CAPITOLO PRIMO
RICOSTRUZIONE STORICA DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL
GIUDICE AMMINISTRATIVO
1. Cenni storici sulla giurisdizione amministrativa
La storia della giurisdizione amministrativa esclusiva, cosi come oggi la conosciamo, ha
una sua origine dalla legislazione del 1923 e 1924.
In realtà per procedere ad una compiuta disamina storica dei punti salienti intorno ai quali
si intreccia l’evoluzione della giurisdizione amministrativa esclusiva non si può non
prescindere da una opportuna contestualizzazione storico - normativa antecedente alla
legislazione del 1923-24, che ha costituito il primo spartiacque temporale fino all’ attuale
sistema giuridico.
Realizzata nel 1861 l’unità d’Italia, il Parlamento pose immediatamente mano
all'unificazione della legislazione amministrativa.
L’esperienza precedente, presso la maggior parte degli Stati preunitari e, dopo il 1861,
nel Regno d’Italia, non ammetteva per via di un’interpretazione rigorosa del principio
della separazione dei poteri, che l’amministrazione potesse essere trascinata davanti agli
organi giurisdizionali.
Il problema della tutela dei cittadini era pertanto risolto facendo ricorso al sistema detto
del “contenzioso amministrativo”, che era stato introdotto in Italia al tempo della
conquista napoleonica, sul modello del sistema francese.
Le controversie con l’amministrazione erano, pertanto, devolute ai Tribunali del
contenzioso amministrativo, organi collegiali aventi natura amministrativa e, inseriti, sia
pure con qualche garanzia di indipendenza, nella organizzazione del Potere esecutivo.
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Per ciò che concerne la struttura e le caratteristiche di tali Tribunali speciali, nonostante
l’utilizzo del termine << Tribunali>>, occorre fin da ora osservare che non si trattava
sempre di organi dotati di potestà giurisdizionali intese nel senso da noi oggi conosciuto:
più che di un plesso giurisdizionale unitario, infatti, si trattava di un complesso di
organismi di stampo sostanzialmente amministrativo e, di fatto, di derivazione regia,
dotati di poteri giustiziali nei confronti di taluni atti dell’Amministrazione indicati dalla
legge.
A sostegno del sistema del contenzioso amministrativo risultavano invocati tre ordini di
considerazioni:
- era considerato essenziale che l’attuazione dell’interesse pubblico non fosse
ostacolata dall’intervento del giudice; infatti attraverso il sistema del contenzioso
amministrativo si riteneva che fosse meglio tutelato in ragione della specifica
formazione dei componenti dei collegi giudicanti (i membri provenivano dai
ranghi delle burocrazie);
- l’esclusione delle garanzie di inamovibilità ed imparzialità previste per i giudici
ordinari che garantiva una più efficace tutela in quanto in tal modo avrebbe
consentito di far valere la responsabilità dei giudici del contenzioso
amministrativo;
- la specialità del diritto dell’Amministrazione, per cui le controversie demandate
ai giudici del contenzioso amministrativo riguardavano istituti diversi rispetto a
quelli del diritto comune.
2
.
Allo stesso tempo la critica che veniva mossa nei confronti del sistema del contenzioso
amministrativo riguardava: la mancanza di guarentigie adeguate all’esercizio della
funzione giurisdizionale, la provenienza dei giudici dai ranghi dell’Amministrazione e
2
TRAVI A., Lezioni di Giustizia Amministrativa, Torino, 2014
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una sfiducia sostanziale nell’imparzialità di questi giudici, che a molti sembravano più
attenti all’interesse dell’Amministrazione che alla garanzia dei diritti dei cittadini.
Dopo l’Unità, raggiunta mediante l’espansione del Regno di Sardegna, rimasero
transitoriamente in vigore i sistemi di tutela degli Stati preunitari.
