2
Perfino la legge Biblica insegnava ai guerrieri “Il Signore, Iddio tuo, ti darà la
città nelle mani e allora metti a fil di spada tutti i maschi; ma le donne, i
bambini, il bestiame e tutto ciò che sarà nella città, tutto quanto il suo bottino,
portalo via con te e goditi del bottino dei tuoi nemici, che il Signore, Iddio tuo, ti
avrà dato”
3
.
Nondimeno durante le Crociate, i cristiani erano ben consapevoli che nessuna
scrittura condannava come peccato la violenza sulle donne, evitando, per lo
meno fino alla permanenza sul mondo terreno, punizione di sorta
4
.
Tralasciando disquisizioni femministe sulla considerazione della donna,
peraltro fuori luogo se si nota il periodo in esame, quello che emerge è senz’altro
una connotazione puramente “economica” dell’argomento in esame: le donne
erano bottino di guerra.
Più genericamente le donne erano il bene materiale su cui esercitare un diritto
di proprietà da parte, ovviamente, visto i tempi, dell’uomo (che fosse il padre,
marito o fratello poco importa).
Ciò che risulta evidente, a parte il tentativo di accordo fra Achille e
Agamennone, è una situazione generalizzata che inquadra le donne alla pari dei
monili o delle bestie da lavoro. E al pari di queste ultime chiunque tentasse di
appropriarsene o di entrarne in possesso in varia maniera, provocava un danno
al legittimo proprietario, al padrone insomma.
Così, sia in tempo di pace che di guerra, fosse questa fra popolazioni
5
differenti
o aventi in comune le stesse origini, il risultato era sempre un “crimine” contro
la proprietà
6
.
Il crimine consisteva, infatti, nel sottrarre una donna dai legittimi proprietari e,
nel caso di “vergini”, lo stupro ne distruggeva irrimediabilmente il valore
economico, provocando peraltro l’accantonamento sociale della famiglia di
appartenenza. Le figlie violate potevano essere donate ad un convento ed in
molti casi erano date in moglie a colui che le aveva violentate.
7
3
Bibbia, Deuteronomio: 20:14. Sottolineo l’equiparazione implicita fra le donne, i bambini e il bestiame.
4
Anne Barker, Justice Delayed, Michigan State University-DCL-Journal of International Law, summer
1999. Vol.8, issue 2. In nota 3 a pagina 452 cita Michael Walzer, Just and Unjust Wars, 134-5 (1992).
5
Di “nazioni” si potrà parlare solo nel XVI-XVII secolo.
6
K. D. Askin, War Crimes against Women , pag 21: Rape of a woman was considered as a property
crime…
7
Ibidem, in nota 53.
3
Qualche autore riporta comunque che singoli e disparati interventi furono
attuati da alcuni personaggi particolarmente illuminati che, precorrendo i
tempi, sottolineavano come in tempo di guerra fosse necessaria una diversità di
trattamento fra combattenti e civili.
Alberico Gentili (1552-1608) narra nel suo De Iure Belli che Scipione si adoperò
per difendere la castità delle donne catturate (ancora una volta il profilo
economico: si difende il valore di mercato, non la persona); che Totila, capo dei
Goti, si preoccupò che nessuna donna fosse violata; Valerio Torquato fu
mandato in esilio senza neppure un voto di veto poiché usò violenza nei
confronti di una prigioniera.
Ancora, però, il bilancio è in negativo se si considera che questi pochi “eventi” si
snodano nell’arco di centinaia d'anni.
Non si deve pensare, però, che une seppur minima attenzione alla sorte dei
“civili” in tempo di guerra fosse prerogativa della cultura occidentale.
M.Cherif Bassiouni
8
, brevemente, richiama l’attenzione proprio sul
contemporaneo sviluppo di istanze contrarie all’inutile sofferenza
9
inferta a
certe categorie di persone in tempo di guerra.
A parte la difficoltà di concepire la sofferenza “utile”, è importante notare come
l’Autore ponga alla base dell’evoluzione in tal senso proprio la convergenza delle
religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo e Islam incorporarono le stesse
regole da osservare in tempo di guerra che si possono ritrovare presenti in altre
culture. I Cinesi, gli Indù, gli Egiziani fino agli Assiro-Babilonesi imponevano il
rispetto dei civili. In che termini esattamente non è chiaro, ma l’Autore cita un
codice Giapponese - il Codice Bushido- che imponeva il rispetto dell’onore e
relativo comportamento da attuare.
