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INTRODUZIONE
Nel mercato interno europeo, lo sviluppo del commercio transfrontaliero, e
soprattutto del commercio elettronico, è ostacolato sotto molteplici aspetti.
La possibilità di fare acquisti in Paesi stranieri è aumentata grazie all’avvento di
Internet e all’utilizzo di strumenti di comunicazione a distanza, ma la propensione
ad utilizzare questi canali per concludere contratti di compravendita, potrebbe
essere sfruttata totalmente dagli operatori economici, apportando benefici in tutta
l’Unione europea. A minare l’alto potenziale delle vendite transfrontaliere è
principalmente il frammentato quadro normativo europeo a tutela dei
consumatori, che crea incertezza giuridica, genera costi per gli operatori
economici e dissuade gli stessi consumatori dal concludere transazioni
transfrontaliere. Nei contratti asimmetrici, caratterizzati da squilibrio tra le parti
contraenti, il consumatore deve poter confidare nel fatto che sarà tutelato
principalmente su due fronti: nelle contrattazioni a distanza, il consumatore deve
essere salvaguardato in virtù del fatto che egli non può accertarsi della qualità dei
beni o dei servizi che intende acquistare; nelle contrattazioni porta a porta, invece,
la tutela è volta ad ovviare le tecniche aggressive spesso messe in atto dal
professionista per concludere i contratti.
La disciplina consumeristica in Europa si è sviluppata a partire dagli anni ‘70 del
ventesimo secolo e la sua evoluzione ha risentito della prospettiva del legislatore
comunitario, sempre più attento, nel corso del tempo, ad intervenire efficacemente
sulle problematiche afferenti ai consumatori. È anche maturata la modalità di
intervento in merito alle tutela dei consumatori, che da individuale e successiva si
è poi trasformata in generale e preventiva.
A livello nazionale gli Stati membri, hanno recepito quanto statuito dal legislatore
comunitario in materia di consumo e di tutele dei consumatori, ma nel dare
attuazione alla disciplina europea (principalmente direttive di armonizzazione
minima) hanno potuto accrescere discrezionalmente la protezione offerta ai
consumatori, diversificando le legislazioni all’interno dell’Unione europea.
Gli interventi volti ad uniformare la normativa in materia contrattuale e
consumeristica a livello europeo sono stati molteplici negli ultimi decenni.
Tuttavia la volontà di unificare la materia consumeristica, per elevare il flusso di
2
scambi commerciali internazionali, si è realmente concretizzata in seguito
all’emanazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori.
Sorretta dal principio di armonizzazione massima, la direttiva 2011/83/UE,
emanata il 25 ottobre 2011 dopo un lungo iter legislativo che ha portato ad un
ridimensionamento del progetto iniziale (la Proposta di direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori è stata presentata l’8 ottobre
2008), si concentra principalmente sulla modifica delle discipline comunitarie dei
contratti a distanza (direttiva 97/7/CE) e dei contratti negoziati fuori dei locali
commerciali (direttiva 85/577/CEE), estendendo l’applicazione della nuova
normativa a tutela dei consumatori a tutti i contratti conclusi tra un professionista
e un consumatore.
Le normative nazionali in materia di contratti a distanza e contratti negoziati fuori
dei locali commerciali, di matrice comunitaria, presentavano rilevanti differenze
causate principalmente dall’impiego della clausola di armonizzazione minima
nelle corrispondenti direttive comunitarie, che aveva lasciato agli Stati membri in
sede di attuazione ampi margini di discrezionalità nel modellare la propria
legislazione interna a quella comunitaria.
Con l’adozione della clausola di armonizzazione massima, ora il legislatore
comunitario ha voluto statuire regole uniformi in tutta l’Unione europea, con lo
scopo di raggiungere un elevato livello di tutela dei consumatori, nonché di
contribuire al buon funzionamento del mercato interno.
