4
Capitolo 1
LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO
D’IMPRESA
1. Il reddito nell’imposizione diretta.
Il reddito è un’astrazione comunemente identificata nell’incremento della
ricchezza rapportata ad un periodo di tempo limitato
1
.
Nelle scienze economiche è possibile trovare questa e altre definizioni di
reddito
2
, ma il concetto di base è sempre lo stesso, inoltre, la materia non
richiede una definizione univoca che peraltro difficilmente riuscirebbe a
descrivere tutte le forme di incremento di ricchezza.
Le definizioni elaborate dalle materie economiche non coincidono, tuttavia,
con quelle elaborate dalla legge tributaria.
All’interno della normativa fiscale il reddito è ciò che la legge definisce
come tale, con la conseguenza che non ha alcuna rilevanza, ai fini del
prelievo fiscale, quell’incremento di ricchezza non previsto e
regolamentato dall’ordinamento tributario
3
.
1
L. CARPENTIERI, Redditi in natura e valore normale nelle imposte sui redditi, Giuffrè, Milano, 1997,
pag. 3.
2
F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario- parte speciale, Utet, Torino, 1991, pag. 12. L’autore
richiama le teorie elaborate dagli economisti raggruppandole in tre fondamentali aggregati: reddito come
prodotto, reddito come entrata, reddito come consumo.
3
Questa visione del reddito è propria della corrente di pensiero che sostiene quale unica possibile nozione
giuridica di reddito quella “nominalistica”, e che quindi il reddito è ciò che come tale viene
normativamente qualificato. E. DE MITA, La nozione di reddito, in AA. VV. Commentario al testo unico
delle imposte sui redditi ed altri scritti, il fisco, Roma- Milano, 1990, pag. 13; G. TINELLI, Il reddito
d’impresa nel diritto tributario, Giuffrè, Milano, 1991, pag. 54; L. CARPENTIERI, Redditi in natura e
valore normale nelle imposte sui redditi, cit., pag. 6, nota 6. Contrariamente A. URICCHIO, Il concetto di
reddito, in N. D’AMATI, L’imposta sul reddito delle persone fisiche, Utet, Torino, 1992, pag. 5; L.
TOSI, La nozione di reddito, in AA. VV. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, Tomo I, Utet,
Torino, 1996, pag. 7.
5
Questo aspetto riflette il principio di legalità
4
dell’imposizione, sancito
dalla Costituzione
5
, secondo il quale nessun prelievo tributario può essere
imposto se non in base alla legge.
Questo principio lega la formazione delle fattispecie impositive a criteri di
determinazione precisi e analitici, non permettendo il prelievo su
qualsivoglia entrata o incremento di ricchezza del soggetto passivo.
La rispondenza al principio di legalità della norma tributaria, affinché il
reddito sia tassabile, non è però sufficiente, bisogna ancorare il prelievo ad
un’ulteriore principio, quello della capacità contributiva
6
.
Questo principio, sancito dalla Costituzione
7
, stabilisce che tutti i soggetti
sono tenuti a partecipare alle spese pubbliche, non in forza della semplice
detenzione di ricchezza o della titolarità dei soggetti di entrate, bensì di
quella forza economica che permette agli individui di parteciparvi
8
.
Il concetto di capacità contributiva non deve essere confuso con quello di
capacità economica, poiché quest’ultimo non necessariamente dimostra
l’attitudine del soggetto a concorrere alle spese pubbliche.
Quando è ravvisabile una capacità economica non necessariamente è
ravvisabile una capacità contributiva, mentre è sempre vero il contrario
9
.
La nozione di reddito deve essere riferita ad una fonte qualificata che sia
espressione della capacità contributiva del soggetto passivo
4
Di questo principio è da sottolinearsi l’importanza in chiave istituzionale, evidenziando come la riserva
relativa di legge comporti che la scelta economico-politica dell’imposizione sia opera dell’organo
legislativo, espressione di democrazia e garantismo, e non del potere esecutivo ne, tantomeno,
dell’operato dell’Amministrazione finanziaria. R. LUPI, Diritto tributario- parte generale, Giuffrè,
Milano, 2000, pag. 8.
5
Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 23.
