11
Per cercare di raggiungere questo scopo mi è parso opportuno
analizzare i fondamenti che “reggono” ciascun colloquio, nonché
le fasi che li articolano e gli obiettivi che li orientano. Emerge una
volontà comparativa ma, contemporaneamente, anche la
necessità di evitare qualsiasi riduzione di un colloquio all’altro, al
fine di rendere a ciascuno la propria peculiarità. Per corredare
alcuni dei capitoli che compongono il presente lavoro, ho voluto
intervistare alcuni professionisti, per verificare se, come e quanto
essi considerino possibile indirizzare questi colloqui verso la
medesima meta: l’aiuto.
Il primo capitolo tratta della comunicazione intesa come elemento
fondante i colloqui d’aiuto e di comprensione. La comunicazione,
sia nella sua forma verbale che non verbale appare, infatti, non
solo come componente fondante qualsivoglia incontro, ma anche
come elemento coinvolto nelle problematiche di chi si accinge a
iniziare un percorso d’aiuto. Legato indissolubilmente alla
comunicazione è l’ascolto, che deve essere comprensivo e attivo,
cioè un ascolto partecipe, capace di far sentire “l’Altro da noi”
come accolto. Proprio per questo si parla anche di empatia come
elemento centrale di ogni colloquio, elemento in grado di
fondarli, trasversalmente, tutti. Dunque, si prende in
considerazione la relazione d’aiuto, colta nelle sue affinità e
differenze rispetto alle relazioni umane e come strumento
indispensabile per ogni consulente/psicologo/
selezionatore/intervistatore, attraverso il contributo essenziale di
Carl Rogers. Infine, si riporta un intervista alla Dott. Sa Giovanna
12
Franceschelli, laureata in Scienze della Comunicazione, sul
significato della comunicazione all’interno dei contesti di aiuto.
Il secondo capitolo riguarda la figura dell’educatore professionale
come operatore coinvolto in reti sociali. Si guarda quindi alle sue
responsabilità, capacità e peculiarità. Oggi esiste la possibilità di
considerare l’educatore professionale come professionista che
opera nell’ambito delle reti sociali (primarie e secondarie) e nei
servizi che si occupano di auto-aiuto. Contemporaneamente viene
trattata la sindrome del burn-out, provocata da un accumulo di
stress e vera e propria patologia che colpisce i professionisti
dell’aiuto. Di questa sindrome s’indagano le cause soggettive ed
oggettive e le fasi attraverso le quali essa si manifesta. Si prendono
in considerazione, infine, quei fattori (tra i quali coping e
supervisione) che sembrano garantire una prevenzione nei
confronti di tale sindrome. Il capitolo si conclude con un
intervista alla Dott. Sa Francesca Merello, educatrice
professionale, sulla figura dell’educatore e sulle sue potenzialità.
Il terzo capitolo prende in considerazione il counseling. Il
counseling trova una sua definizione attraverso la preliminare
considerazione, in linea con il pensiero di Mucchielli, di ciò che
esso “non è” per concludere che esso, invece, è un processo di
interazione fra due persone, counselor e cliente, in cui il
counselor sostiene il cliente nel processo di consapevolezza, nel
riconoscere le proprie esigenze e risorse, nel verificare nuove
opportunità di comportamento. Viene poi effettuata una breve
panoramica sui diversi campi di applicazioni del counseling e in
particolare sul counseling esistenziale, telefonico e on-line. In
13
quest’ultimo caso viene effettuata un intervista al Dott.
Alessandro Prisciandaro, counselor on line. Si trattano poi le fasi
attraverso cui il counseling si svolge: introduttiva, di conduzione e
conclusiva. Infine si prendono in considerazione le principali
tecniche utilizzate dal counseling, e in particolare la
riformulazione, successivamente la figura del counselor.
Il quarto capitolo riguarda il colloquio di selezione che può essere
inteso come un colloquio di comprensione e di aiuto in quanto ne
condivide le caratteristiche centrali; più precisamente la selezione
può essere vista come una serie di azioni attuate al fine di
individuare uno o più candidati che meglio di altri soddisfino i
requisiti richiesti da un’azienda o da un’organizzazione, tenendo
conto anche delle caratteristiche personali del candidato e agendo
sempre in direzione della comprensione. Si trattano dunque le fasi
del colloquio, distinguendo tra progettazione e conduzione e
ponendo in posizione di centralità la fase di accoglienza. Questi
momenti vanno considerati, inoltre, tenendo conto della
differenza individuale, di obiettivi e di idee tra selezionatore e
candidato, nonché dei pregiudizi che il selezionatore può porre in
essere durante il colloquio.