Un altro esempio risale al 634 a. C. e riguarda l’Islam.
In prima linea Caliph Abu Bakar imponeva ai suoi soldati, in procinto di
invadere la Siria, di “ non mutilare e neppure uccidere bambini, vecchi e
donne”
10
.
8
M. Cherif Bassiouni, The Law of the International Criminal Tribunal for The Former Yugoslavia, The
Netherlands, 1996, pag.482.
9
Ibidem: “Unnecessary pain and suffering” a pag. 482, par. II.
10
Ibidem, pag. 483, nota 4.
4
Un cenno a parte meritavano i ministri del culto “avversario”, ovviamente
maggiormente esposti nelle cosiddette guerre di religione.
Da quello che si può arguire da questi scarni cenni sull’epoca antica, lo sforzo di
queste civiltà è rimarchevole. Adoperarsi per non uccidere persone estranee alle
ostilità in un’epoca che non conosceva i diritti umani, il valore della persona e la
sua dignità come tale è eccezionale, ma resta da immaginare tutta l’ulteriore
gamma di insofferenze da poter infliggere che non si riducessero alla morte.
Bassiouni evidenzia come già in questo periodo si possa parlare degli ancestrali
prodromi del diritto internazionale umanitario, ma per quanto riguarda la
protezione specifica da devolvere alle donne
11
, intendo proprio contro lo stupro,
si dovrà aspettare la scoperta dell’America e la sua successiva guerra di
secessione
12
.
11
Non intendo avvallare la teoria di alcuni Autori incentrata sulla creazione di un crimine
specificatamente relazionato alle donne (gender related crime), quale lo stupro. E’ tristemente vero che,
senza bisogno di stime accurate, il 90% degli stupri è perpetrato contro le donne in quanto tali; ma non
bisogna tralasciare che una seppur minima percentuale è riservata pur agli esponenti del sesso maschile.
Infra Terzo Capitolo, Sezione VI.
12
Mi riferisco al Lieber Code, infra al par. 3.
5
2. Dal Medio Evo al Diciannovesimo Secolo
“Nel Medio Evo, le opportunità di stuprare e saccheggiare erano fra i pochi
vantaggi riconosciuti… ai soldati, pagati con irregolarità dai loro padroni…
Quando la città di Costantinopoli fu saccheggiata nel 1204 lo stupro e il
saccheggio andavano di pari passo…
Con il passare del tempo, il trionfo sulle donne ottenuto con la violenza divenne
un modo per misurare la vittoria, parte della dimostrazione di mascolinità e
successo dei soldati, una tangibile ricompensa per i servizi resi….e un premio
di guerra”
13
.
Senza soluzione di continuità il Basso Medio Evo (formalmente dal 476 d.C. al X
secolo circa d.C.) prosegue in linea con il periodo precedente.
Anzi, contrariamente alle sopra descritte aspettative di protezione ai civili, si
registra quella che sembra un’inversione di tendenza.
Forse dovuta alla generale sensazione di mancanza di ordine e limiti che
conseguirono alla caduta di quel che rimaneva dell’Impero Romano d’Occidente
o, più probabilmente, per la sporadicità ed esiguità delle previsioni in difesa dei
civili la situazione di questi ultimi durante i conflitti non fece che ripresentarsi
in tutta la sua crudeltà.
Per le donne la situazione, in realtà, non muta di molto.
D’altra parte non si può pretendere un trattamento di riguardo durante la
guerra quando nemmeno in tempo di pace si riceve alcuna attenzione.
Le donne potevano essere arse al rogo per adulterio, prostituzione e simili
14
.
Il diritto canonico
15
premeva di sottolineare che la donna, assolutamente
soggetta all’uomo, doveva obbedire in ogni tempo a quest’ultimo.
Quello che emerge è senz’altro il consolidarsi della violenza contro le donne
come un crimine sì, ma contro la “purezza sessuale”, la castità. Con l’imperare
13
Susan Brownmiller, Against Our Will, Men, Women and Rape, London, 1975.
Sottolineatura aggiunta.
14
Vedi Brownmiller, op.cit., nota 12, pag. 31.
15
Il diritto canonico era nell’epoca in questione l’unica forma di diritto sovranazionale e universalmente
riconosciuto.