Durante il dibattito parlamentare che condusse all’approvazione della L.A.C. si
contrapposero due opposte visioni:
a) su un primo versante, si ponevano coloro (ed erano la maggioranza) che proponevano
l’abolizione dei Tribunali ordinari del contenzioso amministrativo. Secondo costoro,
tale abolizione e la devoluzione delle rispettive materie ai giudici ordinari si
inscriveva <<nell’ordine normale voluto indeclinabilmente in un Governo
Costituzionale dalla separazione ed indipendenza dei poteri e dalla responsabilità
dell’Amministrazione >>
3
. Perciò era necessario che quelle materie per le quali si
richiedeva la garanzia di un giudizio fossero demandate alla giurisdizione comune;
b) all’opposto, un indirizzo minoritario osservò che era proprio l’affermato principio di
separazione dei poteri a suggerire di escludere qualunque soluzione che consentisse
ai giudici ordinari di ingerirsi negli atti di amministrazione con effetti negativi per
l’interesse pubblico. Oltretutto, si considerò che, abolendo gli strumenti con cui i
Tribunali del contenzioso amministrativo avevano fino ad allora offerto concreta
tutela alle posizioni individuali lese da atti dell’Amministrazione, << si spogliavano
i privati delle garanzie offerte dai tribunali del contenzioso amministrativo e si faceva
un regresso >>.
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Alla fine prevalse il primo degli orientamenti citati e, con l’emanazione della legge 20
marzo 1865 n. 2248, All. E (c.d. legge di abolizione del contenzioso amministrativo) fu
3
CARINGELLA F., Manuale di Diritto Amministrativo – Riparto di giurisdizione, Roma, 2014, pg. 9
4
CARINGELLA F., op. cit.
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disposta l’abolizione dei << Tribunali speciali attualmente investititi del contenzioso
amministrativo >>.
La scelta abolitiva dei tribunali ordinari del contenzioso amministrativo, operata dall’art.
2 della L.A.C. in funzione del modello di giurisdizione unica, concretizzatasi
nell’attribuzione ad un giudice in senso stretto della cognizione anche dei diritti soggettivi
nelle materie di diritto pubblico (posizioni in passato prive di un giudice terzo perché
affidate nelle mani di organi di estrazione amministrativa e prive del carattere
dell’indipendenza), fu il frutto di un principio di libertà politica del cittadino nei confronti
dell’Amministrazione e, al tempo stesso, dell’esigenza di marcare la separazione dei
poteri, esigenza inscindibile dall’attribuzione del compito della tutela dei diritti soggettivi
ad organi effettivamente inamovibili ed indipendenti. Tali non erano infatti i Tribunali
del contenzioso, i cui componenti provenivano dall’Amministrazione ed erano inquadrati
al suo interno.
La L.A.C. è costituita da sei testi normativi, che furono designati come “allegati” alla
legge stessa. Dei temi della giustizia amministrativa è rilevante l’allegato D sul Consiglio
di Stato e, soprattutto, l’allegato E sul contenzioso amministrativo.
L’art. 1 dell’All. E disponeva “l’abolizione dei Tribunali speciali investiti della
giurisdizione del contenzioso amministrativo e le materie ad esse investite saranno
devolute alla giurisdizione ordinaria o all’autorità amministrativa.”
L’art. 2 stabiliva la devoluzione al giudice ordinario di “tutte le cause per contravvenzioni
e tutte le materie nelle quali si faccia questione d'un diritto civile o politico comunque vi
possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati
provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa.”
Rispetto a queste cause era assegnata al giudice ordinario una giurisdizione che non
subiva deroghe poiché la vertenza riguardava una Pubblica Amministrazione: a un
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sistema nel quale la tutela giurisdizionale contro l’Amministrazione era demandata
principalmente a giudici speciali si sostituiva cosi un sistema imperniato sul giudice
ordinario. La legge precisava che la competenza del giudice ordinario non poteva subire
eccezioni dal momento che parte in giudizio era un’Amministrazione o che fossero
coinvolti suoi interessi.
5
Gli “affari non compresi” nell’ipotesi precedente furono riservati alle autorità
amministrative (art. 3, I co.). Si poteva trattare, pertanto, solo di vertenze che non avessero
natura penale (perché l’art. 2 dell’Allegato E assegnava al giudice ordinario ogni
competenza in materia di “contravvenzioni”) e che non avessero oggetto un '' diritto civile
e politico''.
