3
l’altro l’approccio diretto mediante visite in luoghi dove si svolge
la sua vita, o l’invio o la consegna di cataloghi.
L’attuale disciplina legislativa del contratto di vendita è
contenuta nel codice civile, nel libro IV (Delle Obbligazioni),
titolo terzo, dove l’art. 1470 definisce la vendita come “il
contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di
una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo
di un prezzo”.
1
Nel 1942 in sede di riforma del codice civile venne attuata la
“reductio ad unum” del codice civile del 1865 e del codice di
commercio del 1882.
Con la fusione dei codici previgenti, la distinzione tra “vendita
civile” (art. 1447 ss. c.c. del 1865) e “vendita commerciale” (art.
59 ss. c. comm. del 1882) è venuta meno e, dunque unica è la
normativa sul contratto di vendita, intercorra esso tra
1
TRABUCCHI, Istituzioni di Diritto Civile, Padova, 1995, p. 713.
4
imprenditori o consumatori; inoltre il legislatore del 1942 prestò
particolare attenzione al riordino della disciplina della vendita e,
poiché esso rimane il contratto più diffuso nella realtà quotidiana,
lo elevò al rango di figura paradigmatica dell’intera categoria
contrattuale.
Da un punto di vista sistematico, l’unificazione in un solo testo
delle normative precedenti significò per il contratto di vendita, il
superamento di quelle numerose disparità disciplinari e di quelle
numerose antitesi che esistevano nel sistema codicistico
precedente.
L’opera di raccordo e di fusione tra le varie regole riguardanti, la
vendita che erano sparse sia nel c.c., sia nel codice del
commercio, che nelle leggi speciali, determinò la nascita di una
fattispecie nuova, unitaria ed ormai chiaramente distinta in
vendita immobiliare e vendita mobiliare, due tipologie separate
ma dominate da norme generali comuni.
5
Il venir meno della duplicità disciplinare della fattispecie della
vendita che ha determinato l’irrilevanza della distinzione tra
vendita civile e vendita commerciale, non ha però, comportato
l’estinzione dell’indole radicalmente commerciale di alcuni
scambi e l’estinzione dell’intrinseca predisposizione
commerciale di alcune tipologie di vendita.
2
Certe forme di vendita, infatti, rimangono eminentemente
commerciali poiché strettamente collegate all’esercizio di
un’attività d’impresa commerciale (es. vendite di liquidazione) o
in quanto contengono pattuizioni particolari che sono
normalmente impiegate da imprenditori (es. vendita “ a prova”),
o in quanto vengono concluse mediante tecniche che
caratterizzano esclusivamente le contrattazioni con gli
imprenditori (es. vendita per corrispondenza, su catalogo o a
2
BACCHINI, Le nuove forme speciali di vendita ed il franchising, Padova, 1999, pp. 1 ss.
6
domicilio, vendita mediante l’uso di strumenti informatici e
telematici, per telefono, per televisione, o Internet).
3
Dunque, la differenza tra vendita civile e vendita commerciale a
livello di modalità di realizzazione dello scambio non sembra
poter essere superata e, di fatto, è ancora esistente.
Inoltre, anche se all’interno di un istituto unitario che si
estrinseca nella previsione della comune funzione economica
consistente nel trasferimento della titolarità della cosa verso il
corrispettivo di un prezzo, lo scambio presenta spesso modalità
di realizzazione differenti e differenti caratteri, i quali arrivano a
consentire la riconduzione del rapporto a figure specifiche ed a
volte addirittura diverse rispetto alla vendita tradizionale.
Sul contratto di vendita hanno avuto un impatto dirompente le
forti trasformazioni sociali, le innovazioni tecnologiche e
l’affermarsi di un sistema di produzione di massa: conseguenza
3
LUMINOSO, I contratti per lo scambio o la distribuzione dei beni, in Manuale di diritto
commerciale, a cura di BUONOCORE, Torino, 1999, pp. 899 ss.
7
di ciò è stata l’utilizzazione da parte delle imprese di forme di
negoziazione e conclusione del contratto di vendita, caratterizzate
da un particolare percorso di formazione dell’accordo tra le parti,
si tratta delle tecniche di contrattazione a distanza che rientrano
nel tipo delle vendite di massa.