6
della religione cristiana, che permea ogni singolo istante della vita dell’uomo
medioevale, si è verificato uno spostamento dell’asse di valutazione.
La proprietà cede alla purezza virginale.
Quello che deve essere tutelata è la società in ogni suo singolo aspetto, in ogni
sua singola conformazione.
La famiglia è alla base della società, la donna è alla base della famiglia.
Attentando all’onore della donna, si incide indelebilmente la famiglia. Proprio in
questo periodo si consolida la considerazione dello stupro come crimine contro
la moralità, la decenza, contro le virtù della donna, intesa come custode del
focolare domestico
16
. Bisogna prestare attenzione, però, al fatto che il bene
tutelato è la castità, la purezza sessuale della donna, ma che titolare del bene in
questione era per sempre l’uomo.
Se questa era la situazione in tempo di pace, sul fronte guerre poco muta.
Le donne rimangono con la loro etichetta di bottino e assurgono a “dignità” di
ricompensa dopo il combattimento.
Lo stupro in tempo di guerra, insomma, rimane ancora un elemento
connaturale al conflitto stesso. Non si ha motivo di ritenere che fosse
appositamente incoraggiato dai superiori,
17
né che facesse parte di una politica
prestabilita per annientare le radici etniche dell’avversario.
18
Lo stupro era semmai considerato come la meritata ricompensa per aver
combattuto strenuamente e aver sconfitto il nemico
19
.
Volendo ricercare una ulteriore connotazione, lo stupro delle donne del nemico
costituiva un marchio indelebile nella storia degli sconfitti
20
.
16
Nel codice penale italiano la violenza sessuale era sanzionata dell’articolo 519; quest’ultimo, pero’, era
collocato all’interno del titolo IX a presidio della moralità’ pubblica e buon costume. Solo nel 1996 con la
legge n° 66 fu introdotto l’articolo 609 bis a reprimere la violenza sessuale all’interno del titolo XII
dedicato ai delitti contro la persona (capo III, delitti contro la libertà individuale, sezione II, dei delitti
contro la libertà personale).
17
Come invece appare accadere con i conflitti sia in Bosnia –Herzegovina che in Rwanda.
18
I Rapporti presentati alle Nazioni Unite dai Commissari Speciali nell’Ex Yugoslavia testimoniano la
generalizzata politica di sterminio etnico attuato tramite violenza sessuale. Determinanti, a questo
proposito sono le istanze culturali e religiose presenti nelle società colpite. Vedi infra.
19
Interessante è osservare come questo aspetto di “ricompensa per le fatiche” sia presente anche nella
Seconda Guerra Mondiale e sia documentato negli atti del Tribunale di Tokyo. Uno degli aspetti
emblematici delle cosiddette “comfort women” di Nanking.
7
Un atto compiuto per sancire la sconfitta in ogni suo aspetto, uno scherno quasi.
Gli uomini venivano così bollati come inetti alla guerra e incapaci di difendere
persino il focolare domestico, il che equivaleva alla sconfitta totale.
Con l’avvicinarsi del trapasso che sfocerà nel Periodo Moderno, la storia del
diritto si vanta di un avvenimento che sembra sì isolato, ma che riveste, per lo
meno alla luce dell’argomento in esame, un’importanza a dir poco straordinaria.
Vari autori
21
riportano l’esistenza, datata 1474, del primo processo formalmente
internazionale dove l’imputato dovette rispondere per violazione delle
consuetudini di guerra
22
.
Bassiouni riporta l’evento come la prima testimonianza dell’esistenza di un
processo internazionale intentato contro un militare per violazione delle
consuetudini di guerra
23
.
Appunto nel 1474 Peter von Hagenbach divenne il primo imputato per
violazione delle leggi e consuetudini di guerra. Il processo fu tenuto a Breisach,
Germania, al cospetto di ventisette magistrati del Sacro Romano Impero.
L’internazionalità fu garantita dal Pubblico Ministero Henry Iselin da Basilea e
dalle nazionalità dei giudici del collegio giudicante provenienti da Svizzera,
Alsazia e Germania
24
.
Von Hagenbach fu ritenuto responsabile di omicidio, stupro, spergiuro e altri
crimini.
Non bisogna fraintendere, però, la reale portata di quanto riportato.
Von Hagenbach fu si processato per aver instaurato un “regno di terrore
25
” nella
città di Breisach, ma in quanto omise di dichiarare formalmente guerra.