6
L. TOSI, La nozione di reddito, cit., pag. 7; R. LUPI, Diritto tributario- parte generale, cit., pag. 24.
7
Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 53.
8
E. POTITO, Il sistema delle imposte dirette, Giuffrè, Milano, 1989, pag. 1; E. DE MITA, La nozione di
reddito, cit., pag. 16; G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 8. R. LUPI, Diritto
tributario- parte generale, cit., pag. 26.
9
G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 9.
6
dell’imposizione, quindi della rilevanza economica e fiscale del reddito
stesso.
L’ottemperanza a questi principi è il motivo per cui non è riscontrabile,
all’interno del sistema normativo dell’imposizione diretta, una nozione
unitaria di reddito.
Peraltro in una tale definizione sarebbe riscontrabile una causa di
incostituzionalità della norma per mancanza di determinatezza dell’oggetto
dell’imposizione
10
.
Il legislatore tributario ha dunque definito le singole categorie di reddito,
passando attraverso la qualificazione giuridica delle fonti reddituali,
evitando una nozione unitaria di reddito che presentava, problemi di
incostituzionalità, nonché di effettiva funzionalità del sistema impositivo.
Sarebbe stato difficile, infatti, riuscire a costruire una definizione
onnicomprensiva capace di ricondurre al suo interno tutte le forme di
incremento di ricchezza.
Questa soluzione avrebbe comportato un continuo lavoro interpretativo a
carico del contribuente, nonché dell’Amministrazione finanziaria,
lasciando elevati margini di discrezionalità ed incertezza
11
.
Il legislatore ha eliminato questa possibilità predisponendo un sistema
normativo articolato e complesso, finalizzato ad una precisa individuazione
della materia impositiva.
Inoltre potrebbe risultare fuorviante chiedersi se esista o meno una nozione
giuridica di reddito, in quanto lo stesso problema potrebbe presentarsi per
tutti i concetti della terminologia corrente impiegati dal legislatore
12
.
10
E. DE MITA, La nozione di reddito, cit., pag. 16.
11
Relazione ministeriale al testo unico delle imposte sui redditi, in N. D’AMATI, L’imposta sul reddito
delle persone fisiche, cit., pag. 2.
12
R. LUPI, La determinazione del reddito e del patrimonio delle società di capitali tra principi civilistici
e norme tributarie, in Rass. Trib., I, 1990, pag. 701.
7
Più che della ricerca di una definizione di reddito è importante capire quali
sono i concetti di reddito e quali di questi rispondono alle esigenze del
legislatore nella formulazione delle fattispecie impositive.
Sono riscontrabili almeno tre concetti di reddito
13
: il reddito entrata, il
reddito spesa, il reddito prodotto.
Il primo non distingue la fonte da cui deriva il reddito, comprendendo al
suo interno il reddito spesa e il reddito prodotto, ed è costituito dall’insieme
delle entrate attribuibili al soggetto passivo.
Il reddito spesa
14
rappresenta quella parte di ricchezza nuova che viene
destinata al consumo.
Per reddito prodotto si intende una ricchezza nuova derivante da una fonte
produttiva, rinnovabile o meno, che può essere individuata in un bene o in
un’attività lavorativa.
E’ questo il concetto di reddito che il legislatore ha fatto proprio nel
delineare la normativa dell’imposizione diretta, il D.P.R. del 22 gennaio
1986, Testo Unico delle Imposte sui Redditi, T.U.I.R.
Ognuna delle categorie reddituali elencate nell’articolo 6 del T.U.I.R. è
individuata in base alla fonte di produzione: redditi fondiari, redditi di
capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi
d’impresa ed, infine, i redditi diversi.
E’ scomparso il criterio residuale presente nell’articolo 1 del previgente
D.P.R. 597/73, il quale nel delineare il presupposto dell’imposizione
comprendeva i redditi “provenienti da qualsiasi fonte”, mentre adesso
prevede quelli “rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6”. Questo
ha fatto ritenere che il concetto di reddito prodotto non è alla base del
13
E. POTITO, Il sistema delle imposte dirette, cit., pag. 9; E. DE MITA, La nozione di reddito, cit., pag.
14; L. CARPENTIERI, Redditi in natura e valore normale nelle imposte sui redditi, cit., pag. 6; R. LUPI,
Diritto tributario- parte speciale, cit., pag. 43.