4
4
BACCHINI, op. cit., pag. 9.
8
2. Le vendite di massa
Non potendo misconoscere l’esistenza di fatto, anche se non di
diritto, di vendite commerciali, il giurista si trova a dover operare
distinzioni tipologiche che, non sempre, da un punto di vista
normativo, avrebbero ragion d’essere, ma che all’opposto da un
punto di vista economico e sociale, paiono legittime.
In effetti vi sono tipologie di scambi che hanno assunto
caratteristiche di tipicità legale a seguito della loro
regolamentazione in apposite leggi speciali e poiché si tratta di
scambi costantemente ripetuti nella pratica commerciale hanno
dato vita all’instaurarsi di regole di comportamento ben radicate
a livello economico.
Sotto l’influenza della prassi commerciale, il modello legale della
vendita tende a semplificarsi in ragione dell’assottigliarsi dei suoi
spazi di operatività, del venir meno di quelle concrete situazioni
9
che, astrattamente individuate dalla fattispecie legale, avrebbero
dovuto costituire il suo ambito di realizzazione.
Le parti, infatti, modificando l’entità degli elementi essenziali
descritte nel modello legale a seconda dei loro interessi e dei fini
che intendono attuare, danno vita a particolari figure di vendita
che fungono da variabili rispetto allo schema tradizionale.
Tali figure sono ipotesi di autonomia contrattuale, vale a dire di
quel potere concesso ai privati e finalizzato alla libera
determinazione del contenuto degli schemi contrattuali previsti
dal legislatore (art. 1322 c c.c.) che, in questo caso, si esprime
nella scelta di una diversa configurazione dello scambio rispetto
a quello tipicamente individuato dal contratto di compravendita.
Il principio di autonomia contrattuale, consentendo ai privati di
porre in essere congegni negoziali nuovi, di stipulare contratti
che non appartengono agli schemi individuati preventivamente
dal legislatore, rende possibile la creazione di nuovi regolamenti
10
di interessi che, ponendosi al di fuori dei tipi legali, vengono
definiti atipici.
L’art. 1322 c.c., sancendo la libertà di determinare il contenuto
del contratto, attribuisce alle parti, anche il potere di inserire in
un contratto tipico gli elementi atipici o, più esattamente, di
variare la portata giuridica degli elementi che lo costituiscono
rispetto a quella che era stata fissata dal legislatore.
L’inserimento di modificazioni degli elementi essenziali o
l’introduzione di elementi atipici, non rende atipico il contratto in
quanto sono da considerare ammissibili tutte le modificazioni del
tipo legale che, nei limiti di una valutazione di applicabilità,
determinano l’applicazione della relativa disciplina.
Nelle vendite di massa è la diversa configurazione del
procedimento di formazione dell’accordo fra le parti che
determina la diversa rappresentazione dello scambio.
11
Le “vendite di massa” possono, dunque, essere definite tecniche
o forme di negoziazione e conclusione del contratto di
compravendita caratterizzate da un particolare percorso di
formazione dell’accordo fra le parti.
5
In dottrina tali figure sono definite con l’espressione “forme
speciali di vendita”.
6
Questa definizione, come vedremo meglio in seguito, è utilizzata
anche dal legislatore in due testi di legge: nell’art. 9 del decreto
legislativo n. 50 del 1992 (sui contratti negoziati fuori del locali
commerciali) e nel titolo VI del decreto legislativo n. 114 del
1998 (sul commercio elettronico).
Per la verità questa definizione la ritroviamo già nel 1971 nella
“legge sulla disciplina generale del commercio” (legge n. 426) e
5
BACCHINI, op. cit., pag. 3 e ss.
6
LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Napoli, 1995, pag. 113; anche BACCHINI, op.
cit., pag. 3.
12
nel suo regolamento di attuazione contenuto nel decreto
ministeriale del 14 gennaio 1972.
La scienza economica, evidenziando che la particolarità di tali
vendite è costituita sia dal fatto che il compratore per acquistare i
prodotti non deve muoversi dal proprio domicilio, sia dal fatto di
avvenire, diversamente da quelle tradizionali, in assenza di un
punto commerciale fisso, ovvero, in assenza del locale
dell’impresa, vale a dire dal “popolare “negozio, le ha variamente
definite vendite a distanza.