26
20
K. D. Askin, op.cit., pag. 28
21
M. Cherif Bassiouni, International Criminal Law, A Draft International Criminal Code, The
Netherlands, 1980, pagina 8. Wells D., War Crimes and Laws of War, Maryland, 1991, pagina 93. Taylor
T., Nuremberg and Vietnam, an American Tragedy, Chicago, 1970, pagina 81.
22
Tuttora lo stupro e’ perseguito come crimine di guerra. Infra, Secondo Capitolo.
23
Bassiouni, International Criminal Law, A Draft International Criminal Code, The Netherlands, 1980,
pag. 8.
24
Il Processo di Norimberga è comunque ritenuto essere il primo caratterizzato dalla completa
internazionalità dato l’impatto devastante delle azioni criminali che ha caratterizzato il Secondo Conflitto
Mondiale.
25
K. D. Askin, op. cit., pag. 29.
8
L’Autore che riporta la cronaca del processo dichiara che in realtà l’imputato fu
condannato per atti che, se intervenuti dopo la formale dichiarazione di guerra,
sarebbero stati permeati dall’aura della legalità.
La connotazione criminale, quindi, non risiedeva negli atti di omicidio, stupro e
simili in quanto tali, ma nell’avere omesso di intraprendere da subito una guerra
“giusta”.
Wells riporta chiaramente che, in caso di formalità regolarmente adempiute, le
città che avessero rifiutato di arrendersi quando richiesto, avrebbero reso
“legale” lo stupro delle loro cittadine.
E’ importante sottolineare sin da ora l’importanza di questo processo per quanto
riguarda la responsabilità penale nell’ambito delle gerarchie militari.
Il tale von Hagenbach tentò di discolparsi adducendo il suo rango di soldato e,
come tale, la sua totale abnegazione agli ordini dei superiori. Egli sembra aver
affermato di aver commesso tali atti su ordine del Duca Carlo “Il Calvo” e quindi
di non poter essere considerato assolutamente responsabile.
Il Collegio rigettò l’ipotesi
27
.
La questione della responsabilità del superiore gerarchico è una delle tante ad
aver affannato Pubblici Ministeri e Giudici durante il Processo di Norimberga
28
,
quando si cercò di svincolarsi dalla responsabilità penale invocando la rigida
gerarchia in seno all’esercito e la devozione da rivolgere ai propri superiori che
imporrebbe al soldato di grado inferiore di obbedire sempre e comunque.
Concetto, quest’ultimo, molto caro a Giovanni di Salisburgo che, nel suo
Policraticus, sanciva indiscutibilmente l’assoluto dovere di ogni soldato di
obbedire agli ordini: di qualunque natura essi fossero.
Il fatto è che quest’ultimo autore scrisse nel 1159 mentre il processo svoltosi a
Breisach si tenne più di tre secoli dopo
29
. Un sensibile cambiamento che sarà
particolarmente apprezzato nel XX secolo e che permetterà di punire certi
crimini, in primis lo stupro, in tutte le sue possibili connotazioni.
26
Ibidem. Si riporta il testo originale: The charge against him was that he had instituted this terror
without first having declared war. Had he declared war, the acts would have been proper.
27
Askin, op. cit., pag. 28. Non sono note le argomentazioni adottate dal collegio che rigettano le pretese
dell’imputato.
28
Tuttora caratterizza molte fra le decisioni del Tribunale per l’Ex Yugoslavia e per il Rwanda.
29
La responsabilità del superiore gerarchico consiste in uno degli aspetti fondamentali per il crimine di
stupro così come perpetrato nei conflitti esaminati.
9
Il Seicento è una pietra miliare per il diritto, che cerca di divincolarsi dai dogmi
religiosi tentando di trovare fondamento in se stesso.
Huug van der Groot, detto Grotius, nel De Iure Belli ac Pacis (1646) mentre
sosteneva che di per sé il diritto naturale e delle nazioni non proibisce tutte le
guerre, al contempo affermava l’assoluta necessità di proibire i conflitti che
violassero i diritti dei popoli.
A proposito della violenza sessuale in tempo di guerra, l’Autore riporta le
opinioni di coloro che ritengono ammissibile la violenza nei confronti delle
donne
30
.