14
Anche detto “reddito consumo”
8
sistema normativo dell’imposizione diretta. Tale ipotesi non si
concilierebbe con i redditi fondiari, determinati forfettariamente su base
catastale, come espresso nella relazione ministeriale al nuovo testo unico
15
.
Tuttavia, anche se non si tratta di reddito “prodotto”, inteso nel senso fisico
del termine, è un reddito individuato in base alla propria fonte, quindi si
può parlare di “reddito prodotto”, non potendosi ritenere che il reddito
derivante dal fondo sia un reddito entrata né, tantomeno, un reddito spesa
16
.
La classificazione, contenuta nell’articolo 6, risponde oltre che ad
un’esigenza tecnica, ad una discriminazione qualitativa dei redditi,
differenziando metodi di determinazione e quantità del prelievo in
relazione alla valutazione economico sociale fatta dal legislatore per ogni
categoria, permettendo una più stretta rispondenza al principio di capacità
contributiva
17
.
Il concetto di “reddito prodotto” porta dunque ad escludere quelle entrate
quali le somme percepite a titolo di mera reintegrazione patrimoniale,
mancando appunto l’aspetto produttivo di nuova ricchezza.
Rappresentano, invece, fonte reddituale tassabile, come previsto dal comma
2 dell’articolo 6, i risarcimenti dei danni per lucro cessante, essendo questi,
ed altre indennità, in sostituzione di una fonte reddituale
18
.
Con questa norma il legislatore non ha inteso abbandonare la nozione di
reddito prodotto nell’individuazione dei redditi, bensì ha semplicemente
tentato di individuare con maggiore esattezza quali altri redditi devono
considerarsi tassabili
19
.
Sono altresì da considerarsi imponibili i redditi derivanti da attività illecite.
15
N. D’AMATI, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, cit., pag. 1.
16
E. DE MITA, La nozione di reddito, cit., pag. 17; N. D’AMATI, L’imposta sul reddito delle persone
fisiche, pag. 2.
17
M. MICCINESI, Reddito delle persone fisiche (imposta sul), in Digesto IV, Diritto privato sezione
commerciale, Utet, Torino, 1996, pag. 175.
18
N. D’AMATI, L’imposta sul reddito delle persone fisiche, cit., pag. 39.
19
E. POTITO, Il sistema delle imposte dirette, cit., pag. 8.
9
Su tale dibattuto argomento si è espresso il legislatore
20
stabilendo che
devono essere compresi nelle rispettive categorie di reddito i proventi
derivanti da attività, atti o fatti qualificabili come illecito civile, penale o
amministrativo
21
.
Il reddito nell’imposizione diretta è quindi una fonte qualificata
giuridicamente di incremento di ricchezza, rientrante in una delle categorie
elencate dalla normativa, che sono l’espressione, in quanto reddito
prodotto, della capacità contributiva del soggetto passivo
22
.
2. Determinazione dei redditi e delle perdite, disposizioni generali e criteri
speciali.
Il problema delle valutazioni del reddito d’impresa non può essere
affrontato senza prima analizzare come il legislatore ha regolamentato il
percorso che bisogna seguire per la determinazione dei redditi.
Nel Titolo I, Capo I, del T.U.I.R. sono regolamentati i principi e criteri
generali dell’imposizione diretta in capo alle persone fisiche, seguono, nei
rispettivi capi, i criteri speciali di determinazione delle singole categorie
reddituali.
Questo percorso però si inverte nelle operazioni necessarie per arrivare alla
quantificazione dell’imposta. Bisogna, infatti, partire dalla determinazione
dei redditi e delle perdite delle singole categorie come previsto al comma 1
dell’articolo 9.
Questa disposizione ha quindi il compito di stabilire l’ordine logico
attraverso il quale si giunge alla base imponibile, creando un collegamento
20
Legge del 24 dicembre 1993, n° 537, articolo 14.
21
M. MICCINESI, Reddito delle persone fisiche (imposta sul), cit., pag. 175.
22
E. DE MITA, La nozione di reddito, cit., pag. 17; G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto
tributario, cit., pag. 18; A. BERENGHI- O. STROBINO, Il reddito d’impresa, casi applicativi per una
lettura propositiva delle norme, Giuffrè, Milano, 1992, pag. 26; N. D’AMATI, L’imposta sul reddito
delle persone fisiche, cit., pag. 5.
