miniera e nelle industrie pesanti.
Con lo sviluppo economico dei secoli XII e XI a.c., il fiorire dei commerci e dell’
artigianato portarono ad un notevole incremento del numero degli schiavi
1
.
Numerosissimi nelle città industriali, gli schiavi erano invece poco utilizzati nelle
campagne, dove si ricorreva ad essi quando la forza lavoro richiesta superava quella
della soglia famigliare. In entrambi i casi, comunque, la mano d’opera servile, di
minor costo, contraeva la richiesta di mano d’opera libera, causando spesso contrasti
sociali.
Molto diffusa nella civiltà greca era anche la schiavitù in seno alla famiglia. Il ruolo
dello schiavo domestico era quello di sostituire il padrone di casa nei suoi mestieri e
di accompagnarlo nei suoi tragitti e viaggi, avendo, quindi, mansioni specifiche e
spesso di fiducia.
Ciò dimostra come in Grecia qualsiasi mansione poteva essere svolta da uno schiavo,
eccetto la politica, considerata la sola attività degna d’ un cittadino; i rimanenti ruoli
dovevano essere lasciati il più possibile ai non-cittadini. La cosa veramente
importante era lo stato sociale, non il tipo di attività svolta.
Nell’antica Roma la schiavitù differì in modo significativo rispetto al modello greco.
Innanzitutto perché i proprietari ebbero più poteri sugli schiavi, ma soprattutto perché
il complesso sistema economico e sociale di Roma per funzionare richiese,
soprattutto in età imperiale, molta più manodopera di quanta non ne fosse stata
impiegata in Grecia.
Le continue conquiste territoriali e la conseguente espansione dei confini resero
infatti necessario un imponente numero di schiavi per far fronte alla necessità del
lavoro agricolo e delle costruzioni. Il loro reclutamento avveniva soprattutto durante
le guerre, quando decine di migliaia di prigionieri catturati in battaglia venivano
portati a Roma come schiavi e venduti.
Per quanto riguarda la condizione e il trattamento dello schiavo, questo è un dato che
1
Non a caso i primi Greci a far uso di schiavi acquistati con denaro furono, secondo la tradizione, gli abitanti di
un’isola certamente posta al centro d’intensi traffici, Chio. Il commercio di schiavi dovette fiorire, poi, in stati
commerciali quali Corinto ed Egina.
7
varia a seconda delle varie forme di schiavitù e degli ordinamenti giuridici, politici e
sociali dei diversi popoli e della loro situazione economica.
Storicamente lo schiavo era completamente assimilato alla cosa e assoggettato ad un
diritto assoluto del padrone
2
. Il proprietario di uno schiavo aveva diritto di vita e di
morte su di esso e sulla sua famiglia. Aveva, poi, diritto a sfruttarne il lavoro senza
fornire nessun compenso.
Il trattamento dei servi domestici è stato di regola, in ogni epoca, più umano di quello
dei servi adibiti ai lavori della terra.
Naturalmente, influiva sulla diversità di trattamento degli schiavi anche l’ origine di
essi. La condizione di quelli nati in casa era sicuramente migliore di quelli acquistati
sul mercato. Ciò soprattutto perché questi ultimi erano spesso di religione e razza
diverse da quelle del padrone.
Nell’ esperienza greca, per esempio, un trattamento poco umanitario venne riservato
agli schiavi comprati in regioni barbariche o considerate tali, a proposito dei quali nel
secolo IV Platone e Aristotele giunsero a teorizzare uno status servile connaturato
con l’ origine barbarica.
Anche a Roma il trattamento riservato agli schiavi dipendeva dal tipo di schiavitù a
cui erano sottoposti. I prigionieri di guerra e gli schiavi rurali vivevano in condizioni
di vita infime; non avevo diritti, non possedevano nulla, venivano maltrattati e spesso
marchiati a fuoco. Il trattamento migliorava per gli schiavi impiegati in attività
industriali o artigianali pubbliche o private fino a diventare ottimo per gli schiavi
domestici. Quest’ ultimi, infatti, godevano di un trattamento identico a quello
riservato ai sottoposti liberi, con la possibilità di crearsi anche un peculium servile
3
.
Anche la famiglia dello schiavo riceveva una certa tutela, dal momento che era
sancito il divieto di separazione dalla stessa, sebbene l’unione tra schiavi non fosse
considerata come matrimonio, ma come fatto puramente materiale.
2
Scriveva Gaio in Istitutionum Commentarii Quattuor, II, 1 7, : “ Vi sono tre tipi di utensili: quelli che non si
muovono e non parlano; quelli che si muovono e non parlano ( animali ) e quelli che si muovono e che parlano ( gli
schiavi ) ”.
