1
INTRODUZIONE
L’utilizzo di organismi viventi come indicatori dello stato di qualità delle
acque è previsto dalla direttiva europea nota come “Water Framework
Directive” (Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 23 Ottobre 2000 che “istituisce un quadro per l’azione comunitaria in
materia di acque”). Già in passato il Lago di Varese era stato monitorato
impiegando, per l’analisi, parametri fisici e chimici (pH, temperatura,
contenuto di fosforo, clorofilla ed ossigeno in particolare) affiancati a
quelli biologici (studio del benthos).
La scelta del Lago di Varese è stata dettata dalla volontà di analizzare i
risultati ottenuti con le azioni di recupero del lago tra cui il collettamento
dei reflui, l’ossigenazione e l’emunzione ipolimnica (Premazzi et al.
2003). Queste opere di risanamento si sono rese necessarie a causa
dell’alto grado d’inquinamento raggiunto da questo lago negli anni ’60-
’70. Il Lago di Varese era un tempo uno dei laghi più pescosi, mentre
negli anni Novanta si è guadagnato la fama di corpo idrico italiano con
la più lunga storia d’inquinamento. Infatti, le origini di tale fenomeno si
possono far risalire agli anni ’50 (periodo durante il quale furono più
acuti l’inquinamento urbano e quello industriale). Il suo bacino di
captazione è una delle aree italiane più densamente popolate, nonché
una delle più industrializzate e questo spiega il forte inquinamento ed in
particolare rende ragione di un’eutrofizzazione così spinta.
Per le sue caratteristiche morfometriche e batimetriche e per il tipo di
bacino imbrifero, il Lago di Varese tende normalmente ad un alto grado
di trofia (condizione fisiologica); tale condizione è stata aggravata dalle
forti emissioni di sostanza organica e dallo scarico di liquami fognari
della città di Varese e degli agglomerati urbani limitrofi. Le conseguenze
sono state massicce fioriture algali, le quali, a loro volta, hanno portato a
condizioni di anossia spinta a livello dei fondali (Cannone 1991).
I primi effetti sono stati registrati già nella seconda metà degli anni ‘50,
quando Bonomi (1962) evidenziò delle variazioni quali-quantitative delle
comunità bentoniche ed in particolare di quelle di Chironomidi, con la
2
registrazione della scomparsa di Chironomus anthracinus e la
prevalenza di Chironomus plumosus.
Dal punto di vista chimico, risulta importante ricordare che le
concentrazioni di fosforo totale nel bacino hanno, nel corso dei decenni,
raggiunto valori così elevati che, agli inizi degli anni Ottanta, il Lago di
Varese risultava uno dei pochi casi di ambiente lacustre italiano limitato
dall’azoto (al contrario, negli altri bacini, l’agente limitante era il fosforo).
Nel corso degli anni ‘80 il contenuto del fosforo totale ha subito un
abbattimento al 70% grazie alla riduzione del contenuto di fosforo in
detergenti domestici ed ai contemporanei interventi gestionali di
collettamento e risanamento (Tartari et al. 2000). Studi condotti da
Ruggiu ed altri (1981), portarono alla definizione del Lago di Varese
come bacino alcalino e produttivo.
Lago è, secondo la definizione data nella WFD, ogni “corpo idrico
superficiale interno fermo”. Per stato delle acque superficiali s’intende
“l’espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale,
determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico”
(Articolo 2, punto 18) mentre si definisce stato ecologico, ”l’espressione
della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi
acquatici associati alle acque superficiali” (Articolo 2, punto 21). Questa
definizione può essere ulteriormente chiarita: “Qualità ecologica è
un’espressione che si riferisce alla struttura e funzione di una comunità
biologica, tenendo conto della sua geografia, fisiografia e dei suoi fattori
climatici così come dei parametri fisici e chimici. Può assumere notevole
importanza anche l’aspetto estetico del corpo idrico” (Fried in Premazzi,
Chiaudani 1992).
