II
L’uomo consuma; ma non più per necessità come fino al secondo conflitto mondiale.
L’uomo non consuma più per il gusto di ostentare la classe sociale di appartenenza o per
emulazione di coloro che si possono permettere di più. Lo status symbol è un fenomeno
passato. I modelli di consumo hanno cambiato forma in ossequio, o come mutua
corrispondenza, ai mutamenti storico-socio-culturali delle ultime cinque decadi del Ventesimo
secolo appena concluso.
I consumi raccontano le esistenze delle persone di qualsiasi strato o classe sociale esse
siano e non possono essere considerati singolarmente (un telefono cellulare, un detersivo, un
televisore, un libro ecc.), ma nel loro complesso. Essi acquistano senso e ci permettono di
interpretare le grandi tendenze sociali solo se li consideriamo nella loro totalità. Una famiglia,
un individuo, un gruppo sociale, si può identificare in base alla costellazione di consumi che
prende forma dai vissuti quotidiani.
Ma la società di oggi che linguaggio parla? Come e cosa comunica agli individui?
Consumismo? Globalizzazione? Postmodernità? Troppo facile ridurre il sistema in termini
ampiamente utilizzati da giornalisti, scrittori, filosofi, storici, scienziati e forse, anche ormai
soubrettes.
Il Ventunesimo secolo è una porzione di storia che offre delle sfide capaci realmente
di mutare profondamente il corso della vita degli individui del nostro pianeta.
La Modernità ci ha insegnato a fidarci dei dogmi emanati dalla Chiesa, dallo Stato. Le
persone seguivano fedelmente i dettami di uomini che stavano al di sopra di tutti, che
custodivano delle verità alle quali rendere omaggio incondizionatamente. La Modernità ha
visto la nascita delle fabbriche di Henry Ford che, con il metodo tayloristico, ha ricondotto gli
uomini, gli operai, a semplici ingranaggi della catena di montaggio. La Modernità ha
conosciuto il genio di grandi architetti che rendevano omaggio alle manie di grandezza dei
grandi della terra di quei periodi. Secondo Marx, durante la modernità, il consumo era
schiavo della produzione. Si consumava ciò che veniva prodotto. Nulla di più, nulla di meno.
L’Homo Oeconomicus è il soggetto che sorveglia al suo self-interest, che massimizza
le proprie risorse, che sceglie in base a criteri oggettivi e razionali tutto ciò che riguarda la
propria esistenza. Questo è l’uomo della modernità, relegato ad una categoria di stampo
economico. Quale posto ha la libertà, la creatività, la scelta consapevole? Non ha spazio,
semplicemente. Un individuo metodista e intento ad accumulare il più possibile, a causa di un
Dio lontano e non curante delle faccende di questo mondo, come una parte dell’etica
protestante ha tentato di insegnare.
III
Successivamente inizia un periodo nuovo, un’epoca che comincerà a fare titolo nei
grandi manuali di storia, di sociologia, di filosofia. La Postmodernità, la tardo-modernità, la
modernità liquida e via dicendo. Una nuova era antropologica di rottura, per alcuni; di
negazione per altri; di continuazione naturale per altri ancora. Un’epoca di liberazione dagli
steccati delle grandi istituzioni burocratiche e radicalmente religiose. I giovani cominciano a
prendere in mano le proprie vite senza necessariamente rincorrere le scelte dei propri genitori.
Il periodo postmoderno prende il via con la crescita economica, con la liberalizzazione dei
mercati, con il crollo dei muri, con la liberazione sessuale, con il movimento del ’68, con le
nuove filosofie di vita.
L’individuo postmoderno vive massimizzando l’hic et nunc. È il soggetto del presente
perpetuo. Un soggetto che si individualizza sempre di più ma che trova aggregazione nelle
tribù di Michel Maffesoli. Nelle tribù odierne non è l’aggregazione in sé che conta, non
importa avere un obiettivo comune a lungo termine, come i giovani del ’68 che sognavano il
mondo cantato da John Lennon. Nelle tribù postmoderne, che per ognuno possono essere
plurime, si consuma l’attimo presente in compagnia senza alcun riferimento al futuro. Ci si
sfiora ma non ci si tocca davvero.
Non è mia intenzione, in questo lavoro, dipingere un quadro negativo, a sole tinte
scure. Tante sono anche oggi le aggregazioni di giovani che invece vivono con una speranza
rivolta ad un domani migliore ed è a queste che bisogna guardare con fiducia. Comunità
laiche come i movimenti ambientalisti, per la pace, per la solidarietà con il terzo mondo, ed i
nuovi movimenti ecclesiali come quelli che si sono incontrati il 3 giugno scorso in Piazza San
Pietro a Roma.
La postmodernità è quindi un fenomeno complesso ed i consumi, i nuovi prodotti, il
nuovo modo di commercializzare, di pubblicizzare sta facendo seminagione. La marca
diventa un simbolo di appartenenza con una identità sua propria. Il marketing sta cercando di
fare vivere i prodotti, di dar loro una consistenza vitale. I nuovi luoghi del consumo sono
costruiti ad arte per soddisfare la sete di divertimento, di esperienza olistica ed edonistica
degli uomini e delle donne del nostro tempo. Non solo giovani, ma anche bambini ed anziani.
Questi ed altri sono i principali argomenti trattati nel primo capitolo della tesi.
