50
L’orientamento della prassi, e in particolar modo dei documenti prodotti
dalla Commissione paritetica per la statuizione dei Principi contabili
(Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri), deve
essere concepito come integrativo e interpretativo delle norme in materia di
redazione del bilancio e teso a tutelare la rappresentazione veritiera e
corretta della situazione economica e patrimoniale-finanziaria, clausola
generale a cui fa riferimento tutta la redazione del bilancio.
Il punto di partenza dell’analisi svolta dalla Commissione è proprio la
Relazione Ministeriale al D.lgs. 127/91.
Il Principio contabile n. 12 (Composizione e schemi del bilancio
d’esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi) prevede che
l’estraneità alla gestione ordinaria debba essere considerata elemento
“necessario” per poter qualificare una posta come straordinaria ma, quali
elementi fondamentali e distintivi della stessa sembrano anche le citate
caratteristiche dell’eccezionalità e dell’anormalità, che assumono livello di
pre-requisiti per l’individuazione della straordinarietà.
Infatti il documento citato - commentando la Relazione Ministeriale - si
esprime nei seguenti termini: “secondo la Relazione dunque non è
sufficiente per considerare un componente di reddito straordinario
l’eccezionalità (a livello temporale) o l’anormalità (a livello quantitativo)
dell’evento: è necessaria l’estraneità rispetto alla gestione ordinaria della
fonte del provento o dell’onere”2.
Tale interpretazione della norma è, quindi, ribadita (e definitivamente
chiarita) dal Principio contabile n. 29, “Cambiamenti di principi contabili,
cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, eventi ed operazioni
straordinarie, fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio”.
Secondo quanto disposto dal citato documento, gli eventi si devono
considerare straordinari quando concorrono contestualmente le seguenti
motivazioni:
2
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, “Composizione e schemi
del bilancio d’esercizio”, Principio contabile n. 12.
51
a) gli eventi sono causali e accidentali e le operazioni, connesse o meno a
tali eventi, sono estranee all’attività ordinaria dell’impresa.
La straordinarietà dell’evento o dell’operazione va determinata in
funzione della loro natura in relazione alla normale attività dell’impresa.
Restano conseguentemente esclusi gli eventi che, pur accidentali e non
ricorrenti nel loro verificarsi o nel loro ammontare, siano connessi alla
normale attività (così per esempio il crollo accidentale di uno
stabilimento costituisce evento straordinario per un’impresa industriale,
mentre non è tale per l’impresa assicuratrice che lo abbia assicurato
anche se i suoi effetti siano di estrema rilevanza per l’impresa stessa).
b) Gli eventi o le operazioni sono infrequenti3.
In relazione a quanto affermato, va precisato che non si deve confondere
l’attività ordinaria dell’impresa con l’attività caratteristica della stessa.
Infatti, possono spesso emergere attività accessorie svolte ordinariamente
dall’impresa per incrementare i redditi o perché connesse a vario titolo
all’attività principale dell’impresa stessa. Gli effetti economici delle attività
accessorie e non caratteristiche vanno rilevati, a seconda della loro natura,
tra il valore ed i costi della produzione ovvero tra i proventi ed oneri
finanziari.
Rilevazione e rappresentazione. Per una chiara rappresentazione in bilancio
del risultato d’esercizio nelle sue componenti, gli effetti economici delle
operazioni e degli eventi straordinari, devono essere riflessi nel conto
economico tra gli “Oneri e proventi straordinari”, separatamente da quelli
derivanti dall’attività ordinaria dell’impresa.
Il principio della chiarezza, detto anche della trasparenza, è inteso come
requisito generale della normativa di bilancio, sotto l’aspetto formale e
3
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, “Cambiamenti di
principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, eventi e operazioni
straordinarie, fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio”, Principio contabile
n. 29.
52
sostanziale, in modo che esso risulti “comprensibile” a coloro che sono
interessati alla conoscenza della reale situazione aziendale.
Il legislatore ha dettato, al riguardo, un insieme coordinato di norme volte
ad ottenere che il principio suesposto venga in concreto rispettato nella
redazione del bilancio d’esercizio.
Il contenuto normativo e la portata pratica del principio in esame trovano
sostanziale applicazione negli articoli che sanciscono:
- il rispetto degli schemi di bilancio;
- l’elencazione separata dei singoli componenti del reddito e del capitale,
secondo un certo prescritto ordine;
- il divieto di compensi di partite4.