3
Piccolo patrimonio, assegnatogli dal pater familia per i servigi resi, che pur appartenendo di fatto al beneficiario,
spettava di diritto al pater.
8
La legislazione romana tuttavia fu la prima a contemplare la possibilità di restituire
allo schiavo la dignità di uomo libero. Era, infatti, previsto l’istituto della
manomissione, un atto irrevocabile di affrancazione concesso dal padrone allo
schiavo
4
.
Va sottolineato che, proprio perché l’ istituto della servitus era riconosciuto, in Roma
e fuori, fu possibile perseguire con norme apposite coloro che rendessero schiavo
l’uomo libero. In particolare con la lex Fabia si reprimeva l’ usurpazione della potestà
dominicale su persone libere e su schiavi altrui
5
.
È evidente che dove peggiori erano le condizioni degli schiavi maggiormente
serpeggiava il germe della rivolta. Rivolte si ebbero già alle soglie del II secolo a.c.
6
.
Ma la prima vera rivolta generalizzata e organizzata si ebbe in Sicilia ad opera di
masse di schiavi provenienti prevalentemente dalla Siria e guidati da Euno
7
. In questa
occasione i proprietari di schiavi furono trattati in rapporto al loro atteggiamento
verso l’ elemento servile. La rivolta fu soffocata solo dopo che vari condottieri
romani ebbero provato il sapore della sconfitta. Lo stesso avvenne anche durante la
rivolta di Aristonico a Pergamo nel 132-130 a.c. e nella rivolta di Spartaco nel 70 a.c..
Ma, nonostante una delle conseguenze immediate delle rivolte fu la diminuzione
degli uomini sottoposti alla schiavitù, non si può affermare che la decadenza della
schiavitù nel mondo antico dipenda principalmente da questi episodi.
4
Tre furono le forme più antiche di manomissione e venivano definite iustae ac legitimae perché comportavano non
solo l’acquisto della libertà ma anche quello della cittadinanza.
La manumissio vindicta consisteva in un finto processo nel quale avveniva quello che nell’ordinario processo reale era
l’espediente dell’ in iure cessio. Alla vindicatio in libertatem di colui che, d’accordo con il domus, assumeva la veste
dell’ adsertor libertatis, non corrispondeva una contravindicatio ( in servitutem ) da parte del padrone. Di fronte alla
mancata contestazione, il pretore pronunciava l’ addictio in libertatem dello schiavo, che diventava così libero e
cittadino. Col tempo si diede meno rilevanza ad elementi formali, ritenendosi sufficiente che il padrone dichiarasse
dinanzi al magistrato la sua volontà di affrancazione.
La manumissio censu veniva compiuta direttamente dal domus e consisteva nell’iscrizione dello schiavo come libero
nelle liste del censimento, che venivano compilate ogni 5 anni.
La manumissio testamento, infine, era la dichiarazione, fatta dal padrone nel proprio testamento, di voler affrancare il
proprio schiavo; era, quindi, una disposizione a forma vincolata che serviva a liberare lo schiavo nel periodo
successivo alla morte del proprietario.
5
È reo, col compratore, il venditore sciente, il donante e il donatario, ed alla vendita ed alla donazione veniva
equiparata la permuta. L’ accusa era pubblica; era necessaria l’indagine sul dolo, che si concentrava soprattutto sulla
scienza dello status libertatis del soggetto passivo del reato.
6
Nel 199 a.c. ci fu un tentativo di sollevazione a Sezze e nelle città vicine, fomentato pare da ostaggi cartaginesi
(Liv. 32, 26, 4-5 ). Subito dopo, nel 186 e nel 185, si verificarono sommosse di schiavi in Puglia e in Calabria.
7
Euno era uno schiavo siriano di Apamea, che aveva un forte ascendenza sui suoi compagni di servitù perché
considerato mago e profeta. Proclamato re col nome di Antiaco alla fine delle rivolte.
9
Secondo molti studiosi, a determinare la decadenza della schiavitù nel mondo antico
contribuì l’ avvento delle idee morali del cristianesimo
8
.
In realtà, l’ innesto del cristianesimo sulla civiltà romana non modificò
sostanzialmente l’ istituto della schiavitù. Lo stesso Pontefice Gregorio I se in una
lettera incoraggia la manomissione degli uomini nati liberi, in altra riconosce la
legittimità della schiavitù, almeno dei non battezzati
9
. Allo stesso modo la coscienza
religiosa proibiva la riduzione in schiavitù dei prigionieri di guerra, ma solo a
condizione che prima della cattura fossero già di fede cattolica.
Lo scopo evidente era, quindi, quello di allargare la comunità dei credenti, non certo
quello di combattere la schiavitù, pilastro dell’economia del mondo antico.
