2
Così sintetizzato, il modello formale della mediazione
trova il suo punto di genesi nell’esperienza romana. Un
contributo, quello offerto dal diritto romano, a cui la scienza
giuridica europeo continentale farà riferimento, anche se
trasformando e riadattando la struttura individuata con
contenuti diversi.
2
Secondo le testimonianze rilevate nel titolo XIV, libro IV
del Digesto
3
, dai frammenti ulpianei era nota la distinzione
dell’attività del sensale da quella del mandatario e netta
l’impossibilità di ricondurre l’attività del proxeneta in un
contratto di locatio-condutio. In particolare, nei testi collocati
nelle fonti storiche, il giurista coglie due profili fondamentali
del rapporto di mediazione: la limitazione di responsabilità del
proxeneta in riferimento all’esito dell’affare mediato, e
l’attribuzione di un compenso che si definisce lecito
4
. Si
evidenzia quindi una figura per la quale compito del mediatore
è mettere in contatto due contraenti per la conclusione di un
affare, entrando di conseguenza nel rapporto tra le due parti.
2
Cfr., M. Brutti, voce Mediazione (storia), op. cit., p. 12 e ss.
3
Le testimonianze più esplicite sullo schema mediatorio si trovano nel titolo de
proxeneticis D. 50,14 composto in tre frammenti dai quali si rileva come in Ulpiano ed
altri manca una trattazione autonoma de proxeneticis, cfr., M. Brutti, voce Mediazione op.
cit., p. 14.
4
M. Brutti, voce Mediazione, op. cit., p. 14 , “da una analisi svolta da Ulpiano nel libro 42
ad Sabinum sulle diverse forme di furto e di complicità con i fures: D. 50,14, I (Ulp. 42 ad
Sab.): Proxenetica iure licitur petuntur, inoltre, «Affermare che la pretesa ad una
retribuzione sia lecita significa per Ulpiano, tradurre in regola l’osservazione di una prassi
che è documentata dal frammento 3 (D. 50,14) e nella quale le controversie relative al
compenso del proxeneta formano oggetto di cognitio extra ordinem.»
3
A riprova della struttura così essenzialmente definita,
insiste una impostazione di Gaio che volge ad un criterio per
decidere dell’esistenza di un mandato
5
: se vi è stato solo un
invito generaliter a compiere attività contrattuali ciò significa
che colui che fa il nome della parte interessata all’affare non
entra nella operazione commerciale, quindi la parte cui egli si
rivolge, conclude il contratto in base ad una scelta autonoma e
non può in modo alcuno considerarsi legittimata all’actio
mandati in caso di inadempimento, ma solo ad una actio dolo
nel caso in cui il mediatore abbia dolosamente compiuto
raggiri sulla contrattazione con danno di una o entrambe le
parti
6
. D’altra parte il proxeneta non è tenuto ad alcuna
garanzia, l’onorario riconosciutogli non giunge a configurarsi
come merces e non ha alcun obbligo di all’adempimento del
proprio compito essendo esclusa la tutela attraverso l’actio ex
locato-conducto: la prestazione mediatoria non viene
equiparata ai tipi di attività che formano oggetto di locazione
7
.
Anche se legata ad un giudizio di sfavore, Ulpiano stesso
definisce sordidum il ruolo sociale del mediatore
8
, e relegata ai
margini della società
9
, motivo per cui il proxeneticum mai
rientrerà nel tradizionale sistema delle azioni, la figura del
5
Cfr., M. Brutti, voce Mediazione, op. cit. , p. 16.
6
Cfr. D. Iannelli, La Mediazione, p. 601, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile
fondata da Walter Bigiavi, II, Torino, 1993.
7
Cfr., M. Brutti, voce Mediazione, op. cit., p. 20.
8
Cfr., G. Catricalà, La Mediazione, in Trattato del diritto privato, diretto da P. Rescigno,
XII, 1985, 403 e ss.
9
M. Brutti, voce Mediazione op. cit., p. 22. «E’ un’attività tutta finalizzata allo scambio e
quindi riprovevole secondo le concezioni tradizionali legate all’apologia della proprietà
fondiaria e della produzione agricola».
4
mediatore, nel diritto romano, appare come strumento della
pratica commerciale e così retribuito come servizio volto ad
espandere e favorire il commercio.