7
Assodati gli elementi dell’assenza del punto vendita e dell’atto di
acquisto consumato al proprio domicilio, le vendite a distanza
sono state divise in tre gruppi fondamentali, secondo le modalità
attraverso le quali è realizzata la mediazione comunicativa che
determina il compratore alla conclusione del contratto.
Tali gruppi sono:
7
BACCHINI, op. cit., pag. 79.
13
Vendita per corrispondenza, chiamata anche vendita su catalogo,
dove la mediazione comunicativa è realizzata attraverso cataloghi
stampati, più o meno vasti e l’ordine e la successiva consegna
della merce avvengono attraverso il sistema postale.
Vendite a domicilio, in cui la comunicazione tra azienda
venditrice e acquirente si concretizza in un rapporto diretto tra un
incaricato alle vendite e il consumatore, effettivo o potenziale, a
casa di quest’ultimo.
Al loro interno le vendite a domicilio possono avere diverse
modalità di realizzazione che si possono ulteriormente
raggruppare in:
vendita a domicilio individuale, dove si stabilisce un rapporto tra
singolo venditore e singolo compratore:
Vendita a domicilio collettiva, dove il rapporto è tra uno o più
venditori ed un gruppo di acquirenti. E’ il caso della vendita
realizzata con la tecnica della riunione dove, tra l’altro, uno o più
14
compratori possono essere cointeressati dall’azienda venditrice
all’acquisto da parte di terzi.
Infine, si può parlare di teleshopping, ovvero di vendite
telematiche, dove viene esaltata la caratteristica tecnologica sia in
fase di presentazione del prodotto sia in quella di acquisizione
dell’ordine di acquisto.
A sua volta il teleshopping si articola in diversi sottogruppi
secondo le modalità della proposta o dell’acquisto.
In particolare: a) vendite televisive: la mediazione comunicativa è
realizzata da un programma televisivo trasmesso sia via etere sia
via cavo, nei paesi in cui è diffuso questo tipo di televisione; b)
vendite attraverso videocataloghi che ampliano e vivacizzano il
catalogo tradizionale VPC e utilizzano sia videocassette sia
compact-disc da leggere con CD-Rom; c) vendite telematiche:
l’informazione, la proposta e l’acquisto sono mediate da sistemi
15
tipo il Videotel italiano o il Minitel francese, in modo più o meno
interattivo.
Una particolare forma di vendita telematica è costituita dal
supermercato elettronico in cui il cliente può attraverso vari
mezzi (personal computer, videotel, telefono, tv via cavo)
ordinare prodotti.
Alla base di questa classificazione vi è la necessità di un corretto
inquadramento giuridico dei contratti negoziati fuori dei locali
dell’impresa commerciale, per l’individuazione della disciplina
applicabile e per il corretto funzionamento giuridico degli schemi
negoziali di cui gli operatori commerciali si servono.
Giuridicamente parlando la classificazione e le definizioni di cui
sopra, a causa della loro atecnicità, sono approssimative.
A livello giuridico la definizione di base che introduce il
fenomeno è quella di “contratti (qualsiasi contratto per la
fornitura di beni e la prestazione di servizi) negoziati fuori dei
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locali commerciali” che il legislatore chiama “forme speciali di
vendita”.
La locuzione “vendite negoziate fuori dei locali commerciali”
non equivale, a quella, ritenuta economicamente più calzante, di
“vendite non-store” cioè senza negozio, poiché il concetto
giuridico di locale commerciale è più ampio di quello di negozio
(che va inteso come punto vendita) e si estende fino a
ricomprendere in esso ogni figura di immobile in cui l’operatore
commerciale esercita stabilmente la propria attività sia esso
adibito a sede principale, sede secondaria, magazzino o esercizio
di vendita.
Se così non fosse alcune importanti figure di vendite negoziate
fuori dei locali commerciali, caratterizzate del fatto di non essere
riconducibili ad un vero e proprio negozio o punto vendita,
risulterebbero escluse dalla categoria.