10
con l’altro criterio generale dettato dall’articolo 8, comma 1, in merito alla
determinazione del reddito complessivo, che si determina sommando i
redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo
23
.
Il reddito complessivo è dunque un risultato al quale si può giungere solo
dopo aver preliminarmente determinato il risultato complessivo netto di
ogni categoria
24
.
Il principio di separata determinazione dei redditi che ne deriva è, a sua
volta, basato sul concetto di “cespite” e l’attribuzione di questo ad una delle
categorie reddituali elencate nell’articolo 6.
Il concetto di cespite non trova però una definizione all’interno della
normativa tributaria, bisogna dunque ricondurre un’espressione d’uso
comune, tipica dell’economia e della contabilità, a termine giuridico.
Il legislatore usando il termine “cespite” si riferisce ad un concetto ampio,
intendendo questo come fonte reddituale autonomamente rilevante.
Una soluzione in senso restrittivo, limitata solo ai beni materiali produttivi
di reddito autonomo
25
, avrebbe portato all’esclusione di quei redditi
derivanti dalle attività lavorative del contribuente non aventi carattere di
materialità.
Il cespite è, in primo luogo, una fonte reddituale autonomamente rilevante
che concorre alla formazione del reddito di categoria alla quale appartiene.
Seguendo il disposto del primo comma dell’articolo 9, la risultante netta
dei cespiti appartenenti alla stessa categoria concorre alla formazione del
reddito complessivo
26
.
I cespiti appartenenti a diverse categorie di reddito saranno le fonti
suscettibili di produrre un reddito autonomamente rilevante, ma, in quanto
23
LEO- MONACCHI- SCHIAVO, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 1993, pag. 114.
24
E. POTITO, Il sistema delle imposte dirette, cit., pag. 44.
25
Ad esempio terreni produttivi di reddito fondiario.
26
N. D’AMATI, L’imposta sul reddito delle persone fisiche, cit., pag. 58.
11
afferenti ad un’unica categoria, concorreranno all’interno della stessa alla
formazione del risultato complessivo netto
27
.
Un esempio in tal senso è rappresentato, nella categoria del reddito
d’impresa, dai redditi derivanti da beni immobili non strumentali che fanno
parte del patrimonio dell’impresa.
Questi cespiti sono in grado di produrre reddito autonomamente rilevante
secondo le disposizioni del Capo II del T.U.I.R., attraverso le risultanze
catastali. Tuttavia, se appartenenti al patrimonio dell’impresa,
concorreranno alla formazione del reddito netto di questa categoria.
Il reddito d’impresa in particolare, attrae al suo interno, come unico reddito
di categoria, i redditi derivanti da cespiti che, se presi singolarmente, sono
in grado di dare origine a redditi di altre categorie
28
.
Dal sistema di determinazione dei redditi delineato dall’articolo 9 del
T.U.I.R. si evince quello che è il principio di unitarietà del risultato
reddituale di categoria, non essendo possibile all’interno della stessa una
determinazione separata di più redditi, anche se derivanti da cespiti capaci
di produrre redditi autonomi.
Questo comporta che, per ogni categoria, il reddito attribuibile al
contribuente è unico: indipendentemente dal numero di immobili posseduti
nel caso di reddito fondiario o dal numero di attività commerciali esercitate
nel caso di reddito d’impresa
29
.
Le disposizioni contenute nell’articolo 9, come già evidenziato, sono da
applicarsi a tutte le categorie reddituali nella formazione e valutazione del
reddito. La portata generale di questa norma è ribadita al comma 2, dove
27
G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 169.
28
Oltre all’esempio prima visto, l’onnicomprensività del reddito d’impresa può ben vedersi anche nel
caso dei proventi derivanti da somme liquide delle imprese investiti in titoli. Questi proventi saranno
fiscalmente trattati come reddito d’impresa. A. BERENGHI- O. STROBINO, Il reddito d’impresa, cit.,
pag. 10.
29
M. BEGHIN, Determinazione dell’imponibile e dell’imposta, in AA. VV. Giurisprudenza sistematica
di diritto tributario, Tomo I, Utet, Torino, 1996, pag. 149.