5
1.2 Dal Medioevo, al trattato di Tractatus de proxenetis
et proxeneticis di Benvenuto Stracca del 1558
E’ fondamentale il cambiamento che la funzione del
mediatore ha subito nei secoli dopo l’anno Mille, acquistando
un ruolo essenziale e centrale per la conclusione degli affari e
la circolazione dei beni. Un ruolo quello del proxeneta che non
poteva essere liberamente esercitato se non entro i rigidi
meccanismi del corporativismo delle arti, con impossibilità di
svolgere in proprio ed anche occasionalmente l’attività in
parola. La professione di mediatore venne disciplinata dagli
statuti di Genova, Pisa, Lucca, Venezia, Siena, Bologna che
dettero alla categoria la qualifica di pubblico ufficiale
10
. Il
sensale, nominato d’ufficio e dalla sua stessa corporazione,
agiva in via di esclusiva e per determinati settori merceologici,
«il diritto alla provvigione era fissato da tabelle ufficiali e
dovuto pro quota da ciascuna delle parti intermediate»
11
. A
cavallo dei secoli XIII e XIV le norme statutarie sulla
mediazione introdussero sostanziali novità rispetto alla
struttura prevista nella sistemazione giustinianea, adattandosi
alle rinnovate necessità del mercato. Ma solo due secoli più
tardi, nel 1558, appare a Venezia quella che viene considerata
la prima trattazione sistematica dell’istituto: il Tractatus de
10
Cfr., D. Iannelli, La Mediazione, op. cit., p. 601, G. Di Chio, voce Mediazione e
mediatori op. cit., p 378; M. Brutti, op. cit., p. 30, il quale parla di mediatori in un «regime di
privilegio», U. Azzolina, La Mediazione, in Trattato di diritto civile italiano, a cura di
Vassalli, VIII, t. 2°, Torino, 1955 p. 5.
11
Così., G. Di Chio, voce Mediazione e mediatori op. cit., p 376.
6
proxenetis et proxeneticis di Benvenuto Stracca
12
, ove il
consenso è individuato chiaramente come elemento
fondamentale del rapporto di mediazione.
12
Il contributo del giurista anconetano arriva fino alla moderna cultura giuridica, rilevando
diversi profili di quella sistemazione sia nel codice del commercio del 1882 che
successivamente nel codice civile del 1942. Cfr., G. Di Chio, voce Mediazione e mediatori
op. cit., p. 376.
7
1.3 Il rapporto mediatorio e la costruzione giuridica
del negozio di mediazione nella dottrina tedesca
ottocentesca
Nell’analisi della trattazione delle fonti romane, il
rapporto di mediazione viene descritto in ordine alle forme ed
agli effetti della intromissione tra le parti, senza attribuire
importanza al fatto che lo stesso sia sorretto da un accordo a
base consensuale. Nessuna pattuizione quindi con il proxeneta
si rileva come necessaria, struttura che invece appartiene alla
teoria generale della moderna cultura giuridica che vede lo
schema privatistico e commercialistico della mediazione
legato ad una matrice dei rapporti economici fondata sulla
categoria del negozio giuridico
13
.
Il rapporto tra fenomeno mediatorio e teoria negoziale
rappresenterà il filo conduttore della tradizione romanistica, ed
il tema della contrattualità della mediazione è ancora dibattuto,
così accentrato sull’individuazione delle volontà che la
sottendono. Indubbiamente, un’intuizione fondamentale
accompagna l’indagine tutta della scienza giuridica, quella
della considerazione dell’attività di mediazione quale valore di
scambio valutabile, sulla quale si fonda poi il leit motiv della
riflessione degli studiosi tedeschi della pandettistica: come
inquadrare il proxeneta e gli atti dispositivi del rapporto
individuato nell’ambito del diritto privato? In particolare,
13
Cfr. M. Brutti, voce Mediazione op. cit., p. 12.
8
come porre alla fonte della mediazione il rapporto tra volere e
ordinamento ?