I successivi artt. 4 e 5 definiscono i limiti e i poteri del giudice ordinario, stabilendo che
il giudice può limitare la propria cognizione o rendere rilievo di legittimità di un
provvedimento amministrativo ai soli effetti di quest’ultimi, e che in nessun caso l’atto
potrà essere revocato o modificato se non attraverso il ricorso alle competenti autorità
amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei tribunali (art. 4). Infine si
dispone che l’autorità giudiziaria applicherà gli atti amministrativi e i regolamenti
generali e locali in quanto siano conformi alla legge (art.5).
Si attribuisce cosi al giudice ordinario il potere di mera disapplicazione degli atti
amministrativi cioè si considera l’atto amministrativo illegittimo tamquam non esset, cioè
il giudice ne disconosce l’efficacia dispositiva che esso dovrebbe avere ai fini della
disciplina del rapporto controverso; fuori dal processo de quo l’atto conserverà la sua
efficacia mentre la controversia verrà decisa come se il provvedimento non fosse stato
emanato.
5
TRAVI A., Lezioni di Giustizia Amministrativa, Torino,2010, cit.
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Tuttavia la legge del 20 Marzo del 1865 lasciava irrisolte le istanze di tutela concernenti
quelle posizioni soggettive (“altri affari”), diverse dal diritto soggettivo ingiustamente
lese dalla violazione delle norme giuridiche e quelle discendenti dall’esercizio di un
potere pubblico, le quali ricevevano come unica tutela quella offerta dai rimedi di
carattere amministrativo.
Il punto di svolta fu segnato dalla legge 31 marzo del 1889 n.5992 - come modifica
dell’allegato D della legge n. 2248/1865 - ad opera del Governo presieduto da Francesco
Crispi, il quale già in occasione dell’approvazione della legge del 1865 aveva espresso
dubbi sull’opportunità di abolire, anziché perfezionare, il contenzioso amministrativo.
6
Si andava, così, a modificare l’organizzazione interna del Consiglio di Stato con
l’istituzione della Quarta Sezione, accanto alle prime tre (risalenti al 1831), denominata
“per la giustizia amministrativa”.
La Quarta Sezione era competente a decidere i ricorsi per “incompetenza, per eccesso di
potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti di un’Autorità amministrativa
o di un corpo amministrativo deliberante, che abbiano per oggetto un interesse di
individui o di enti morali giuridici, quando i ricorsi medesimi non siano di competenza
dell’autorità giudiziaria, né si tratti di materia spettante alla giurisdizione od alle
attribuzioni di corpi o collegi speciali”.
7
6
ASTONE F., La giustizia amministrativa prima e dopo l’Unità: il contenzioso amministrativo, la sua
abolizione e l ’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato, www.giustizia-amministrativa.it
7
Art. 3 legge ist. IV sezione C.d.S.
Si discusse tuttavia in dottrina se tali interessi presenti nella l.del 1889 costituissero un quid plurisrispetto
agli affari citati all’art. 3 della l. n. 2248/1865 oppure fossero ad essi meramente sostitutivi o tutt’ al più
complementari; si conviene tuttavia con chi affermò che il pur incompleto art. 3 della l. 5992/1889 pose le
basi per la nascita della giurisdizione generale di legittimità, cfr. sul punto ROMANO, Commentario breve
alla giustizia amministrativa, Padova, 2001, 62.
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Ma la nascita di un organismo deputato a sindacare gli atti amministrativi viziati, diede
luogo immediatamente ad un dibattito, il quale, peraltro non si incentrò inizialmente sulla
distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, ma sull’oggetto dei ricorsi che
potevano essere indirizzati alla nuova Sezione del Consiglio di Stato.
La competenza andava per cui determinata sul fondamento del petitum: ove si chiedesse
l’annullamento di un atto, il ricorso doveva essere devoluto al Consiglio di Stato, poiché
il diritto era fatto valere come interesse; ove, invece, si proponesse il risarcimento del
danno, la competenza era attribuita al giudice ordinario
8
.
Al dibattito su questi temi ben presto si aggiunse quello sulla configurabilità della Quarta
Sezione del Consiglio di Stato come organismo giurisdizionale in senso proprio.
In un primo momento sembrò subito da escludere tale natura per almeno tre ordini di
ragioni. In primis, per la composizione stessa dei collegi dei consiglieri di Stato (di
nomina governativa), siccome non potevano vantare quel grado di imparzialità minimo
richiesto per l’esercizio della funzione giurisdizionale.
