ri-concettualizzare ciò che invece si è lasciato alle spalle, ciò che conosce
bene, l’idem.
Quanto riportato dall’autore riassume, per certi versi, il contenuto del
presente lavoro di tesi il quale vuole proporsi come un contributo rispetto
all’approfondimento dei percorsi di crescita di adolescenti immigrati di
seconda generazione che provengono da una cultura di matrice islamica,
nello specifico dal Bangladesh.
La presente tesi soprattutto si propone quale obiettivo quello di gettare
una maggiore luce sulle possibili risorse e problematiche adolescenziali
vissute da questi ragazzi relative all’impossibilità o alla difficoltà di
svincolo da matrici culturali e familiari saturanti.
Questo lavoro, che mi ha arricchito personalmente (dandomi la
possibilità di crescere professionalmente), vuole proporsi come un
contributo empirico che permetta, da un lato, di mettere appunto ulteriori
approfondimenti sull’argomento in questione, e dall’altro, di stimolare
ulteriori riflessioni su tematiche attualmente di significativa importanza
(multicultura, intercultura, islam, immigrazione...).
La tesi si divide in quattro capitoli, i primi due di tipo teorico e gli altri
due, invece, di carattere empirico.
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Nel primo capitolo ci si propone di approfondire, a partire da una visione
psico-socio-antropologica, alcune tematiche quali l’immigrazione, la
cultura e l’islam. Nello specifico, ci si è concentrati sui correlati
psicologici relativi all’esperienza migratoria. Più precisamente, si è
voluto riflettere su cosa significhi per il soggetto immigrato lasciare i
propri punti di riferimento esistenziali (il proprio paese di origine) e
ritrovarsi improvvisamente di fronte ad una cultura diversa e spesso in
chiaro contrasto con la propria. Inoltre, si è cercato di comprendere quali
potessero essere le strategie e le modalità di elaborazione necessarie alla
sopravvivenza psichica, sociale e culturale di questi soggetti.
Il secondo capitolo affronta alcune questioni attinenti al periodo
adolescenziale. Precisamente, sono state inquadrate maggiormente le
implicazioni psichiche relative allo svincolo familiare dell’adolescente e
alla sua nascita sociale, ponendo, principalmente, l’attenzione sulla
particolare condizione nella quale si trovano oggi gli adolescenti
immigrati. Lo scopo specifico del capitolo è, comunque,
l’approfondimento delle questioni relative: alla necessaria ri-definizione
dei confini mentali, sociali e culturali sia dell’adolescente che della sua
famiglia; alle appartenenze intese come universi relazionali che per la
crescita dell’adolescente sono fondamentali; alla mobilità psichica
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necessaria affinché l’adolescente abbia la possibilità di sperimentare
contemporaneamente una molteplicità di appartenenze.
Il terzo capitolo ha lo scopo di descrivere la ricerca attraverso
un’inquadramento degli aspetti metodologici con cui è stata realizzata, gli
strumenti utilizzati e le rispettive griglie di analisi e di valutazione.
Nel quarto capitolo, infine, vengono riportati i risultati della ricerca e le
valutazioni dei singoli soggetti effettuate con lo scopo di conoscere le
diverse rappresentazioni familiari, sociali e culturali che hanno gli
adolescenti immigrati di cultura islamica.
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Parte prima
Mare anteriore a noi, le tue paure
avevano corallo e spiagge e alberete.
Disvelate la notte e la caligine,
le trascorse tormente ed il mistero,
il Lontano sbocciava, e il siderale Sud
splendeva sulle navi dell’iniziazione.
Severa linea della costa remota –
quando la nave si approssima sorge la proda
in alberi in cui il Lontano nulla aveva;
più vicino, la terra si apre in suoni e colori;
allo sbarco, ci sono uccelli, fiori,
dove era solo, di lontano, la linea astratta.
Il sogno è scorgere le forme invisibili
dalla vaga distanza e, con sensibili
moti della speranza e della volontà,
cercare sulla fredda linea dell’orizzonte
albero, spiaggia, fiore, uccello, fonte –
i baci meritati della Verità.