La nuova normativa ha anche introdotto novità rilevanti per i consumatori
europei. Sono previsti maggiori obblighi di informazione precontrattuali che i
professionisti devono rendere ai consumatori per far sì che questi possano
prendere decisioni più consapevoli in merito alla conclusione di un affare
economico; nel caso di contratti a distanza e contratti negoziati fuori dei locali
commerciali è stata uniformata e modificata la disciplina sul diritto di recesso;
sono state inoltre armonizzate le discipline della consegna dei beni, del passaggio
del rischio, dei pagamenti e delle forniture non richieste.
La direttiva 2011/83/UE è entrata in vigore in tutti gli Stati membri, il 13 giugno
2014 ed, essendo stata attuata secondo il principio di armonizzazione massima,
3
seppur con limitate eccezioni, i legislatori nazionali hanno conformato in maniera
puntuale la normativa di attuazione alle disposizioni comunitarie.
Data la volontà del legislatore comunitario di unificare la normativa in materia di
consumo a livello europeo, ricorrendo alla clausola di armonizzazione massima,
l’aspetto rilevante su cui è necessario soffermarsi è la non predisposizione di un
sistema sanzionatorio valido per tutti gli Stati membri, nonché la presenza, nel
testo della direttiva, di alcune disposizioni derogabili in via d’eccezione da parte
degli ordinamenti nazionali in sede di attuazione.
Come già accaduto in passato, il legislatore comunitario ha delegato ancora una
volta agli Stati membri l’individuazione di sanzioni da applicare in seguito alla
violazione della normativa di attuazione nazionale, sancendo solamente che
queste debbano essere “effettive, proporzionate e dissuasive”.
In questo lavoro è stata condotta un’analisi comparata delle leggi di attuazione
della direttiva 2011/83/UE, negli ordinamenti italiano, francese, tedesco ed
inglese, al fine di verificare se vi sia stata una effettiva uniformità della disciplina
consumeristica in ambito europeo e quali siano le eventuali eterogeneità ancora
presenti tra le legislazioni nazionali a tutela dei consumatori. Lo studio ha
riguardato in particolare, altresì, la comparazione degli apparati sanzionatori che
ogni Stato membro ha deciso di adottare in seguito alla violazione della normativa
nazionale attuata.
In base alle difformità legislative riscontrate a livello nazionale, soprattutto con
riferimento ai sistemi sanzionatori, si cercherà di valutare se, e in quale misura, è
stato vanificato l’intento del legislatore comunitario di uniformare la materia
consumeristica europea (nell’ambito di normazione considerato nella direttiva
2011/83/UE).
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Capitolo 1
I CONTRATTI A DISTANZA E I CONTRATTI NEGOZIATI FUORI DEI
LOCALI COMMERCIALI
1.1. Dal consumerism all’affermazione dei diritti dei consumatori.
Il diritto dei consumi, così come è attualmente delineato, ha subìto nel corso
del tempo varie trasformazioni che hanno segnato le tappe del processo evolutivo
della materia consumeristica a livello globale. In questo contesto è utile
ripercorrere tali tappe per comprendere il processo di affermazione del suddetto
diritto negli ordinamenti statuali, unito alla centrale importanza che ha assunto la
figura del consumatore nel processo evolutivo. La “scoperta” del consumatore è
infatti avvenuta gradualmente in tutti i paesi occidentali, anche se tale
affermazione non ha conseguentemente attratto l’attenzione dei legislatori in
merito all’adozione di strumenti in sua difesa, nelle vicissitudini contrattuali
1
.
Le radici del diritto dei consumi vanno rintracciate oltreoceano e
precisamente negli Stati Uniti d’America alla fine dell’Ottocento, quando vi è la
prima comparsa delle masse sulla scena sociale e politica in un periodo in cui la
produzione di beni era volta a soddisfare principalmente i fiorenti mercati interni,
oltre che le esportazioni
2
. Questo fiorente periodo fu infatti caratterizzato da un
aumento globale della produzione e della diffusione dei prodotti, permettendo un
ampliamento del mercato e un’espansione dell’economia, e ciò fu possibile grazie
ad una maggiore propensione all’acquisto di beni e servizi da parte consumatori
3
.