Anche l’ invasione dei Longobardi e la forte germanizzazione del diritto e del mos
italicus non muta sostanzialmente le cose, dal momento che anche i Germani
conoscevano e praticavano la schiavitù
10
.
Certo è che a mano che l’ Impero Romano comincia a contrarsi invece di espandersi
cala enormemente il numero dei soldati nemici e delle popolazioni catturate; gli
eserciti dei barbari spesso negoziano i loro prigionieri con quelli romani, ed in
generale le persone si servono di ogni risorsa legale o sociale per non essere fatte
schiave. Allora la schiavitù viene quasi del tutto sostituita con la servitù ad un datore
di lavoro, in cambio di denaro o altri beni o servizi
11
; la schiavitù diventa un mezzo di
produzione marginale e desueto perché molto limitato numericamente, in quanto gli
schiavi diventano una “ merce” rara e costosa.
8
BIONDI, Il diritto romano cristiano, Milano 1952
9
Si legge: “ illi qui Deum incipiunt habere patrem, servi hominis non debent esse ”. E ancora: “fieri ingenuo set ita
baptizari”, Acta S. Sebastiani, in Acta Sanctorum ( Bollandus ), Ianuarii 2.2 1643
10
I Germani conoscevano, infatti, le figure dei servi casati o coltivatori dei fondi, che venivano considerati una
pertinenza immobiliare, e dei servi ministeriales o homines manuales di rango più elevato.
11
Molto diffusa nel Medioevo fu la servitù della gleba, una figura giuridica che legava i contadini ad un determinato
terreno. I servi della gleba coltivavano i fondi che erano dei proprietari terrieri pagando un fitto. Erano obbligati,
inoltre, a determinate prestazioni di lavoro. Spesso erano tali per nascita e non potevano sottrarsi a tale condizione se
non con il consenso del padrone del terreno.
A differenza di ciò che avveniva nella schiavitù, i servizi cui i servi erano obbligati non avevano carattere generico, ma
erano ben definiti. Inoltre, i servi della gleba, a differenza degli schiavi, non venivano considerati cose, ma persone
con i propri diritti; avevano il diritto alla proprietà privata, sebbene limitata ai soli beni mobili, potevano sposarsi e
avere figli ai quali lasciare un’eredità. Il proprietario del fondo non aveva il ius vitae ac necis sul servo, il quale,
però, poteva essere venduto insieme alla terra, su cui aveva il diritto-dovere di restare.
Si trattava comunque di un obbligo reciproco. Il signore, infatti, garantiva ai servi tutela militare e giuridica; il signore
doveva assicurare, in particolare, l’ assistenza legale in corso di liti verso terzi.
10
Una ragione che porta alla scomparsa della schiavitù è sicuramente la diffusione delle
prime macchine semplici, come mulini ad acqua oppure mossi da animali.
Il fenomeno ha una sensibile flessione verso il XIII secolo soprattutto in Italia,
quando, nell’ età dei comuni si riduce a dimensioni modeste, limitate a “ sacche ”
restate fuori dalla trasformazione in senso borghese della società italiana.
Ma è con la scoperta dell’ America e con le relative esigenze di politica coloniale che
il fenomeno della schiavitù torna ad assumere dimensioni enormi; riacquista nel
Nuovo Mondo la funzione che aveva avuto nell’antichità nel mondo romano,
diventando lo strumento più efficace per lo sfruttamento agricolo delle colonie. Ed è
qui che il fenomeno si manifesta maggiormente nella sua fonte più odiosa,
l’assoggettamento dell’ uomo libero alla schiavitù a titolo assolutamente arbitrario,
con l’astuzia o con la forza, senza e contro la sua volontà. Al concetto di schiavitù si
associò quello di “ commercio ” o “ tratta ”; così come al dominio dell’ uomo sull’
uomo venne a congiungersi la messa all’ asta ed il trasporto per mare degli schiavi
aggiudicati nei mercati africani ed in quelli mediterranei non soltanto del versante
africano.
L’ uomo è qui considerato come res nullius suscettibile di appropriazione da parte del
primo occupante e, in seguito, di quella destinazione decisa da colui che se ne è
impadronito e dagli eventuali successivi proprietari. Migliaia di negri razziati nell’
Africa furono, durante parecchi secoli, destinati con questi sistemi ai duri lavori delle
colonie d’ America. Tuttavia, prima di giungere al trasporto diretto dall’Africa all’
America vi fu un periodo durante il quale l’ importazione avvenne da parte dell’
Europa. La famosa tratta dei negri fu, quindi, un fenomeno capace di condizionare la
storia di tre continenti: Africa, Europa e America.
L’ origine di questo fenomeno va ricercata sicuramente nella politica coloniale degli
Stati europei dopo la scoperta dell’ America e nella crescente richiesta di manodopera
servile, da parte dei colonizzatori, per poter sfruttare terre fertili ma malsane.