Il quinto capitolo si focalizza sui colloqui nella ricerca
motivazionale. In particolare si distingue tra due situazioni che
differiscono rispetto alle loro metodologie, ai loro scopi e finalità,
e, cioè, tra la situazione in cui il problema è posto dal cliente e la
situazione in cui il problema è posto da chi intervista. In
particolare si parte dalla considerazione dei bisogni e delle
motivazioni, nell’articolazione proposta da Maslow: bisogni del
14
primo, secondo, terzo, quarto e quinto gradino, che determinano
il passaggio dai bisogni fisiologici a quelli di realizzazione dell’Io;
si sviluppano poi le caratteristiche del colloquio motivazionale,
inteso come tipo particolare di counseling, dunque quelle del
colloquio nella ricerca motivazionale, che considera gli impulsi
inconsci che determinano le scelte e quindi le motivazioni che ci
inducano a fare delle selezioni tra differenti possibilità.
Il sesto capitolo considera il colloquio psicodiagnostico.
Innanzitutto si parla del concetto di sintomo, inteso come
modalità che la persona utilizza per manifestare un disagio
interno sia fisico che psichico. Si rileva inoltre che la diagnosi, a
differenza del counseling, deve essere svolta dallo psicodiagnosta,
ma appare importante, ove possibile, che essa sia eseguita
contemporaneamente anche dal cliente. Si prende poi in
considerazione il contesto di diagnosi come centro attivo di
determinazione e gli strumenti utilizzati: il colloquio e i test,
adottati per dare un significato condiviso e “sociale” ai sintomi.
Ultima tappa del percorso psicodiagnostico è poi la formulazione
di un profilo che chiarisca definitamene il disturbo del
paziente/cliente. Infine, si riporta un’intervista al Dott. Paolo
Bruno Donzelli, per riassumere e chiarire le cognizioni sul
colloquio di diagnosi.
Il settimo capitolo prende in considerazione la psicoterapia, intesa
come la branca della psicologia che si occupa di curare le nevrosi
e le psicosi, che sono dei disordini della mente, e, quindi, che si
occupa di esplorare quei processi mentali che sono inaccessibili ai
metodi tradizionali. Il primo passo consiste nel trattare il rapporto
15
tra psicoterapia e educazione, per arrivare a definire la prima
come un lavoro di interpretazione volto a rendere conscio ciò che
appare inconscio. In seguito viene attuato un breve excursus sul
pensiero freudiano, il particolare sui concetti di Ego, Super-Io, Io
e su quello di sogno. Si arriva poi a definire il percorso della
psicoterapia, dal primo contatto fino alla fase di collaborazione e
quindi di distacco. Infine, si prendono in considerazione le
diverse “correnti” di psicoterapia che, a partire da Freud, si sono
formate e in particolare quella psicoanalitica/ psicodinamica,
quella cognitiva e quella comportamentale/esperenziale.
16
CAPITOLO 1
LA COMUNICAZIONE COME ELEMENTO
FONDANTE LA COMPRENSIONE E L’AIUTO
1.1. Significati dei termini comprensione comunicazione e
aiuto
Comprensione, comunicazione e aiuto sono i tre termini
fondamentali per un qualsivoglia discorso sui colloqui “faccia a
faccia”.
Sembra utile riferire una prima definizione dizionariale di questi
termini:
ξ comprendere: afferrare, penetrare con la mente, considerare
con simpatia o indulgenza, scusare, giustificare.
(Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli, Bologna, 1990)
ξ comunicare: rendere comune, trasmettere. (Vocabolario della
lingua italiana. Zanichelli, Bologna, 1990)
ξ aiutare: dare aiuto, porgere ad altri la propria opera.
(Vocabolario della lingua italiana. Zanichelli, Bologna, 1990)
17
Per quanto riguarda il termine comprensione, esso deriva dal latino
comprehensio che significa atto dell’afferrare. Il passaggio
dall’idea di prendere fisicamente a quella di afferrare con la
mente si ritrova in molte lingue del mondo. Per esempio la
parola tedesca Begriff – concetto – significa letteralmente
afferrato. Oggi i significati del termine comprensione più
utilizzati sembrano essere: capire con l’intelletto e intendere una
nozione o un ragionamento, indulgenza, tolleranza, capacità di
comprendere i difetti degli altri e di sopportarli senza
lamentarsene.