La WFD, cui la presente tesi fa riferimento, è un documento
fondamentale cui devono rifarsi tutti gli Stati membri della Comunità
europea al fine di istituire una linea comune di azione, volta a
conseguire la: ”[…] salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità
dell’ambiente, dell’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali,
che deve essere fondata sui principi della precauzione e dell’azione
preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni
3
causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”
(Considerazione 11).
Gli obiettivi della legge europea sono:
1) Realizzare progetti di sviluppo sostenibile.
2) Mantenere le funzioni e la struttura di un ecosistema.
3) Raggiungere il cosiddetto “Good Ecological Status” (buono stato
ecologico).
La WFD non si limita però a definire degli obiettivi, indica anche i
parametri da valutare per giungere ad una classificazione dei laghi. Il
“Good Ecological Status” infatti, viene considerato raggiunto quando
vengono rispettate le seguenti indicazioni:
• l’ossigeno disciolto è in concentrazioni ottimali per la respirazione e
lo svolgimento delle attività metaboliche degli animali.
• la concentrazione di sostanze tossiche e/o dannose in acqua,
sedimenti e biota risulta al di sotto dei livelli riconosciuti come
dannosi per la vita acquatica.
• lo stato delle comunità bentoniche, planctoniche e di
macroinvertebrati, nonchè quella delle comunità vegetali ed ittiche
presenta una condizione di non disturbo ed in esse si ritrovano
specie e taxa chiave di norma presenti in condizioni naturali.
• non ci sono evidenze di danni alla vita animale per azione
antropogena.
• non sono presenti zone con crescita eccessiva di alghe o macrofite.
• le condizioni dell’acqua permettono ai vertebrati superiori di vivere
indisturbati.
• qualità e struttura dei sedimenti non sono modificate in modo
significativo.
• lo stato delle rive non mostra apprezzabili alterazioni (Tartari et al,
2000).
La qualità di un corpo idrico viene determinata in base al risultato
peggiore ottenuto dalle analisi biologiche, chimiche e fisiche.
Nella WFD sono chiaramente indicati, per la prima volta nella storia
della giurisprudenza ambientale, anche i parametri biologici (biological
4
elements) che devono essere usati come indicatori di qualità per i
diversi corpi idrici.
Secondo la Direttiva Europea, i laghi possono essere classificati in 5
classi di qualità dette:
• alta
• buona
• moderata
• bassa
• pessima
sulla base di un “rapporto di qualità ecologica” definito come il rapporto
tra valori di riferimento e valori osservati per gli elementi considerati
fondamentali nella valutazione delle qualità ecologica.
Tra i parametri d’interesse per i laghi vi sono i seguenti (per un elenco
più completo vedi Tabella 2.1):
· abbondanza e biomassa di fitoplancton e d’invertebrati bentonici.
· composizione ed abbondanza di altre piante acquatiche.
· composizione, abbondanza e strutturazione per classi d’età nella
fauna ittica.
La normativa definisce anche lo stato chimico, in riferimento al
contenuto ed alla concentrazione di inquinanti; il buono stato chimico si
ha quando la concentrazione degli inquinanti non supera gli standard di
qualità ambientali fissati dall’Allegato IX. Dal punto di vista chimico e
fisico, la Direttiva prevede la valutazione dei seguenti parametri:
· trasparenza
· condizioni termiche generali
· condizioni di ossigenazione
· salinità
· stato di acidificazione
· condizioni di trofia (abbondanza dei diversi nutrienti)
· presenza di specifici inquinanti
Se ci si basa sui parametri biologici e chimici appena citati è possibile
dare una classificazione dei laghi che faccia riferimento al loro stato
trofico. Un esempio dei parametri che possono determinare la
5
classificazione di un lago come oligotrofo piuttosto che come eutrofo
viene dalla tabella 2.2.