Così facendo, si assiste all’intensificarsi del commercio mondiale, ad un aumento
dei livelli qualitativi di vita e alla riduzione dei prezzi in conseguenza dell’utilizzo
di più efficienti processi produttivi, che fanno sì che anche la media borghesia
possa disporre di beni e servizi fino a quel momento riservati ai ceti sociali più
1
G. Alpa, Commento all’art. 2, in G. Alpa-L. Rossi Carleo (a cura di), Codice del consumo:
commentario, Napoli, 2005, p. 33.
2
M. Magri, Le vendite aggressive: contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali,
Milano, 2011, pp. 1-2; G. Alpa, Commento all’art. 2, cit., p. 26.
3
M. Magri, Le vendite aggressive: contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali, cit.,
p. 2.
6
elevati
4
. Nell’ottica di incrementare sempre più i profitti, i produttori, mossi
dall’onda del boom economico studiano nuove metodologie per differenziare la
propria produzione di beni da quella dei concorrenti, dando vita alle prime
tecniche di marketing finalizzato alla vendita di beni e servizi, per ovviare al
problema della standardizzazione dei prodotti, introdotto dalla produzione di
massa
5
.
In seguito alla sempre maggiore strumentalizzazione del consumatore quale
anello debole e finale della catena produttiva, che non ha voce in capitolo sulla
qualità dei beni e dei servizi che acquista, agli inizi del Novecento i consumatori
6
cominciano ad associarsi per divulgare a mezzo stampa le prime preoccupazioni a
riguardo delle produzioni sempre più orientate ad incrementare i profitti dei
produttori e alle dannose conseguenze per la popolazione
7
. Non meraviglia il
4
M. Magri, Le vendite aggressive: contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali, cit.,
p. 4.
5
M. Magri, Le vendite aggressive: contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali, cit.,
p. 4.
6
La figura di consumatore concepita nei primi decenni del ventesimo secolo è da intendersi quale
controparte del rapporto economico rispetto al venditore di beni o servizi. L’odierna nozione di
consumatore si discosta ampiamente dal “primitivo” significato che assumeva il soggetto che
concludeva atti di consumo in funzione dei propri bisogni. Secondo quanto sancito dall’art. 3,
comma 1, lett. a) del Codice del consumo “Ai fini del presente codice si intende per: a)
consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o
professionale eventualmente svolta”. Tale definizione, seppur secondo parte della dottrina sia
caratterizzata da generalità e indeterminatezza, presenta due elementi identificativi, quali
l’assoggettamento alla tutela per le sole persone fisiche e lo scopo dell’attività svolta dal soggetto
destinatario della tutela. L’evolversi del concetto di consumatore dapprima in ambito europeo
poi nei contesti nazionali ha accompagnato il processo di creazione del mercato comune,
rilevandosi quale mezzo necessario per il perseguimento dei fini istitutivi. Nel corso del tempo è
quindi accresciuta la consapevolezza del legislatore comunitario riguardo alla necessità di
proteggere coloro che vertano in situazioni di debolezza contrattuale rispetto a soggetti che
grazie all’attività imprenditoriale o professionale che svolgono vengono connotati come
“professionisti”. Per una approfondimento sul concetto di consumatore e sulla sua evoluzione si
rinvia a: S. Kirschen, Commento all’art. 3, comma 1, lett.a), in G.Alpa-L.Rossi Carleo (a cura di),
cit., pp. 46 e ss.; G. Chiné, Uso ed abuso della nozione di consumatore nel codice del consumo, in Il
corriere del merito, 2006, 4, pp. 431 e ss.; C. Perfumi, La nozione di consumatore tra ordinamento
interno, normativa comunitaria ed esigenze del mercato, in Danno e responsabilità, 2003, 7, pp.