Per quanto riguarda il termine comunicazione, esso deriva dal
latino communicare, verbo collegato alla parola communis, cioè
“comune”. Communicare indicava l’azione di mettere in
comune, rendere comune. In italiano la parola assume diversi
significati, tra i quali:
ξ dare la comunione - il sacerdote comunica i fedeli,
amministrando il sacramento dell’Eucaristia
ξ mettere in comune - trasmettere e diffondere nel parlare e
nello scrivere
Il termine aiuto, deriva dal latino adiutum, e indica l’opera o il
servizio che si presta a qualcuno che è in difficoltà e quindi
appoggio e collaborazione ma anche giovamento. Il dare
18
giovamento implica la presenza di una persona in stato di
malessere, cioè in una condizione limitante.
1.2. La centralità della comunicazione verbale
Si ritiene che tutti sappiano comunicare, in realtà non tutti
sanno farsi capire e stimolare interesse in chi ascolta.
Comunichiamo tramite la parola solo per il 7%, il 38% della
comunicazione passa attraverso tono, volume e inflessione della
voce. Il restante 55% passa attraverso il linguaggio del corpo,
atteggiamento non verbale che sollecita l’attenzione visiva
tramite il contatto con gli occhi, il movimento del corpo e delle
mani. Per comunicare a 360° occorre, quindi, trasmettere
informazioni attraverso tre canali d’accesso: uditivo, cinestetico e
visivo, toccando tutti i sensi dell’interlocutore.
La comunicazione umana è generalmente definita come uno
scambio d’informazioni tra le persone. Lo studio della
comunicazione umana si realizza all’interno di una serie d’aree
d’indagine:
ξ studio della sintassi che riguarda la trasmissione
dell’informazione
ξ studio della semantica che riguarda l’analisi del significato dei
simboli che vengono trasmessi nell’interazione
19
comunicativa (presupponendo l’esistenza di convenzioni
semantiche che consentono la trasmissione delle
informazioni)
ξ studio della pragmatica che si basa su due principi: la
comunicazione influenza il comportamento e tutto il
comportamento è comunicazione.
E’ indubbio che nella comunicazione siano trasmessi messaggi.
La trasmissione dei messaggi non è un evento semplice ma un
processo, una sequenza complessa e organizzati di fatti, resa
possibile dall’esistenza di determinate condizioni.
Nell’analisi dei principali elementi comunicativi è utile riferirsi al
modello di C. E. Shannon e W. Weaver messo a punto per la
teoria matematica delle comunicazioni (1983), che considera la
comunicazione come un trasferimento di informazioni mediante
segnali da una fonte ad un destinatario. In particolare Shannon
sostiene che la comunicazione è “il procedimento
comprendente i procedimenti attraverso i quali un meccanismo
entra attivamente in rapporto con un altro meccanismo”
(Shannon e Weaver, 1983). Weaver riduce i problemi della
comprensione e dell’efficacia di una comunicazione all’esatta
trasmissione di simboli, quindi, il paradigma della comunicazione
diventa un caso particolare di quello causa-effetto classico
1
. Il
1
Secondo il paradigma causale il mondo consiste in una catena di cause ed effetti che non può essere
spezzata in nessun punto.
20
nuovo paradigma sarebbe così una versione un po’ più complessa
(non lineare e non unidimensionale) del paradigma causale.
Weaver scompone poi il fenomeno della comunicazione in tre
livelli, ognuno con uno specifico problema di riferimento. Il
modello di comunicazione di Shannon–Weaver si rifà al seguente
schema:
C’è un emittente che codifica, in altre parole confeziona il
messaggio, servendosi di un apparato d’emissione e rispettando
un codice, che a sua volta dipende da un sistema. Ad esempio,
per parlare occorre l’apparato fonatorio (corde vocali, trachea,
faringe, bocca ecc…), che permette di produrre suoni linguistici,
ma servono anche padronanza del linguaggio e una lingua con cui
parlare. Il ricevente riesce a captare il messaggio se ha un apparato
di ricezione e lo comprende solo se procede nella decodifica con
il medesimo sistema adoperato dall’emittente. Per fare in modo
che raggiunga il ricevente, il messaggio ha bisogno di qualcosa in
cui viaggiare: il canale
21
Elementi centrali della comunicazione sono:
ξ mittente: soggetto o soggetti che comunicano i messaggi.