Gran parte dei vantaggi che le colonie americane potevano garantire, infatti, erano
legate alla creazione di piantagioni, a cui si aggiunse la prospettiva di ricavare risorse
11
minerarie.
I colonizzatori tentarono, dapprima, di utilizzare la mano d’opera europea e degli
indigeni locali.
La prima, a cui contribuiva in minima parte l’emigrazione libera, veniva reclutata con
diversi mezzi, come la servitù temporanea e la deportazione dei prigionieri. Ma tale
sistema si rivelò presto insufficiente. Lo sfruttamento degli Amerindi, sia che fossero
ridotti in schiavitù sia che fossero costretti a lavori forzati nelle encomiendas, venne,
infatti, ostacolato dagli stessi Amerindi, che lamentavano il lavoro eccessivamente
gravoso nelle piantagioni e nelle miniere, e dai missionari, che chiedevano per gli
indigeni trattamenti più umani, anche in relazione alla loro conversione al
cattolicesimo.
La crescente richiesta di manodopera e il decrescere della popolazione india,
decimata da malattie portate dagli Europei, provocarono, perciò, la sostituzione, in
determinati settori lavorativi, degli indigeni americani con schiavi africani. Ciò
avvenne soprattutto quando gli Europei iniziarono ad entrare in contatto con la
pratica nordafricana di far schiavi i prigionieri di guerra. I sovrani negri dell’ Africa
occidentale, infatti, cominciarono a scatenare continui conflitti soprattutto con l’
intento di fare prigionieri da rivendere poi come schiavi agli Europei.
Il Portogallo fu il primo paese europeo ad approfittare di questa situazione e ad
utilizzare schiavi per soddisfare la necessità di manodopera interna e nelle colonie,
rinunciando addirittura ad impadronirsene con la forza, per evitare la violenta
reazione degli interessati. Tanto più che gli stessi re locali delle regioni del Senegal e
Benin spesso barattavano questi schiavi con gli Europei, dando vita al più grande
commercio di schiavi della storia. La tratta degli schiavi attraverso l’Oceano
Atlantico assunse rapidamente proporzioni senza precedenti, dando origine nelle
Americhe a vere e proprie economie basate sullo schiavismo.
La Spagna seguì ben presto l’ esempio portoghese senza riuscire, almeno
inizialmente, ad intaccarne il monopolio sul traffico africano di schiavi. L’
esportazione, perciò, non era facile; gli spagnoli erano, infatti, costretti ad acquistare
12
gli schiavi a Lisbona o nelle altre fiere portoghesi, oppure a ricorrere al traffico
illegale operato da mercanti portoghesi sulle coste del Continente Nero
12
.
Il lavorò degli schiavi negri nelle Americhe si limitò inizialmente nelle colonie
spagnole, ma fu esteso ben presto anche in Brasile, con l’incoraggiamento della
corona portoghese che ne ricavava vantaggi fiscali. La corona spagnola, tuttavia,
considerava lo sfruttamento della manodopera dei negri nelle colonie un suo
monopolio e ciò non solo per motivazioni di carattere fiscale, ma anche e soprattutto
per ragioni religiose, in quanto la Chiesa spagnola manifestava il timore che
un’importazione troppo numerosa di schiavi di ogni provenienza potesse ostacolare l’
opera della conversione degli Amerindi al cattolicesimo.
Il sistema dell’ importazione dei negri in America con la copertura del patentino regio
prosperò dal 1532 al 1580, anno in cui, per effetto della unificazione dei troni di
Castiglia e Portogallo, il grosso della importazione verso l’ America spagnola fu
rilevato dagli imprenditori portoghesi.
Nel frattempo, non conobbe sosta, il contrabbando effettuato dai negrieri francesi e
inglesi. Assistiamo, quindi, addirittura a contese internazionali per assicurarsi il
monopolio dell’ asiento de negros
13
.
L’ acquisto di schiavi in Africa e il loro immediato trasferimento nelle Indie
Occidentali, diventarono fenomeni di vaste proporzioni, tanto che alla fine del XVI
secolo l’ Inghilterra e la Francia tolsero al Portogallo il monopolio sul commercio
degli schiavi.
Nel XVIII secolo il commercio dei negri era diviso fra tutte le potenze marinare e
trova nei porti francesi di Bordeaux, Le Havre e Nantes le sue piazze principali,
anche se gli Inglesi tendono ad una posizione egemonica soprattutto per la tratta
verso le colonie spagnole
14
.
12
Il diritto portoghese prevedeva, infatti, che la vendita dello schiavo potesse avvenire solo dopo la consegna alla
Casa de Guinè, di Lisbona, che era l’ente centrale che sorvegliava l’organizzazione dei commerci con l’Africa, la
riscossione dei dazi d’importazione etc.