14
Dal mandato al modello della locatio operis, oppure
come contratto innominato
15
, ovvero come funzione pubblica e
quindi privilegiata, fino alla riedizione del codice generale di
commercio tedesco del 1897
16
dove non si riconoscono più
mediatori pubblici
17
, il mediatore troverà nell’impianto
negoziale la base del rapporto e nuovamente negli schemi
romanistici il suo consolidamento. Anche se la previsione di
una mediazione come contratto innominato, in ipotesi
perfezionabile per mezzo del consenso tacito, riconduce la
categoria contrattuale a mera idealità. Cede in definitiva il
solco pandettistico, ma ancora aperto è il dubbio interpretativo
sulla logica giuridica che sottostà alla senseria: la mediazione è
attività volontaria, precisamente orientata a stabilire un
incontro tra le parti interessate al contratto mediato. E la
volontà delle parti intermediate ad accettare quell’intervento è
necessaria perché l’ordinamento dia rilevanza al rapporto
mediato
18
.
14
Cfr., M. Brutti, voce Mediazione op. cit, p. 24.
15
Puntuale e dettagliata analisi in M. Brutti voce Mediazione op. cit., pag. 25 e ss.
16
Cfr., M. Brutti, voce Mediazione op. cit, p. 31.
17
G. Catricala, voce La Mediazione op. cit., p. 405, « Nelle legislazioni moderne, la
mediazione risulta completamente liberalizzata…forse soprattutto per l’incompatibilità di
fatto esistente tra l’intento politico di subordinare i mediatori a rigide forme di controllo
pubblico e la nascente idea di mercato libero»
18
Cfr., M. Brutti, voce Mediazione op. cit., p. 32.
9
Dalla ricerca della scienza giuridica di inizio secolo
scorso, fino alla indagine che arriva ai giorni nostri, pregnante
si è avuta la considerazione di taluni autori che lontano dallo
schema negoziale hanno descritto il rapporto mediatorio
19
, fino
alla valutazione di assoluta incompatibilità dello stesso con la
natura contrattuale.
20
19
Cfr., Finzi, Le disposizioni preliminari del codice di commercio nel progetto della
Commissione reale, RDCo, 1928, I, 407.
20
Cfr., per tutti S. Carta, Mediazione di contratto e non contratto di mediazione, FI, 1947,
I, 296 e ss.; G. Caricala, La Mediazione op. cit., p. 403 e ss.
10
Par. 2 La Mediazione nella legislazione tra passato e
presente
2.1 Dal codice del commercio 1882, al codice civile del
1942
Come la tendenza delle codificazioni dell’epoca ispirava,
il principio del libero svolgimento dell’attività mediatoria
21
fu
recepita nel Codice di Commercio del 1882
22
, dove la
mediazione ricevette una sistemazione agli articoli 29-35,
senza guadagnare alcuna definizione obbiettivamente
considerata
23
. Ancorché fondata su un riferimento generico
come gli atti di commercio, la sistemazione normativa del
1882 svolse il ruolo di modello di riferimento per il
Legislatore del ’42 che regolò la mediazione nel Capo XI,
Titolo III del Libro IV delle obbligazioni. Collocazione che
secondo parte della dottrina
24
ha offerto all’istituto una forma
negoziale autonoma tra i contratti tipici, come diversamente
secondo taluni autori
25
, la nuova disciplina nulla spiega in
21
Per reagire agli abusi che accompagnarono il regime di monopolio della professione, le
legislazioni moderne hanno accolto il principio della libertà della mediazione, cfr., D.
Iannelli, La Mediazione, op. cit., p. 602, come pure, G. Caricala, La Mediazione op. cit.,
p. 405.
22
Opere generali sulla mediazione sotto il vigore dell'abrogato cod. di comm., Franchi,
Pagani, Del commercio in generale, in Commentario al codice di commercio. I, Milano,
s.d., p. 712 e ss., L. Bolaffio, Dei mediatori e delle obbligazioni commerciali in generale.,
nel II cod. di comm. commentato della Utet, II, Torino, 1937, p. 1 ss.; C. Vivante, Trattato
di dir. comm., I, Milano, s.d. (ma 1906), p. 319 ss.; F. Carnelutti, La prestazione del rischio
nella mediazione, in Riv. dir. comm., 1911, I, p. 19 ss. Per ulteriori indicazioni
bibliografiche cfr. A. Manca, Della mediazione, nel Comm. del cod. civ. diretto da
D'Amelio e Pinzi, Libro delle obbligazioni, II, 1, Firenze, 1947, p. 539 ss.