6
Tabella 2.1 Condizioni di riferimento. Nella tabella vengono indicati con
un + i parametri da valutare per ogni comunità considerata.
F
i
t
o
p
l
a
n
c
t
o
n
+
+
+
+
F
l
o
r
a
a
c
q
u
a
t
i
c
a
+
+
+
I
n
v
e
r
t
e
b
r
a
t
i
b
e
n
t
o
n
i
c
i
+
+
+
+
P
e
s
c
i
+
+
+
+
C
o
m
p
o
s
i
z
i
o
n
e
t
a
s
s
o
n
o
m
i
c
a
A
b
b
o
n
d
a
n
z
a
B
i
o
m
a
s
s
a
B
l
o
o
m
s
d
i
f
i
t
o
p
l
a
n
c
t
o
n
D
i
v
e
r
s
i
t
à
T
a
x
a
s
e
n
s
i
b
i
l
i
S
t
r
u
t
t
u
r
a
p
e
r
e
t
à
7
Tabella 2.2 Tabella riassuntiva delle caratteristiche che definiscono un
lago come oligotrofo oppure come eutrofo (adattato da
Premazzi-Chiaudani 1992)
Parametri Oligotrofi Eutrofi
Produzione vegetazione
acquatica
Bassa Alta
Blooms algali Rari Molteplici
Varietà di specie algali Elevata Variabile fino a basso
Gruppi algali caratteristici ---- Verdi-blu
Crescita vegetazione
litoranea
Scarsa Abbondante
Produzione animali
acquatici
Bassa Elevata
Zooplancton caratteristico Bosmina,Diaptomus Bosmina, Daphnia
Fauna bentonica tipica Tanytarsus Chironomidi
Pesci caratteristici
Trote, Salmoni,
Coregoni
Perca, Luccio, Spigola
Ossigeno a livello
ipolimnico
Presente Assente
Profondità Tendenz. notevole
Tendenz. poco
profondi
Salinità totale /
Conduttanza
Solitamente scarsa Talvolta elevata
Numero specie animali e
vegetali
Molte Poche
Qualità acqua uso
domestico o industriale
Ottimale Scarsa
8
LAGO DI VARESE
3.1 INTRODUZIONE
La Lombardia è la regione italiana con il maggior numero di ambienti
lacustri. In termini di superficie, i laghi lombardi rappresentano circa 1/3
del totale nazionale, mentre in termini di volume sono il 50%. La parte
preponderante dei laghi naturali è localizzata nell’arco alpino, anche in
relazione alla geologia del territorio italiano. Proprio per questa gran
varietà e ricchezza di ecotipi presente nella nostra regione, deve essere
posta grande attenzione alla loro conservazione.
Le raccolte di dati condotte dall’IRSA di Brugherio (Tartari et al. 2000)
evidenziano, infatti, come i laghi lombardi stiano, nella gran parte dei
casi, in classi di qualità intermedie (mesotrofia). Questo per due ragioni:
da un lato, le azioni di recupero e tutela svolte sui grandi laghi, dall’altro
la mancanza di tutela nei confronti dei piccoli bacini. Così se i primi
hanno subito modificazioni della loro qualità nel senso di un
miglioramento, i secondi hanno visto peggiorare terribilmente la loro
qualità. Il Lago di Varese sta nel gruppo dei piccoli laghi e tra i tanti laghi
che punteggiano la regione è quello che più ha subito impatto antropico,
arrivando a condizioni di eutrofizzazione notevoli.
3.2 GEOGRAFIA
Il Lago di Varese può essere localizzato nella zona insubrica;
territorialmente, infatti, appartiene, alla Provincia di Varese che, con una
superficie di 119.871 ettari, risulta la più piccola della regione.