Di una prima importazione di negri dalla Spagna a Hispaniola si ha notizia fin dal 1502; successivi decreti del 1511,
1512, 1513 autorizzavano il traffico diretto dei negri dalle coste della Guinea alle Indie Occidentali e Carlo V
concesse nel 1517 il privilegio di fornire annualmente 4000 schiavi negri a Hispaniola, Cuba, Giamaica e Portorico.
13
Commercio degli schiavi dall’ Africa all’ America.
14
Ciò fu possibile a seguito della Pace di Utrecht nel 1713, con cui la Spagna stipulò con i britannici il Pacto del
13
È in questo periodo che, quindi, il fenomeno della schiavitù raggiunge, almeno per
quel che riguarda la civiltà occidentale, la sua massima esplosione, ma anche l’ inizio
del declino.
Il numero considerevole di schiavi che alla fine del XVIII secolo si trovava nel
continente americano ( forse vicino ai 3 milioni ) non rappresentava che una piccola
parte del numero dei negri che in 300 anni erano stati strappati al loro paese d’
origine.
La mortalità fra essi fu, infatti, altissima, sia durante il trasporto, che veniva effettuato
in condizioni disumane, sia nelle piantagioni, dove erano privi di protezione nei
riguardi del proprietario, che in generale li sfruttava come fossero animali da lavoro
15
.
Naturalmente le condizioni di vita degli schiavi dipendevano molto dal tipo di lavoro
a cui erano destinati. Erano sicuramente più vantaggiose quelle degli schiavi
impiegati nella casa del padrone rispetto a quelle degli schiavi addetti alla
coltivazione della canna da zucchero o all’estrazione mineraria.
I suicidi, le fughe e le ribellioni furono frequenti, soprattutto fra gli schiavi importati
dall’Africa; le nuove generazioni, nate in America, invece, non opponevano per lo più
alcuna resistenza.
Nel periodo dell’ Illuminismo la condizione degli schiavi cominciò ad attirare l’
attenzione e le critiche dei ceti più colti. Tale movimento, infatti, in funzione dei
valori di ragione e di progresso, contestò la schiavitù ed, in genere, tutto quello che si
opponesse alla naturale, libera esplicazione della personalità degli individui, che è la
condizione essenziale del progresso, inteso come crescita economica e civile della
umanità
16
.
asiento de negros, un prezioso contratto esclusivo per la tratta degli schiavi.
15
Il famoso Middle Passage, il viaggio degli schiavi verso l’ America era organizzato dai negrieri in maniera tale che
la mortalità fosse più bassa possibile, per garantire la convenienza dell’ investimento. Ma in realtà le condizioni
erano pessime. Gli schiavi, in attesa che giungessero le navi che li avrebbero trasportati oltre l’ Atlantico, venivano
alloggiati in squallidi tuguri; prima di essere imbarcati venivano marchiati a fuoco, in modo tale che in futuro non
potessero sorgere dubbi sul loro status sociale. Durante gli imbarchi venivano incatenati, soprattutto per evitare
suicidi, e ammassati sotto coperta. I decessi erano frequenti, in quanto sulle navi negriere dominavano cattive
condizioni sanitarie e serpeggiavano le epidemie. Quando, infine, la nave giungeva sulle coste americane, dopo una
traversata di diverse settimane o addirittura mesi, gli schiavi divenivano dei veri e propri strumenti, del tutto
sottoposti al volere dei nuovi padroni.
16
L’ Illuminismo fu un movimento culturale e filosofico che si diffuse in Europa dall’ inizio del XVIII secolo fino alla
Rivoluzione francese.
14
Per lunghi anni la propaganda condotta dalle associazioni antischiaviste costituitesi in
Europa e in America non sortì alcun effetto, perché troppo forti erano gli interessi
privati con cui si scontrava; d’ altra parte al commercio negriero erano legati anche
gli interessi degli stati, che vedevano in esso un mezzo efficace per aumentare la
propria potenza navale.
La forte propaganda illuminista contro la schiavitù iniziò a sortire i propri effetti sul
finire del XVIII secolo.
Nel 1772 il giudice inglese Granville Sharp pronunciò una famosa sentenza in cui si
affermava che uno schiavo, toccando il suolo della Gran Bretagna, diveniva ipso
facto libero. Quindi il Tribunale di Boston, nel 1783, richiamandosi all’ art. 1 della
Costituzione del Massachusetts, che afferma che “ tutti gli uomini sono liberi e uguali
”, dichiarò che, in quello stato la schiavitù non aveva cittadinanza. Ma la propaganda
abolizionistica ottenne il primo trionfo legislativo in Inghilterra col bill del 1807 che
proibì la tratta marittima.
