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Tuttavia, tale tesi si basa fondamentalmente sulla preziosa
collaborazione di alcuni parlanti nativi del fumanese,
confidando maggiormente su questo tipo di testimonianze che su
fonti scritte. E’ noto, infatti, che gli scritti sono spesso “adattati”
o comunque non caratterizzati dalla spontaneità della lingua
parlata quotidianamente dagli intervistati.
Si è ritenuto necessario accorpare tutte queste notizie
preliminari nel capitolo 1. in modo che il lettore possa
usufruirne al meglio per una buona comprensione dell’analisi
che segue nei rimanenti capitoli.
La ricerca vera e propria, quindi, inizia dall’esposizione del
comportamento dei clitici soggetto nelle proposizioni assertive
con SN preposto al verbo, con verbi transitivi, intransitivi ed
ergativi (capitolo 2.), prosegue con l’esposizione del
comportamento dei clitici soggetto nelle assertive con SN
posposto al verbo, con verbi transitivi, intransitivi ed ergativi
(capitolo 3.), con la trattazione del comportamento dei clitici
soggetto nelle interrogative (capitolo 4.), per poi passare
all’analisi del comportamento dei clitici soggetto nelle
costruzioni impersonali, nelle proposizioni con verbi
impersonali in cui è compresa l’analisi dei clitici soggetto nelle
proposizioni con verbi metereologici e con l’esistenziale “c’è”
(capitolo 5.), concludendo con la trattazione del comportamento
dei clitici soggetto nelle proposizioni quantificate, precisamente
con “nessuno” e “chi” (capitolo 6.), nelle relative (capitolo 7.) e
nelle subordinate (capitolo 8.).
5
Ci è sembrato, poi, utile un confronto con un dialetto della
pianura veneta, il dialetto di Castelbaldo, esposto in
“Appendice”.
Questo confronto è stato condotto al fine di far luce su alcuni
problemi chiave del fumanese e per tentare, quindi, di
comprenderli appieno.
Ogni capitolo, poi, è introdotto da una spiegazione dei
termini tecnici usati e derivanti dalla grammatica generativa,
elaborata da Chomsky e dai suoi allievi. Riteniamo, infatti, che
tale teoria possa, meglio della grammatica tradizionale, gettare
le fondamenta per l’esame e la spiegazione dei problemi
grammaticali più ostici.
Il ponte di tramite attraverso cui si è potuto approdare alla
teoria di Chomsky è costituito dallo studio di Giorgio Graffi,
Sintassi (1994).
Tutta la tesi è completata da alcune tabelle di sintesi, poste
alla fine dei capitoli in cui si è ritenuto necessario integrarle.
La tesi si è concentrata sulla descrizione dei fenomeni e ha
tentato poi di darne una spiegazione coerente, fondandosi
sistematicamente su di alcuni studi concernenti il trentino, non
sistematicamente su di altri studi riguardanti il padovano e il
veronese.
La maggior parte degli esempi veronesi, poi, è stata tratta da
testi poetici contemporanei.
La nostra speranza è quella che la tesi risulti chiara e precisa
a chi abbia tempo e voglia di leggerla e inoltre che possa essere
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una buona base per ulteriori e futuri studi sul fumanese e sul
veronese.
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CAPITOLO 1. Concetti preliminari.
1. 0. Definizione di pronome.
La grammatica tradizionale (cfr. Serianni 1989: 237)
definisce il pronome (dal latino pronomen “parte del discorso
che sta al posto del nome”) un elemento che fa le veci di un
sostantivo rappresentandolo negli stessi valori grammaticali di
genere e numero. Tuttavia, prosegue, in molti altri casi il
pronome non ha nessun rapporto con un nome, espresso o
sottointeso: è il caso di un uso assoluto come nella frase “Che
cosa vuoi? - Niente” e di un uso deittico come nella frase
“Dammi questo!”.
Si parla di uso deittico del pronome quando l’elemento a cui
si fa riferimento nel discorso, mediante un gesto e un
ammiccamento, appartiene ad un contesto extralinguistico.
La grammatica tradizionale, poi, suddivide la classe dei
pronomi in pronomi personali, riflessivi, possessivi,
dimostrativi, interrogativi, relativi, indefiniti, rendendola molto
eterogenea.
La grammatica generativa (cfr. Graffi 1994: 44/45), modello
teorico elaborato da Chomsky e dai suoi allievi, si propone di
ridimensionare questa eterogeneità e considera pronomi
solamente quelli personali in cui comprende la classe dei
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pronomi riflessivi in quanto anch’essi, come i pronomi
personali, sono differenziati in base alla persona grammaticale.