La latitudine del lago è 45º 48’ mentre la longitudine è 8º 45’, la sua
altitudine media 238 m s.l.m. (Tabella 2.1). Si tratta di un lago
relativamente piccolo: la sua lunghezza massima è 8 km, la sua
larghezza massima è 3,6 km. La sua portata media annua
nell’immissario è significativa: 80,4 x 10
6
m
3
. L’area del lago, intesa
come superficie, è pari a 14,52 km
2
mentre l’area del bacino imbrifero
(quindi il lago, i suoi immissari ed i suoi emissari) è pari a 111,5 km
2
.
9
Pur essendo di piccole dimensioni, si tratta di un lago abbastanza
profondo (26 m la profondità massima e 10,7 quella media) e con un
volume notevole: 153,65 x 10
6
m
3
suddivisi in volume epilimnico (98,87
x 10
6
m
3
) ed ipolimnico (54,78 x 10
6
m
3
). L’area di termoclinio è pari a
9,54 km
2
.
Il tempo effettivo di ricambio è di 2,81 anni; il lago, inoltre, va incontro ad
un solo periodo di stratificazione.
Sulla base delle caratteristiche fin qui elencate è possibile affermare
che, in condizioni naturali, il Lago di Varese dovrebbe essere un lago
mesotrofico, ma a causa dei fenomeni di inquinamento che lo hanno
interessato si trova in realtà in una condizione di eutrofia.
3.3 CLIMATOLOGIA
Dal punto di vista climatologico il lago si trova inserito in un’area dal
clima tipico delle medie latitudini ovvero temperato-freddo, di tipo
transizionale tra il regime continentale (caratterizzato da frequenti ed
intense piogge estive) e quello oceanico (con piogge diffuse su tutto
l’arco dell’anno). Il clima transizionale gode di piogge distribuite lungo
tutto l’arco dell’anno ma con concentrazione tra Marzo e Novembre
(periodo in cui cade circa il 70/75% del volume d’acqua, piogge
equinoziali); l’estate risulta relativamente secca. Il regime delle piogge
ed il tempo teorico di rinnovamento delle acque sono i due elementi
fondamentali per l’analisi delle caratteristiche idrodinamiche. L’esempio
più ovvio di ciò può essere la considerazione che il maggior incremento
idrologico del lago - di norma - si ha in primavera o inizio estate, quando
alle precipitazioni piovose si aggiunge l’acqua proveniente dallo
scioglimento dei ghiacciai. Le caratteristiche idrologiche sono
fondamentali per ogni analisi, classificazione e successiva progettazione
d’opere per il recupero di un corpo idrico. Accanto a questi parametri
può essere significativa anche l’analisi del profilo termico che porta alla
conclusione che questo lago sia monomittico come la quasi totalità dei
laghi della regione mediterranea (Bazzanti, Seminara, 1998) con un solo
periodo di stratificazione, da Maggio ad Ottobre/Novembre. Quando il
10
lago è stratificato, risulta anossico per circa il 60% del suo volume, con
conseguente produzione di ammoniaca e d’idrogeno sulfide (Bazzanti
1998).
3.4 GEOLOGIA
Attualmente la provincia di Varese può essere divisa, sulla base della
morfologia del territorio, in tre zone:
1) Zona di montagna, a Nord, di cui fanno parte vari gruppi montuosi,
(tra cui il Campo dei Fiori e la dorsale Val Ceresio/Valganna), con rocce
metamorfiche e vulcaniche. In questa zona la temperatura media annua
varia dai 9 agli 11 gradi e la piovosità oscilla dai 1800 ai 2100 mm di
pioggia annui, con frequenti nevicate a quote superiori i 1000 metri.
2) Zona di collina, al centro, che comprende rocce sedimentarie. È in
questa zona che si localizzano moltissimi laghi prealpini. Dal punto di
vista climatico è un’area piuttosto mite, grazie all’azione mitigatrice dei
laghi ed in particolare del Lago Maggiore. La temperatura si mantiene
intorno ai 13 gradi ma la piovosità media è tra i 1400 ed i 1500 mm
annui.