Già preceduta dalla Francia rivoluzionaria, che aveva abolito la schiavitù nel 1791,
salvo poi revocare l’ abolizione, e dalla Danimarca nel 1792, l’ Inghilterra fu seguita,
in rapida successione da tutti gli Stati Europei e Americani.
Il fenomeno poteva dirsi concluso, nella seconda metà del XIX secolo. Nel 1865, al
termine della Guerra di Secessione, fu approvato il tredicesimo emendamento della
Costituzione degli Stati Uniti, che aboliva l’ istituto della schiavitù, e, nel 1888, anche
il Brasile cancellò l’ormai inaccettabile istituzione.
Dalla civiltà occidentale, il fenomeno abrogazionista si estese a tutto il mondo: nel
1932 il comitato degli esperti sulla schiavitù, nominato dalle Nazioni Unite, constatò
come la schiavitù fosse ancora riconosciuta legalmente solo in alcune regioni dell’
Asia Centrale, del Tibet ed in Abissinia.
15
Tratta e schiavitù nel diritto internazionale.
In sede internazionale, il problema della schiavitù fu posto per la prima volta nel
Congresso di Vienna del 1815
17
. In quest’ occasione, infatti, venne emanata la
Dichiarazione delle Potenze sull’ abolizione della tratta dei Negri, con cui le Potenze
partecipanti affermavano collettivamente che la tratta contrastasse con il diritto delle
genti e la morale universale
18
. Al Congresso non si parlò, però, dei mezzi atti ad
abolire la schiavitù, perché, seppur gli Stati presenti consideravano il problema degno
di essere affrontato, di fatto ci si rendeva conto come l’abolizione della tratta
contrastasse con forti interessi economici. Nonostante la Dichiarazione, quindi, la
tratta dei negri non assunse la figura di “ delitto internazionale ”, ma continuò ad
essere considerato un problema interno ai singoli stati che possedevano colonie, con
la possibilità di accordi fra loro in materia.
Ciò nonostante, tale affermazione rappresentò un ulteriore stimolo per i sovrani
affinché emanassero atti che prevedessero il divieto della tratta e, in caso di
trasgressione, l’ erogazione di pene severe
19
; e costituì la premessa di altre iniziative
in campo internazionale.
Nel Congresso di Verona del 1822, infatti, l’ Inghilterra propose di assimilare la tratta
17
Il Congresso di Vienna si tenne nella capitale dell’ allora Impero austriaco, dal 1 ottobre 1814 al 9 giugno 1815. A
parteciparvi furono le principali nazioni europee, compresa la Francia, che tentarono così di dare un assetto all’
Europa dopo l’ avventura napoleonica. Il Congresso tende a considerare legittime solo le autorità preesistenti alla
rivoluzione francese ( principio di legittimità ).
Fu la Gran Bretagna, mediante il suo Ministro degli Esteri, Lord Castlereagh, ad auspicare l’abolizione completa e
definitiva della tratta. Ciò perché in questo paese la tratta era già stata abolita nel 1807, mediante una legge che
considerava tale fenomeno “ incompatibile con i principi di giustizia e umanità ”. Il Ministro inglese auspicava, in
particolare, che la legge abolizionista inglese del 1807 diventasse una legge internazionale accettata da tutte le
Potenze presenti al Congresso. Tale proposta incontrò la dura opposizione di Spagna e Portogallo che, in quanto stati
possessori di colonie che prosperavano grazie alla schiavitù, non accettarono che la questione potesse essere trattata
da stati che non possedevano colonie. I membri del Congresso, però, non accettarono questa posizione, ritenendo
che la tratta fosse una “ questione di morale pubblica e di umanità che interessa indubbiamente tutte le Potenze ”,
creando, così, un principio nuovo: uno Stato ha verso la “ comunità internazionale ” dei doveri ai quali i suoi
interessi devono essere subordinati.
18
Si legge: “ (…) le commerce connu sous le nom de ‘ traite des nègres d’Afrique ’ a été envisagé par les hommes
justes et éclairés de tous les tems, comme répugnant aux principes d’humanité et de morale universelle ”. Punto 15,
articolo 118 dell’ Atto finale del Congresso.
19
Così, ad esempio, Vittorio Emanuele I con R.D. 23 gennaio 1818 proibì la partecipazione dei suoi sudditi, anche
indiretta, a qualsiasi traffico di schiavi, comminando pene particolarmente severe.
16
alla pirateria per rendere possibile la visita sulle navi sospette
20
. Il duca di Wellington,
rappresentante inglese, sosteneva che solo riconoscendo agli Stati contraenti il diritto
di visita alle navi sospette, da effettuarsi dai rispettivi funzionari a ciò addetti, si
sarebbe potuto in qualche modo limitare la tratta stessa. Tuttavia, la proposta inglese
incontrò notevoli opposizioni soprattutto dalle Francia, preoccupata che il diritto di
visita, allo scopo di eliminare la tratta, potesse essere usato anche per fini diversi da
quello per cui era stato istituito.