Tra gli oneri e proventi straordinari, sono iscritti, oltre che gli effetti delle
operazioni ed eventi straordinari, anche altre fattispecie quali: gli effetti di
cambiamenti di principi contabili, le correzioni di errori e le imposte relative
ad esercizi precedenti, anche se non derivanti da operazioni ed eventi
straordinari.
Non sono, invece, da considerarsi eventi od operazioni straordinarie le
seguenti fattispecie:
ξ scioperi, anche se di rilevante entità, in quanto rientranti nel rischio di
impresa;
ξ utili o perdite derivanti da variazione nei cambi;
ξ perdite su crediti, anche se di rilevante entità (per insolvenza del
creditore);
ξ definizione di controversie, se di natura ricorrente e/o pertinenti
all’ordinaria gestione dell’impresa.
Si precisa che i proventi ed oneri derivanti da eventi od operazioni
straordinarie andranno rilevati contabilmente, in aderenza ai criteri di
competenza statuiti nel Documento dei Principi contabili n. 11,
nell’esercizio in cui l’evento si verifica o l’operazione viene effettuata,
4
Cfr.: GIAN FRANCO CAMPOBASSO, La riforma delle società di capitali e delle cooperative,
Utet, Milano 2005.
53
anticipando tuttavia, attraverso appositi stanziamenti, gli eventuali oneri
connessi ad operazioni non ancora effettuate, ma i cui presupposti
esistevano già alla data di bilancio e che risultino probabili e quantificabili
alla data di redazione del bilancio, come specificato nel Documento n. 19
dei Principi contabili.
Informazioni in nota integrativa. Nella nota integrativa andranno esplicitati:
ξ la natura degli eventi e delle operazioni straordinarie intervenuti
nell’esercizio;
ξ i relativi importi inclusi nei proventi e oneri straordinari, se di
ammontare apprezzabile.
3.2 La composizione dell’area straordinaria secondo il Principio
Contabile n. 12 e il Documento interpretativo n. 1
3.2.1 Oneri, plusvalenze e minusvalenze derivanti da operazioni con
rilevanti effetti sulla struttura dell’azienda.
Le operazioni aziendali ritenute capaci di generare elementi straordinari
di reddito sono quelle che apportano rilevanti effetti sulla struttura
aziendale.
Tali operazioni, come verrà meglio specificato in seguito, possono essere
di vario tipo e possono avere diversi effetti e un diverso trattamento sia a
livello contabile sia a livello fiscale.
Inoltre, mentre alcune di esse sono contabilmente rilevanti in quanto
comportano solamente il sostenimento di spese, altre possono anche essere
all’origine di importanti ricavi.
In ogni circostanza, tuttavia, siamo di fronte a componenti di reddito
straordinari in quanto la loro origine è ovviamente estranea all’attività
54
ordinaria dell’impresa e, nella normalità aziendale, deve essere concepita
come un evento di non facile ripetibilità5.
Le due fattispecie meritano distinte trattazioni.
Oneri di ristrutturazioni aziendali. Il principio contabile n. 12 cita le
ristrutturazioni quali operazioni da cui originano oneri straordinari dovuti a
operazioni con rilevanti effetti sulla struttura dell’azienda.
Solitamente, come specifica il principio contabile n. 196, con il termine
“ristrutturazioni aziendali” sono identificate una serie di operazioni il cui
effetto è la riduzione del personale attraverso operazioni di
prepensionamento o simili. Concettualmente sono operazioni volte a
ridefinire il “layout” dell’azienda al fine di ottimizzarne i costi. Queste
situazioni comportano il sostenimento di costi, spesso anche piuttosto
onerosi.
In tale circostanza, quindi, si richiede che la società imputi le spese
sostenute al periodo amministrativo in cui è stata formalmente presa la
decisione di avviare l’operazione. I costi non possono essere capitalizzati, in
quanto si presume che non sia possibile dimostrare l’utilità futura di tali
spese e, anche nel caso in cui vi siano fondate motivazioni per ritenere che
la ristrutturazione porterà benefici economici futuri, non è ritenuto possibile
quantificarne l’importo7.
In più di una circostanza, la Commissione paritetica per la statuizione dei
Principi contabili ritiene che una decisione sia “formale” quando appare in
una delibera assembleare. Quindi, è possibile, seguendo l’impostazione data
dall’International Accounting Standards Committee (IASC) alla tematica in
5
Cfr.: MATTEO POZZOLI, I componenti straordinari di reddito, normativa civilistica e
prassi contabile, Egea, Milano 2001.
6
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, “Il fondo per rischi e
oneri, il tfr, i debiti”, Principio contabile n. 19.