3) Zona di pianura, a Sud, costituita dai residui dell’escavazione dei
ghiacciai. Dal punto di vista climatico è la regione più fredda, con
temperature medie di 12 gradi e con 1100 (ma anche 1400) mm di
pioggia l’anno. Il clima è particolarmente piovoso con picchi in primavera
ed autunno.
Nel corso della sua storia il bacino del Lago di Varese ha subito
profonde modificazioni: circa 15.000 anni fa il lago riceveva, in zona
ghiacciaia, le acque del Lago di Monate ed aveva due emissari: il
Bardello, rimasto ancor oggi, ed un emissario scolmatore ormai
scomparso. In origine, il Lago di Varese, chiamato lago di Gavirate,
costituiva assieme ai laghi di Comabbio e Biandronno, un unico bacino
lacustre.
Le glaciazioni ed in particolare quella di 13.000 anni fa ne hanno
modificato la forma. Quella finale, che ancor oggi noi vediamo, è stata
fondamentalmente determinata dall’escavazione del ghiacciaio Ticinese.
11
Nel bacino meridionale del lago la struttura geologica presenta alcune
variazioni rispetto al resto del territorio tra cui una significativa presenza
di substrato geologico sormontato da depositi argillosi con torbe. Questi
depositi sono da porsi in relazione all’esistenza di una palude derivante
dall’interramento di un’antica conca lacustre. Il substrato roccioso affiora
raramente, essendo stato coperto da sedimenti morenici portati dal
ghiacciaio Ticinese e costituenti le colline che ora circondano il lago. I
depositi morenici sono assenti nella zona di Gavirate, dove i terreni
sono costituiti da detriti abbandonati in loco dalle piene alluvionali del
fiume Bardello.
Il bacino di Gavirate è caratterizzato da un minor rapporto superficie-
profondità, essendo più profondo ed avendo una maggior inclinazione
delle sponde rispetto agli altri due bacini. Questi elementi morfologici si
evidenziano anche nel tipo di vegetazione che popola le rive: canneti
nelle zone più basse, spiaggia senza vegetazione (al massimo qualche
ninfea) nella zona di Gavirate.
3.5 STATO TROFICO
In condizioni naturali esistono tre tipologie di laghi:
· Laghi oligotrofi: contengono una bassa quantità di nutrienti e quindi
solo pochi organismi viventi vi possono sopravvivere; sono
caratterizzati da scarsità di cibo disponibile per gli animali che li
popolano ma notevole disponibilità d’ossigeno. Essi contengono una
gran varietà di specie con meccanismi nutrizionali altamente
specializzati, ognuna però costituita da un basso numero d’individui.
· Laghi eutrofi: in essi la quantità di nutrienti presenti tende ad
aumentare, con conseguente aumento della produttività primaria.
Nella zona ipolimnica si ha un deficit ossigenico dovuto all’attività
respiratoria dei viventi ed all’ossidazione chimica cui vanno incontro
tutte le sostanze organiche. La fauna di questo tipo di lago subisce
modificazioni tali che la portano ad essere costituita da un minor
numero di specie, singolarmente più abbondanti. In particolare nei
laghi eutrofi e monomittici, la fauna bentonica mostra una certa
12
povertà di taxa ed una diversità di specie limitata, soprattutto nella
stagione estiva, in relazione alla povertà ossigenica dell’ipolimnio.
Un piccolo miglioramento dei parametri ambientali si può avere in
inverno, in presenza di ricircolazione.
· Esiste anche una condizione intermedia, detta mesotrofia.
Lo stato di trofia può essere determinato da limitazioni nell’input di
materiale organico nel lago oppure da variazioni climatiche. Nei laghi
europei, le differenze di clima conseguenti all’ultima glaciazione hanno
portato molti laghi verso l’eutrofizzazione e l’assestamento delle
condizioni climatiche li ha bloccati in questo stato. Negli ultimi anni, poi,
l’inquinamento urbano, agricolo ed industriale hanno determinato un
brusco peggioramento della qualità di tutti i laghi (Bazzanti 1998).