Inghilterra e Francia arrivarono, comunque, a concludere un accordo in materia nel
1831, cui aderirono anche il Regno Sardo nel 1834 e la Toscana nel 1838.
Tuttavia, fu possibile stabilire una vigilanza sulle navi, allo scopo di impedire il
commercio degli schiavi sui mari, solo con il Trattato di Londra del 1841, tra
Inghilterra, Austria, Prussia e Russia. In particolare, oltre all’ abolizione della tratta
degli schiavi in Africa, si prevedeva che ognuno dei contraenti concedesse agli altri il
diritto reciproco di visita a bordo dei vascelli sospetti di tratta nelle acque africane,
escluso il Mediterraneo, e il diritto di giudicare i comandanti e gli equipaggi delle
navi, adibite al trasporto degli schiavi e catturate dai funzionari delle parti stesse,
qualunque fosse stata la nazionalità della nave
21
.
Successivamente l’ Atto generale della Conferenza di Berlino del 26 febbraio 1885
vietò, specialmente all’ articolo 9, la tratta e le operazioni per mare e per terra dirette
a consentire la stessa
22
. Le Potenze firmatarie assunsero l’ impegno di adoperare tutti i
possibili mezzi per far cessare il commercio degli schiavi e punire coloro che lo
esercitavano. In esecuzione di questo impegno l’ Italia, l’ Inghilterra, la Germania e
20
Il Congresso di Verona si svolse dal 9 al 14 ottobre 1822 e vi parteciparono i governanti di quasi tutti gli stati d’
Europa. Al Congresso furono discussi alcuni gravi problemi, quali il commercio dei negri, la pirateria nell’ Oceano
Atlantico, la situazione italiana e i problemi causati dalla rivoluzione spagnola.
21
Al Trattato non aderì la Francia, preoccupata dei possibili abusi nell’ esercizio del diritto di visita, potendosi usare
come pretesto per visitare qualsiasi nave il sospetto che si trattasse di navi negriere. Tuttavia, un diritto d’ inchiesta
sulla bandiera si convenne nel 1845 con la Convenzione del 29 maggio 1845 fra l’ Inghilterra e la Francia.
22
La Conferenza di Berlino, detta anche Conferenza sul Congo, regolò la colonizzazione e il commercio europeo in
Africa. Voluta da Bismarck, il primo cancelliere della Germania, vide come partecipanti i rappresentanti delle
seguenti nazioni: Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Portogallo,
Russia, Spagna, Svezia, Norvegia e Impero Ottomano.
La Conferenza iniziò nel 1884 e aveva lo scopo di sedare l’ enorme contenzioso sorto tra gli stati europei circa l’
occupazione del territorio africano, considerato res nullius. La Conferenza decise, quindi, di adottare norme
internazionali che regolassero i criteri di occupazione. Gli stati firmatari avrebbero avuto, inoltre, diritto all’
esercizio del libero commercio nel bacino del Congo. Fu firmato un divieto internazionale della tratta degli schiavi.
17
l’Olanda stabilirono nel 1888 di bloccare la costa di Zanzibar e Mozambico, con
diritto reciproco di visita delle navi sospette. La Francia si associò per il blocco, pur
riservando il diritto di visita delle navi di bandiera francese alla marina da guerra
francese.
Importanza storica grandissima ha, poi, la Conferenza di Bruxelles del 1890, in cui
gli Stati contraenti, conclusero una Convenzione, con cui vietarono ogni commercio
di schiavi da parte dei loro cittadini o tramite navi battenti la propria bandiera e si
riconobbero, a condizione di reciprocità, il diritto di visita alle rispettive navi in
determinate zone di alto mare. Nel caso in cui fosse realmente risultato che la nave
fosse dedita al traffico di schiavi, questa poteva essere sottoposta a cattura, mentre il
comandante e l’ equipaggio potevano essere giudicati dai tribunali di una delle parti
contraenti
23
. Inoltre, ogni schiavo rifugiato a bordo di una delle navi da guerra delle
Potenze contraenti veniva immediatamente affrancato. Gli Stati contraenti, infine,
assumevano anche l’ obbligo di inserire nei rispettivi ordinamenti interni alcune
misure di carattere penale volte a rendere effettiva la lotta contro il traffico degli
schiavi
24
.
Anche nella Convenzione di Saint-Germain del 1919 si contemplarono nuovi principi
per il regolamento del traffico marittimo nelle regioni africane e si affermò, all’
articolo 373 del Trattato di pace con l’Austria, l’ obbligo reciproco delle parti
contraenti di conformarsi agli atti relativi al divieto della tratta per terra e per mare e
della schiavitù in tutte le sue forme, compreso il lavoro forzato, la pseudo-adozione,
il concubinaggio forzato, la schiavitù per debiti ed altre situazioni di fatto
25
.