Alcuni studiosi associano una forma d’intenzionalità
all’emittente, escludendo quindi che esso possa essere un
oggetto
ξ ricevente: soggetto o soggetti che ricevono il messaggio.
Esso non è mai totalmente passivo perché genera
numerosi e continui messaggi di feedback che sono
registrati dall’emittente e che influenzano il discorso
ξ messaggio: contenuto di ciò che si comunica
ξ canale: sia il mezzo tecnico esterno al soggetto attraverso
cui il messaggio arriva, sia il mezzo sensoriale coinvolto
nella comunicazione
ξ codifica: attività che svolge l’emittente per trasformare idee,
concetti e immagini mentali in un messaggio comunicabile
attraverso il codice
ξ decodifica: percorso contrario alla codifica svolto dal
ricevente che trasforma il messaggio da codice in idee,
concetti e immagini mentali
22
ξ feed–back: interscambio che avviene tra ricevente ed
emittente quando l’informazione di ritorno permette a
quest’ultimo di percepire se il messaggio è stato ricevuto e
capito;
ξ contesto o ambiente: è il luogo fisico o sociale dove avviene lo
scambio comunicativo che può promuovere o meno la
comunicazione. Ogni situazione comunicativa contiene
molti contesti contemporaneamente, che spesso si
sovrappongono.
Interessante è anche il modello proposto da Jakobson che
considera la comunicazione come un lavoro di donazione di
senso da parte di tutti gli attori del processo comunicativo.
Secondo Jakobson i fattori fondamentali d’ogni processo
linguistico sono sei: i succitati messaggi, contesto, codice, canale,
mittente e destinatario.
contesto
messaggio
mittente - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - destinatario
contatto
codice
23
Inoltre il linguaggio avrebbe sei funzioni: funzione emotiva (basata
sul mittente, riguarda le manifestazioni linguistiche degli stati
d’animo, delle emozioni e delle sensazioni), funzione conativa
(basata sul destinatario su cui opera un’imposizione di
comportamento), funzione referenziale (basata sul contesto, ha
l’obiettivo di fornire informazioni), funzione metalinguistica (basata
sul codice, tende ad evidenziare le modalità di funzionamento
della lingua), funzione fatica (basata sul canale o contatto, verifica il
funzionamento del canale sul quale viene veicolato il messaggio),
funzione poetica (basata sul messaggio, di cui esalta l’elaborazione e
la struttura).
Anche la Scuola di Palo Alto offre fondamentali contributi
grazie a studiosi quali Paul Watzlavick, Janet Helmick Beavin,
Don D. Jackson (1971) e altri. Si pone l’accento sulla funzione
pragmatica della comunicazione, in altre parole sulla capacità di
provocare eventi nelle situazioni di vita attraverso la
comunicazione, intesa nella sua forma verbale e non verbale. Si
può affermare che all’interno di un sistema interpersonale (una
coppia, una famiglia) ogni persona influenza le altre con il
proprio comportamento ed è allo stesso tempo influenzata dal
comportamento altrui. Si sviluppa così il concetto di retroazione:
l’informazione in ingresso può essere amplificata (retroazione
positiva) e provocare un cambiamento nel sistema, oppure può
venire neutralizzata (retroazione negativa) e mantenere la stabilità
dello stesso. L’interazione umana può essere definita come un
24
insieme di mosse governate da regole che sono osservate nella
comunicazione efficace e violate nella comunicazione disturbata.
Per questa scuola esistono cinque assiomi fondamentali della
comunicazione:
ξ non si può non comunicare: l’attività o l’inattività, le parole o il
silenzio hanno tutti valore di messaggio e quindi
influenzano gli altri e contemporaneamente gli altri non
posso non rispondere a queste comunicazioni
ξ ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione:
nella comunicazione umana la relazione è
metacomunicazione. La metacomunicazione è quella
comunicazione che ha per oggetto un’altra
comunicazione. Nella vita quotidiana spesso diciamo
qualcosa verbalmente mentre lo commentiamo in modo
non verbale; questi commenti sono tutti
metacomunicazioni. La capacità di metacomunicare in
modo corretto non è solo la “conditio sine qua non” della
comunicazione efficace, ma è anche strettamente legata al
problema della consapevolezza di sé e degli altri
ξ la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle
sequenze di comunicazione tra i comunicanti: questo assioma
introduce il concetto di feed-back, secondo il quale il
segnale inviato da A influenza in modo determinante la