1. 1. Le due serie di pronomi personali.
In italiano, esistono due serie di pronomi personali: la serie
libera (detta anche tonica perché dotata di accento proprio) e la
serie clitica (detta anche atona perché priva di accento proprio).
L’opposizione fondamentale tra le due serie pronominali è
fondata sulla loro diversa distribuzione cioè sulla differente
posizione che possono occupare nella frase: la serie libera ha
una distribuzione identica a quella di qualunque nome o gruppo
nominale, quella clitica, invece, è confinata a determinate
posizioni all’interno della frase.
Le tabelle illustrano quali sono i pronomi tonici e quelli
clitici in italiano:
serie di pronomi liberi o tonici
soggetto complemento
maschile femminile maschile femminile
prima persona sing. io io me me
seconda persona sing. tu tu te te
terza persona sing. egli / lui / esso ella /lei / essa lui / esso lei / essa
prima persona plur. noi noi noi noi
seconda persona plur. voi voi voi voi
terza persona plur. essi / loro esse / loro loro loro
riflessivo sing. plur. sè sè
serie di pronomi clitici o atoni
complemento oggetto oggetto diretto
maschile femminile maschile femminile
prima persona sing. mi mi mi mi
seconda persona sing. ti ti ti ti
terza persona sing. lo la gli le
prima persona plur. ci ci ci ci
seconda persona plur. vi vi vi vi
terza persona plur. li le gli/loro gli/loro
riflessivo singolare e plurale si
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Dalla tabella che rappresenta la serie clitica è evidente che i
pronomi clitici in funzione di soggetto in italiano mancano.
Quando il soggetto pronominale non è espresso da una forma
personale libera, nella frase non viene realizzato foneticamente
alcun pronome e i tratti di numero e di persona che servono per
l’interpretazione del soggetto sono contenuti nella flessione
verbale (cfr. Renzi 1988: 537). Vedremo successivamente che i
dialetti qui analizzati, invece, possiedono i clitici soggetto.
I principali criteri per cui si definisce una data forma
pronominale come clitica sono i seguenti:
1) Un pronome clitico non può occupare la stessa posizione
che occupa un pronome libero o un gruppo nominale.
(1) a. * Franco guarda la.
b. Franco guarda la televisione.
c. Franco la guarda.
(2) a. * Hanno offerto gli il posto di lavoro.
b. Hanno offerto il posto di lavoro a Mario.
c. Hanno offerto a lui il posto di lavoro.
(3) a. * Giovanni non conosce che la.
b. Giovanni non conosce che Anna.
c. Giovanni non conosce che lei.
2 a) Un pronome clitico deve essere sempre congiunto ad una
forma verbale - tale congiunzione è chiamata “cliticizzazione” -
e non può essere in alcun modo separato da questa se non da
altri pronomi clitici.
(4) a. * Gli ieri hai regalato un libro.
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b. Gli hai regalato un libro.
c. Glielo hai regalato.
2 b) L’ordine dei clitici è comunque rigidamente fissato:
(5) a. * Lo gli hai regalato.
3) I pronomi clitici non possono apparire in isolamento:
(6) a - Chi hai visto l’altra sera? - * La.
b - Chi hai visto l’altra sera? - Lei ... Anna...
4) I pronomi clitici non possono essere coordinati tra loro e
non possono essere legati a verbi coordinati:
(7) a. * Ho visto lo e la.
b. Ho visto lui e lei.
c. Ho visto Paolo e Anna.
(8) a. * La penso e dico.
b. La penso e la dico.
c. Penso e dico la mia opinione.
5) Ad un pronome clitico non si può assegnare un accento
contrastivo. In questi casi è obbligatorio l’uso dei pronomi
liberi, oppure dei nomi:
(9) a. * Ho visto LA non LO.
b. Ho visto LEI non LUI.
c. Ho visto GIANNA non PAOLO.
Il fatto che i pronomi clitici non possiedano un accento
proprio, richiede che essi ricorrano sempre in congiunzione ad
una forma verbale del cui accento possono usufruire.
Si dice che i pronomi clitici sono “cliticizzati” a questa forma
verbale.
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Il pronome clitico può precedere la forma verbale e in questo
caso viene definito “proclitico” (o in proclisi); se invece la segue
“enclitico” (o in enclisi).