23
Il giudizio poteva essere svolto dai tribunali dello Stato di appartenenza della nave catturata o da quelli dello Stato
più vicino.
24
Tale accordo assume particolare rilevanza perché, innanzitutto, la visita e il fermo di navi straniere in alto mare
costituirono un’ importante deroga alla norma consuetudinaria di diritto internazionale del mare sulla sottoposizione,
in conseguenza della libertà di navigazione in alto mare, delle navi solo alla sovranità dello Stato della bandiera,
fatto salvo il caso della nave pirata. Ha assunto, poi, portata consuetudinaria anche la previsione del diritto alla
libertà ipso facto per ogni schiavo che si sia rifugiato a bordo di un’ altra nave, quale che sia la sua bandiera. Infine,
assume grande rilievo l’ampliamento, anche se solo allo Stato vicino all’ area del fermo, dell’ ambito della
giurisdizione penale statale, criterio di collegamento nuovo, svincolato da ogni tipo di coinvolgimento materiale
rispetto al fatto.
25
La Convenzione di Saint-Germain fu stipulata alla fine della prima guerra mondiale e in essa furono stabilite la
ripartizione dell’ Impero Austro-Ungarico e la condizione per la creazione della Repubblica austriaca. Fu firmata il
10 settembre 1919 e fa parte dei pre-accordi parigini che sancirono formalmente la conclusione della prima guerra
mondiale.
18
Allo stesso tempo il diritto internazionale convenzionale inizia ad occuparsi anche di
altre condotte analoghe alla tratta di schiavi. Ciò alla luce del fatto che alla
progressiva diminuzione del traffico degli schiavi faceva riscontro un aumento di
comportamenti correlati o di nuovi comportamenti analoghi cui non era
estensivamente applicabile la normativa internazionale esistente. Tra questi nuovi
comportamenti rientrano la tratta di esseri umani, soprattutto donne e bambini, spesso
a scopi di sfruttamento sessuale, ed il traffico di migranti clandestini.
Nel 1904 venne adottata, così, la Convenzione internazionale di Parigi, per l’
eliminazione della tratta delle bianche e la Convenzione internazionale di Parigi del
4 maggio 1910 per l’ eliminazione del traffico di donne bianche
26
.
La prima Convenzione internazionale volta a contrastare la schiavitù in ogni sua
forma e dovunque essa fosse praticata è stipulata a Ginevra il 26 settembre 1926, in
seguito ad un’ inchiesta effettuata da un’ apposita commissione, istituita dal Consiglio
della Società delle Nazioni, con il compito di accertare l’ aggravamento della
schiavitù nell’ Africa tropicale e in Abissinia
27
.
È qui che si rinviene la prima definizione di schiavitù, considerata come “ lo stato o
condizione di un individuo sul quale sono esercitati gli attributi del diritto di proprietà
o alcuni di essi ”
28
.
La tratta degli schiavi viene, invece, intesa come “ ogni atto di cattura, acquisto o
cessione di un individuo al fine di ridurlo in schiavitù; ogni atto di cessione a scopo
di vendita o di scambio di uno schiavo acquistato al fine di farne oggetto di vendita o
scambio e, in generale, ogni atto che costituisca commercio o trasporto di schiavi ”
29
.
26
Entrambe poi modificate da due Protocolli firmati a Lake Success il 4 maggio 1949 in ambito delle Nazioni Unite.
27
Nel 1922, infatti, Sir Artur Steel Maitland segnalava alla Società delle Nazioni una recrudescenza della schiavitù in
Africa. Fu, quindi, disposta un’ inchiesta che ne accertò ancora l’ esistenza su vasta estensione, soprattutto nelle
regioni tropicali dell’ Africa e nell’ Abissinia. L’ inchiesta non fu limitata però all’ Africa e alla schiavitù negra; il
problema fu posto in termini generali, per ogni forma di schiavitù, sia di negri che di bianchi, e dovunque fosse
praticata. Nel proprio rapporto conclusivo, infatti, la Commissione elencò una serie di istituti e pratiche
riconducibili, a suo parere, al genus della schiavitù.
28
Art.1: “ (…) status or condition of a person over whom any or all of the powers attaching to the right of ownership
are exercised ”.
29
“ (…) all acts involved in the capture, acquisition or disposal of a person with intent to reduce him to slavery; all
acts involved in the acquisition of a slave with a view to selling or exchanging him; all acts of disposal by sale or
exchange of a slave acquired with a view to being sold or exchanged, and, in general, every act of trade or
transport in slaves ”.
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