Al tempo stesso, però, sottolinea che una “conclusione migliore sia stata
raggiunta da altri... e di conseguenza [lo stupro] non dovrebbe rimanere
impunito in guerra meno che in tempo di pace”
31
Un secolo dopo, con l’affermarsi dell’Illuminismo, Jean Jacques Rousseau
(1712-1778) premeva per la protezione dei civili in tempo di guerra.
Si affermano proprio con le istanze illuministe le esigenze di distinguere la
necessità di difendersi contro chi brandisce le armi e combatte da chi rimane
inerme.
Rousseau scriveva “ si ha il diritto di uccidere il nemico in quanto sia armato” e
poi “ la guerra non conferisce alcun diritto che non sia necessario per i suoi fini”.
Massacrare civili indifesi non dovrebbe rientrare fra i fini militari, tantomeno
violentare le donne.
Purtroppo, nonostante la sensibilizzazione di coloro che, non a caso ,vengono
chiamati illuministi, la violenza sulle donne non veniva punita. Non lo era in
tempo di pace
32
, tanto meno lo era in tempo di guerra
33
.
30
Grotius, De Iure Belli ac Pacis Libri Tres citato da K. D. Askin, op.cit., in nota 87 a pag. 30.
31
Ibidem: A better conclusion has been reached by others … and consequently [rape] should not go
unpunished in war any more than in peace.
32
Il diritto cosiddetto “domestico” puniva lo stupro. Il problema era (è) che la violenza sessuale
rappresentava un crimine solo se attuata entro certi canoni prestabiliti. Giammai si concepiva lo stupro
perpetrato dal marito (anche adesso il panorama giudiziale non diverge poi di molto) nell’ambito
familiare. Era sempre comunque richiesto un elevato grado di coercizione fisica, la donna doveva
dimostrare di aver reagito a costo della sua stessa vita. Inoltre la vergogna relegava nel dimenticatoio
molti casi di violenza sessuale, che quindi depauperavano di molto la rilevanza stessa del crimine.
10
Fortunatamente, pero’, l’attenzione verso i civili inermi non rimane relegata
nelle, pur fondamentali, pagine di filosofi ma riceve una particolare
connotazione pratica nei documenti internazionali.
Mi riferisco ad un trattato stipulato nel 1785 fra Stati Uniti D’America e Prussia.
Dall’indipendenza ottenuta a scapito della Gran Bretagna., gli Stati Uniti
stipularono trattati di natura squisitamente commerciale con la Francia (1778) e
i Paesi Passi (1782).
Ciò che rende particolare quello stipulato con la Prussia e’ evidente sin dal
titolo: trattato di Amicizia e Commercio; la peculiarità emerge invece
dall’articolo XXIII che specifica: Se una guerra dovesse scoppiare fra le Parti
Contraenti... le donne e i bambini...non saranno molestati nella loro persona.
34
Ora, a parte la formulazione tipicamente vittoriana
35
del crimine in questione, e’
rimarchevole l’attenzione rivolta ai civili e in particolare alle donne.
Sorprende, forse, come così repentinamente si fosse radicata l’improvvisa
consapevolezza delle sofferenze inferte alle donne in tempo di guerra e come
altrettanto subitaneamente si fosse corsi ai ripari
36
.
Fu la pressione di un ambasciatore illuminato o, piuttosto, l’espressione di
un’epoca?
33
Durante la rivoluzione francese molte donne furono letteralmente annientate dal Generale Westermann
perché considerate come potenziali “riproduttrici” di soldati nemici. Il Generale dichiarò: “Ho massacrato
le donne che non daranno più vita ai briganti”. Il Generale fu giustiziato nel 1794.
In Askin, op.cit., nota 96 a pag. 32.
34
Yougindra Khushalani, Dignity and Honour of Women as Basic and Fundamental Human Rights, The
Hague, 1982, pagina 3. Riporto il testo originale: “If war should arise between the two contracting
parties… and all women and children …shall not be molested in their persons…”
35
Il Pubblico Ministero dell’ICTY ha sovente espresso rammarico per l’ostinazione, da parte degli
operatori di diritto, a qualificare lo stupro sotto “pseudonimo”, nascondendo la triste realtà’ del crimine
sotto un velo terminologico adatto, appunto, all’epoca vittoriana.
Patricia Viseur Seller, personal paper donatomi da Avril McDonald, ricercatrice presso l’Asser Instituut
in Den Haag, a pagina 3.
