisiamo che le
percentuali emerse da un recente sondaggio sono le seguenti: Disturbi dell’Umore 67%, Disturbi
d’ansia 64%, Abuso di sostanze 60%, Altre parafilie 53%. Le percentuali immediatamente
evidenziano un’alta frequenza di co-diagnosi e il fatto che non vengano citati i disturbi della
personalità, che di fatto possono essere considerati le patologie maggiormente chiamate in causa (in
particolare i disturbi narcisistici del carattere), ma forse in una percentuale così alta da non
modificare la significatività dei risultati.”, in BERTI A., MABERINO C., Si cura o no? Considerazioni
cliniche sulla pedofilia, in Journal of Psychopathology, issue 3, 2002. Vedi anche, CAPRI P., Il
profilo del pedofilo realtà o illusione?, op. cit., pp. 92-93.
23
In tal senso, si parla anche di pedofilo regressed, laddove egli presenti una attrazione sessuale
matura precedente, e pedofilo fixated, che prova attrazione sessuale esclusivamente nei confronti di
soggetti immaturi psicosessualmente, solitamente sin dall’adolescenza. Il primo tipo di soggetti è
considerata più trattabile del secondo, in relazione al quale possono sorgere dubbi in ordine alla
piena configurabilità di una responsabilità penale, alla luce del principio di colpevolezza. Vedi,
GULOTTA G., Aspetti psiogiuridici del comportamento pedofilo, in DE CATALDO NEUBURGER L., La
pedofilia. Aspetti sociali, psico-giuridici, normativi e vittimologici, CEDAM, 1999, pp. 247-251.
17
caratteristiche) o una proiezione del proprio essere bambino (scelta narcisistica
dell’oggetto).
24
Inoltre, correlativamente, la vittima può essere occasionale o vi può
essere l’instaurazione di una relazione duratura (cosiddetti pedofili seduttivi).
25
Frequentemente, ma non sempre, il soggetto parafilico ha subito a sua volta
abusi durante l’infanzia. È classificabile come occasionale, situazionale o
permanente, compulsivo
26
. Vi può essere pianificazione o meno degli abusi, così
come vi può essere o meno esercizio della violenza o vero e proprio contatto
fisico.
27
Oltre alla definizione, dunque, dagli studi sul tema si rinviene una fitta
classificazione del fenomeno, che si può tradurre o meno in vero e proprio abuso
sessuale a seconda delle circostanze e che si può presentare in varie forme, tra cui
quella pornografica.
28
Il DSM-5 ha consacrato il legame tra i due concetti, identificando l’uso di
pornografia minorile quale efficace indicatore della sussistenza di un interesse di
natura sessuale verso i bambini.
29
Ciò nondimeno, la pedopornografia si presenta
come forma specifica, ma anche fenomeno autonomo rispetto alla pedofilia.
30
Il ruolo della pornografia nell’agevolazione della causazione di abusi
sessuali sui minori è da moltissimi anni oggetto di interesse di studi e ricerche
scientifiche, che spesso pervengono a risultati anche del tutto divergenti.
24
Secondo alcuni studiosi il desiderio pedofilo “è l’atto terminale di un processo complesso di
difesa”, per cui il pedofilo si identifica, attraverso un meccanismo di egocentrismo, con l’oggetto
del suo desiderio dandogli l’attenzione che gli è mancata nell’infanzia propria da parte della figura
genitoriale. Lo scopo talvolta è, dunque, nella mente del soggetto, dare godimento erotico al
bambino, proteggerlo e trattarlo con tenerezza. Vedi, CAPRI P., Il profilo del pedofilo realtà o
illusione?, op. cit., pp. 91 ss.
25
COLUCCIA A., CALVANESE E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, op. cit., p. 56.
26
Quando la vittima è vista come soggetto meno ansiogeno rispetto allo stress psichico prodotto
dall’approccio con persone mature.
27
COLUCCIA A., CALVANESE E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, op. cit., pp. 50-58.
28
COLUCCIA A., CALVANESE E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, op. cit., p. 49.
29
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali,
quinta edizione, DSM-5, Raffaello Cortina Editore.
30
Si può, in tale sede, fare ricorso ad una nozione non legislativa del fenomeno, derivante dal greco
pornogràphos, ossia “scrittore di cose attinenti alle meretrici”, quale “raffigurazione o trattazione di
immagini e soggetti di argomento e di carattere erotico, ritenuti osceni” ovvero “descrizione o
rappresentazione di cose oscene, turpi, licenziose”. Vedi, GIZZI L., Il delitto di pornografia minorile
(art. 600 ter, primo e secondo comma c.p. e art. 600 quater.1 c.p.), in COPPI F., I reati sessuali. I
reati di sfruttamento dei minori e riduzione in schiavitù per fini sessuali, Giappichelli, 2007, p. 405.