7
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, “Le immobilizzazioni
immateriali”, Principio contabile n. 24.
55
oggetto8, ritenere formali non solo le decisioni concernenti le ristrutturazioni
presenti in delibere ma anche quelle in cui un’impresa può essere ritenuta
obbligata a portare a compimento il progetto. Ciò, in base a quanto stabilito
dallo Ias 37, si verifica quando l’impresa in oggetto:
a) abbia un dettagliato programma per la ristrutturazione da cui emergano:
- l’attività oggetto di ristrutturazione;
- le principali localizzazioni interessate;
- la localizzazione, la categoria e il numero approssimativo di persone
coinvolte in eventuali piani di prepensionamento;
- le spese da sostenere e i tempi di realizzazione del progetto; e
b) abbia creato una valida aspettativa, nelle persone che sono parte attiva
nel progetto, che lo stesso verrà portato a termine.
Qualunque sia l’accezione attribuita al termine e al concetto di
ristrutturazione, i costi connessi rientrano tra i componenti straordinari in
quanto estranei alla normale attività d’azienda. Nella gran parte dei casi, la
società provvederà a porre in essere la ristrutturazione in un momento
successivo rispetto a quello in cui e stata formalmente presa la connessa
decisione.
Qualora, quindi, la ristrutturazione sia effettivamente posta in essere in
esercizi successivi, i costi relativi alla ristrutturazione verranno stanziati in
un apposito fondo, denominato dal Principio contabile n. 19 “Fondo per
prepensionamento e ristrutturazioni aziendali” 9.
Tra i costi imputabili alle ristrutturazioni, secondo quanto disposto dallo
Ias 37, sono imputabili all’accantonamento per ristrutturazione i costi diretti
derivanti dalla ristrutturazione, che sono quelli:
- necessariamente implicati dalla ristrutturazione; e
- non associati con le attività in corso dell’impresa 10.
8
International Accounting Standards Committee, “Accantonamenti, passività e attività
potenziali”, Ias n. 37, par. 72.
9
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, “Il fondo per rischi e
oneri, il tfr, i debiti”, Principio contabile n. 19.
10
International Accounting Standards Committee, “Accantonamenti, passività e attività
potenziali”, Ias n. 37, par. 80.
56
Non vengono fatti, invece, rientrare nell’area straordinaria i seguenti costi:
- spese di riqualificazione e ricollocamento del personale in servizio;
- spese di marketing; o
- investimenti in nuovi sistemi o reti di distribuzione.
Parte della dottrina sostiene che, secondo la base logica utilizzata dalla
Commissione, le ristrutturazioni non sono le sole operazioni aziendali che
presentano carattere di straordinarietà. Ad esse, qualora soddisfino
particolari condizioni, possono essere assimilate le riorganizzazioni
aziendali. Queste sono operazioni che coinvolgono essenzialmente le
tecniche gestionali e di controllo11. A differenza delle ristrutturazioni,
toccano le sole variabili interne dell’azienda e non comportano modifiche ai
metodi produttivi, circostanza che, al contrario, si può verificare quando ci
si occupa di ristrutturazioni.
Se, comunque, le ristrutturazioni sono, di per sé, operazioni che
implicano rilevanti modificazioni alla struttura aziendale, gli effetti connessi
alle riorganizzazioni aziendali, per poter essere imputati all’area
straordinaria, devono congiuntamente:
- essere rilevanti;
- apportare sostanziali modifiche alla struttura d’impresa.
A maggior ragione possono essere considerate straordinarie le operazioni
che comportano una riconversione e un ridimensionamento produttivo.
Esse, infatti, a differenza della riorganizzazione intervengono direttamente
sull’apparato produttivo, situazione che non si verifica, invece, qualora si
presenti una riorganizzazione12.
Plusvalenze e minusvalenze derivanti da operazioni con rilevanti effetti
sulla struttura dell’azienda. L’ambito di applicazione è sempre quello
11
Sulle tematiche inerenti l’organizzazione e le tecniche gestionali mi sembra utile
richiamare il lavoro del Prof. EDOARDO L. GAMBEL, Management & Organizzazione, Franco
Angeli, Milano 1998.
12
Cfr.: MATTEO POZZOLI, I componenti straordinari di reddito, normativa civilistica e
prassi contabile, Egea, Milano 2001.
57
relativo alle operazioni con rilevanti effetti sulla struttura dell’azienda.
Vengono però considerate in questa sede le plusvalenze e le minusvalenze
originate da tali operazioni in luogo delle spese sostenute per l’attuazione e
il completamento del progetto.