In italiano moderno, se il verbo è di forma finita i pronomi
sono proclitici, se di forma non finita, enclitici. L’unica
eccezione a questa generalizzazione è rappresentata
dall’imperativo che, pur essendo una forma finita, colloca i
pronomi in enclisi. L’imperativo negativo può avere pronomi
tanto in proclisi quanto in enclisi.
(10) a. La vedo spesso. - forma finita
b. Lo dico e lo ripeto. - forma finita
(11) a. Potresti telefonarmi? - forma non finita
b. Avendolo visto,... - forma non finita
(12) a. Salutalo!
b. Non lo salutare! - Non salutarlo!
Il pronome clitico può essere cliticizzato encliticamente alla
forma esclamativa “ecco” .
(13) a. Eccola!
b. Eccomi!
c. Eccoci!
Esistono , poi, in italiano, degli elementi definiti “particelle”
che si comportano come clitici: sono ci e ne . Tali particelle,
come i pronomi, “rappresentano” un’altra categoria: nel caso di
ci un gruppo preposizionale, nel caso di ne un gruppo
preposizionale o un gruppo nominale.
(14) a. Sono andata spesso a Venezia.
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b. Ci sono andata spesso.
(15) a. Ho mangiato molte mele.
b. Ne ho mangiate molte.
c. Sono entusiasta dello spettacolo.
d. Ne sono entusiasta.
Dagli esempi si nota come abbiano le stesse caratteristiche
degli altri clitici cioè a) non possono stare separati dal verbo.
(16) a. * Sono andata ci spesso.
b. * Ho mangiato molte ne.
c. * Sono entusiasta ne .
b) possono ricorrere assieme ai pronomi clitici solo in un
ordine fisso.
(17) a. Non ho trovato il vestito che volevi in quel
negozio.
b. Non ce l’ho trovato.
c. * Non lo c’ho trovato.
Se il clitico è ne , il participio si accorda in genere e in
numero con il gruppo nominale “rappresentato” da ne .
(18) a. Ho visto molti films sull’olocausto.
b. Ne ho visti molti.
Non mi addentrerò nella spiegazione di tutti i casi sintattici
dei pronomi clitici in quanto l’analisi che seguirà interesserà
solamente i pronomi clitici soggetto, che non sono presenti in
italiano, ma che compaiono nella varietà dialettale dell’area
veneta presa in considerazione.
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Da quanto emerso da una conferenza tenuta dal professor
Lorenzo Renzi all’Università degli Studi di Verona, il 20 aprile
1999, i pronomi atoni che si osservano nei dialetti dell’Italia
Settentrionale potrebbero essere definiti “affissi” e non “clitici”.
E’ necessario spiegare che la proposta di Renzi, di
considerare degli affissi i pronomi personali dei dialetti
dell’Italia Settentrionale, è innovativa rispetto a quello che egli
stesso aveva concluso in studi precedenti e viene riportata qui
per completezza di documentazione.
Prima di tutto, Renzi prende in considerazione tre definizioni
di “clitico”:
definizione A. Un elemento grammaticale atono che ha posto
fisso perché s’appoggia ad un altro elemento, grammaticale o
lessicale.
(19) a. Dar - gli.
b. Gli - do.
c. It. centro meridionale. Patre - mo, Mamma - ta.
definizione B. Un elemento grammaticale atono che ha posto
fisso in quanto soggetto a un certo movimento.
(20) a. Gli do.
b. Do a lui.
c. Do a Carlo.
Si nota che “gli” occupa una diversa posizione rispetto ad “a
lui” e ad “a Carlo” e quindi si è mosso per occupare la posizione
adiacente al verbo.
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definizione C. Un elemento atono ridotto foneticamente
rispetto al partner tonico.
(21) a. Gli vs a lui.
b. - mo vs mio o mia.
La definizione che viene considerata da Renzi come la
migliore è la B. La A., infatti, ha lo svantaggio di non
distinguere il clitico da un elemento di formazione delle parole o
da un affisso. La C. ha lo svantaggio di riunire materiale molto
eterogeneo. La B. ha un unico inconveniente, non teorico, ma
pratico: quello che ammette la possibilità di un movimento non
visibile.
Un esempio di movimento non visibile può essere osservato
nella posizione del soggetto nell’interrogazione, in confronto
con l’ordine dell’assertiva:
(22) a. Gianni beve l’aranciata.
b. Gianni beve l’aranciata?