36
Peraltro il trattato in questione includeva dettagliate istruzioni da osservare anche per quanto riguarda i
prigionieri di guerra. Ibidem, pag. 4.
11
3. Il Diciannovesimo Secolo e la Guerra di Secessione Americana
Col senno di poi non si può giudicare sul Trattato fra Stati Uniti e Prussia.
Certo è che sembra affrettato attribuirgli una reale portata storica.
Tantomeno di essere il simbolo di un’epoca.
L’attenzione, però, rimane rivolta agli Stati Uniti comunque.
Non che all’epoca pullulassero i trattati sulle consuetudini di guerra, ma
comunque una certa attenzione alla materia era senz’altro presente.
Il Generale Winfield Scott fece del suo meglio nel 1847
37
, per rendere
effettivamente applicabile un atto emanato dal Congresso Americano che
altrimenti avrebbe certamente avuto vita breve.
Il General Orders
38
no 20 rappresenta un sistema supplementare di norme ad
ausilio del più altolocato “ Rules and Articles of War”.
Quello che lo nobilita in particolar modo è, però, l’articolo due che contiene un
elenco di offese da punire severamente: si parte dall’assassinio in prima
posizione per incontrare, in quarta, proprio lo stupro.
Il fatto che questo sia specificatamente menzionato come offesa grave, anche
dall’articolo successivo
39
, è di estrema importanza.
Non a caso, la prima previsione specifica dello stupro come crimine da
condannare assolutamente proviene da un Generale dell’esercito e viene
imposto ai militari sottoposti. Quasi a sottolineare l’impellente necessità di
proibire condotte talmente diffuse da rendere inutili i ripetuti richiami ai
sottoposti e parimenti necessaria la previsione di una specifica norma
incriminatrice.
Emblematico il riferimento ai soggetti principalmente coinvolti nell’atto
criminale in questione: il soldato e il civile indifeso. Questi rappresentano
37
19 Febbraio 1847. Dettagli sulla sua pubblicazione sono presenti in nota 6, pagina 4, di Y. Khushalani,
op.cit.
38
Non saprei esattamente come tradurlo. Ho preferito quindi lasciare il termine originale con cui,
peraltro, è conosciuto.
39
L’articolo 3 specifica: ... l’onore degli Stati Uniti, e l’interesse dell’umanità domanda imperiosamente
che ogni crimine sopra menzionato, -vedi articolo 2-, sia severamente punito. Traduzione dal testo
originale.
12
proprio i primi elementi fondamentali che devono essere riscontrati ogni qual
volta si proceda per questo crimine di guerra
40
: l’imputato deve appartenere alle
forze armate presenti nel conflitto, o comunque deve essere ad esse
relazionabile; il civile disarmato
41
rappresenterà la parte offesa.
La pietra miliare della codificazione dei crimini di guerra e’ pero’ dovuta a
Francis Lieber.
In una lettera indirizzata ad un collega e datata 20 Febbraio 1863, Lieber
esprime la sua costernazione per l’opera estremamente complicata che lo
attendeva: “Non ho alcuna guida, nessun precedente, alcun testo...gli usi, la
storia, la ragione, la coscienza e un sincero amore per la verità, la giustizia e la
civiltà sono state le mie guide...”
42
.
Ora, a parte l’enfasi delle parole che rimandano ai classici film sulla Guerra
Civile negli Stati Uniti d’America, il suo General Order No. 100 rappresenta il
primo tentativo- riuscito- di codificare proprio le consuetudini di guerra.
Anche se in origine avrebbe dovuto essere limitato all’ambito territoriale
statunitense, in realtà il Lieber Code venne poi assunto come modello dalle
potenze europee per la sistemazione delle leggi di guerra
43
.
Inoltre fornirà una solida base per le due Convenzioni, internazionali questa
volta, dell’Aia sulla protezione dei civili in tempo di guerra, del 1899 e 1907.
40
Qui in senso atecnico.
41
La nozione di “civile disarmato” intende definire una situazione in cui la vittima non e’ assolutamente
riconducibile ad alcuna delle fazioni in guerra. L’estraneità al conflitto e’ connotazione indefettibile.
Ovvio che chi imbracci un fucile per autodifesa rientri in ogni caso nella tipologia di vittima richiesta.