701 e ss.;F. Garatti, Alla ricerca di una nozione unitaria di consumatore, in Danno e responsabilità,
2009, 10, pp. 944 e ss.; G. Alpa-G. Chiné, voce Consumatore (protezione del nel diritto civile, in
Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, 1997, XV, pp. 543 e ss.; G. Alpa, Ancora sulla
definizione di consumatore, in I contratti, 2001, 2, pp. 206 e ss.; Riguardo al concetto di
consumatore medio, quale soggetto “normalmente informato e ragionevolmente attento e
avveduto”, si rinvia a: N. Zorzi Galgano, Il contratto di consumo e la libertà del consumatore, in F.
Galgano (a cura di), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Milano,
2012; C. Poncibò, Il consumatore medio, in Contratto e impresa. Europa, 2007, 2, pp. 734 e ss.
7
G. Alpa, Diritto privato dei consumi, Bologna, 1986, p. 26.
7
fatto che “il movimento dei consumatori, anche detto consumerism, abbia proprio
origine negli Stati Uniti d’America dove il capitalismo monopolistico e
oligopolistico si è manifestato nelle sue forme più intense”
8
. Le spinte date dalla
popolazione, stanca dell’abuso subìto da parte di grandi monopolisti ed
oligopolisti, che non curanti della qualità dei prodotti che commercializzavano ne
aumentavano i prezzi, e gli scandali relativi alle sostanze farmaceutiche portarono
all’approvazione di alcune leggi federali e alla creazione delle prime riviste sul
consumerismo
9
. Nel 1906 furono quindi emanate il Pure Food and Drug Act,
ossia la legge sulla purezza delle sostanze alimentari e farmaceutiche, e il Meat
Inspection Act, legge sull’ispezione delle carni e nel 1914 fu poi creata la Federal
Trade Commision (Commissione Federale per il Commercio)
10
. La protesta dei
consumatori continuò fino agli anni ’30, periodo nel quale nel vivo della grande
depressione economica si assistette ad un incremento dei prezzi al consumo, allo
scandalo del sulfanilamide e allo sciopero delle casalinghe di Detroit, e che ebbe
come risultato un rafforzamento del Pure Food and Drug Act e l’ampliamento dei
poteri normativi della Commissione Federale per il Commercio per combattere le
attività e le pratiche illecite o fraudolente
11
.
In Europa, si inizia a prendere in considerazione la categoria del
consumatore solo verso la metà del Novecento, inizialmente nei paesi ad
economia capitalistica della Comunità. Le prime iniziative in favore dei
consumatori si ebbero in Gran Bretagna nel 1955 attraverso l’istituzione di un
Consumer Advisory Council da parte della British Standard Institution, al quale i
consumatori potevano rivolgersi e pronunciarsi su materie che fino a quel
momento erano state di competenza esclusiva dei commercianti e dei produttori
12
. Pochi anni più tardi iniziarono ad essere pubblicate riviste quali, Shopper’s
Guide e Which?, con l’intento di fornire ai consumatori informazioni approfondite
8
G. Alpa, Diritto privato dei consumi, cit., p. 26.
9
M. Magri, Le vendite aggressive: contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali, cit.,
p. 5.
10
L’autore nord-americano Philip Kotler descrive le origini e gli sviluppi del consumerismo. P.
Kotler, Il movimento dei consumatori in USA, in Americana, 1973, 3, p. 3, così come citato da G.
Alpa, Diritto privato dei consumi, cit., p. 27.
11
P. Kotler, Il movimento dei consumatori in USA, cit., p. 3, così come citato da G. Alpa, Diritto
privato dei consumi, cit., p. 27.
12
G. J. Borrie-A. L. Diamond, The Consumer, Society and the Law, London, 1973, pp.33-34, così
come citato da G. Alpa, Diritto privato dei consumi, cit., p. 27-28.