23
Cfr., G. Caricala, La Mediazione op. cit., p. 405. Anche se, “argomento testuale
desumibile dall'art. 30 di quel codice, dove si alludeva all'« incarico » come ad una possibile
fonte del rapporto di mediazione”, A. Marini, La Mediazione, in Il codice civile-
Commentario, diretto da Schlesinger, artt. 1754-1765, Milano, 1992, p 10.
24
Per tutti, Azzolina, La Mediazione, op. cit., p. 8.
25
Cfr., G. Caricala, La Mediazione op. cit., p. 405
11
merito alla definizione civilistica dell’istituto, acuendo bensì il
dubbio in punto di interpretazione sulla sua natura giuridica.
L’articolo 1754 del codice civile, che dà principio alla
disciplina del proxeneta, descrive i tratti peculiari della figura
in esame
26
e nella prima parte individua il mediatore attraverso
la descrizione del ruolo allo stesso riferibile, nella seconda ne
ribadisce l'autonomia rispetto alle figure del rappresentante, del
collaboratore e del dipendente
27
. L'attività mediatizia,
consisterebbe, secondo il tenore della norma in commento, nel
mettere in relazione due o più parti ai fini della conclusione di
un affare determinato. Si ritiene, tuttavia, concordemente, che
l'espressione mettere in relazione, di cui all'art. 1754 c.c.,
debba essere interpretata estensivamente e ricomprenda,
pertanto, qualsiasi attività che presenti una efficienza causale,
sia pure insieme ad altri fattori, rispetto alla conclusione di un
affare tra due o più parti
28
. Nell’art. 1755 c.c. si lega il diritto
alla provvigione, al buon fine dall’attività espletata
29
: la
conclusione dell’affare mediato. Le disposizioni continuano
poi nella disciplina dei diritti e degli obblighi del sensale ( artt.
26
Ripresa per altro quasi fedelmente dall’art. 94 del Progetto di Codice del Commercio del
1940 che definisce il mediatore professionale, cfr. G. Caricala, La Mediazione op. cit., p.
405.
27
Cfr.,A. Marini, La Mediazione, in op. cit. p 45.
28
A. Marini, La Mediazione op. cit., cfr. nota n. 144, p. 45.
29
In relazione alla definizione della portata dell’attività espletata, cfr., A. Marini La
Mediazione, op. cit., p. 45 per il quale ci si riferisce «a qualsiasi attività anche diversa dalla
messa in relazione in senso stretto, che abbia prodotto il risultato utile della conclusione
dell'affare». Cfr., M. Minasi, in Mediazione (dir. priv.), in Enc. dir., XXVI, Milano, 1976, p.
40. Contro, G. Caricala, La Mediazione op. cit., p. 415 che propone una interpretazione
puramente letterale della messa in relazione e ritiene che l'art. 1755 non individui gli
elementi costitutivi della fattispecie, ma abbia riferimento ad una fase successiva alla
costituzione del rapporto di mediazione.
12
1756 e 1759 c.c.) e nella definizione del caso di intervento di
più mediatori (art. 1758 c.c.) e degli aspetti collaterali che
potrebbero profilarsi nello svolgimento del rapporto
mediatorio (art. 1762 c.c. sul rapporto di mediazione con
contraente non nominato). Il Capo XI, si chiude con l’articolo
1765 c.c. che fa salve le disposizioni delle leggi speciali. A
queste ultime il compito di disciplinare la mediazione
professionale, anche se, nella L. 21-03-1958 n. 253, all’art. 1 si
faceva riferimento alla disciplina codicistica quale termine di
riferimento per l’individuazione della figura di mediatore, fatta
eccezione per gli agenti di cambio e per i pubblici mediatori
marittimi che continuavano a restare soggetti alle norme
speciali dettate in materia
30
. Dal sistema del tempo, si
delineavano, quindi, il mediatore professionale
31
, quello
occasionale e quello iscritto in un ruolo speciale abilitato a
compiere operazioni previste dall’art. 27, della L. 20-03-1913,
n. 272
32
, definito agente di affari in mediazione.
30
Cfr., G. Di Chio, voce Mediazione e mediatori op. cit., p 378.
31
Il mediatore che esercita professionalmente l’attività con organizzazione di mezzi e
lavoro, è soggetto economico inquadrabile come imprenditore commerciale, cfr. G. Di
Chio, voce Mediazione e mediatori op. cit., p 378.
32
G. Di Chio, voce Mediazione e mediatori op. cit., p 379.