(Fernando Pessoa)
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Capitolo 1
Immigrazione e cultura
“…L’esilio è una sofferenza, una delle più acute; fatta di siderazione
davanti al suo mutismo, dell’impossibilità di soffocare la nostalgia, della
speranza sempre delusa di un ritorno delle gioie di un tempo. Ma l’esilio
è anche un’avventura, a patto che la memoria del viaggiatore resista ai
tentativi di captazione, al canto di sirena della semplificazione… a patto,
anche, di trovare un luogo dove restituire un giorno l’esperienza
accumulata. È vero che si impara infinitamente dal viaggio; si apprende
per prima cosa dalle proprie metamorfosi durante il percorso – ma a che
servirebbe apprendere se non esistesse un momento, un luogo in cui
l’esperienza verrà a cristallizzarsi in un’eccedenza di densità? Se l’esilio
è sempre una sofferenza, può diventare una ricchezza, per il viaggiatore
come per i suoi ospiti...”.
(Tobie Nathan, 2003, p. 45)
Introduzione
Il fenomeno dell’immigrazione è un processo abbastanza complesso che
tende a coinvolgere la dimensione comunitaria ed individuale
dell’esperienza (G. Lavanco, C. Novara, 2005).
Il fenomeno migratorio, da un punto di vista prettamente sociale, può
essere letto come processo che tocca in profondità sia le società di origine
che quelle di destinazione.
È bene fin da subito sottolineare come il fenomeno in questione non sia
nuovo, le migrazioni sono infatti un fenomeno ricorrente nella storia
dell’umanità.
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Rispetto al passato però, le attuali manifestazioni migratorie si
caratterizzano per alcuni elementi che denunciano alcuni elementi di
novità che via via nel corso della tesi proverò ad esaminare.
All’interno del presente paragrafo proveremo a contestualizzare il
fenomeno da un punto di vista socioculturale.
Il fenomeno, infatti, tende ad investire prima di tutto i paesi europei
(nello specifico l’Italia) denunciando un cambiamento quantitativo e
qualitativo nella sua mobilità. Gli attuali flussi migratori corrispondono a
spostamenti umani di massa, - eterogenei rispetto all’appartenenza
etnico-culturale (Chantal Saint-Blancat, 1999) - verso paesi in
cambiamento
1
da un punto di vista politico, economico e culturale
(occidente). Tali spostamenti sono scatenati da molteplici fattori: povertà,
conflitti etnici e razziali, epidemie, attrazione verso paesi moderni,
eccetera (ibidem).
È importante porre l’attenzione anche sul carattere che, attualmente, gli
insediamenti assumono. Nello specifico, l’insediamento nel territorio
italiano di migliaia di immigrati musulmani è caratterizzato da un rapido
processo di ristrutturazione identitaria degli stessi (ibidem). L’oggetto di
tale ristrutturazione fa riferimento alla trasformazione, dal punto di vista
della autorappresentazione sociale, dell’immigrato, soggetto
socioeconomico, in musulmano, soggetto socioreligioso
2
(ibidem).
Alla luce di quanto detto fino ad ora e del fatto che il mio lavoro di tesi
ha come protagonisti ragazzi musulmani, cercherò di centrare la mia
1
Ovviamente le migrazioni, da parte loro, contribuiscono in maniera determinante a tale cambiamento.
“ I flussi migratori incidono sulla società d’accoglienza, nel senso che sono portatori, volens nolens, di
mutamento sociale” (Chantal Saint-Blancat, L’islam in Italia. Una presenza plurale, edizioni lavoro,
Roma, 1999, p. 65).
2
Sembrerebbe che la dimensione religiosa stia diventando fondamentale nel processo di ri-
strutturazione dell’identità collettiva e individuale delle diverse popolazioni immigrate.
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attenzione anche sull’Islam. Farò riferimento ad esso nel suo essere
sistema di simboli culturali e in relazione ai valori che tale sistema
veicola rispetto alla definizione identitaria collettiva ed individuale nella
società multiculturale.
Un altro aspetto da tenere in considerazione, fa riferimento alla
migrazione vista come fenomeno che modifica continuamente i problemi
degli immigrati e della società d’accoglienza. Le complesse dinamiche
che ne derivano denunciano una serie di problematiche di carattere
sociale (ibidem).
La problematicità, o molto più semplicemente la complessità del
fenomeno, è costantemente collocata nei primi posti dell’agenda pubblica
o mass-mediale. Quest’ultima, per altro, spesso diviene il ricettacolo ove
spettacolarizzare dei veri e propri scontri culturali; ciò sembra generare
ulteriori chiusure tra culture piuttosto che aprire interrogativi e riflessioni
su eventi e problematiche (terrorismo, discriminazioni razziali,
emarginazione, delinquenza, devianza eccetera).