La distinzione appare, necessaria e doverosa, in quanto propone differenti
giudizi di merito e opportunità su come le operazioni medesime sono state
condotte e gestite.
Nel caso in cui sia stata effettuata una ristrutturazione per ottimizzare i
costi, per esempio, dovrà essere messo in evidenza il complesso delle spese
sostenute. Tale costo potrà essere utilmente impiegato per valutare se la
riduzione dei costi degli esercizi successivi sia stata superiore all’importo
speso per l’operazione, offrendo un utile strumento di valutazione
sull’opportunità dell’operazione e, conseguentemente, sull’operato degli
amministratori.
Qualora, però, si parli di plusvalenze e di minusvalenze, il discorso, si
focalizza sulle operazioni “straordinarie” per definizione, quali i
conferimenti di azienda, le trasformazioni di società, le fusioni e le
scissioni13.
Rientrano in questa categoria, inoltre, le cessioni o le permute di una
parte rilevante delle partecipazioni detenute o di titoli a reddito fisso
immobilizzati.
Il fatto che tali eventi debbano essere compresi nell’area straordinaria
origina dalla decisione relativa all’imputazione dei beni stessi in bilancio.
La collocazione delle attività finanziarie tra le immobilizzazioni implica che
le stesse siano considerate come destinate a permanere in azienda. La
13
Sull’argomento si sono espressi diversi autori: MATTEO CARATOZZOLO, I bilanci
straordinari. I profili economici, civilistici e tributari, Giuffrè, Milano 1998a. M.
CONFALONIERI, Trasformazione, fusione, conferimento, scissione e liquidazione delle
società: aspetti civilistici, contabili e fiscali delle operazioni straordinarie, formulario, Il
Sole 24 Ore, Milano 1999. MAURO PAOLONI, FRANCESCA M. CESARONI, I bilanci
straordinari, Cedam, Padova 1999.
58
dismissione delle medesime rappresenta un fatto eccezionale perché da
ritenersi non frequente ed estraneo all’attività ordinaria dell’impresa14.
Concettualmente, anche la vendita di quote rilevanti di azioni può essere
assimilata a un processo più ampio di ristrutturazione qualora il soggetto
economico che pone in essere l’operazione non sia una singola società bensì
un gruppo aziendale.
E’ giustamente previsto dal documento n. 1 che qualsiasi tipologia di
plusvalenza o minusvalenza debba essere separatamente indicata in bilancio.
Infine, appartengono all’area straordinaria le plusvalenze e le
minusvalenze originate da espropri o nazionalizzazione dei beni.
3.2.2 Plusvalenze e minusvalenze derivanti dall’alienazione di immobili
civili ed altri beni non strumentali all’attività produttiva e non afferenti la
gestione finanziaria
Rientrano in questa categoria, per esempio, tutte le plusvalenze e le
minusvalenze realizzate tramite vendita di immobili utilizzati per attività
estranee a quella caratteristica di impresa, quali immobili dati in affitto o in
uso a terzi da parte di imprese industriali15.
I corrispettivi derivanti, invece, dalla gestione dei medesimi cespiti
rientrano nella voce A) 5) del conto economico “Altri ricavi e proventi, con
separata indicazione dei contributi in conto esercizio”.
Sono assimilabili agli immobili civili, per ciò che concerne il trattamento
contabile di plusvalenze e minusvalenze, i cespiti che, pur essendo stati
strumenti di produzione, in seguito a decisioni manageriali hanno cambiato
destinazione economica e sono stati destinati alla vendita, nonché i cespiti
14
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, “Titoli e
partecipazioni”, Principio contabile n. 20, cap. 2.
15
Un’ampia panoramica sul tema ci è stata offerta da: MARCO MICCINESI, Le plusvalenze
d’impresa, inquadramento teorico e profili ricostruttivi, Giuffrè, Milano, 1993.
59
che, avendo concluso la loro vita utile, sono in attesa di essere alienati o
altrimenti dismessi dall’azienda16.
Nel caso degli immobili destinati alla vendita, nel momento in cui gli
immobili cambiano destinazione muta, conseguentemente, anche il criterio
di valutazione impiegato. Sino al momento in cui un bene è ritenuto
funzionale all’attività sociale, infatti, i cespiti in oggetto devono essere
valutati, in base al criterio della destinazione economica, al costo (art. 2426
c.c., n. 1) e ammortizzati sistematicamente lungo il corso della loro vita utile
(art. 2426 c.c., n. 2).