12
sono dettate le regole per la determinazione delle componenti reddituali
espresse in valuta estera e, ai commi 3 e 4, dov’è regolato il sistema di
determinazione del valore normale.
3. L’individuazione del reddito d’impresa.
Abbiamo già visto che al reddito complessivo si perviene solo dopo aver
preliminarmente determinato i redditi delle singole categorie che lo
compongono, elencate nell’articolo 6, secondo le modalità e regole degli
articoli 8 e 9 del T.U.I.R.
30
.
Ogni categoria di reddito segue propri principi per la determinazione
dell’imponibile e, in particolare modo, quella del reddito d’impresa
presenta caratteristiche peculiari e una complessa ed articolata normativa.
Il reddito d’impresa è infatti disciplinato nel Capo VI del T.U.I.R.,
all’interno di questa normativa è possibile distinguere fra norme generali e
norme speciali
31
.
Gli articoli 52, 75 e 76 rappresentano i criteri generali di determinazione
del reddito d’impresa.
Le altre norme del Capo rappresentano, invece, quei criteri speciali di
determinazione del reddito da applicarsi per le singole componenti positive
o negative del reddito stesso.
Non si tratta però di norme generali e speciali in senso tecnico-giuridico,
come nel caso del rapporto di specialità intercorrente fra l’articolo 9,
appartenente al primo capo delle “Disposizioni generali”, e l’articolo 76 del
Capo sesto del “Reddito d’impresa”, bensì di norme di determinazione che
non concernono singole componenti di reddito.
30
A. BERENGHI- O. STROBINO, Il reddito d’impresa, cit., pag. 3; N. D’AMATI, L’imposta sui redditi
delle persone fisiche, cit., pag. 47, 55; LEO- MONACCHI- SCHIAVO, Le imposte sui redditi nel testo
unico, cit., pag. 114; M. MICCINESI, Reddito delle persone fisiche (imposta sul), cit., pag. 174.
31
G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 189.
13
Queste norme regolano in negativo i principi cardine su cui si basa
l’imposizione diretta in capo alle imprese (derivazione dall’utile civilistico,
principio di competenza, inerenza)
32
.
Il problema preliminare all’analisi dei criteri generali di determinazione del
reddito d’impresa è rappresentato dall’individuazione della categoria
reddituale stessa.
Il reddito d’impresa è definito dal legislatore nell’articolo 51 del T.U.I.R.,
dove stabilisce quali incrementi di ricchezza e quali soggetti sono
sottoposti alla normativa e al prelievo secondo le regole del Capo sesto.
I criteri di individuazione adottati dal legislatore sono molteplici,
caratteristiche oggettive dell’attività d’impresa, elementi soggettivi, forme
giuridiche predisposte dal diritto
33
.
Il legislatore tributario non si è limitato a rifarsi alla definizione civilistica
dell’impresa, che risulta fiscalmente poco funzionale, ma ha preferito farsi
carico di puntualizzarla per rendere meglio riconoscibile in ambito fiscale
soggetti e redditi sottoposti al regime del reddito d’impresa
34
.
Il primo comma dell’articolo 51 stabilisce che sono redditi d’impresa quelli
che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di
imprese commerciali il legislatore intende l’esercizio abituale, ancorché
non esclusivo, delle attività elencate nell’articolo 2195 del codice civile.
Sono quindi sempre da ritenersi redditi d’impresa quegli incrementi di
ricchezza che derivano dall’esercizio delle attività commerciali indicate
dalla normativa civilistica anche se non organizzate in forma di impresa.
32
G. ZIZZO, Regole generali sulla determinazione del reddito d’impresa, cit., pag. 473.
33
E. POTITO, Il sistema delle imposte dirette, cit., pag. 133; A. FANTOZZI, Il reddito d’impresa, in AA.
VV. Commentario al testo unico delle imposte sui redditi ed altri scritti, il fisco, Roma- Milano, 1990,
pag. 211; A. BERENGHI- O. STROBINO, Il reddito d’impresa, cit., pag. 4; F. TESAURO, Istituzioni di
diritto tributario, cit., pag. 61; G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 35; M.