Insomma: l’auto difesa e’ perfettamente compatibile con la nozione di civile disarmato. La nozione di
“persona protetta” è usata in contrapposizione ai combattenti o membri delle forze armate. A volte, però,
non è semplice distinguerle: nel caso della Ex Iugoslavia i paramilitari compirono massacri
indiscriminati. Come tali non erano inquadrati nelle forze armate regolari e molti di loro erano semplici
civili. Il fatto che fossero organizzati e armati dalle forze ufficiali però, è l’elemento decisivo per
distinguerli dal padre di famiglia che in circostanze estreme si armi di pistola per difendere i suoi cari.
Bassiouni, op. cit., a pagina 541, pone il problema del capo famiglia che sia anche soldato e si trovi nella
medesima situazione sopra delineata. L’attenzione deve essere quindi rivolta a tutte le circostanze che il
caso offra per la più corretta interpretazione.
42
Y. Khushalani, Dignity and Honour of Women, pag. 5. Il testo originale: I had no guide, no ground
work, no text book… usage, history, reason, and conscientiousness, and a sincere love of truth, justice
and civilization have been my guides…
43
Prussia, Paesi Bassi, Francia, Russia, Spagna, Gran Bretagna. Ibidem in nota 10 a pagina 5.
13
Proprio quest’ultimo aspetto interessò particolarmente Francis Lieber: “Con
l’avanzare della civilizzazione... la distinzione fra i privati cittadini di uno stato
nemico e quest’ultimo si afferma di pari passo. Questo principio si e’ talmente
affermato da garantire la consapevolezza che i cittadini disarmati debbano
essere tutelati nella loro persona, proprietà e onore...
44
” (Articolo XXII Lieber
Code).
A leggere il codice ci si rende ben conto dell’importanza della questione
protezione - civili: l’articolo XXIII esordisce affermando che “I privati cittadini
non siano più uccisi, ridotti in schiavitù o trasportati in luoghi distanti...
45
.”.
L’articolo XXIV riafferma la barbarie degli eserciti che infieriscono sui civili “
destinati a soffrire ogni privazione della libertà e protezione e ogni tipo di
dissoluzione dei legami familiari”
46
.
L’aspetto esaltante, almeno per quanto riguarda l’argomento in esame, e’
racchiuso nell’articolo XXXVII: gli Stati Uniti riconoscono e proteggono, nei
territori ostili da loro occupati, la religione e la moralità; ...la persona dei relativi
abitanti, specialmente le donne; la sacralità delle relazioni domestiche
47
.
Gli articoli XLIV e XLVII delineano la condotta che avrebbe dovuto
caratterizzare i soldati americani.
Il primo di questi e’ addirittura esemplare: “Qualsiasi atto di violenza commessa
nei confronti di persone nei territori invasi... lo stupro... sia sanzionato con la
pena di morte, o altra pena che risulti commisurata alla gravità dell’offesa”
48
.
44
Sottolineatura aggiunta. Il testo originale: As civilization has advanced… so has likewise advanced...,
the distinction between the private individual belonging to a hostile country and the hostile country
itself.... The principle has been more and more acknowledge that the unarmed citizen is to be spared in
person, property, and honor... Ibidem a pagina 5.
45
Art. XXII: private citizens are no longer murdered, enslaved, or carried off to distant parts.
46
Art. XXIV: ...the private individual of the hostile country is destined to suffer every privation of liberty
and protection, and every disruption of family ties.
47
Art. XXXVII: … the persons of the inhabitants especially those of women; and the sacredness of
domestic relations.
48
Art XLIV: All wanton violence committed against persons in the invaded country... all rape… are
prohibited under the penalty of death. or such other severe punishment as may seen adequate for the
gravity of the offences.
14
Si specifica perfino che se un soldato, ufficiale o sottoposto, nell’atto di
commettere tale violenza, disobbedisca ad un superiore che ordini di astenersi
dal compierla, possa essere legalmente ucciso dal superiore in persona.
L’euforia è subito attenuata, però, se ci si sofferma sulla norma: non si punisce il
reo per aver commesso l’atto, quanto per aver disobbedito agli ordini.
Altro punto da evidenziare consiste nel richiedere al superiore un
comportamento attivo che ben difficilmente sarà tenuto: esporsi ufficialmente
per la repressione del crimine in questione.
Non so se questa norma abbia avuto una qualche applicazione pratica ma, visto i
tempi e il successivo decorso storico, non sembra aver goduto di un seppur
minimo impatto nella storia dei crimini di guerra.