Qualora, invece, i medesimi cespiti siano destinati alla vendita, è da
ritenersi appropriata la valutazione dei medesimi al minore tra il costo e il
valore di realizzazione desumibile dal mercato17 (art. 2426 c.c., n. 9), visto
che essi sono, nell’intenzione del management, prossimi a essere alienati e,
quindi, con riferimento agli aspetti valutativi, sostanzialmente equiparabili
alle restanti giacenze.
In tale circostanza la presenza di plusvalenze o minusvalenze dovrebbe
essere quantitativamente meno rilevante rispetto alla dismissione dei beni
funzionali all’attività dell’impresa, considerato che la possibilità di valutare
al valore di mercato dovrebbe rendere il valore di bilancio teoricamente
allineato con quello di vendita del bene.
Tuttavia, anche in questo caso le suddette alienazioni straordinarie
devono rappresentare un evento difficilmente ripetibile nel futuro18. Se,
16
Cfr.: MATTEO POZZOLI, I componenti straordinari di reddito, normativa civilistica e
prassi contabile, Egea, Milano 2001.
17
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, “Le immobilizzazioni
materiali”, Principio contabile n. 16, par. A.I.e.
18
In tal ambito è utile richiamare il pensiero di L. FRANCIA, “I componenti straordinari di
reddito: un tentativo di confronto e coordinamento fra principi contabili italiani e gli
international accountig standards”, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia
Aziendale, maggio-giugno 2000, pag. 243. L’autore sostiene che: <<così la cessione di
immobili civili e altri beni non strumentali si pone, di regola, quale momento di rottura
rispetto al ciclo di vita “normale” del bene in azienda, laddove la normalità è strettamente
dipendente dalla destinazione assegnata ad esso dall’imprenditore, cosicché le plusvalenze
e le minusvalenze derivanti dalla cessione confluiscono nell’area straordinaria. Ove, invece,
in casi probabilmente meno frequenti, la compravendita di tali beni, sia sistematicamente e
volontariamente attuata oppure, vi sia comunque un orientamento sistematico a cogliere le
opportunità in essa rinvenibili, configurando un’autonoma attività accessoria, le
60
infatti, la dismissione acquisisce una ripetitività costante nel tempo, la
circostanza potrebbe anche perdere la caratteristica di straordinarietà che la
contraddistingue, con gli inevitabili effetti contabili che ciò comporta.
Nel caso in cui, per esempio, una società possieda dieci immobili in
affitto e decida di venderli nella loro totalità, qualora opti per alienarli in
blocco la plusvalenza o minusvalenza realizzata entrerà sicuramente a far
parte della voce “Oneri e proventi straordinari”; se, però, la medesima
società rende noto, tramite delibera assembleare, la messa in atto di un
progetto che prevede di vendere un cespite per esercizio, il relativo risultato
rientrerà, secondo la dottrina, nell’area ordinaria19.
Contabilmente, il valore della plusvalenza/minusvalenza è determinato
dalla differenza tra il corrispettivo pattuito al momento della dismissione del
cespite, e il costo non ancora ammortizzato (valore contabile del bene). Se il
corrispettivo è maggiore del costo non ammortizzato, allora l’operazione
genera una plusvalenza, nel caso opposto una minusvalenza.
Nella circostanza in cui un bene abbia concluso la propria permanenza in
azienda in quanto economicamente ritenuto non più utile, il cespite viene
iscritto al valore residuo e non più ammortizzato.
Ovviamente, quando il valore residuo è nullo, qualsiasi dismissione
tramite vendita comporterà una plusvalenza, in questo caso data dal prezzo
di cessione.
Alla luce di quanto esposto, si evince che il nostro ordinamento riconosce
due tipologie di plusvalenze e minusvalenze: ordinarie e straordinarie20.
La qualificazione di un elemento reddituale come plusvalenza o
minusvalenza non comporta quindi necessariamente la sua appostazione tra
i componenti straordinari dell’esercizio.
conseguenti plusvalenze e minusvalenze avranno la loro fonte in attività ordinariamente
svolte e pertanto, saranno ordinarie>>.
19
Cfr.: MATTEO POZZOLI, I componenti straordinari di reddito, normativa civilistica e
prassi contabile, Egea, Milano 2001
20
Cfr.: LORENZO POZZA, “L’attuazione della IV Direttiva Cee: I componenti straordinari di
reddito nel nuovo schema di conto economico”, La Rivista dei dottori commercialisti, vol.
1, Milano 1992, pp. 99-100.