Tra i principali indicatori acquatici del livello trofico ci sono, secondo
Hakanson (1984): la trasparenza, il contenuto di clorofilla a, il contenuto
di N totale, il contenuto di P totale, il contenuto di N inorganico e quello
di N organico. Nonostante il gran numero e la varietà d’indicatori
acquatici, per valutare correttamente lo stato di trofia di un lago è
necessario conoscere anche il tipo di sedimenti che ne costituiscono gli
strati profondi, la loro qualità ed il loro contenuto di materiale organico,
inorganico ed anche inquinante. Nei laghi eutrofi i sedimenti possono
rilasciare quantità notevoli di nutrienti (quali fosforo ed azoto)
precedentemente depositatisi; sia le attività naturali sia quelle
antropiche possono avere effetti sul bacino di drenaggio di un lago e di
tali azioni rimane traccia nei sedimenti. Questo perché “i sedimenti del
lago sono il prodotto del lago stesso, di conseguenza ne riflettono
la tipologia” (Gosta Lundqwist in Hakanson 1984).
I sedimenti possono essere distinti su diverse basi:
¾ Punto di vista geologico.
¾ Considerazioni geochimiche.
¾ Caratteristiche del sedimento (colore, texture, struttura, grana).
Nei sedimenti troviamo sostanza organica, sostanze minerali e
materiale inorganico, provenienti dagli strati superficiali per
precipitazione. Il problema connesso con la presenza d’inquinanti nel
sedimento è quello della loro mobilizzazione e quindi il rischio è quello di
13
un improvviso aumento della concentrazione d’inquinanti o di sostanza
organica in decomposizione, non più aggregata alle molecole del
substrato bensì libera di muoversi lungo la colonna d’acqua. Ciò
determina grossi cambiamenti nella trofia degli strati profondi e via via
anche di quelli più superficiali, a causa dell’azione dei batteri
decompositori (Hakanson 1984).
Spesso, al rilascio di sostanze accumulate nei sedimenti concorrono
anche le popolazioni bentoniche, in particolare Chironomidi ed
Oligocheti.
Già Bonomi nel 1957 (Bonomi 1962) compì studi sui popolamenti
bentonici del lago di Varese ed arrivò ad identificare diverse specie di
Chironomidi, tra cui Chironomus anthracinus, Chironomus plumosus,
Fleuria lacustris (sporadica) ed alcune specie del genere Procladius,
distribuite in maniera differente nei tre bacini. In particolare Bonomi
registrò una maggior abbondanza di C. anthracinus e fra le altre specie
la presenza di un elevato numero di Chaoborus flavicans (risultata la
specie piú abbondante) nel bacino di Gavirate, fatto che egli relazionò
alla maggior pendenza delle coste. Cannone (1991) afferma che nel
1961 Bonomi notò la pressoché totale scomparsa di C. anthracinus e lo
sviluppo di abnormi popolazioni di C. plumosus, con parallela
diminuzione nell’abbondanza di Oligocheti e C. flavicans. Cannone
(1991) riporta anche che nel 1964 Parise giunse, attraverso una serie di
osservazioni sulla fauna tipica del lago, alla conclusione che le specie
ittiche piú esigenti (Salmonidi, Coregoni, Pesce Persico...) erano
scomparse, mentre erano in aumento le specie piú resistenti, sia a
livello di fauna ittica sia a livello d’Insetti, sia di altri Artropodi.
Attualmente il Lago di Varese può essere considerato in fase di
miglioramento rispetto alle precedenti condizioni di eutrofizzazione. Le
condizioni di ossigenazione risultano molto buone, soprattutto nei bacini
meno profondi, grazie all’insediamento stabile di 12 pompe di
ossigenazione, attive da Luglio a Settembre in maniera continua.
Accanto all’azione di ossigenazione, le condizioni di deterioramento del
lago hanno reso necessario un intervento di emunzione ipolimnica,