In secondo luogo, per la circostanza formale secondo cui il nuovo Consesso non
pronunciava sentenze, bensì decreti (costituenti la forma tipica di esplicazione del potere
decisionale delle autorità amministrative).
Infine, per il fatto che, in un rigido sistema di tripartizione dei poteri, l’aver devoluto alla
Quarta Sezione il potere di adottare atti idonei ad incidere con effetto costitutivo sulle
determinazioni appariva di per sé, la dimostrazione della sua inconfigurabilità quale
organo giurisdizionale in senso proprio.
Tali prospettazioni vennero ben presto ribaltate. Pochi anni dopo, infatti, l’occasione di
tale mutamento di prospettiva fu data dall’istituzione di un organo, denominato Giunta
Provinciale Amministrativa - dotato di alcune competenze giurisdizionali in primo grado
8
ANGELETTI A., La Corte Costituzionale e la giurisdizione esclusiva, Milano 2005
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su materie di interesse locale - con la legge n. 6837/1890 che sgombrò qualunque dubbio
interpretativo al riguardo, affermando che il nuovo organo era attributivo di funzioni
qualificate come ''giurisdizionali'' (art. 1 ); devolvendo, altresì, la competenza in grado
di appello avverso le decisioni delle g.p.a. al Consiglio di Stato (Sezione IV).
Tuttavia la tesi del carattere giurisdizionale della Quarta Sezione fu accolta anche dalla
Cassazione nei casi Laurens
9
e Trezza
10
, nei quali si affermava esplicitamente la natura
giurisdizionale del nuovo organo e si dichiarava che il criterio di riparto tra le due
giurisdizioni doveva essere fondato sulla situazione soggettiva dedotta in giudizio.
Infine ogni discussione fu superata dalla legge 7 marzo 1907 n. 62, che riconobbe
formalmente il carattere giurisdizionale della Quarta sezione, introducendo la distinzione
tra sezioni consultive del Consiglio di Stato e sezioni giurisdizionali.
Nel contempo con la medesima legge fu istituita la V Sezione del Consiglio di Stato con
funzioni giurisdizionali alla quale erano demandati i ricorsi con sindacato esteso al
merito.
11
La normativa precisò infatti in modo esplicito e definitivo la natura giurisdizionale delle
decisioni del Consiglio di Stato e delle giunte provinciali amministrative, ammettendo il
ricorso in Cassazione per difetto di giurisdizione.
9
Cass.,Civ., 24 giugno 1891, in Foro it., 1891
10
Cass. Civ., Sez. un., 24 giugno 1897
11
TRAVI A., Lezioni di Giustizia Amministrativa, Torino, 2014, cit.
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2. Il preludio alla nascita della giurisdizione esclusiva
L’istituzione della Quarta Sezione del Consiglio di Stato disposta dalla legge 31 marzo
1889, n. 5992, modifica alcuni articoli della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato D,
artt. 1 e 3, trasfusa nel Testo Unico della legge sul Consiglio di Stato, approvato col R.D.
2 giugno 1889, n. 6166.
Così nacque la giurisdizione amministrativa generale di legittimità. La stessa legge non
qualificava la IV Sezione come organo giurisdizionale, (senza neppure definirla
esplicitamente come amministrativa) e la prima domanda che si poneva in tale prospettiva
storica, era se la Quarta Sezione del Consiglio di Stato - come giudice dell’incompetenza,
dell’eccesso di potere e della violazione di legge - potesse essere, almeno in qualche
misura, anche il giudice dei diritti soggettivi.
Di fronte a questa questione erano percorribili almeno due strade.
Secondo una prima tesi – sostenuta da Vittorio Emanuele Orlando e Santi Romano – se
le funzioni di tale Sezione venissero considerate come amministrative, le sue decisioni,
se qualificate in tal senso, avrebbero potuto avere per oggetto anche tali diritti soggettivi.
In questa ricostruzione, qualsiasi tribunale ordinario avrebbe potuto sindacarle, ai sensi
degli artt. 2 e 5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo, e sia pure entro i
limiti di cui all’art. 4.