MICCINESI, Reddito delle persone fisiche (imposta sul), cit., pag. 192; N. D’AMATI, L’imposta sui
redditi delle persone fisiche, cit., pag. 372; F. CROVATO- R. LUPI, Il reddito d’impresa. Concetti
strutturali, collegamenti sistematici e approfondimenti operativi, Il Sole 24 ORE, Milano, 2002, pag. 8.
34
A. BERENGHI- O. STROBINO, Il reddito d’impresa, cit., pag. 4.
14
Prescindendo dal requisito dell’organizzazione, richiesto invece nella
definizione civilistica di imprenditore all’articolo 2082 del codice civile, si
amplia la categoria del reddito d’impresa comprendendo, accanto alla
grande e media impresa, i piccoli imprenditori gli artigiani, gli ausiliari
degli imprenditori
35
.
L’intento del legislatore è dunque quello di ricondurre sullo stesso piano
impositivo attività sostanzialmente identiche seppur esercitate in forma
diversa, utilizzando regole di carattere oggettivo, prescindendo in questi
casi dalle caratteristiche del soggetto che esercita l’attività d’impresa
36
.
L’oggetto commerciale comporta dunque l’obbiettiva predisposizione ed
attitudine alla produzione di beni e servizi anche se esercitata senza un
corredo significativo di beni strumentali. Questo perché l’individuazione di
questa categoria reddituale è affidata a criteri prettamente qualitativi,
quindi sulla natura dell’attività, e sulle modalità di espletamento della
stessa.
Il requisito dell’organizzazione, tuttavia, diventa discriminante per la
definizione del reddito d’impresa qualora l’attività svolta non è di tipo
commerciale. Infatti la lettera a) del secondo comma dell’articolo 51
considera redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di attività
organizzate in forma d’impresa diretta alla prestazione di servizi che non
rientrano nell’articolo 2195 del codice civile.
In questo caso è il dato soggettivo a definire l’attività dell’impresa, poiché
viene privilegiato l’aspetto organizzativo che il soggetto si è dato per
svolgere la propria attività
37
.
35
M. MICCINESI, Reddito delle persone fisiche (imposta sul), cit., pag. 193.
36
G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 71.
37
E. POTITO, Il sistema delle imposte dirette, cit., pag. 134; A. FANTOZZI, Il reddito d’impresa, cit.,
pag. 213.
15
Per i redditi elencati nella lettera b), il legislatore non richiede il requisito
dell’organizzazione, lo assume come dato di fatto, ritenendo scontata
questa caratteristica in relazione alla complessità dell’apparato dei beni
necessari al regolare svolgimento delle attività, basandosi sull’obiettiva
predisposizione alla produzione di beni e servizi e alla loro destinazione al
mercato che le qualifica oltretutto come attività commerciali
38
.
Questa presunzione è la stessa che sta alla base dell’imponibilità come
redditi d’impresa per quelli previsti nella seconda parte del comma 1, dove
non è tanto il dato quantitativo, l’eccedere dei limiti stabiliti nell’articolo
29 del T.U.I.R., bensì quello obbiettivamente qualitativo di commercialità
dell’attività.
L’individuazione della categoria dei redditi d’impresa risulta quindi basata
su una valutazione oggettiva dell’attività esercitata, che la norma fiscale
presume commerciale in presenza dei caratteri indicati nell’articolo 51 del
T.U.I.R.
39
.
Questa valutazione oggettiva dell’attività commerciale è presente anche
nella norma contenuta alla lettera c), comma 2, che qualifica come redditi
d’impresa quelli dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle
attività agricole di cui all’articolo 29, anche se nei limiti stabiliti, quando
questi spettino ai soggetti indicati nelle lettere a) e b) del comma 1
dell’articolo 87, nonché alla società in nome collettivo e in accomandita
semplice
40
.
’
38
M. MICCINESI, Reddito delle persone fisiche (imposta sul), cit., pag. 193.
39
G. TINELLI, Il reddito d’impresa nel diritto tributario, cit., pag. 71.
40
La lettera è stata cosi modificata dall’articolo 3, comma 4, legge del 23/12/1996, n° 662. I soggetti
indicati nelle lettere a) e b) del comma 1, articolo 87, sono: a) le società per azioni e in accomandita
semplice per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua
assicurazione residenti nel territorio dello stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società residenti
nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.