Per comprendere bene la differenza tra le due frasi, Renzi
propone un ulteriore esempio:
(23) a. Il ragazzo è andato a Roma.
b. Dove è andato il ragazzo?
c. * Dove il ragazzo è andato?
Il soggetto nell’assertiva si trova in posizione preverbale.
Nell’interrogativa, invece, il soggetto “si è spostato” in
posizione postverbale e non potrebbe occupare la posizione
preverbale, come risulta dall’agrammaticalità di c.
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I motivi per cui Renzi considera i pronomi personali atoni dei
dialetti dell’Italia Settentrionale come degli affissi si basano sul
confronto di alcuni dati del francese con altri relativi al dialetto
padovano.
Il francese possiede dei pronomi clitici. La determinazione
con cui Renzi afferma questo è data da alcune osservazioni: il
pronome clitico, in francese, come quello libero, svolge
funzione di soggetto:
(24) a. Toi, tu parles bien français.
b. Tu parles bien, toi.
Inoltre, il pronome clitico in strutture coordinate può non
essere ripetuto davanti al verbo:
(25) a. Tu parles et _ chantes.
Nei dialetti settentrionali, invece, i pronomi personali,
secondo Renzi, sono degli affissi. In primo luogo, il ruolo di
soggetto è svolto dal pronome libero, anche sottointeso. Questa
conclusione è ricavata da Renzi dalla constatazione che la serie
clitica presenta delle lacune nel paradigma:
(26) padovano
(mi) _ go
(ti) te ghe
(lu) el ga
(ela) la ga
(nialtri) _ ghemo o gavemo
(vialtri) _ gavì
lori i ga
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(ele) le ga
Non è possibile, quindi, che i pronomi personali del
padovano svolgano il ruolo di soggetto, dal momento che il loro
paradigma risulta lacunoso.
In secondo luogo, nelle strutture coordinate, il pronome deve
essere sempre ripetuto pena l’agrammaticalità:
(27) a. Te canti e te bali.
b. * Te canti e bali.
Renzi conclude che lo status dei pronomi personali francesi è
quello di clitici, mentre lo status dei pronomi personali dei
dialetti settentrionali è quello di affissi.
Nella trattazione che seguirà dal capitolo 2., noi adotteremo
comunque la posizione tradizionale che vede i pronomi
personali dei dialetti settentrionali come dei clitici, in quanto la
nostra ricerca è partita da questa premessa e per rendere più
agevole la lettura.
1. 2. L’ analisi di Renzi e Vanelli sui pronomi soggetto in
alcune varietà romanze.
La trattazione che seguirà si collega all’analisi di Renzi e
Vanelli ( 1983) sui pronomi soggetto in alcune varietà romanze
e precisamente sulle varietà meridionali franco - provenzali e
provenzali, le varietà ladine, quelle italiane settentrionali fino
all’Istria, a Est, e a Firenze, a Sud. Pertanto è necessario
illustrare brevemente in che cosa consiste l’analisi di Renzi e
Vanelli.
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Dopo una premessa che pone in rilievo il fatto che ci siano
lingue che fanno un uso costante del pronome clitico soggetto e
lingue che non ne fanno un uso costante, Renzi e Vanelli,
volendo concentrare la loro attenzione su quelle lingue che ne
fanno un uso costante, stabiliscono uno schema che possa
guidare il loro studio su tale questione (Renzi e Vanelli
1983:123): bisogna osservare
a) se il pronome sia tonico o atono, cioè clitico.
b) se l’uso del pronome soggetto riguardi tutte le persone o
solo alcune, e in quest’ultimo caso, quali.
c) se i pronomi abbiano forma diversa in ogni persona oppure
se ci siano delle forme uguali, e in quest’ultimo caso, per quali
persone questo avvenga, e se ci sia rapporto con la varietà delle
desinenze del verbo che segue.
d) se il pronome appaia anche con un sintagma nominale.
e) se appaia con verbi impersonali e metereologici e con
l’esistenziale “c’è”.
f) se appaia con i quantificatori “chi” e “nessuno”.
g) se nell’interrogazione il posto del pronome sia dopo il
verbo e, se questo avviene, quali caratteristiche abbiano questi
pronomi.
a) Renzi e Vanelli indicano che ci sono varietà con pronomi
tonici e varietà con pronomi clitici. La mia attenzione si è rivolta
esclusivamente alla varietà con pronomi clitici, dato che i
dialetti veneti trattati in seguito mostrano di accompagnare la