Ricostruzione che la mancata qualificazione di tali funzioni nelle norme del 1889 avrebbe
reso possibile. Ma questa possibile evoluzione del nostro sistema di giustizia
amministrativa fu subito bloccata dalla giurisprudenza della Cassazione romana come
giudice delle giurisdizioni in base all’art. 3 della l. 31 marzo 1877, n. 3761, (Conflitti di
attribuzione): ovviamente, in vista del conseguente accentramento del sindacato sulle
decisioni della nuova Sezione, che avrebbe così ottenuto e che avrebbe potuto mantenere
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pienamente il proprio potere cassatorio. E, successivamente, fu scartata dal legislatore
della prima riforma della legge del 1889: della l. 7 marzo 1907, n. 62 “Modificazioni alle
disposizioni della legge sul Consiglio di Stato”, il cui art. 1, attribuì esplicitamente alle
funzioni tanto della Quarta Sezione, che della Quinta che esso istituì, quella
qualificazione come giurisdizionali che era assente nella legislazione del 1889.
12
L’altra soluzione era quella sostenuta da Vittorio Scialoja, secondo la quale il titolare dei
diritti soggettivi che ne poteva chiedere tutela al giudice civile, avrebbe potuto farli valere
anche davanti al giudice amministrativo, configurandoli come interessi legittimi. Ma
anche questa opzione non fu accolta dalla Cassazione romana, che cosi perfezionò la
<<sua>> costruzione del sistema della giustizia amministrativa, secondo la visione del
dualismo che lo caratterizza dal 1889: una duplicità di organi, giudiziari gli uni e titolari
almeno di funzioni giurisdizionali gli altri, davanti ai quali il cittadino si poteva presentare
chiedendo tutela dei propri diritti ed interessi; ma che gli veniva concessa in modo
assolutamente alternativo.
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12
ROMANO A., La giurisdizione amministrativa esclusiva dal 1865 al 1948, in Dir. Proc. Amm.,2004,2,
pg.419
13
ROMANO A., La giurisdizione amministrativa esclusiva dal 1865 al 1948, in Dir. Proc. Amm.,2004,2,
pg.420
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2.1 La nascita della giurisdizione esclusiva: il R.D. 30 dicembre 1923 n.2840.
La legge del 1907 ha segnato in modo rilevante il nostro sistema di giustizia
amministrativa, poiché ha orientato decisamente la distinzione fra giurisdizione
amministrativa e quella ordinaria nei termini di distinzione tra posizioni soggettive.
Al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non fu assegnato uno spazio nella tutela dei
diritti soggettivi lasciato scoperto dall’art. 4 della legge di abolizione del contenzioso
amministrativo, come era invece prospettato in alcune proposte di riforma che non furono
approvate dal Parlamento.
Una tutela siffatta unitamente alla permanente difficoltà di dirimere talune controversie
secondo il meccanismo della situazione soggettiva fatta valere, sfociò in alcuni studi
parlamentari
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che posero le basi per la nascita della cd. giurisdizione esclusiva.
Le pubblicazioni che ne conseguirono, infatti, appurarono la necessità, per alcune
materie
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, di accostare, accanto alla tradizionale regola di riparto, un “diverso principio
di organizzazione dello stesso sistema di giustizia amministrativa”.
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Con queste premesse, fu varato il decreto del 30 dicembre 1923 n.2840 che istituì la
giurisdizione esclusiva.
Un primo fondamento della giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi veniva
collocato, già dalla relazione al Re sul r.d. 2840/1923 cit., nella difficoltà di discernere in
14
Una commissione istituita nel 1910 da Lunati, Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno propose il
superamento di un impianto normativo che si radicasse intorno alla posizione giuridica assunta dal soggetto.
Molto articolata anche la posizione della Commissione Luzzatti, assolutamente restia a menzionare nei suoi
studi il termine “diritto soggettivo” o “interesse legittimo”, ancora diffusamente A. ROMANO, op. cit., 437
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E “costituisce”, dunque, “una sorta di deviazione dall’ordinario procedere, e comunque un abbandono
del criterio che assegna alla distinzione tra posizioni soggettive il riparto di giurisdizione, l’introduzione
di forme di competenza giurisdizionale non fondate sulla posizione tra posizioni soggettive”, così PAJNO,
op. cit., 4214-5.
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