La seconda parte prende spunto dalle esperienze quotidiane, di vita e di consumo. Noi
ci rapportiamo con gli altri e facciamo esperienza degli altri e delle vicende che informano le
nostre quotidianità, in base a regole di comportamento nuove. La nostra è l’epoca del
pettegolezzo, del voyeurismo dal quale cerchiamo di ripararci ma nello stesso istante dal
quale siamo attratti. I mass media vendono nuovi prodotti: i reality show nei quali la vita di
IV
qualche individuo è resa alla mercè di tutti. Anche di questo noi facciamo consumo talvolta
ingordo. Ci piace vedere cosa fanno i vips nelle situazioni più assurde. E nei fatti i mass
media condizionano più che in ogni altro momento della recente storia i nostri vissuti
quotidiani ed i nostri modi di consumo.
La pubblicità utilizza la formula dell’illusione, del trasformismo, vende mondi
possibili attraverso tariffe telefoniche, polizze assicurative, automobili, siliconi. Non è più il
prodotto venduto che conta. Talvolta esso non è neppure menzionato all’interno di questo
nuovo modo di pubblicizzare. Si vendono esperienze, modi di vita, sistemi di pensiero. La
pubblicità sta diventando una vera e propria scienza che mutua i suoi strumenti chirurgici
dalle discipline più disparate fra le quali la psicologia.
Ma l’individuo bombardato da tutti questi stimoli si trova in un empasse. Non sa più
cosa scegliere e come i bambini che sono circondati da miriadi di giocattoli, non sa più cosa
farsene di ciò che possiede. Gli oggetti, strumenti di apprendimento di una realtà sempre più
complessa che sta al di fuori di noi dal punto di vista materiale ma che invade la nostra
interiorità.
Il tempo e lo spazio, in questa atmosfera schizofrenica perdono i loro connotati
originali. Non ci si concede più il tempo per un momento di solitudine, di relax perché
bisogna massimizzare tutte le esperienze possibili che si possono vivere. Il momento del
riposo assume i connotati dei momenti lavorativi. Dagli sport estremi, al bombardamento
televisivo, alla frequentazione dei centri benessere. Il tempo sfugge come un’anguilla dalle
nostre mani mentre lo spazio è diventato una variabile insignificante grazie alla tecnologia che
ha avvicinato tutto a tutti.
Forse, anche in riferimento allo spazio una critica è doverosa. È il virtuale che sta
dilagando. Possiamo comunicare con tutti ma ognuno seduto comodamente in poltrona
davanti al proprio personal computer. Si sta perdendo, forse, la bellezza del contatto fisico,
dello sguardo vivo. Le tecnologie della comunicazione ed i mass media hanno grandi meriti
ma senza controllo diventano strumenti di disumanizzazione dei rapporti interpersonali veri.
Ma ci sono anche tutti i lati positivi. La ricerca, possibilità di comunicazione e di
scambio di informazioni a livello planetario è una sicurezza di avanzamento e miglioramento
della qualità della vita. Pochi giorni or sono è stato realizzato il primo intervento chirurgico
via internet dagli Stati Uniti all’Europa. È compito dell’uomo decidere come utilizzare le
infinite risorse di cui dispone. Ma finchè è la logica del guadagno, della vendita e del profitto
a regolare i rapporti, anche la migliore scoperta rischia di diventare un fallimento per l’uomo.
V
Il terzo capitolo ha il suo baricentro nei consumi legati al corpo. Il corpo come nuovo
luogo del consumo, come obiettivo della pubblicità e come spazio di realizzazione
dell’esistenza degli individui. Narcisismo, edonismo, ludismo sono le grandi dimensioni
dell’oggi che siamo chiamati a vivere. E proprio sui corpi, da sempre nei secoli luogo di
scrittura delle culture di tutti i popoli, si concentrano gli sforzi degli uomini di comunicazione
e di marketing. Attraverso il corpo, i sensi, ecco il termine polisensualismo, si massimizza il
proprio esistere presente. Attraverso la moda, l’alimentazione, le pratiche di ricerca del
benessere psico-fisico-spirituale, la chirurgia estetica, la farmacologia ecc. si fa del proprio
corpo il luogo di investimento, un luogo di immortalità. Tutti i consumi finiscono lì. Tutte le
illusioni pubblicitarie hanno il fine di creare un mondo nel quale si possa vivere per sempre. Il
corpo è il luogo del consumo poiché tutti gli altri luoghi si rarefanno per lasciare spazio alle
esperienze personali ricreate in abitazioni sempre più autosufficienti. Il corpo è l’investimento
del futuro.
Termina questa tesi con uno studio qualitativo sui consumi legati al corpo delle
componenti della squadra di pallanuoto femminile di Parma: Coop Nord Emilia. Come si
capirà dall’introduzione del capitolo quarto, lo scopo di questa ricerca è stato quello di
comprendere se l’attività sportiva di questo gruppo (di questa tribù se si può simpaticamente
affermare) traina i principali consumi legati al corpo: moda, alimentazione, cosmesi,
integratori e farmaci.
Le conclusioni del capitolo ci permetteranno di cogliere che esiste, a mio parere, un
modo diverso di leggere le tendenze sociali e di usufruire del marketing in modo più efficace
e rispettoso delle singole esperienze di vita di ogni individuo.