L’Articolo XLVII elabora ulteriormente la questione della pena da applicare: i
crimini puniti alla luce di tutti i codici penali, quali omicidio, attacchi, rapine, …
stupro se commessi da un soldato Americano in un territorio nemico contro gli
abitanti non sono solo punibili come in America, ma in tutti i casi in cui la pena
di morte non sia inflitta sarà da preferire in ogni caso la pena più severa.
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Cosi’ già nel 1863 lo stupro era considerato come crimine di guerra, alla luce
delle consuetudini di guerra stesse che ispirarono Francis Lieber per la
redazione del suo codice.
Il Lieber Code, però, racchiude le consuetudini per cosi’ dire “Americane”.
Per il continente europeo e’ necessario aspettare ancora un po’
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’.
Lo spirito internazionalistico del Vecchio Continente si materializzò nel 1874 a
Bruxelles quando, alla fine della conferenza indetta per esaminare gli usi in
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Art. XLVII: Crimes punishable by all penal codes, such as...murder, assault, highway robbery.. and
rape, if committed by an American soldier in a hostile country against its inhabitants, are not only
punishable as at home, but in all cases in which death is not inflicted, the severer punishment shall be
preferred.
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In verità, già l’anno successivo al Lieber Code, vide la nascita della cosiddetta originaria Convenzione
di Ginevra (Geneva Convention for the Amelioration of the Condition of the Wounded and Sick of Armed
Forces in the Field, 22 August 1864). Questa, pero’, non tiene conto della differenziazione fra civili e
combattenti. Fu ratificata da dodici nazioni e come notevole risultato segnò la nascita del Comitato
Internazionale della Croce Rossa dopo che Henry Dunant, testimone della Battaglia di Solferino e di ciò
che rimase sul campo di battaglia, promise di adoperarsi per la salvezza dei soldati feriti durante i
conflitti. In K. D. Askin, op.cit., pag.37.
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tempo di guerra, si realizzò la Dichiarazione di Bruxelles che, all’Articolo
XXXVIII afferma: l’onore e i diritti della famiglia... siano rispettati.
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Sebbene sia eminentemente una dichiarazione di intenti e, quindi, come tale,
non imponga obblighi in capo agli Stati partecipanti,
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il valore morale di questo
documento risulta comunque apprezzabile come testimonianza della coscienza
etica e culturale dell’epoca.
La formulazione è ben nascosta nelle parole fumose “honour and rights of the
family” ma la dottrina internazionalistica è concorde nel ritenere che proprio
tali parole siano indicative della volontà di reprimere la violenza sessuale nei
confronti delle donne.
Certo è che qui prevale ancora, e solo, la tutela del focolare domestico e quindi
della morale pubblica.
Sarebbe non di modo illuminante capire come in America si sia preferito il
termine “stupro”, decisamente schietto, mentre in Europa ci si sia affannati a
ricercare un sostituto che rendesse la definizione del crimine più vaga possibile.
Mentalità diversa o più semplicemente un certo riguardo ai destinatari degli
atti: i soldati per il Lieber Code e rappresentanti di Stato per la Dichiarazione di
Bruxelles.
Di fatto il problema della identificazione e, più tardi, della definizione del
crimine di stupro, si riaffermerà in tutta la sua gravità.
Nel 1880, esattamente il 9 settembre, l’Istituto di Diritto Internazionale elaborò
il secondo documento che esercitò grande influenza sullo sviluppo del diritto
internazionale umanitario in tempo di guerra: il Manuale di Oxford
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.
Lo speciale riguardo dedicato alla protezione dei civili in tempo di guerra è qui
riaffermato: human life, female honor … debbono
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essere rispettati.
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Art. XXXVIII of the Declaration of Brussels: The honour and rights of the family...should be respected
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Del resto l’assenza di obbligatorietà’ e’ chiara nella forma del verbo adottata: should e’ notevolmente
differente da shall. Solo quest’ultimo ha carattere di mandatorieta’.
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Per l’esattezza: Oxford Manual. Citato in Khushalani, op.cit., a pag. 8. Anche in Brownmiller,
Bassiouni, opere citate.
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“…Human life, female honor….must be respected. Interference with family life is to be avoided”.
Citato in Khushalani, op.cit., a pag. 8. Sottolineo ancora una volta la mandatorietà della forma verbale
adottata.