La migrazione è una tematica complessa e difficile da articolare per la
mole di argomentazioni che si potrebbe trattare.
Nei prossimi paragrafi cercherò di evidenziarne alcuni aspetti attinenti
alla dimensione psico-socio-antropologica partendo da una
considerazione: l’esperienza migratoria è un’odissea che rappresenta per
l’individuo il dramma della separazione dalla propria cultura, il dramma
dell’incontro con la nuova cultura, il dramma della ricerca di nuove
rappresentazioni di sé che tengano conto del passato, del presente e del
futuro.
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È ipotizzabile che tutte le considerazioni fin qui evidenziate siano
collegate alla questione della doppia appartenenza sperimentata da ogni
singolo immigrato (cfr cap. 2 e cap 4); come pure che la questione che
stiamo provando ad affrontare sia maggiormente complessa per gli
immigrati di seconda generazione i quali non solo sperimentano una
doppia appartenenza culturale, ma è su questa che costruiscono la loro
identità; la conseguenza di ciò sarebbe ravvisabile in una difficile
socializzazione secondaria la cui marcata ambivalenza sembra esserne un
tratto caratteristico (G. Favaro, M. Napoli, 2002).
1.1 Aspetti psicologici dell’immigrazione
Parlare di immigrazione significa prima di tutto inquadrare le
motivazioni che spingono un individuo ad affrontare la tortuosa
“odissea” della migrazione (M. Andolfi, 2004) .
Da un lato ci sono delle implicazioni politico-sociali ed economiche. Si
emigra perchè si fugge da situazioni di conflitto o povertà, per seguire il
sogno di un riscatto individuale e trovare fortuna altrove (ibidem).
Dall’altro lato, ci sono profonde implicazioni psicologiche. Secondo
alcuni autori diverse possono essere le motivazioni che spingono a
partire: chi parte potrebbe volere separarsi dal proprio ambiente
d’appartenenza, dalla propria cultura, oppure potrebbe essere stato
“incaricato” (più o meno consapevolmente) dal proprio gruppo di
appartenenza per avviare un processo di trasformazione e di
cambiamento interno allo stesso; “…per metà vittima e per metà
complice, come tutti” scriveva del resto J. P. Sartre. È facile intuire come
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in questa frase si possano dedurre le implicazioni più profonde di chi
lascia la propria terra per andare incontro all’ignoto. Da questo punto di
vista il migrante (come pure le generazioni a seguire) può divenire
l’esecutore di ciò che nella teoria familiare viene definito “mandato
familiare” (E. Scabini, 1993). Andolfi (2004), ad esempio, recentemente
ha ripreso tale concetto collegandolo alle aspettative e agli investimenti
che il gruppo di appartenenza nutre nei confronti di chi emigra. Infatti,
secondo l’autore, capita spesso che chi decide di partire è sostenuto con
aiuti concreti da familiari e amici, ma nello stesso tempo ha il mandato di
aiutare economicamente la famiglia; in questo senso svolge un compito
per l’intero gruppo (ibidem).
Da un punto di vista psicologico, quindi, la migrazione è di certo, per chi
la vive, un’esperienza emotiva particolarmente intensa in quanto
tenderebbe a mettere fortemente in discussione l’identità più profonda
dell’individuo. Il soggetto si scontra cioè con una situazione traumatica
causata dallo sradicamento dai propri contesti culturali e che, in termini
bioniani, potremmo definire “catastrofica” (M. Crispi, E. Mangia, 2000).
Il termine catastrofico in questo senso si riferisce ad una totale perdita
dei propri punti di riferimento affettivi e culturali, oltre che ad una
perdita di parti del proprio Sé (L. Grinberg, R Grinberg, 1992), vale a
dire della perdita di “rappresentazioni culturali” legate all’esperienza che
l’individuo ha fatto (M. R. Moro, 2002).
L’esperienza migratoria provocherebbe quindi una perdita improvvisa dei
propri punti di riferimento esistenziali, sociali, ecologici e culturali (G.
Lavanco, C. Novara, 2005); cioè, una perdita massiccia degli “oggetti”
(L. Grinberg, R Grinberg, 1992), materiali e non, significativi della
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